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Autore: The Writer Of The Stars    15/10/2014    5 recensioni
Questa è una storia come tante. é una storia che parla di adolescenti,come se ne conoscono tanti. Loro però sono solo un po' più sfortunati. Ma questo non significhi che non abbiano voglia di vivere al meglio. Comincia tutto così. In un aula canto di un liceo come tanti, dove un gruppo di ragazzi si incontrano, si conoscono e capiscono di avere in comune molto più di ciò che pensano. Sarà un professore un po' fuori dal comune a spingere i ragazzi a vivere la loro vita al meglio, a non farsi sconfiggere dalle avversità, ad unirli sotto un'unica passione. La musica. Bulma è cresciuta da sola, con una madre che non la vuole e non l'ha mai voluta.Vegeta è stato abbandonato dalla madre e non ha più tracce del padre. Goku vive in un orfanotrofio e Chichi vive in precarie condizioni economiche con suo padre. Sarà la forza dell'amore, dell'amicizia e la voglia di farsi valere che spingerà un gruppo di sfigati canterini a mostrare il loro vero valore. E a farli diventare qualcuno.
Questa è la mia prima long, ambientata in un universo alternativo. Spero che vi piaccia e conto di aggiornare regolarmente. Buona lettura!
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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È difficile dimenticare qualcuno che ti ha dato molto da ricordare … l’ho sempre saputo, eppure mai come in quel momento la cosa mi era sembrata tanto ovvia. Come dimenticare le carezze, la voce, la presenza, i modi di fare e l’affetto di una persona che non è più vicino a noi? Non si può. Non si può dimenticare. Io lo sapevo. Ma in quel momento, Vegeta sembrava non capire più niente. Ma infondo, il vuoto lasciato nel suo cuore, era troppo grande da colmare con paroline dolci. Io lo sapevo.


Era passata una settimana dal funerale della Signora Hazel. Vegeta mancava da scuola da sette giorni, e nonostante il mio unico desiderio fosse di stare sempre insieme a lui, al suo fianco, la scuola mi attendeva ogni mattina. E con essa, anche il Glee Club. L’aula canto, in fondo, era l’unico luogo dove mi sentissi al sicuro; c’era un non so che di magico, quasi incredibile, in quel luogo. Sembrava che varcata la porta di quel luogo, il cuore si facesse di colpo più leggero, il fardello si alleggeriva. Eppure in quella settimana, neanche l’aula canto era riuscita a farmi sentire tranquilla. Non senza di lui. Quella sedia vecchia, dove solitamente se ne stava stravaccato, le braccia incrociate e il cipiglio duro, era vuota da una settimana ormai, tanto che un sottile strato di polvere si era depositato su di essa. Vegeta doveva tornare.

Dopo la scuola mi precipitavo da lui, a casa sua. Stava sempre da solo, ovviamente, rinchiuso in quelle mura dove l’odore e la presenza di sua nonna non poteva essere più percepibile di così. Non parlava, stava sempre zitto, con lo sguardo fisso alla parete o a terra. ed io restavo ore al suo fianco, senza dire niente, guardandolo con l’amorevole tenerezza e la struggente consapevolezza che Vegeta non sarebbe più stato lo stesso.


Anche quel giorno, ero andata da lui. Arrivai di fronte al bianco portone della villetta con il fiatone, avendo camminato velocemente per poter raggiungere l’abitazione. Suonai, e dopo qualche secondo, la porta si spalancò davanti a me, mostrando la figura di un Vegeta a dir poco irriconoscibile: pallido, con lo sguardo vacuo, i meravigliosi capelli scompigliati e arruffati, l’espressione impassibile. Senza dire niente mi guardò, voltandosi poi, permettendomi così di entrare. Ormai era diventata un’abitudine, la mia visita sembrava essere l’unica cosa ad occupare le sue giornate. Entrai, sospirando; ero preoccupata. Vegeta non mi considerava nemmeno, non un bacio, non una carezza, non mi aveva più sfiorato minimamente da quel giorno. Lo vidi camminare con passo strascinato, ciondolante, fino ad accasciarsi poi sul divano, con stanchezza. Vegeta era diventato l’ombra di se stesso, si muoveva per la casa come un’anima in pena,come fantasma legato a delle catene invisibili,che lo rendevano prigioniero  della tristezza.”Tesoro,come ti senti oggi?”azzardai. Lui non rispose, continuando a fissare il vuoto dinnanzi a sé. Sospirando, mi avvicinai, sedendomi al suo fianco, pronta a passare così le restanti ore pomeridiane, a fare compagnia a quel ragazzo che amavo e che ora non era altro che l’ombra di Vegeta Prince. Vederlo così mi straziava l’anima, mi rendeva quasi faticoso respirare. Ero convinta che neanche quel giorno lo avrei sentito parlare, quando improvvisamente, risentii la sua voce roca, dopo più di sette giorni di silenzio. “Credi che la dimenticherò mai?” disse ad un tratto. Aveva la voce leggermente incrinata, il tono ansioso, gli occhi sempre puntati dinanzi a se. Sgranai leggermente gli occhi, sorpresa. “Perché ho paura che un giorno possa accadere …” continuò poi in un sussurro. Sentivo che voleva piangere, accidenti se lo voleva. Eppure si tratteneva, limitandosi a guardarmi con quegli occhi tremendamente profondi e ora lucidi. Io ero rimasta leggermente frastornata: non credevo dicesse una cosa del genere, e nel momento in cui i suoi occhi cercarono disperatamente i miei, mi sentii mancare, affondando nell’immensità delle sue iridi. Sorrisi poi debolmente. “Sai, è difficile dimenticare qualcuno che ti ha dato molto da ricordare …”  dissi in tono rassicurante. Lui continuò a fissarmi, annuendo poi impercettibilmente. “Ho sempre saputo che mia nonna non sarebbe rimasta per sempre al mio fianco; era naturale, era la vita. eppure non riuscivo ad accettare l’idea che se ne sarebbe andata, lasciandomi solo. Sono sempre stato solo, però almeno c’era lei. E poi sei arrivata tu, e non sai quanto ti sia grato per essere entrata nella mia vita …” confessò lui in un sussurro, continuando a fissarmi. Sorpresa per quella spontanea dichiarazione, sentii gli occhi inumidirsi, e subito abbracciai Vegeta, poggiando il capo sulla sua spalla. Lui mi strinse forte a sé, come se avesse paura di perdermi da un momento all’altro, di perdere anche me. “Mi dispiace …” bisbigliò piano, al mio orecchio. Confusa, chiesi, senza però staccarmi: “E –e di cosa?”  “Io credo che non canterò più …” disse in un soffio. Sciolsi l’abbraccio, guardandolo poi negli occhi,sconcertata. “C- come non canterai più … ma …” “Temo di non  riuscirci più …”mi interruppe. Io scossi debolmente il capo, confusa ed incredula.”Senti,lo so che è tremendamente difficile, perché credimi lo è anche per me, ma non puoi abbandonare la musica … come, come riusciresti a vivere senza … come …”  lui mi guardò tristemente. “Ti chiedo scusa …” io scossi la testa. “Non è a me che devi chiedere scusa, ma a te stesso …” sentii un rivolo d’acqua solcare la mia guancia, per arrivare poi a scontrarsi sulle mie labbra. Stavo piangendo, e sinceramente in quel momento mi sembrò la cosa più naturale da fare. Chiusi gli occhi, cercando di ricacciare indietro le lacrime che prepotentemente avevano iniziato a bagnare il mio volto. Ma in un attimo, sentii qualcosa posarsi contro la mia guancia, a raccogliere le stille salate. Vegeta mi stava posando leggeri baci sul viso, sui punti bagnati dalle lacrime, cercando di asciugarlo e allo stesso tempo di darmi una sensazione di dolcezza immensa. Lui appoggiò poi piano la sua fronte alla mia, e fissandomi negli occhi, disse: “Mi dispiace, piccola. Ma io non so più chi sono …”
 

Se c’era una cosa che avevo capito facendo parte del Glee Club, è che spesso la chiave per risolvere i problemi, sta nella musica. a volte, possiamo anche scervellaci ore ed ore per comprendere cosa fare, cosa ci chiede davvero il destino. E poi attraverso qualche nota e ad una melodia, capiamo che la risposta sta proprio lì, in quella canzone che fino a qualche minuto prima nemmeno ci piaceva. Quando Vegeta mi aveva detto che non avrebbe più cantato, mi sentii crollare il mondo addosso. Non lo credevo possibile, mi sembrava inconcepibile, era, era … come si vive senza il filo conduttore che tiene unita la nostra vita,come si respira senza l’aria a riempirci i polmoni, come avrebbe fatto Vegeta senza la musica? Ma quando quel giorno, entrando in aula canto, vidi tutti i miei amici e il Professor Dawson lì, tutti insieme, capii cosa dovevo fare. La musica, ci avrebbe riportato Vegeta.


Suonò al campanello di casa Prince, leggermente agitato. Avevo dato istruzioni ben precise a tutti quanti, e al nostro mentore sarebbe toccata la parte più difficile … Vegeta aprì la porta, sgranando leggermente gli occhi dinanzi a colui che si presentò sulla soglia di casa. “Professor Dawson,che ci fa lei qui?”chiese curioso. Il Professore sorrise leggermente. “Ero venuto a trovarti … volevo sapere come stavi ….” Vegeta corrugò lo sguardo “Ma non dovrebbe essere alla lezione del Glee Club a quest’ora?” chiese. Il Professore abbassò la testa, sorridendo furbamente. “Dobbiamo andare al più presto in un posto; quanto ci impieghi a vestirti?”
 

Era tutto pronto. I miei amici, i musicisti, tutti eravamo pronti per quello che sarebbe accaduto in breve tempo. Avevo organizzato tutto in un solo giorno, e Dio solo sa quanto in quel momento pregai che il mio piano funzionasse.  Era tutto perfetto, ma mancava la cosa più importante. Continuavo a guardare pensierosa verso l’ingresso dell’Auditorium, dal palcoscenico, sperando di vedere il portone aprirsi e mostrare una folta capigliatura a fiamma che adoravo da impazzire. Guardai l’orologio nervosa: Accidenti, a quest’ora avrebbero già dovuto essere qui! Stavo iniziando a credere che il mio piano fosse fallito e che il professor Dawson non fosse riuscito a convincere quel testone a seguirlo, quando ad un tratto, la porta si aprì. E lo vidi. Avanzava scocciato dietro al nostro insegnante, che non appena entrò nell’Auditorium buio, mi fece
un cenno col capo. Al che, sorridendo speranzosa, iniziai a cantare. (https://www.youtube.com/watch?v=AQE3d7RBTjQ canzone)

Bulma:
Just a small town girl, livin’ in a lonely world.
She took the midnight train goin’ anywhere.

Just a city boy, born and raised in south Detroit.
He took the midnight train goin’ anywhere.

 
Le note del pianoforte si espansero per l’Auditorium vuoto. Vegeta alzò lo sguardo confuso, puntandolo verso il palcoscenico. E li, ci trovò. In mezzo al palcoscenico, da sola, stavo cantando. E non era una canzone qualunque, lo sapeva. Era una canzone speciale, per tutti noi. Era la prima canzone che Vegeta aveva cantato insieme a noi. La prima e vera esibizione delle Voci fuori dal coro.

Tutti:
Don’t!
Bulma:
A singer in a smokey room.
The smell of wine and cheap perfume.
For a smile they can share the night.
It goes on and on and on and on.
Strangers waiting, up and down the boulevard,
their shadows searching in the night.
Streetlight people, living just to find emotion,
hiding somewhere in the night
.

In quel momento, anche gli altri uscirono dalla penombra, iniziando a cantare coralmente. Timidamente, scesi dal palcoscenico, dirigendomi verso Vegeta, che ancora immobile in mezzo alla platea, continuava a fissarci. Lo raggiunsi, e continuando a cantare gli sorrisi debolmente, cercando di fargli comprendere cosa stesse accadendo. Gli presi poi la mano, portandolo insieme a me sul palcoscenico. Lui non oppose resistenza. Sorrisi soddisfatta: aveva capito tutto.

Tutti:
Don’t stop believin’.
Bulma e Vegeta:
Hold on to that feelin’.
 
E finalmente, anche lui iniziò a cantare, insieme a tutti noi. Sorrisi gioiosa, tra le lacrime. Ci eravamo riusciti: Vegeta stava cantando con noi. Stava tornando a vivere.

Tutti:
Street lights people,
Don’t stop believin’.

Hold on to that feelin’.
Street lights people,
Don’t stop!

 
E non appena la musica finì, il silenzio calò sull’Auditorium. Nessuno di noi fiatava, in attesa che lui parlasse. Un sorrisetto sghembo si delineo sul volto di Vegeta, il suo sorrisetto, quello che mi faceva impazzire. “Volete davvero così tanto che canti con voi?” tutti sorridemmo. “Secondo te avrei preparato tutto questo solo per sgranchirmi un po’ le corde vocali?” dissi ironica, cercando di cogliere un qualunque segnale, cambiamento, nella sua espressione. Lui scosse la testa, leggermente divertito. “Certo che sei proprio incredibile, ragazzina …” non mi lasciò il tempo di ribattere, che le sue labbra si posarono sulle mie, in un ringraziamento che non aveva bisogno di spiegazioni. Eppure, dopo qualche secondo, si staccò dalle mie labbra, sussurrandomi all’orecchio: “Grazie … adesso ho capito chi sono …” Con le lacrime agli occhi, lo baciai, felice. Vegeta stava ricominciando a vivere.

Nota Autrice:
Good Evening everybody! Non uccidetemi per questo mio ritardo nell’aggiornare la storia, ma sono reduce da una settimana di compiti in classe, interrogazioni e altri impegni vari, che mi hanno tenuta distante dal computer e di conseguenza dalla storia … :( comunque, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, e vi ringrazio già da ora per l’attenzione. Ho notato che il primo capitolo di questa storia ha avuto oltre mille visualizzazioni … *-* grazie, mi sento felicissima … comunque, ovviamente ringrazio di cuore coloro che seguono, leggono, e recensiscono la mia storia. Vi ringrazio infinitamente, leggere le vostre recensioni mi  riempie sempre di gioia! Vi lascio adesso e, in attesa di recensioni, vi saluto al prossimo capitolo!
Buonanotte
TWOTS
   
 
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