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Autore: Queen of Superficial    15/10/2014    2 recensioni
Un neurologo, un chitarrista,
un'anziana signora, un batterista,
un'anomalia cerebrale, un mistero.
«Clio si riscosse da questi pensieri mentre entrava in macchina e quasi riusciva a sentire ancora la mano di lui sulla coscia. Scosse la testa. Due giorni prima era tutto normale, due giorni dopo niente significava più niente.
Era il 29 dicembre.
Faceva freddo.
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Genere: Introspettivo, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates, The Rev
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se ti tagliassero a pezzetti
il vento li raccoglierebbe
il regno dei ragni cucirebbe la pelle
e la luna
la luna tesserebbe i capelli e il viso
e il polline di Dio,
di Dio il sorriso.
- Fabrizio De André

 

 

“Dottoressa, sono arrivati questi.”
Il camice bianco abbassò lo sguardo su un fitto sciame di rose rosse e gialle. Non poté fare a meno di sorridere, scoprendo due file di denti bianchi troppo dritti per essere naturali; eppure, lo erano. Spostò tutte le cartelle cliniche sotto un braccio per allungare una mano curata a leggere il bigliettino che pendeva dal gambo di una rosa. Whatever, baby. B.
Un neurologo non è una persona più logica delle altre, ma è senz'altro molto più stanca. Sbuffò una risata lieve, tintinnante. “Io chiudo, qui, Gladis.”, disse, poggiando tutto il pesante carico di cartelline sul bancone delle infermiere. L'altra donna, sensibilmente più bassa e anziana, la guardò confusa per un momento: “Che ci faccio con questi, dottoressa?”
“Li porti alla 102, la signora Fitz è qui da due giorni e non ha ancora ricevuto nulla da nessuno.”
La dottoressa corrugò la fronte, pensierosa. La vecchia signora Fitz era stata ricoverata dopo una chiamata del vicino, che aveva riferito ai colleghi del pronto soccorso quanto segue: la signora stava scambiando le consuete chiacchiere mattutine con lui, quando all'improvviso aveva iniziato a produrre suoni che non significavano nulla. Cosa vuol dire suoni che non significano nulla?, aveva chiesto DiBenedetto, il medico di turno, all'interlocutore dall'altra parte della cornetta. Che diceva parole a caso, ma le pronunciava convinta, come se stesse dicendo cose del tutto normali. Il vicino di casa della signora Fitz non era anziano. Era un pastore di mezza età, sposato con tre figli. Si chiamava Joseph Sullivan. DiBenedetto lo conosceva per vie traverse, alla lontana. Aveva chiamato immediatamente lei, che stava dormendo il sonno dei giusti nella villetta prospiciente il mare a un solo isolato dal luogo in cui si stava consumando quel piccolo, incomprensibile psicodramma. Puoi andare a controllare cosa c'è che non va? Sono indeciso se mandare o no un'ambulanza. La dottoressa lo aggredì; un po' perché detestava essere svegliata, e un po' perché le cose tra di loro qualche tempo prima erano andate peggio che male. Quando era arrivata sul posto, la signora Fitz stava cercando di spiegare, a modo suo, che non capiva come mai quel trambusto. In fondo, probabilmente, lei si stava solo lamentando delle oscillazioni climatiche che impedivano alle begonie di fiorire come si deve. La dottoressa era in maglione e pantacollant, con i cerchi scuri del sonno arretrato che le impreziosivano gli occhi. Senza presentarsi che con il proprio nome di battesimo, aveva rassicurato la donna e aveva chiesto al pastore di procurarle una sedia. Elda Fitz continuava a blaterare termini e sbocconcellare congiunzioni senza soluzione di continuità. La dottoressa le aveva puntato una torcia negli occhi, le aveva fatto seguire il dito, le aveva misurato la febbre appoggiandole le labbra sulla fronte. Cos'ha la signora Fitz, Chloe? , le aveva chiesto Joe, seguito a stretto raggio dal figlio con una sedia in mano. Si chiama Clio, papà. Non Chloe. La dottoressa Clio alzò gli occhi su James, tutto spettinato. Probabilmente dormiva anche lui, quando era stato chiamato in causa da quell'incidente neurologico. Vi conoscete? Anche la signora Fitz disse qualcosa, qualcosa che includeva padelle e mandarini. Alzò un dito verso James e si alterò, incomprensibile. Secondo me vuole dirti che l'hai stordita per anni con quella maledetta batteria, ingiunse Clio, soave, facendo sedere la donna. Vi conoscete?, ripeté Joe. La signora Fitz fece l'imitazione di qualcuno che suona la batteria, agitando le vecchie braccia con uno sguardo truce. Poi, lentamente, ripeté: Unbreak me, unchain me, I need another chance to live. I due uomini si scambiarono uno sguardo perplesso. È tutto passato, Clio?, chiese Joe. Ma la signora Fitz aggiunse un commento a quella frase, un commento che non significava niente. Clio scosse la testa. Ricorda solo il linguaggio automatico. Le canzoni, le preghiere. Sono abilità superstiti. Penso soffra di un'afasia transcorticale mista, che di solito è non fluente, nel senso che i pazienti dispongono di un linguaggio del tutto incomprensibile. Lei mi capisce, signora Fitz? La signora Fitz la capiva. Dobbiamo portarla in ospedale, non so se il medico con cui ha parlato le ha detto che farà arrivare un'ambulanza. Joe disse che non ne era sicuro. James la guardò. Ti accompagno io, le disse. Le tenne una mano sulla gamba per tutto il tragitto, mentre la signora Fitz, nei sedili posteriori, scivolava in un sonno senza sogni.
Clio si riscosse da questi pensieri mentre entrava in macchina e quasi riusciva a sentire ancora la mano di lui sulla coscia. Scosse la testa. Due giorni prima era tutto normale, due giorni dopo niente significava più niente.
Era il 29 dicembre.
Faceva freddo.

   
 
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