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Autore: LittleMissMaddy    14/10/2008    4 recensioni
Quello sguardo consisteva nello sguardo più impietosito che potesse essere mai lanciato. "Quello sguardo" significava che la persona che glielo aveva scoccato era scioccata, addolorata e si chiedeva, probabilmente, che cosa ne sarebbe stato di lei, ora che il suo Grande Amore era seppellito sotto strati e strati di terriccio bagnato dall'acqua. Neanche suo padre le risparmiò quello sguardo.
[ Zachary x Petra ]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Serpeverde
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Genere Romantico ( un pochino angst >_> ).
Rating Verde.
Personaggi Petra Wolf e Zachary MacIntyre.
Who? Non ho mai parlato "bene" di Zachary e Petra. Dovete sapere che, tanto per incominciare, sono due personaggi nati su un Gioco di Ruolo che prima del cambio di grafica / server era ambientato durante gli anni precedenti alla nascita di Harry Potter ( che avvenne, ricordiamo, il 1980 ), ovvero più o meno alla fine degli anni settanta. Petra, a quel periodo, ha diciassette anni e sta per concludere gli studi brillantemente. Zachary, invece, è solo al suo quarto anno, e così intavolano una relazione morbosa e piuttosto inconcludente, ignari della guerra che infuria fuori dalle mura di Hogwarts dove per un anno hanno la possibilità di stare insieme. Un solo anno. ( Almeno, così è in questa fic v_v nelle altre è un po' diverso, ma la base della loro conoscenza è sempre quella. )
Lei è una Mezza Babbana, ma sua madre è stata praticamente reclusa per tutta la sua vita, e quindi pochi sanno della sua "esistenza" ( figurarsi quindi delle sue origini ). Di conseguenza, praticamente nessuno sa di questa piccola pecca che macchia l'onore dei Wolf.
Disclaimer Petra è miamiamia, mentre Zachary MacIntyre è © di Fuuma. Ambientazione by Rowling.
Dedicata a Fuuma, ovviamente, a _ale23_, che fino ad ora non ho mai ringraziato per le sue bellissime recensioni, e a Limnia_Black, come da copione.




We won't be unhappy



“Condoglianze.”
Petra strinse molte mani durante quel pomeriggio. Raccolse sorrisi di circostanza per tutto il salone e cenni seriosi di parecchie teste.
La sua casa era stata invasa da una folla in nero. Chiunque le passasse accanto si sentiva in dovere di fermarsi a scambiare qualche parola con la giovane vedova, stringendole le mani per infonderle coraggio o anche solo lanciarle quello sguardo.
Quello sguardo consisteva nello sguardo più impietosito che potesse essere mai lanciato. "Quello sguardo" significava che la persona che glielo aveva scoccato era scioccata, addolorata e si chiedeva, probabilmente, che cosa ne sarebbe stato di lei, ora che il suo Grande Amore era seppellito sotto strati e strati di terriccio bagnato dall'acqua.
Neanche suo padre le risparmiò quello sguardo.
“Stai bene?” le domandò circondandole le spalle con un braccio.
Petra annuì, pallida più che mai in quei vestiti che non le si addicevano affatto.
“La gente inizia ad andarsene. Tra meno di mezz'ora sarai libera.”
Libera.
Sì, sarebbe stata finalmente libera. Nessun sorriso contrito, nessun occhiata carica di compassione.
Si alzò in punta di piedi e baciò la guancia a suo padre. Si liberò della sua stretta e si allontanò per salutare gli ospiti che abbandonavano la casa.
Il primo pensiero che invase con urgenza la sua mente, quando ebbe finito di salutare anche l'ultimo ospite, una quarantina di minuti più tardi, fu quello di prendere una boccata d'aria in giardino.
Un elfo domestico le consegnò un ombrello - rigorosamente nero - che non tardò ad aprire. Attraversò le porte-finestre ed abbandonò dietro di sè le scarpe austere che avevano ingabbiato i suoi piedini bianchi, lasciandole scivolare semplicemente sull'erba bagnata dalla leggera pioggia di inizio Primavera.
Raggiunse il Gazebo che spiccava nel bel mezzo del Giardino all'Italiana e sedette sulla panca più vicina, abbandonando l'ombrello a terra. La giacchetta nera seguì l'oggetto e si afflosciò ai piedi della ragazza che si accoccolò sulla fredda pietra, guardandosi attorno oziosamente alla ricerca di qualche sollievo.
“Condoglianze.”
Ci impiegò un minuto esatto per capire che quella voce non era frutto della sua fantasia, ma bensì delle corde vocali di un uomo che si era appena rifugiato al coperto, e sembrava aver attraversato il giardino senza schermarsi dalla pioggia: i capelli neri erano tutti bagnati, e gli si attaccavano al volto come edera rampicante. La bocca era schiusa in un respiro lungo e basso. Gli occhi di vetro si fissarono nei suoi.
“Come?” mormorò, stupita.
“Condoglianze.” ripetè l'altro.
Abbassò lo sguardo e biascicò un lento ed incerto: “Sì, grazie.”
“Non hai freddo?”
“E tu non hai nient'altro da fare? Se ne sono andati via tutti.”
“Lo so. E' per questo che sono qui, Wolf.”
“Non è più mio quel nome, MacIntyre.”
Il ragazzo tacque, dandole tutto il tempo per tornare ad alzare gli occhi scuri a cercare qualche mutamento nei suoi lineamenti. Erano un po' più marcati, ed avevano perso gran parte della femmineità che li aveva distinti dagli altri. Anche così, ad otto anni di distanza, era sempre bellissimo. Le mani che si infilavano nelle tasche della giacca inopportunamente bianca e gli occhi che si facevano beffe di lei, silenziosamente, squadrandola e dicendo "non sei mai stata troppo brava a mentire, Wolf."
“Non guardarmi così” fu l'unica cosa che riuscì a dire, schiacciata dal suo ruolo che le imponeva un copione ben chiaro.
Avrebbe dovuto congedarlo gentilmente accusando un finto quanto lieve mal di testa. Avrebbe dovuto comportarsi in modo corretto, da donna a cui era appena deceduto il Grande Amore della sua vita.
Eppure non si mosse. Non lo congedò. Non pianse il suo Grande Amore, perché era lì, a tre passi da lei, e la stava fissando con occhi trasparenti che, tuttavia, nessuno riusciva mai a comprendere pienamente.
La stava guardando con lo stesso odio con cui l'aveva guardata la prima volta, durante la festa dell'ultimo anno passato ad Hogwarts insieme. Era successo di nuovo, quando qualche mese più tardi lo aveva informato che si sarebbe sposata, durante una festa di Capodanno.
Lei che era ancora in bilico tra i diciassette ed i diciotto anni, tra immaturità e maturità.
( Un amico di mio padre. Uno di quelli molto vecchi e molto nobili, sai? )
Lui ne aveva riso, credendolo uno stupido gioco di gelosie indetto personalmente dalla ragazza.
Quando aveva visto che non c'era neanche un misero sorriso a ricambiare il suo, la risata gli era morta in gola, lasciandolo per un attimo senza fiato.
Tutto era cominciato lì, e mentre ora si fissavano a vicenda, nessuno dei due ebbe il coraggio di spezzare il silenzio che si era annidato per anni tra di loro, a formare un muro di pietra che, d'altro canto, nè lei nè lui avevano cercato di abbattere.
La mancina del giovane tornò presto alla luce fioca di quel bagnato pomeriggio, accompagnata dall'incessante sussurro prodotto dalla pioggia che batteva ora furiosamente ed ora quietamente sui vetri del Gazebo. Un pacchetto di Chesterfiled venne aperto prontamente, e mentre una sigaretta già finiva tra le sue labbra, un'altra veniva spinta tra le dita esitanti di Petra.
Le accese entrambe con estrema calma, poi si sedette accanto a lei, facendo sparire il pacchetto e l'accendino d'argento.
“Mi avevano detto che ti eri trasferito in America per lavoro.”
Si guardarono per un altro lungo minuto.
“Invece a me avevano detto che eri diventata una povera vedova sofferente...” disse Zachary sputando all'esterno una nuvoletta di fumo babbano, “I nostri informatori non ci sanno aggiornare, come vedi.”
Quest'ultima frase riuscì a strapparle un sorriso che le rischiarì tutti i lineamenti. Per quanti anni fossero passati, non erano riusciti a scrollarsi di dosso l'infantilità dei diciassette anni. I venticinque erano eclissati sotto una maschera di amabilità che era pareggiata solo dall'espressione naturale e neutrale che prese posto sul volto altrettanto bianco di MacIntyre.
“Com'è l'America?” domandò occhieggiando disinteressata i dintorni, a controllare di essere rimasta totalmente sola con lui.
Fatta eccezione per la pioggia e la natura che li circondava rigogliosa, era proprio così.
“E' morto d'infarto, vero?” rispose lui.
Non aveva mai imparato che rispondere con una domanda ad una domanda era maleducazione. La vedova tornò a sorridere.
“Più o meno.”
“Ovvero?”
“C'è chi dice che sia morto per infarto, chi azzarda che sia morto a causa di un avvelenamento - amava giocare al Piccolo Pozionista, -” il fumo che accompagnava la sua voce bassa si sperdeva verso l'alto, ma solo dopo essere passato tra di loro come una cortina che si ostinava a dividerli, anche se debolmente. “E c'è chi è convinto che sia stata io ad ucciderlo.”
MacIntyre sorrise scostando dalle labbra il filtro della sigaretta.
“E qual'è l'ipotesi più gettonata, mia bellissima Vedova Nera?”
Petra sbuffò. Non per cacciare via l'ennesima boccata di sporco fumo, ma per mera stizza. Si strinse nelle spalle e guardò altrove.
“Ho quasi venticinque anni. Lui ne aveva sessantacinque. Pensi che abbiano abboccato davvero alla storia dell"amore non ha età", Zachary?”
“Penso che l'unico che si sia convinto sia tuo Padre. E per autoconsolazione.”
“No. Sa benissimo di essere stato un fottuto bastardo.”
“Ora il mistero è chiarito: sappiamo finalmente da chi hai ereditato la tua bontà di Cuore.”
La realtà è che lo avevano sempre saputo perfettamente.
Soprattutto lei. Inarcò la schiena e sospirò, tornando poi ad incurvarsi appena per appoggiare il gomito sinistro sulle ginocchia unite da sotto la gonna; strinse i denti e fece cadere il mozzicone ai piedi di lui, che si preoccupò di pestarlo con plateale calma.
Gli si leggeva negli occhi il desiderio di lasciare intatta quella piccola fiammella, alimentato, seppur per un istante, dall'infantile speranza di veder bruciare tutto ciò che gli aveva strappato dalle braccia quella donna che se ne restava seduta senza guardarlo.
“Vieni con me.”
La sua voce era alta e chiara.
“Dove?”
“Ovunque.”
La distanza tra di loro era miseramente andata a farsi benedire. Lui si era avvicinato e si era chinato su di lei, portando le mani a coprirle le spalle minute. Le fece alzare il viso e la guardò dritto negli occhi: “Vieni con me, Petra” insistette con voce un po' più bassa, roca, che le fece ricordare per un doloroso momento tutto quello che aveva perduto nell'acconsentire ad un piano paterno così perfetto e calcolato.
“Stanno indagando sul mio conto. Non posso muovermi dalle mie proprietà.”
Zachary sembrava sorpreso.
“Perché?” indagò.
“Con la caduta dell'Oscuro siamo precipitati tutti, Zachary. Hanno aperto la casa dei miei genitori come un guscio e l'hanno ribaltata da cima a fondo. Vuoi che lo facciano anche con la mia? Sarà così, se me ne vado. E poi...” tacque. Lui le strinse ancora di più le spalle.
“Ho una casa, in America. Sono ricco tre volte quello che eri una volta tu. Ho l'età giusta. Che cosa manca, adesso?”
“Niente.”
“E allora perché No? Ho aspettato.”
Perché lo amava.
Se ne era resa conto dopo averlo lasciato. Lo amava.
Lui non lo sapeva, non lo immaginava neanche, accerchiato com'era dai fantasmi del passato e dai muri ostili alzati dal suo odio feroce.
( Sparisci. )
Si era innamorata di lui ancora prima di potersi frenare. Era successo all'improvviso, un giorno, e allora aveva accettato. Di allontanarlo. Di sposarsi. Di evitarlo per il resto di tutta la sua vita.
( Sei solo un burattino, Petra, capisci? Tutto quello che voglio adesso è che tu muoia. )
Un ringhio basso precedette l'accostarsi incalzante di MacIntyre.
Non era più disposto a vedersi rifiutato.
Aveva aspettato per anni di poterla rivedere, ed ora che tutto aveva cominciato a girare per il verso giusto ( il suo ) nulla poteva porsi tra lui e la conquista di ciò che desiderava.
E la desiderava.
Da anni.
Non l'aveva mai amata, ma la desiderava come un corpo annegato può desiderare l'ossigeno, e delle labbra secche l'acqua.
“Come si chiama?” la sua voce era quella di sempre. Calma. Pacata. Carezzevole. Basata su un fondo di perfidia che non riusciva ad annullare neanche nei momenti più critici.
Lei alzò gli occhi, finalmente, e bagnò lo sguardo con il suo di vetro e gelo. Alzò le mani e le posò sulle sue che le stringevano le spalle facendole male.
“Zachary.”
Non lo stava chiamando.
Lo sussurrava.
“Mio figlio si chiama Zachary.”
Ed aveva solo quattro anni.
“E' un bel nome.”
La voce del ragazzo si fece più fitta, se possibile. La presa sulle spalle di Petra si fece meno pressante, finché non si ritrovò a girare le mani e a raccogliere quelle di lei, più piccole, tra di esse. Le strinse e le tirò a sè, facendola alzare.
Non l'aveva mai amata.
Quando era rimasto solo e l'aveva cercata nei corpi affusolati e morbidi di altre ragazze, aveva sognato di lei e aveva sperato in un futuro che la ricollegasse a sè.
Non l'aveva mai amata.
Ma avrebbe cresciuto suo figlio e lo avrebbe cresciuto come fosse stato suo. Avrebbe mantenuto quella promessa che la vedeva sua prigioniera per sempre.
“Non saremo infelici, insieme.”
  
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