Giochi di Ruolo > Dolce Flirt
Segui la storia  |       
Autore: BlueButterfly93    16/10/2014    2 recensioni
(REVISIONE STORIA COMPLETATA)
MIKI: ragazza che, come il passato le ha insegnato, indossa ogni giorno la maschera della perfezione; minigonna e tacchi a spillo. È irraggiungibile, contro gli uomini e l'amore. Pensa di non essere in grado di provare sentimenti, perché infondo non sa neanche cosa siano. Ma sarà il trasferimento in un altro Stato a mettere tutta la sua vita in discussione. Già da quando salirà sull'aereo per Parigi, l'incontro con il ragazzo dai capelli rossi le stravolgerà l'esistenza e non le farà più dormire sogni tranquilli.
CASTIEL: ragazzo apatico, arrogante, sfacciato, menefreghista ma infondo solamente deluso e ferito da un'infanzia trascorsa in solitudine, e da una storia che ha segnato profondamente gli anni della sua adolescenza. Sarà l'incontro con la ragazza dai capelli ramati a far sorgere in lui il dubbio di possedere ancora un cuore capace di battere per qualcuno, e non solo..
-
Lo scontro di due mondi apparentemente opposti, ma in fondo incredibilmente simili. Le facce di una medaglia, l'odio e l'amore, che sotto sotto finiranno per completarsi a vicenda.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Ubriaca d'amore, ti odio!'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 11

OOPS, questa non ci voleva!







«Buona fortuna!» esclamò elettrizzata Rosalya dandomi una pacca sul sedere e spingendomi verso il palco.

Il tempo era passato troppo velocemente ed io non ero psicologicamente pronta a rivedere i volti di Castiel e Ambra dopo ciò che avevo sentito poco prima. Anche loro erano tra i candidati e quindi sarebbero dovuti salire sul palco insieme a me, Nathaniel ed altri ragazzi di cui non avevo mai visto i volti e nè sentito i nomi prima di allora. 

Nathaniel.

Mi ero quasi dimenticata di lui, dopo aver lasciato che chiarisse, da solo, con Melody. Non mi ero neanche minimamente interessata di conoscere i motivi per i quali la mora avesse detto quelle parole sulla contrarietà del padre a saperlo in compagnia con la sottoscritta. Non ero nemmeno curiosa di scoprirlo ed era strano. Con Castiel accadeva tutto il contrario.

«Ehi ma ci sei?!? Devi salire sul palco. Sbrigati!» quasi mi urlò in faccia, Rosalya. E visto che non avevo intenzione di muovermi dal posto, ci pensò lei a trascinarmi proprio sotto il palco. 

Cercai con gli occhi Nathaniel voltandomi in tutte le direzioni, non lo avevo ancora ringraziato abbastanza per la bella serata organizzata per me. Dopotutto non era colpa sua di tutto quel trambusto accaduto successivamente. 

Ma invece di trovare la figura del bel biondo, mi apparirono i volti sfatti di Castiel e Ambra. Non si erano neanche preoccupati di darsi una risistemata dopo gli attimi di fuoco trascorsi nel bagno. In quel modo tutti avrebbero capito ogni cosa. Patetici! Ma sembrava avessero litigato. Ambra non rivolgeva più alcun sorriso o moina al rosso come era invece solita fare e lui non la considerava minimamente, ma quella non era una novità. Castiel dava importanza ad ogni donna solo durante un atto sessuale, fuori dalle lenzuola non esisteva alcun tipo di rapporto per lui. 

Scuotendo la testa per evitare di pensare ancora, feci un cenno di saluto a Rosalya e la lasciai in compagnia di Leigh per poi salire sul palco. Non avevo alcuna voglia di prender parte a quella commedia organizzata dalla scuola, ma non potevo rifiutarmi altrimenti avrei avuto ripercussioni sull'andamento scolastico. La preside era stata chiarissima più volte su quel punto.

Tanto non avrei mai potuto vincere il titolo di reginetta, quindi non mi sarebbe costato nulla fare la mia apparizione, aspettare l'incoronazione per poi abbandonare quel ballo e rientrare a casa. Non ci sarebbe stato più alcun dramma, tutto sarebbe filato liscio, ne ero convinta.

Proprio quando salii l'ultimo gradino che mi avrebbe dato accesso al ripiano, nel mio campo visivo entrò Nathaniel, già sul palco insieme a qualcuno degli altri candidati. Non mi aveva aspettata o cercata, ma decisi comunque di raggiungerlo per star accanto a lui.

«Dov'eri finita?» mi chiese, voltando il volto e guardandomi negli occhi.

«Potrei farti la stessa domanda. Ti stavo cercando» gli risposi con un pizzico di fastidio nella voce. Dopotutto non aveva posto resistenza e non mi aveva seguita quando l'avevo lasciato insieme alla sua ammiratrice numero uno. 

«Dovevo chiarire una volta per tutte con Mel, era diventata asfissiante» 

«Oh certo! Quindi vorresti dire che non ti darà mai più fastidio?»

«Lo spero» disse titubante.

Non gli risposi, sapevo che Melody non avrebbe mollato.

«Bene! All'appello mancano il Signor Castiel Black e la Signorina Ambra Daniels se non...» la voce della direttrice al microfono venne interrotta dai due ragazzi che finalmente ci degnarono della loro presenza raggiungendoci sul palco. 

Tutta l'attenzione si spostò su di loro. Castiel aveva delle sfumature di rossetto sul viso, come se qualcuno lo avesse baciato per tutto il volto. Fu palese che quei baci provenissero chiaramente dalle labbra di Ambra, invece rimasta quasi senza rossetto, vi era solo un accenno. La camicia del rosso, poi, era sgualcita e un pezzo fuoriusciva dai pantaloni. 

«Razza d'imbecille... i-io... io...» sibilò a denti stretti Nathaniel accanto a me, e stringendo i pugni a causa del forte nervosismo il suo corpo addirittura tremò. Ovviamente aveva capito ogni cosa anche lui. Guardò con sguardo d'ira il rosso che invece sorrise beffardo verso di lui.

Qualcuno porse un fazzoletto a Castiel in modo da potersi ripulire il volto macchiato del rossetto di Ambra. Guardai disgustata quella scena con uno strano nodo in gola. 

«Il signor Castiel Black non si smentisce mai...» commentò rassegnata la preside. Ovviamente stava facendo riferimento alla sua indole da donnaiolo. Ogni persona attenta e spettatrice della scena aveva compreso cosa era accaduto tra Castiel e Ambra. 

«Ora che tutti i candidati sono sul palco, possiamo andare avanti. Prima di proclamare i vincitori, però, volevo annunciarvi che quest'anno per il Re e la Reginetta eletti ci saranno in serbo tante sorprese» annunciò solennemente la direttrice nel suo tailleur rosa confetto. Neanche per quella sera si era sbilanciata ad indossare un altro colore. Doveva amare il rosa particolarmente visto che lo indossava la maggior parte del tempo, quasi tutti i giorni. 

La preside continuò con il suo monologo parlando della perfezione del Dolce Amoris e facendo ringraziamenti vari. Fui distratta dal ragazzo accanto a me.

«Sarebbe perfetto se vincessimo io e te» sussurrò al mio orecchio Nathaniel «almeno potremmo chiudere la serata per il meglio, cercando di eliminare tutti i dispiaceri, visto che non sono stato capace di farti passare la serata perfetta che meritavi e che ti avevo promesso» finì abbassando il volto. 

Io non volevo vincere.

«Ehi» gli carezzai il braccio «non devi sentirti in colpa. Siamo umani, può capitare d'innervosirsi, di non reggere alcune persone o comportamenti. Hai solo cercato di difendere tua sorella, ti fa onore» cercai di tranquillizzarlo. 

Non volevo si assumesse colpe che non aveva. Dopotutto neanch'io ero stata un'accompagnatrice perfetta. Lo avevo lasciato nelle mani di Melody senza battere ciglia. 

Non ebbe tempo di replicare che una strana base musicale partì dalle casse presenti intorno al palco. Sembrava una musica regale. Era assurdo quanto la preside ritenesse importante quella premiazione. 

Salì sul palco il professor Faraize con in mano una busta dorata contenente i nomi dei due vincitori. Lui avrebbe avuto l'onore di proclamarli. 

«Il Re del primo ballo di Natale organizzato dal prestigioso liceo Dolce Amoris è...»

"Nathaniel Daniels"

«Castiel Black» 

"Che cosa?!" pronunciai nella mia testa. "Ah ma quindi sei diventata realmente sorda!" e riecco la mia coscienza. "No è che... ero convinta vincesse Nathaniel" stavo realmente dialogando con una me stessa strana? "Io non sono una te stessa strana, sono semplicemente la tua coscienza. Quando non sei capace a ragionare da sola arrivo io, semplice!" "Mi stai dicendo che sono scema?" "Oh beh..." scossi la testa, non volevo ascoltare altro.

Tornai a pensare agli eventi accaduti pochi secondi prima e mi resi conto che il professore aveva pronunciato il nome del rosso senza alcun entusiasmo. Evidentemente il suo favorito era un altro ragazzo e avevo giusto un'idea di chi potesse essere. Ci fu un attimo di silenzio ed incredulità generale, poi tanti applausi incitarono Castiel a dirigersi al centro del palco per l'incoronazione. 

Il rosso si avvicinò alla direttrice pacatamente e senza mostrare alcuna emozione. Ovviamente ad uno come lui non importava essere il vincitore. Quando però vide avvicinarsi verso di lui la professoressa di francese con in mano una corona maschile ed una fascia con scritto "Re del ballo di Natale, liceo Dolce Amoris" indietreggiò, scosse la testa e le mani brutalmente. 

«Cosa?!? Ma voi siete matti? Cosa vi fa pensare che indosserò questi aggeggi da poppanti?» brontolò e sbuffò assumendo poi una smorfia schifata alla vista di quegli accessori. 

Scoppiai a ridere insieme a tutti i presenti. Il clima della serata si era alleggerito. Persino io mi dimenticai di ogni dispiacere avuto prima di quel momento. Castiel aveva quella capacità di divertire la gente senza neppure volerlo. Era un brontolone e le smorfie che in ogni situazione assumeva erano esilaranti. 

«Signor Black se non indossa all'istante questi riconoscimenti verrà sospeso, per tre giorni, senza obbligo di frequenza. E lei sa di non poterselo permettere» pronunciò la preside lontana dal microfono. Solo le persone presenti sul palco poterono sentirla. 

Castiel quasi sbiancò davanti a quella sottospecie di minaccia così, seppur con sguardi d'odio profondo verso la direttrice, acconsentì ad indossare sia la fascia che la corona. 

Quell'immagine sarebbe rimasta impressa nella mia mente per l'eternità come il momento più comico di sempre. Vedere Castiel con una corona in testa non era spettacolo di tutti i giorni, e non perché gli stesse bene addosso ma perché era troppo divertente guardare la sua espressione e nello stesso tempo ammirare uno come lui con quegli accessori.

«Come può farti ridere una persona come lui?» interruppe il mio divertimento Nathaniel. Era l'unico a non ridere. 

«Come può non farti ridere, vorrai dire» mostrai Castiel ridendo nuovamente.

Nathaniel come risposta incrociò le braccia al petto e chiuse gli occhi sospirando come per calmarsi. Doveva esserci un odio profondo tra i due, qualcosa non nata da quando Ambra iniziò a frequentare Castiel, ma qualcosa di più profondo. Molti avevano accennato ad un litigio serio tra i due risalente a qualche anno prima, ma nessuno aveva voluto raccontarmi di più, ovviamente. 

«Bene. Adesso è giunto il momento di proclamare la Reginetta, invece» disse la direttrice lasciando la parola al professor Faraize. 

La mia risata cessò immediatamente.

«C'è una parità di voti e per questo motivo abbiamo deciso, concordemente con il comitato, che sarà lo stesso Re a scegliere la sua Regina tra i due nomi che ora vi faremo».

Incrociai le dita dietro la schiena sperando di non essere una di quei due nomi. Non volevo essere Reginetta e tantomeno esserlo insieme a Castiel. 

«E le due dame che hanno ricevuto il maggior numero di voti sono...» lasciò la frase in sospeso, il professore.

Metteva ansia, tanta ansia.

«Ambra Daniels e...» era ovvio fosse lei, uno dei nomi. Era molto popolare e bella.

«Micaela Rossi» allungò sulla "i" con molto entusiasmo. Dovevo star simpatica al professore Faraize sebbene la matematica non fosse una delle mie materie preferite.

"Ma invece di pensare al professore e alla matematica ti sei resa conto che sei uno dei nomi scelti o devo farti un disegnino?" e rieccoci. "Stavo solo cercando di non pensarci, ma grazie per il tuo intervento. Molto gentile. Ora torna da dove sei venuta, grazie!" ero realmente diventata matta. Ultimamente capitava spesso di parlare con la mia coscienza e non la ritenni una cosa del tutto normale. "Zitta e ascolta la scelta di Castiel" diedi ragione a lei per una volta.

La direttrice c'invitò a recarci al centro del palco, di fronte a Castiel. Sia io che Ambra ascoltammo gli ordini della preside. Quando fummo l'una accanto all'altra, la bionda mi guardò dalla testa ai piedi e poi con una smorfia schifata si voltò guardando insistentemente Castiel di fronte a noi che si trovava a massimo un metro di distanza. Io restai immobile fin quando vidi il sorriso beffardo del rosso. Non osavo immaginare i suoi pensieri. Chiusi gli occhi ed incrociai nuovamente le dita dietro la schiena sperando in un miracolo. Non avevo alcuna intenzione di stare a stretto contatto con il rosso, soprattutto non dopo esser stata resa partecipe ed aver ascoltato un suo atto sessuale. Aveva chiamato me, me, mentre si stava dando da fare con un'altra. Non aveva alcun senso. Non eravamo mai stati insieme, non ci rivolgevamo la parola da parecchio tempo, tra noi c'era stata solamente una sorta di amicizia ed un bacio. Eppure non riuscivo a smettere di pensare alla sua voce che nel momento di lussuria pronunciava il mio nome. Dannazione!

«È arrivato il momento che il Signor Castiel Black ci comunichi la sua scelta» la voce squillante della direttrice mi risvegliò dai pensieri. 

Non avrebbe mai potuto scegliere me, giusto? Insomma tutti erano a conoscenza della sua frequentazione con Ambra, sarebbe stata logica la sua scelta. 

"Fa' che non scelga me, fa' che non scelga me" 

«Scelgo Micaela!»

Spalancai gli occhi ed il mio cuore perse un battito. Non potevo crederci. Aveva scelto me. Per quale motivo? E poi lui non aveva sostenuto di non volersi prestare a quelle pagliacciate? Perchè invece sembrava essere contento?

«N-no, devo aver sentito male» sussurrai tra me e me. 

«Siete patetici!» si sentì improvvisamente un'unica voce sovrastare il brusio generale. Era Ambra che dopo aver fatto notare il suo disappunto, mosse i suoi capelli con una mano, si voltò dandoci le spalle e sensualmente scese dal palco facendo la sua uscita ad effetto. Doveva esserci rimasta male, era comprensibile. 

Per qualsiasi persona quello sarebbe stato un momento di pura felicità e commozione, ma non per me. Anzi, al contrario sembrava quasi stessi per affrontare il rogo. Non riuscivo a vedere il buono in quella vincita, ma solo altre negatività e guai. Purtroppo ero parecchio pessimista e in più conoscevo Castiel, con lui non si poteva mai stare tranquilli. Per non parlare di Nathaniel. Cercai d'immedesimarmi in lui e pensai non dovesse esser facile vedere la propria dama essere incoronata Reginetta dopo esser stata scelta da un suo ex amico divenuto nemico con il quale avevano avuto una discussione poche ore prima. Non meritava quei dispiaceri che io involontariamente gli stavo dando. 

Dopo tutti quei pensieri, abbassai il volto. Non avevo alcuna intenzione di guardare i visi di Castiel, di Nathaniel o di qualsiasi altra persona. Stavo affrontando un momento imbarazzante, mi sentivo sotto esame. Sin dalle prime settimane di scuola Peggy aveva ipotizzato di un triangolo tra noi tre e in quel momento sembrava quasi si stesse realizzando la sua predizione. 

Quando, accanto alla gonna del mio abito ampio intravidi delle scarpe eleganti lucide nere accompagnate da delle esili ma possenti gambe da uomo, fui costretta ad alzare il volto. 

Sapevo già di chi si trattasse. 

Il forte odore di menta e tabacco mi fece arricciare il naso. Aveva l'abitudine a masticare una chewing-gum subito dopo aver fumato in modo da creare un mix tra i due odori. Avrebbe dovuto disgustarmi eppure mi piaceva incredibilmente. 

Castiel era a pochi centimetri dal mio viso, tra le mani stringeva una fascia simile alla sua ma con sopra scritto "Reginetta del ballo di Natale 2014, liceo Dolce Amoris". Sicuramente doveva esser stato incaricato da qualcuno di farmela indossare ed io non ero stata abbastanza attenta da accorgermene. Ero stata tra le nuvole, come sempre. 

«Non avrei mai permesso di sostituire la corona che già indossi per una di plastica, questa ti dona molto. Quindi metti solo la fascia» sussurrò per farsi sentire solo da me. 

Io ero come pietrificata, incredula per il Castiel che mi si era presentato davanti. Lui non era tipo da prestarsi a quel genere di cose, eppure aveva acconsentito persino a tenere sulla testa, l'ormai sua, corona. 

Dopo avermi aiutata ad indossare la fascia non si allontanò. 

Iniziò a guardarmi dritto negli occhi.

Non l'aveva fatto fino a quel momento. Non lo faceva da un po'. 

I suoi occhi grigi erano chiari più del solito, trasmettevano calma. 

Il mio cuore, invece, batteva forte più del dovuto, più del necessario. Era un organo involontario ed anche se avessi voluto non avrei potuto controllarlo. 

Quando mi sfiorò il volto delicatamente, tutto il mondo scomparve. Non esisteva più alcuna folla intenta a guardarci, non esisteva nessuno oltre noi due. 

Ricordi delle sue labbra sottili sulle mie piene si fecero vivi nella mia mente. Lo desideravo di nuovo, desideravo con tutta me stessa di toccare le sue labbra, di entrare in contatto con lui, nonostante tutte le differenze. Volevo semplicemente Castiel, senza "se" e senza "ma".

 Volevo semplicemente Castiel, senza

E poi accadde. 

Poggiò delicatamente le sue labbra sulle mie, senza pretese, senza approfondire. Fu un semplice bacio a stampo, eppure mi ritrovai a contare i secondi.

"Uno, due, tre..." il boato della folla che approvava quel bacio.

"Quat..." non riuscii a finire di contare mentalmente. Castiel venne allontanato brutalmente da qualcuno.

Era Nathaniel. 

"Cazzo, Nathaniel!" Non avevo pensato a lui neanche un secondo prima di ricambiare il bacio del rosso. Ero stata una stronza. Imperdonabile. 

Nathaniel prese dal colletto della camicia Castiel e si avventò su di lui; entrambi caddero sulla pavimentazione di legno del palco provocando un forte rumore. La folla dei più giovani presenti al ballo, incitò il combattimento. Il biondo lanciò un pugno in direzione del volto di Castiel, ma quest'ultimo fu bravo a scansarlo. Nessuno dei due poté continuare la propria battaglia, tre professori corsero a dividerli e aiutarli a sollevarsi da terra. 

Una strage era stata evitata, per fortuna. Ma la direttrice non doveva pensarla allo stesso modo. 

«Signor Daniels, questa sua improvvisa ira le costerà cara. Lei, da questo momento, non è più il segretario delegato del nostro liceo. Si consideri sollevato da ogni tipo d'incarico. Mi ha molto delusa, non mi aspettavo questo comportamento da parte sua. Quando è accaduto nel liceo, qualche tempo fa, ho chiuso un occhio ma ora non mi è più possibile. Se ha questioni in sospeso con il Signor Black le risolva in privato. Se vedrò di nuovo un comportamento simile a scuola sarò costretta a sospenderla. È avvertito!» era strano sentire la direttrice urlare proprio contro Nathaniel. Lui era il suo pupillo, il prescelto, l'alunno migliore della scuola. 

Nathaniel divenne rosso in volto per la vergogna, si scusò balbettando e abbassando il capo scese dal palco scappando chissà dove. Avrei dovuto seguirlo per scusarmi con lui. Quel litigio era scoppiato a causa mia, sebbene ci fosse già astio tra lui ed il rosso. Come avevo potuto ricambiare il bacio di Castiel? Per quale motivo non mi ero scostata? Perché sembrava essere tutto ciò che desideravo da sempre? Tante questioni si sovrapposero nella mia mente, ma per il momento le accantonai. Dovevo prima risolvere i problemi che da grande stupida avevo creato.

«L'hai fatto di proposito, vero? Sapevi che baciandomi lui avrebbe reagito in questo modo. È tutto un gioco, una sfida per te. Sei subdolo!» quasi urlai nervosa. 

Non importava più se tutta la scuola avesse sentito o meno. Ormai la figuraccia era stata fatta, eravamo al centro dell'attenzione, al centro del palco. Si udiva silenzio e solo un leggero brusio di sottofondo insieme ad una base musicale.

«Fino a qualche minuto fa non la pensavi così, però» si fece beffa di me tirando fuori quel sorriso arrogante che da sempre lo distingueva dal resto del mondo. 

Non gli risposi, se lo avessi fatto uno schiaffo in pieno volto sarebbe stato il minimo. Decisi, invece, di scendere dal palco per andare alla ricerca di Nathaniel. Era mio dovere scusarmi con lui. 

Lo trovai nello stesso punto in cui qualche ora prima lo avevo lasciato parlare con Melody, proprio quando mi aveva chiesto se tra me e Castiel ci fosse stato qualcosa oltre l'amicizia. 

E guardacaso anche in quel preciso istante non era solo, ma in compagnia del suo segugio Melody. Possibile lo seguisse dappertutto? Lui mi aveva persino detto che lei non sarebbe stato mai più un problema. "Lo vedo", pensai. Ovviamente la ragazza stava sparlando di me, era diventato il suo passatempo preferito ormai. 

«Ti rendi conto di cosa hai perso grazie a quella cortigiana? Non dovresti passare il tuo tempo dietro a quella lì. Ti sta cambiando, stai ritornando quello di un tempo. Il ragazzo combina guai di tre anni fa. Svegliati Nath, lei non fa per te!»

Stupendo! Ero diventata anche una cortigiana. Avrei tanto voluto uscire allo scoperto per ricordarle in quale anno fossimo e che quei termini erano ormai passati di moda, ma lasciai perdere. Volevo prima conoscere la risposta di Nathaniel. 

«E chi farebbe per me... Tu?!? Sono stanco di fare la vita programmata dai miei genitori. Lei non c'entra nulla in tutto questo. Voglio essere solamente padrone della mia vita e né tu, né i miei possono interferire. Devi smetterla di starmi addosso, smetterla d'insistere. Ti ho già detto che tra me e te non ci sarà più nulla. Accettalo e lasciami in pace!» gli urlò contro gesticolando per poi passarsi le mani tra i capelli biondi. 

Era quasi irriconoscibile, non aveva mai urlato contro qualcuno come in quel momento. Sembrava non stesse parlando solamente con Melody ma anche verso tutte le persone che avevano cercato di pilotare la sua vita. Nath non mi aveva mai reso partecipe della sua quotidianità, del suo passato, ma da quelle parole potei intuire ci fossero parecchie cose ancora da scoprire su di lui. Non aveva la vita facile e perfetta che tutta la scuola pensava avesse. 

«I-io n-no...n-non posso lasciarti in pace, i-io...» cercò di replicare Melody tra le lacrime, ma Nathaniel non glielo lasciò fare. 

«Basta! Và via!» specifico lettera per lettera. 

La mora finalmente capì e scappò via lasciandolo solo. Un po' mi dispiacque per lei.

Ma appena la vidi allontanarsi uscii dal cespuglio in cui mi ero nascosta precedentemente e corsi per avvicinarmi a Nathaniel. 

Lo abbracciai, in quei casi forse i gesti valevano più di ogni altra parola. Nathaniel restò spaesato in un primo momento, quasi spaventato perché non mi aveva vista arrivare a causa del buio di quel posto, poi ricambiò stringendomi forte e poggiando la testa sulla mia spalla. 

Quando sentii la pelle del collo bagnarsi capii che doveva trattarsi di Nathaniel. Stava piangendo. Era raro vedere un ragazzo mostrare la propria sofferenza così liberamente e se da molti era ritenuto come gesto poco virile, per me non lo era. Doveva avere un'anima pura quel ragazzo. Mi fece tenerezza.

«Ehi» sussurrai poggiando le mie mani sulle sue spalle per poter fargli sollevare il volto e guardarlo negli occhi. 

Nel momento in cui fummo l'una di fronte all'altro asciugai le poche lacrime che rigavano il suo volto e lo rassicurai «Costi quel che costi, riavrai il tuo posto di segretario delegato. Te lo prometto!» 

Avrei trovato un modo per convincere la preside a riassumerlo. Era il minimo. Sapevo quanto fosse importante per lui quel ruolo e sapevo quanto fosse importante per la sua famiglia. 

«Magari.. Grazie. Sai, speravo in un fine serata migliore di questo»

«Sì lo so, e a proposito volevo chiederti scu-» 

Mi bloccò «Perché hai ricambiato il bacio di Castiel? Perché sembrava piacerti?» corrugò le sopracciglia e mi guardò dritto negli occhi. 

La sua espressione passò dall'essere dispiaciuta al nervosa.

Ringraziai la scarsa illuminazione perché lui non mi poté vedere arrossire dopo quelle domande. 

Avrei dovuto dargli delle spiegazioni, era giunto il momento di essere sincera con lui. Non avrebbe dovuto innervosirsi, dopotutto quando accadde quel che accadde con Castiel, non ci stavamo ancora frequentando e anzi in quel periodo neanche mi rivolgeva la parola. 

«Ecco... Vedi, sì. Io e Ca... lui...» non sapevo come spiegarmi, era un momento davvero imbarazzante.

«Oh finalmente. Ecco dov'eri finita! Ti ho cercata dappertutto» m'interruppe la voce di Rose. 

Avrei dovuto creare una statua in suo onore, pensai. Sapevo di aver detto che non ci sarebbe stato nulla di male a raccontare dello strano rapporto tra me e Castiel al biondo, ma non mi sentivo poi così tanto pronta. 

«Che succede?» le chiesi rivolgendo tutta l'attenzione a lei e voltando le spalle a Nathaniel. Il rossore sulle mie guance era sparito, finalmente.

«Sei desiderata dalla direttrice al centro della pista per il ballo con il tuo principe» alzò ed abbassò le sopracciglia a intermittenza per prendermi in giro «Oh e a proposito: complimenti per aver stracciato le altre con la tua bellezza ed eleganza» si complimentò con me per aver vinto. Non ci eravamo ancora incrociate dopo esser salita sul palco. 

Mi voltai nuovamente verso Nathaniel con un'espressione dispiaciuta «Ehm... Tu vieni?» sapevo che quel ballo per lui non sarebbe stata una bella situazione da vedere e da accettare, ma non potevo abbandonarlo di punto in bianco. Già avevo contribuito a metterlo nei guai, non avrei voluto provocargli altri dispiaceri. 

«Mmm... No, io passo. Vai tu, tranquilla» mi sorrise falsamente.

«Miki dovremmo andare, ora» mi richiamò Rose.

«Oh, sì, ok. Arrivo. Beh allora ci vediamo in giro...» 

Quanto potevo essere stupida? Ci vediamo in giro, sul serio? Lo avevo liquidato così senza alcuna premura. Mi maledissi per essere una frana nei rapporti sociali. 

«Certo, ci vediamo in giro. Buon Natale, Miki» rise amaramente e lasciò quel posto ancor prima di me. Non sapevo verso dove fosse diretto, ma avevo il presentimento che avrebbe abbandonato il ballo molto presto. 

Sbuffai.

«So solo combinare casini e deludere le persone» mi lamentai mentre m'incamminai con Rose per raggiungere la pista da ballo.

«Guarda il lato positivo, sai come far divertire un'amica. Devo assolutamente comprare una macchina portatile per i popcorn. Quando sono in tua compagnia ho sempre l'impressione di star guardando un film e a me piace sgranocchiare i popcorn mentre guardo un film» cercò di sdrammatizzare.

In quei mesi avevo capito una cosa di Rosalya. Lei non era la tipica persona in grado di piangere insieme alla propria amica dinanzi alle difficoltà. Lei, al contrario, era quella persona che cercava di scherzare, di vedere il lato positivo in ogni cosa. Lei era quell'amica alla costante ricerca di un sorriso nel pianto. Inizavo a volerle bene sul serio.

«Da quando esiste una macchina portatile dei popcorn?!» scherzai anch'io.

«Oh sarà una mia invenzione, ovvio. Da grande sarò stilista e scienziata» 

Il discorso stava prendendo una piega inaspettata e insensata. 

«Sai?!? Devo ancora decidere da che parte stare» pensò a voce alta.

«Se fare la stilista o la scienziata? Beh io ti vedrei decisamente come stilista. La macchina dei popcorn non mi sembra una buona invenzione» 

«No, sciocchina. Intendo che non saprei se far parte del team-Nathaniel o del team-Castiel. Li vedo entrambi bene al tuo fianco, ma for-»

La voce della direttrice, per fortuna, bloccò il divagare di Rose appena entrammo nella sua visuale «Bene! Ora che anche la signorina Rossi ha deciso di degnarci della sua presenza: è giunto il momento del ballo tra il Re e la Reginetta. Apriranno loro le danze e dopo qualche secondo potranno unirsi intorno anche le altre coppie. Vi raccomando di non scatenare la terza guerra mondiale» concluse riferendosi a circa trenta minuti prima, a quando stava per esser infiammata una rissa tra Castiel e Nathaniel. 

Cercai con gli occhi il rosso appena partì una musica lenta tipica dei balli regali. Lui si avvicinò a me e senza proferire parola, senza un minimo d'indecisione mi porse la sua mano, io l'afferrai e mi condusse al centro esatto della pista. Ingoiai un grosso groppo formatosi in gola per il crescente nervosismo; non sapevo ballare, temevo di sbagliare qualcosa o ancor peggio di pestare i piedi del rosso. Se lo avessi fatto, non avrebbe mai più smesso di deridermi, ne ero sicura. 

Ma poi accade qualcosa d'inaspettato, qualcosa che avrei raccontato ai miei figli qualora ne avessi avuti un giorno, qualcosa che mi restò impresso nella mente per sempre. Castiel, quel Castiel poggiò la mano sinistra dietro la mia schiena, l'altra la strinse alla mia ed iniziò a guidarmi in quello che reputai essere un valzer. Strabuzzai gli occhi per l'incredulità. Dove aveva imparato a ballare così bene? Avendo il vestito lungo ed ampio nessuno si accorse delle numerose volte in cui pestai i suoi piedi eppure a differenza di come avrebbe fatto quotidianamente non mi derise, non puntualizzò quanto fossi buffa e goffa. No. Fece persino credere al resto delle persone che a ballare bene fossi io. 

Provai una sensazione bellissima e nuova ad essere tra le sue braccia forti, non mi stava stringendo con volgarità, possessione; no, anzi, se non l'avessi visto con i miei occhi non ci avrei creduto, lui mi stava guidando per tutta la pista con dolcezza. Mi fece sentire un essere speciale, in quel momento mi sentii essere realmente la sua principessa. E non esistevano litigi, non esistevano distanze incolmabili, non esisteva nessun altro se non noi. Già, noi. Era strano anche solo da pensare, ma quella sera, per la prima volta, sentii di essere connessa a lui, quasi come se conoscessimo ogni lato dell'altro, come se ci completassimo a vicenda. Sapevo fosse strano sentire tutte quelle emozioni con un solo ballo, ma purtroppo mi stava realmente accadendo. Non ero più padrona neanche di pensare con la testa, avevo persino dimenticato di averlo sentito gemere con un'altra ragazza, dimenticato delle sue risposte arroganti, del motivo del nostro litigio, avevo realmente eliminato tutte le negatività.

Anche quando si aggiunsero le altre coppie e ballarono accanto a noi, io non me ne accorsi. Ero schiava delle sue braccia, ammaliata da lui. Danzava con movimenti precisi ed eleganti. Sul suo volto non era più presente la sua solita espressione arrogante o derisoria. Era ugualmente serio ma con uno sguardo sensuale. 

Se lo avessi conosciuto quella sera, se fossi stata ignara di quanto un ragazzo come lui avrebbe potuto ferire una come me, mi sarei innamorata di lui. Con un colpo di fulmine, quella sera stessa mi avrebbe stracciata. Sì, proprio così. Quel Castiel, con quella sua nuova sfumatura di personalità sarebbe stato capace di far innamorare una ragazza come me, persino una ragazza cinica e contro l'amore. 

Il ballo durò per cinque minuti, cinque minuti in cui non esisteva nessun altro se non il suo volto ed il suo corpo, la sua persona. Mi sentivo spettatrice di un sogno, come se a ballare non fossi stata realmente io, come se quel momento non fosse stato reale perché troppo bello per essere vero. 

Continuai a guardarlo con volto sorpreso, dovevo sicuramente aver assunto un'espressione da ebete. Non riuscivo a distogliere lo sguardo dal suo e lui sembrò accorgersene tanto da approfittarne per vantarsi e mostrare le sue doti.

Quando il ballo finì la musica venne fermata, ma noi due restammo al centro della pista nella stessa posizione assunta per danzare. Mano nella mano, a cinque centimetri di distanza l'uno dall'altra.
Continuai a guardare i suoi occhi e lui guardò i miei.

Sebbene m'intimidisse leggermente, non riuscivo a spostare lo sguardo. Sembrava avessi gli occhi incollati su di lui. Quanto erano belli i suoi occhi, Dio! Quando non era in collera assumevano la tonalità di un grigio più chiaro, tendente al celeste, ed erano davvero profondi. 

«D-dove hai imparato a ballare? Sei bravissimo» quasi non mi accorsi neanche di star parlando per quanto mi aveva ammaliata. 

Lui non mi rispose e quell'aura di mistero che continuava a tenere intorno a lui, mi sedusse maggiormente. Non credevo fosse possibile. 

«La serata sta per giungere al termine ed ora che abbiamo eletto i nostri Re e Reginetta del ballo è arrivata finalmente l'ora di svelarvi la sorpresa.» 

La voce della direttrice ci costrinse a distogliere gli sguardi l'uno dall'altra, ci voltammo in sincrono verso di lei. Mi dispiacque interrompere quel contatto visivo. 

«Quest'anno per festeggiare il nostro primo vero e proprio ballo scolastico abbiamo deciso di regalare al Re e alla Reginetta una vacanza di una settimana nella capitale d'eccellenza, ricca di storia e cultura: a Roma, in Italia. Non lo trovate elettrizzante? Il periodo della vacanza è ancora da stabilire. Che questo viaggio sia di buon auspicio per i successivi balli scolastici che ogni anno, da quest'anno, la scuola organizzerà. Buon divertimento!»

"Roma? Roma?! Sul serio Roma?!?" non volevo crederci. La mia città. La città spettatrice e custode del mio passato, della mia infanzia, dei miei dolori. Pensavo di aver chiuso definitivamente con quella città, da tre mesi, ma evidentemente avrei dovuto ricredermi. Tre mesi prima avevo tentato di cancellare il passato o perlomeno di lasciarlo alle spalle, ma questo era tornato a farsi risentire più infido che mai e forse sarebbe stato ancor più doloroso tornare lì. 

«E se provassimo a chiedere di cambiare meta?» forse se avessi convinto anche Castiel a proporre una città alternativa da visitare, la direttrice avrebbe assecondato la nostra richiesta. 

«Come preferisci. La compagnia è quella, non cambierà molto. Una città vale l'altra. Sarà sempre una rottura di scatole» rispose monotono e quasi scocciato.

La magia era finita. Castiel era tornato ad essere il solito arrogante di sempre. Non riuscivo a capirne il motivo. Aveva mutato il suo umore all'improvviso senza alcun apparente motivo. 

"Ho trovato cosa potresti fare da grande come mestiere" intervenne la mia coscienza, "ma chi ti ha interpellata? E poi cosa c'entra ora il mio futuro lavoro?" non capivo neanche me stessa, era grave. "Donna di poca fede, non sono stupida. E' tutto collegato. Potresti studiare nella facoltà di psicologia Castelniana, e cioè lo studio della mente bacata del Signor Castiel Black, se non ne esiste una, la fonderai tu stessa!" scossi la testa per togliere quella voce inopportuna dalla testa. 




CASTIEL

Mentre cercavo di attuare il piano che avrebbe portato Micaela nel mio letto, pensai ad una vendetta nei confronti del segretario delegato. 

Avere Miki non sarebbe stata solamente soddisfazione personale ma anche vendetta. Dovevo concludere il conto in sospeso con il damerino, levarmi quel fastidioso sassolino dalla scarpa che calzavo da ormai troppo tempo. 

Aspettavo questo momento da tanti giorni, tanti mesi, tanti anni. Nathaniel Daniels avrebbe dovuto pagare ogni mia lacrima versata, ogni giorno d'ospedale, ogni momento in cui tutti pensavano fossi diventato matto. Lui, più degli altri, era colpevole del male subito.

E se inizialmente avevo considerato il fatto che le piacesse Miki un aspetto negativo, proprio durante il ballo di quella sera avevo dovuto ricredermi.

Non tutto il male veniva per nuocere. Perché quella sera, finalmente, avevo potuto tastare il livello di affezione provata dal bastardo per Micaela. Lo avevo provocato di proposito per tutta la durata del ballo scolastico e, a giudicare, dalle sue reazioni lei doveva essergli entrata nel cuore come forse non era mai accaduto prima con nessun'altra. 

Da due anni fremevo attendendo la mia vendetta, ma questa sembrava non arrivare mai. Nathaniel aveva frequentato Melody per tutto quel tempo, eppure non sembrava molto coinvolto nella relazione. 

Poi arrivò Miki ed insieme a lei un nuovo vento di speranza. Mi portava fortuna, quella ragazza. 

Nel giro di qualche mese contai di avere la mia vendetta. La ragazza dai capelli ramati si sarebbe messa insieme a Nathaniel mentre io proseguivo con il sedurla e pian piano con il farla entrare nel mio letto. Il damerino l'avrebbe scoperto solo dopo essersi innamorato di lei e avrebbe sofferto, tanto. Come meritava.

Per quanto riguardavano i sentimenti di Miki... Beh, lei non si sarebbe innamorata di nessuno. Non avrebbe sofferto, non lo avrei mai permesso. Nathaniel non era in grado di far perdere la testa ad una tipa tosta come lei. Mentre io, come avevo già confessato a Lysandre, sarei stato attento a non farla innamorare. Lei non avrebbe mai potuto provare alcun tipo di sentimento per me se io avessi continuato ad avere comportamenti contrastanti. Lei avrebbe dovuto desiderare solo il mio corpo per una notte, nient'altro.

La serata del ballo era stata fruttuosa, dopotutto. Avevo già servito, al delegato, l'antipasto. Avevo baciato Miki davanti a tutta la scuola, davanti a lui. Ed aveva agito proprio come immaginavo, si era fiondato su di me per colpirmi, per difendere il suo territorio. Ed era stato sollevato dall'incarico di segretario delegato. Ero contento. Doveva perdere tutto, ogni cosa, un po' come aveva fatto con me. 

Miki, poi, era rimasta colpita dalle mie doti di ballerino. Quella era la mia carta nascosta. Avevo imparato a ballare perché era necessario per ciò che facevo e con il tempo, quella, si era trasformata una caratteristica fondamentale per avere successo con le donne. Tante ragazze erano rimaste colpite da quel mio lato nascosto ed anche Micaela lo era stata, sebbene volesse sempre inscenare il ruolo di quella immune al mio fascino. 

L'unico chiodo fisso e al di fuori dalle mie volontà restava il fatto che avessi pronunciato il nome di quella ragazza mentre mi trovavo in compagnia di Ambra. Non avrei voluto pensarla, non era programmato trovarmi l'immagine del suo volto anche nei momenti meno opportuni. Non doveva accadere. Ma alla fine dando la colpa all'intenso desiderio provato nei confronti del suo corpo e al fatto che quest'ultimo fosse ancora inesplorato dalle mie mani, lasciai cadere l'argomento per evitare di fasciarmi la testa più del dovuto. 

Micaela era semplicemente e solamente la ragazza giusta per distruggere il cuore dell'ormai ex segretario delegato. Una vendetta. Un bisogno irrefrenabile. Con quella convinzione positiva e vittorioso potei ritenere come conclusa soddisfacentemente, la serata.




MIKI

Tutta la serata, ovviamente, era stata ripresa e fotografata dalla regina degli scoop: Peggy Lefreve. Non aveva perso tempo e non si era neanche fatta sfuggire i vari battibecchi e litigi avvenuti. A Gennaio, già il primo giorno di scuola, fui sicura che avrei trovato l'intero dolce journal con i vari fatti accaduti ed io sarei stata presente in tutti, ovviamente. Ma a lei ed al suo giornalino ridicolo avevo iniziato a dare l'importanza che meritavano e cioè: nessuna.

Quando finalmente la serata si concluse dopo un monologo di ben dieci minuti tenuto dalla direttrice realizzai di esser rimasta senza alcun passaggio per rientrare a casa. 

Nathaniel quasi sicuramente aveva abbandonato il ballo già da parecchio tempo.

Rosalya era sparita, volatilizzata nel nulla. Ma sicuramente doveva esser rientrata a casa con il suo ragazzo ed io non avrei di certo voluto giocare il ruolo del terzo incomodo.

Avevo, poi, visto sfrecciare Castiel sulla sua moto. Sebbene fossimo vicini, a fine discorso della preside mi aveva liquidata con un saluto freddo senza importarsi se avessi o meno il passaggio per il ritorno a casa. Abitavamo anche a poca distanza l'una dall'altra. Che stronzo!

Avrei dovuto chiamare zia Kate, ma non mi andava di svegliarla, era davvero molto tardi ed in più le avevo assicurato che sarei tornata sola. 

Di fare tutto il tragitto a piedi non se ne parlava proprio. Era praticamente impossibile. La Tour Eiffel distava molto da casa mia. 

E così mentre il magico luogo del ballo iniziava a svuotarsi, mentre ogni persona s'incamminava verso la propria dimora, io mi sedetti su una panchina pensando e cercando di trovare una soluzione. 

«Ehi, che ci fai qui seduta tutta sola?» 

Quando riconobbi la voce presente alle mie spalle, per poco non saltai dalla gioia.

La mia fata turchina, era arrivata giusto in tempo per salvarmi. 

Alexy. Effettivamente aveva una certa somiglianza alle fate, anche solo grazie al suo colore di capelli e ai colori sgargianti usati per il suo abbigliamento.

«Oh mio Dio, tu non puoi neanche immaginare quanto io sia felice di vederti!» dissi con forse troppo entusiasmo alzandomi dalla panchina e girandomi verso di lui. C'era anche Armin, con Alexy, intento a riaprire la sua Nintendo ormai scarica. Aveva giocato al suo videogioco per l'intera serata, era plausibile che si scaricasse.

«Mi dica tutto... Cosa desidera principessa?!?» ridacchiò Alexy fingendo un inchino, mentre Armin fingeva di essere da tutt'altra parte.

«Hai visto Nathaniel per caso?» gli chiesi.

«Rose l'ha visto andare via insieme ai suoi genitori proprio mentre tu ballavi con il tuo Re, perché?» alzò ed abbassò le sopracciglia come per insinuare ci fosse qualcosa tra me e Castiel. 

«Oh! E Rose... Rosalya invece dov'è?»

«E' andata a dormire a casa di Leigh» alzò le spalle come se fosse un fatto ovvio.

Perfetto. Avrei passato l'intera notte davanti la Tour Eiffel. Non avrei mai potuto chiedere un passaggio ai gemelli, non sapevo dove abitassero e tantomeno come avrebbero rincasato. Non ero poi così tanto sfacciata.

«Sai per caso se passano autobus, tram, metropolitane a quest'ora da qui?»

«Alexy per favore dille di smettere di fare tutte quelle domande e di tornarsene con noi» brontolò Armin che aveva compreso l'oggetto dei miei tormenti. In effetti era snervante quel mio continuo domandare. Mi fece ridacchiare il modo che usò per comunicare con me, utilizzò il fratello come tramite, come se non fossi fisicamente a poca distanza da lui.

«Bravo fratellino. Sai usare la testolina anche per fare altro allora, e non solo per giocare a quei cosi. Stavo iniziando a pensare un modo per diseredarti» terminò Alexy ridendo e colpendolo con un pugno leggero sul braccio.

«Quei cosi hanno un nome e vita propria. Casomai sei tu a non capire il mio ingegno; è troppo per te comune mortale» ripresero in quel modo a battibeccare come facevano la maggior parte del tempo. 

«Ora andiamo, dai. Miki saremmo molto felici se tu accettassi di tornare a casa con noi» si rivolse a me Alexy. 

«Se non è un disturbo... Ma se la vostra casa dista parecchio dalla mia non vale la pena che mi accompagniate. Troverò un altro modo, davvero..»

«Smettila di farti mille problemi e piuttosto sbrigati a salire in macchina. La mia Nintendo si è scaricata e devo correre a casa per concludere una missione online» ovviamente Armin aveva fretta di rintanare.

Ringraziai entrambi per la loro gentilezza e mentre i due continuavano a punzecchiarsi a vicenda, arrivammo in macchina. Ad aspettarci al di fuori del veicolo c'era il padre dei gemelli. Non l'avevo mai visto prima d'allora, i gemelli stessi mi presentarono a lui. Era un tipo abbastanza alto, leggermente robusto, stempiato e sopra i quarant'anni. Quando salimmo finalmente sull'autovettura, diedi le indicazioni stradali per casa mia e mi accorsi che l'uomo sembrava essere taciturno, l'opposto dei suoi due figli. Durante il tragitto verso la mia dimora, Alexy continuò a fare complimenti sul mio vestito e per la mia entrata ad effetto con la carrozza, mi confermò che Rosalya aveva consigliato a Nathaniel di affittarne una. Armin, poi, lo interruppe iniziando a paragonarmi ad una principessa facente parte di un suo videogioco dal nome impronunciabile.

Mentre loro continuavano a parlare della serata io voltai il capo per ammirare il panorama al di fuori dal finestrino, che scorreva grazie ai movimenti di quell'utilitaria. Parigi era davvero spettacolare di notte. Mi promisi d'iniziare a visitarla e viverla maggiormente durante le ore notturne. Tutte quelle luci, quei panorami permettevano allo spirito natalizio di prevalere. In occasione del Natale, infatti, ogni abitazione, ogni strada era stata abbellita con delle luci od oggetti natalizi. Era meraviglioso.

Solo zia Kate aveva deciso di non porre alcun illuminazione o alcun tipo di simbolo natalizio fuori e dentro l'abitazione. Non voleva rovinare l'estetica della casa, sosteneva. Ed io ero in totale disaccordo con lei. 

Quando, dopo circa trenta minuti giungemmo davanti casa mia ringraziai infinite volte il padre dei gemelli e loro stessi per avermi salvata da una notte come barbona. Conclusi con un "buon Natale" ed uscii dalla loro macchina.

Proprio sull'uscio di casa tirai un sospiro di sollievo, rilassandomi immediatamente. Finalmente si era concluso quel tanto atteso ballo di Natale. Era stata una serata stancante. Prima dell'inizio avevo previsto una serata tranquilla e senza problemi, ma ovviamente il destino doveva giocare a mio sfavore anche in occasioni come quella. Cercai, però, di non pensare momentaneamente ai mille dubbi che si erano formati nella mia testa a causa di quella serata. 

Entrai dentro casa e mi precipitai, senza accendere alcuna luce, in cucina per dissetarmi e mangiare. Con tutto quel trambusto avevo giusto sgranocchiato qualcosa, non avevo fatto una cena completa. Mi preparai un panino con pomodoro, prosciutto crudo e insalata verde. Poteva bastare per saziarmi. Dopo aver bevuto, mi diressi verso il soggiorno con il panino in mano per guardare la televisione ed occupare il mio tempo. Sapevo fosse notte inoltrata, ma non avevo ancora sonno. 

Quando però arrivai alla porta della stanza udii dei rumori provenire da lì dentro. La porta era chiusa, non potevo vedere chi ci fosse all'interno.

E se fossero stati dei ladri? Eppure zia Kate aveva installato dei sistemi antifurto, porte e finestre blindate, era impossibile un eventuale intrusione di qualcuno. 

Poggiai l'orecchio alla porta per cercare di capire meglio e nell'istante in cui capii restai pietrificata.

Qualche presenza nel cielo doveva avercela a morte con la sottoscritta, altrimenti era inspiegabile. 

Ansimi, borbottii indistinti, gemiti, parole che era meglio non pronunciare. Mi sembrò quasi di tornare indietro nel tempo; a quando ero costretta a sentire quegli stessi versi provenire dalla bocca di mia mamma e del suo cliente di turno. A quando ero troppo piccola per capire quale fosse il reale lavoro di mia madre. Rabbrividii per quei ricordi, per quelle immagini che inevitabilmente rividi riprodursi nella mia mente.

Quella era la seconda volta -nel giro di poche ore- che beccavo qualcuno durante un rapporto sessuale. Poteva apparire quasi comica quella situazione, se vista dall'esterno, ma dal mio punto di vista non era divertente. Per niente.

Sapevo esattamente o meglio potevo immaginare che una delle voci appartenesse a zia Kate, ma non ero sicura di conoscere la persona insieme a lei. Così senza pensarci troppo aprii lentamente la porta di qualche centimetro, giusto per sbirciare ed assicurarmi che nessuna coppia di sconosciuti si fosse intrufolata in casa nostra per fare sesso. Non si poteva mai sapere, la gente era matta a quei tempi. 

Lo spettacolo che mi si ripresentò davanti fu raccapricciante. Tutto ciò che vidi fu il sedere di un uomo molto magro, la carnagione chiara ed i suoi capelli neri. Quel soggetto era avvinghiato a zia Kate, sopra di lei, sul tappeto del mio soggiorno. Assurdo. L'indomani mi promisi di gettare nell'immondizia quell'arazzo. 

Non trovavo neanche le parole per spiegare quanto zia mi stesse facendo ribrezzo in quel momento. Lei sapeva che sarei rientrata verso quell'ora a casa, sapeva che ci sarebbe stato il rischio di essere scoperti. E per evitare ogni tipo di ulteriore dispiacere avrebbe potuto affittarsi una camera d'hotel o avrebbe benissimo potuto concludere i suoi atti sconci nel suo letto, invece che in una stanza praticata dalla sottoscritta assiduamente. E invece no. Kate Rossi non pensava mai alle conseguenze delle sue azioni. Richiusi la porta rumorosamente, di proposito, per disturbare i due adolescenti. 

L'istinto mi suggerì di scappare ma per una volta ascoltai la ragione. Posai il panino accanto ad un mobiletto dorato affianco alla porta del soggiorno, mi era passato l'appetito. Incrociai le braccia al petto, arretrai di qualche passo ed aspettai che i due uscissero per poterli affrontare, finalmente. Quell'uomo aveva allontanato sin troppo la zia da me, era stato la causa scatenante di tanti litigi. Era giunto il momento di affrontarlo. 

Dopo cinque minuti buoni si scomodò ad uscire dalla porta di quella maledetta stanza. Era solo. Zia Kate aveva ben pensato di non affrontarmi restando rifugiata nel soggiorno. L'uomo si richiuse la porta della camera alle spalle ed incominciò a fissarmi in un modo strano, senza parlare, sembrava mi stesse studiando. Ma io non mi feci intimidire, anzi stimolata ancor di più, lo sfidai con lo sguardo. Avrebbe rimpianto l'avermi chiesto quel favore, qualche mese prima. Avrei fatto risvegliare in lui la mancanza di coraggio nel parlare con il proprio figlio. Quella pagliacciata doveva giungere al termine.

Poi, trascorso qualche minuto nel totale silenzio, quell'uomo che già odiavo ancor prima di conoscere realmente, mi porse la mano per presentarsi ufficialmente:

«Sono Isaac. Isaac Black!»

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Giochi di Ruolo > Dolce Flirt / Vai alla pagina dell'autore: BlueButterfly93