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Autore: agatha    16/10/2014    5 recensioni
Non sempre nella vita le cose vanno come vorremmo... Ci sono lezioni di vita che fanno crescere, persone che inaspettatamente ci aiutano al di là degli errori commessi. Presto lo scoprirà anche Louis Napoleon.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Luis Napoleon, Nuovo personaggio, Pierre Le Blanc
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Basta! Io non ce la faccio più…”
Juliet, ormai senza fiato, si fermò con la schiena piegata in avanti e le mani appoggiate sulle ginocchia. Louis l’aveva convinta ad andare con lui a correre, al Parco Montsouris, dove si allenava abitualmente. All’inizio lei si era mostrata un po’ scettica, anche perché non si era aspettata quella richiesta, però le aveva fatto piacere essere invitata, il fatto che volesse coinvolgerla nella sua vita. Per uno come lui era già un grande passo. Quello che non aveva considerato era quanto avrebbero corso. Era riuscita a resistere per ben due giri interi del parco, completando il secondo per pura forza di volontà e per non sentirsi prendere in giro. Infatti sospettava che, sotto sotto, fosse quello il suo diabolico intento.
Ma alla fine aveva ceduto.
Louis l’aveva squadrata, dall’alto al basso, con espressione di disprezzo e scuotendo il capo.
“Non hai il fisico…”
Juliet era troppo stanca perché qualcosa riuscisse a scuoterla, nemmeno gli sbeffeggiamenti di Napoleon. Raggiunse una panchina e si sdraiò sopra, a pancia in su, lasciando una gamba che toccava terra e l’altra piegata, appoggiata sulla seduta. Aveva la gola secca e il fiato corto, cortissimo.
“Non mi interessa – mugolò con un filo di voce – fai tutti i giri che vuoi, puoi anche arrivare fino alla Tour Eiffel e salirci a piedi. Io rimango qui a recuperare il poco di vita che mi è rimasta”.
A quel punto lo sentì ridere.
Fu così inaspettato che, per un momento, quasi non si accorse che veniva da lui. Sbarrò gli occhi e si sollevò con uno scatto di reni, dopodiché rimase a fissarlo sconcertata. Napoleon notò quello strano sguardo e, in un attimo, ritornò alla solita espressione scontrosa.
“Che c’è?” scattò, subito sulla difensiva.
“Niente, niente” si affrettò a precisare lei, non volendo attirare la sua attenzione su quel particolare e si rimise sdraiata.
Dopo averla squadrata ancora per un momento, il bomber francese scrollò le spalle.
“Faccio ancora un giro, poi vengo a raccattarti, così proviamo l’inversione dei ruoli” commentò, guadagnandosi una linguaccia da parte della ragazza, a cui rispose con una smorfia e poi corse via.
 
Quella mattina, Napoleon si era alzato decisamente riposato. Con sollievo aveva constatato che, per la seconda volta, aveva dormito placido come un bambino. Forse il suo incubo era finito, era riuscito a superare quei maledetti ricordi che sembravano divertirsi a tormentarlo di notte. Subito aveva pensato a Juliet e gli erano tornate in mente le sue parole “ti ho aperto la porta di casa mia e… beh, la troverai sempre aperta”. Poteva anche averlo detto per semplice cortesia ma a lui piaceva aggrapparsi a quelle frasi, risentirle nella sua mente e farle scendere giù, fino a scaldargli il cuore. Si rendeva conto che era una cosa idiota e non l’avrebbe mai confidata ad anima viva visto che se ne vergognava, ma lo faceva star bene e, dannazione, aveva pure il diritto di rimuginare liberamente su quello che gli passava per la mente. Quindi avrebbe continuato a farlo tutte le volte che voleva, tanto nessuno l’avrebbe mai saputo.
Era anche curioso di sapere qualcosa di più su di lei. Si era interrogato, la sera prima nel suo letto, su cosa provasse. Non si sentiva attratto in modo sessuale. Certo, era una ragazza carina, quegli occhi grigi erano particolari e sarebbe stato cieco a non vedere quel seno prosperoso, su cui aveva indugiato più volte con lo sguardo, ma non aveva voglia di baciarla o portarsela a letto per una notte di follie. No, il suo interesse era diverso. Voleva sapere qualcosa della sua vita, capire cosa l’aveva portata lì a Parigi e anche cosa ci trovava in uno come lui, per perderci tutto quel tempo. Non gli capitava spesso di provare curiosità verso le persone, anzi solitamente se ne disinteressava totalmente. Solo lui contava, gli altri erano comparse marginali, a meno che non dimostrassero doti particolari che potevano servirgli nella sua vita. Come Pierre. Lui sì che era una persona degna di nota, era un eccellente giocatore e con i suoi passaggi riusciva sempre a segnare e dimostrare tutto il suo talento. Si adombrò per un attimo, ripensando al fatto che era venuto a cercarlo.
Doveva richiamarlo?
Ovviamente sì, anche se non sapeva come fare, cosa dire. Avrebbe lasciato passare ancora qualche giorno, magari sarebbe successo qualcosa o gli sarebbe venuta l’ispirazione per farlo, inutile preoccuparsene prima.
 
Perso in tutte quelle riflessioni, non si era accorto di aver già finito l’intero giro del parco. Doveva ricordarsela questa cosa: rimuginare aiutava ad affrontare meglio gli sforzi, ma ti incasinava di più la vita. Scosse la testa rispondendosi da solo: meglio la fatica fisica che quella mentale.
Si fermò al chiosco provvisorio che veniva montato quando cominciava la bella stagione e comprò due bottigliette d’acqua. Fece l’ultimo pezzo di sentiero camminando, regolando la respirazione per rallentare i battiti e immettere più ossigeno nei polmoni. Juliet era esattamente nella stessa posizione in cui l’aveva lasciata. Si avvicinò e la propria ombra le oscurò il viso, ma la ragazza tenne comunque gli occhi chiusi.
“Sei ancora viva?” domandò, fingendo indifferenza.
“Sembra proprio di sì” mormorò lei.
“Io vado a fare un po’ di streching sul prato, se mi vuoi raggiungere…” l’avvertì.
Non fece in tempo a voltarsi che la vide scattare in piedi, sorridente.
“Vengo anch’io”.
Sollevò le sopracciglia, squadrandola con i suoi occhi indagatori.
“Non eri in fin di vita?”.
Juliet si tolse l’elastico dai capelli per rifare la coda più stretta.
“Ho una ripresa eccezionale e se pensi di avermi spaventato con quella corsetta, non ti illudere. Andrà meglio la prossima volta” concluse rialzando il mento e guardandolo con espressione di sfida.
A Louis piacque il suo modo di fare, era abbastanza sbruffona e con la faccia tosta da aver rigirato la figuraccia di prima come se fosse stato solo un caso. Poi, gli era piaciuta la battuta finale “la prossima volta”, come se desse per scontato che sarebbero andati di nuovo a correre insieme. Lui preferiva farlo da solo, non avere nessuno tra i piedi che volesse parlare o che lo rallentasse, ma non escludeva di poterla includere in qualche allenamento, giusto per il gusto di prenderla in giro. Sì, probabilmente ci sarebbe stata una prossima volta, decise.
 
Raggiunsero una zona ombreggiata dagli alberi e si sedettero per terra.
Louis la chiamò e poi le lanciò la bottiglietta d’acqua.
“Per me?” chiese Juliet, spalancando gli occhi grigi, dubbiosa.
Il bomber francese scrollò le spalle.
“Non fare quella faccia stupita… E’ semplice acqua, non ti ho preso dello champagne”
“Grazie, allora. Non avrei gradito comunque champagne a quest’ora del mattino… magari tu sì. Anche se… ho visto come reggi bene l’alcol” butto lì, per prenderlo in giro.
Poi aprì la bottiglietta dell’acqua per berne un sorso fresco, osservando di nascosto Napoleon, che se ne accorse e si limitò a sollevare il dito medio nella sua direzione, mentre faceva degli allungamenti per i polpacci.
Juliet non se la prese, l’aveva provocato apposta. Anzi, si stava accorgendo di quanto fosse divertente punzecchiarlo, anche perché lui stesso forniva un sacco di spunti per essere preso in giro. Accantonando queste considerazioni, si dedicò anche lei a fare stretching.

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Capitolo un po' di transizione, però mi piaceva raccontare un momento di vita "normale" e poi veder ridere di gusto Napoleon, in modo sincero vale il capitolo *___*  (sono di parte sul mio pupillo, si sa) e, comunque, ci sarà il continuo di questa giornata.
Grazie a chi mi segue nonostante i tempi lunghi, dovuti alla real life.
  
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