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Autore: Zaylena    16/10/2014    0 recensioni
«Un uccello mitologico, che non muore mai, la fenice vola lontano, avanti a noi, osservando con occhi acuti il paesaggio circostante e lo spazio distante. Rappresenta la nostra capacità visiva, di raccogliere informazioni sensorie sull'ambiente che ci circonda e sugli eventi che si dipanano al suo interno. La fenice, con la sua bellezza assoluta, crea un'incredibile esaltazione unita al sogno dell'immortalità»
Una leggenda narra che non esitano animali più affascinanti delle mitiche fenici, uccelli in grado di risorgere dalle loro ceneri, coloro che della morte ne fanno un inganno. Wendy, seppur non sapendolo, era una bellissima fenice, aveva superato un cancro fatale e adesso si trovava a ricomporre i puzzle di una vita squarciata dal dolore.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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When your dreams all fail
Viveva la sua vita come se stesse percorrendo un lungo tunnel, talmente buio da non vederne la fine, questo le aveva portato il cancro: incertezze e oscurità. Ogni volta che si guardava allo specchio, non vedeva riflessa una quattordicenne ma una crudele malattia che le sorrideva, conscia di essere riuscita nel suo scopo: togliere la linfa vitale da quella giovane rosa perché era questo che era, un fiore privato dei suoi bei petali rossi, senza spine che la potessero proteggere. Indifesa. Innocua. Si guardava e vedeva i capelli corti quasi inesistenti che le incorniciavano lo smunto viso e ogni volta si chiedeva  “Vale la pena vivere una vita che si prende gioco di te, minuto per minuto, ora per ora?".
E nel frattempo tutti i sogni falliscono e le persone che salutiamo sono le peggiori fra tutte e scorre vecchio sangue. Dentro di te c'è il buono. E' dove i tuoi demoni si nascondono. Ma la cosa più tremenda che potesse farle il cancro era stato portare alla luce verità che Wendy non conosceva o preferiva ignorare, perché noi persone siamo tutte uguali, celiamo dure realtà dietro bellissime menzogne. Siamo così maledettamente prevedibili, non è forse vero?
Siamo bugiardi per bisogno.
E Wendy era una di quelle. I genitori troppo presi dalle loro priorità l'avevano sempre lasciata nelle mani di domestiche e baby sitter e con l'arrivo della malattia usavano il denaro come tappabuchi per le loro assenze. Ma un nuovo telefono o una moltitudine di libri non riempiva i vuoti che aveva nel cuore la giovane. E le amiche vi chiederete? Semplice, l'avevano lasciata alla fermata "difficoltà" perché erano solo ragazzine e di certo non potevano affrontare simili pene, a detta loro e dei genitori. E lei rimaneva con persone che provavano solo compassione nei suoi confronti. Vedeva chiaramente le occhiate che le venivano offerte quando camminava per strada, con la sua bomboletta dell'ossigeno e i due piccoli tubi nel naso ma lei aveva la musica che rendeva sordi i pettegolezzi che la vedevano come protagonista fin troppo spesso. E poi c'erano tutti quegli occhi che la scrutavano, sempre e insistentemente. Dicevano tutti la stessa cosa: Povera bambina! Odiava questa situazione e odiava tutti. Avrebbe voluto morire perché era stufa di tutto quello che aveva accanto, vedeva solo tanta ipocrisia. A volte si sentiva così egoista e drammatica perché sapeva che nel mondo milioni di persone stavano lottando e stringevano i denti giorno per giorno. Ma aveva solo 14 anni e nonostante si mostrasse sorridente tutto in lei crollava. Diamine non era pronta. Chi lo sarebbe stato? Chi lo era? Se solo si fosse mostrata debole sarebbe stata mangiata viva e quindi mostrava il sole anche se dentro aveva la tempesta. Preferiva non confidarsi con nessuno a parte per l'ora settimanale con una psicologa a cui era costretta a partecipare.

La dottoressa Anderson era una brava donna ma c'era solo un piccola problema: non aveva il cancro e si sa finché il male non ti colpisce non sai quanto possa essere il dolore che esso genera. Le venivano poste monotone domande a cui lei rispondeva per lo più con monosillabi e breve risposte. Allora nei momenti di malinconia si rifugiava in mansarda vicino al camino, si sdraiava sul tappeto, tanto costato ai suoi e  leggeva, con gli auricolari nelle orecchie. Faceva partire la playlist e appena sfiorava le pagine di un libro, tutto si annullava, diventava diverso e sì più bello. Un giorno era un'eroina, un'altro una principessa e quello dopo uno dei personaggi della Austen. Si costruiva un' universo parallelo dove non c'era nessuno, solo lei, non c'era dolore o affetto non corrisposto.
Non c'era il cancro.

Così Wendy trascorreva la maggior parte delle sue giornate. Aveva deciso sotto insistenza dei genitori di lasciare la scuola perché era troppo debole e nonostante non sopportasse quell'aggettivo che la etichettava come oggetto fragile, a lei andava bene così poiché non sopportava i soffocanti sguardi che le venivano rivolti. Ogni giorno un istitutore le faceva lezione. Il signor George era un anziano signore sulla settantina dalla barba bianca, gli occhiali da vista a mezzaluna e una pancia prominente e Wendy lo adorava forse perché le ricordava Albus Silente o forse perché la trattava da comune persona e non da malata. Era l'unico che le offrisse un sincero sorriso e non di circostanza. Era in pensione ma amava ancora molto il suo vecchio lavoro da insegnante. Era magnifico il modo in cui i due potessero parlare di filosofia, letteratura e poesia. Il signor George insegnò molto a Wendy, dalla biologia al francese ma sopratutto le trasmise l'amore per la scrittura. In un giorno uggioso come l'umore della stessa ragazzina, l'anziano uomo le disse, vedendola particolarmente distratta:
" Ti voglio svelare un segreto" e questo bastò ad avere la sua totale attenzione.
" Quando ci sentiamo tristi o la nostra vita non ci soddisfa c'è un modo per evadere dalla realtà, scriverne una finta perché bimba mia noi uomini siamo bisognosi di scappatoie e le migliori le inventiamo noi stessi.

Forse non è maturo scrivere qualcosa che vorremmo ma che non abbiamo ma è il giusto rimedio per farci sentire bene. Quando avrai finito di scrivere qualcosa non avrai riempito solo la pagina di idee ma anche il tuo cuore di speranza,quella è l'unica cosa per cui dobbiamo lottare quotidianamente".
Nonostante i suoi sforzi e la sua grande passione finì all'ospedale a causa di una grave ricaduta. Non vedeva quasi nessuno perché nessuno la veniva a vedere tranne il signor George. Lui veniva ogni giorno e insieme facevano quello che tanto amavano prima. Quando ebbe 16 anni e mezzo la malattia la abbandonò, venne trovato un donatore sano e un miracolo fu compiuto nella sua vita. Ma il cancro non fu l'unica cosa ad abbandonarla. Dopo due settimane dal suo rilascio il signor George morì: arresto cardiaco. Quando lo seppe pianse calde lacrime tutta la notte e così fece per diverso tempo. Arrivò a pensare che lei era guarita perché il signor George aveva offerto la sua vita in cambio della sua guarigione, si incolpava senza vere ragioni e si trovava ancora circondata dall'alone di morte che ormai la perseguitava da due anni e mezzo. Partecipò al funerale e notò con piacere quanto la piccola chiesa fosse gremita di persone che amavano l'anziano. Toccanti parole furono dette da tutti e a stento Wendy riuscì a fare il proprio discorso.

" Ho sempre creduto che gli angeli custodi non esistessero ma quando conobbi il signor George capii che mi sbagliavo di grosso. Forse il mio sarà un elogio funebre un pò scontato ma è vero ed è questo che importa. Il signor George fu il mio angelo quando ero malata, fu il solo che mi aiutò e mi diede la vita. Mi ha trasmesso l'amore per la scrittura e per questo non lo ringrazierò mai a sufficienza, mi ha insegnato che vale la pena lottare, sempre, nonostante la guerra sia difficile e la potenza del nostro avversario grande. Grazie perché mi hai fatto credere in un futuro e in una vita che vale la pena vivere. Grazie per tutte le visite all'ospedale, le risate, i libri consigliati e grazie per i rimproveri... Mi mancano tanto anche quelli. Dicevi che da grande sarei diventata una grande scrittrice e ti giuro che lo diventerò, te l'ho devo, l'ho devo ad entrambi. Infine grazie per tutte le volte che mi hai detto di mantenere viva la speranza. Grazie perché inconsciamente sei sempre stato tu la mia speranza. Grazie. "
La lapide citava queste parole:
George Orwell, magnifico uomo, egregio insegnante,
amorevole marito e angelo custode
portatore di speranza, veglia su di noi
come hai sempre fatto.
Wendy nel frattempo aveva ripreso qualche chilo e i suoi capelli diventarono lunghi come una volta ma ci furono cose che non cambiarono. La giovane comprese che lei sola poteva essere l'artefice del proprio presente e futuro. Lasciò la sua città natale conscia di non abbandonare niente se non una famiglia disinteressata e dolorosi ricordi. Decise di aspettare il compimento dei suoi 17 anni e contattò una sua zia che abitava a Bradford, dopo aver ottenuto il permesso dai suoi. Tutto questo voleva dire una nuova città, una nuova vita dove nessuno l'avrebbe riconosciuta come Wendy Collins, la ragazza malata di cancro ai polmoni. Voleva ricominciare a scrivere il suo libro, la sua esistenza come gli aveva insegnato il suo mentore, solo che sta volta avrebbe realizzato ciò che voleva. Lo avrebbe ottenuto.
 
 
 
 
 
   
 
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