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Autore: Botan    14/10/2008    7 recensioni
“Là dove c’è luce, si annida sempre l’oscurità, nera come pece. Fin dai tempi antichi, gli esseri umani hanno conosciuto la paura dell’oscurità. Ma un giorno, grazie alla spada di un cavaliere capace di fendere le tenebre, gli esseri umani ritrovarono la luce della speranza.”
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come passa veloce il tempo

                                      Chimera

                                    #01

                                

                                       

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

E’ trascorso più di un anno, dalla mia disavventura.

Ma dentro di me, quei ricordi sono freschi come la pittura di un quadro che non si è ancora asciugato.

Ne ho passate tante, ne ho vissute tante sulla mia pelle, di esperienze da brivido. Avevo perso ogni speranza. Avevo perso la mia luce. E la paura di non poterla più riavere indietro, mi paralizzava. Buttava giù tutti i miei sogni, tutte le mie aspettative.

Ma poi, come un lampo imprevedibile, quella luce si è riaccesa nella mia vita. Ed io finalmente ho ripreso a sognare, ed a sperare in n futuro migliore.

Come passa veloce il tempo.

E pensare che fino a qualche settimana fa, non vedevo l’ora che passasse il più in fretta possibile.

L’idea di ritornare nella mia piccola patria, la voglia di preparare i bagagli, di prendere il primo volo disponibile e partire… Tutto ciò mi rendeva impaziente.  

Ed ora… Ora che finalmente sono qui, vorrei tanto che questo tempo rallentasse un pochino per potermi godere appieno questi attimi pieni di felicità che hanno inaspettatamente riempito la mia esistenza.  

Ora che tutto si è incanalato nella giusta direzione, ora che tutto è ripreso a scorrere con più vigore e più forza di questo stesso tempo che passa, io mi sento piena d’energie, e pronta ad affrontare questa mia nuova vita, con una luce interiore ancora più bella, per la felicità mia, e per quella del mio portare di luce!

 

 

 

 

 

- Signorina, è sicura di ciò che sta facendo?- le domandò premuroso Gonza, accingendosi a riporre a terra, sul pavimento di un piccolo monolocale situato in uno dei quartieri meno affollati della città, e soprattutto meno costosi, uno scatolone mezzo traboccante di colori e pennelli d’ogni misura.

Il buon Gonza Kurahashi, un uomo mite, dalle maniere educate e l’abito sempre in ordine, restò fermo sull’uscio della stanza ad attendere una risposta. Quel responso giunse celere, un po’ sofferto, e, ahimé, del tutto scontato. La speranza che quel pulcino spennacchiato, proprio come lo aveva definito Zarba tempo addietro, raccogliesse tutto e ritornasse sui propri e piccoli passi, si affievolì in un secondo.

 

Kaoru Mistuki, il pulcino spennacchiato, assentì con decisione alla domanda del buon uomo.

- Sicurissima! E poi, come ti ho già spiegato, non è consono che due fidanzati dividano lo stesso tetto… Io per prima mi sentirei a disagio. – confessò con una smorfia leggermente imbarazzata, sbocciatale all’improvviso su quel volto giovane e fresco.

 

Gonza sospirò amareggiato, affranto da quella decisione.

Kaoru era stata cresciuta conforme ai principi di ciò che era buono e giusto, e quel disagio che lei stessa si sentiva nascere dentro, era del tutto giustificato.

La schiena del maggiordomo si curvò permettendo così alle braccia di adagiare quella scatola verso terra.

- Come volete voi. – proferì infine, facendosi però vedere insofferente – Non penso che ci sia bisogno di farvi sapere che il signorino Kouga non ha accolto di buon grado questa vostra decisione. – le ribadì, per l’ennesima volta, giusto pochi istanti prima che, in quella stessa stanza, e da quello stesso uscio, spuntasse la sagoma di qualcuno.

 

- Non serve che tu le dica altro, Gonza. Con lei è fiato sprecato. – asserì proprio quel qualcuno, con parole fredde ed un timbro tutt’altro insofferente.

Kouga Saejima, il detentore del rinomato titolo di Garo, era lì, pronto a portare a terra uno scatolone sigillato in mal modo con del nastro adesivo tutto stropicciato. Il “signorino”, come soprannominato dal suo fido maggiordomo, aveva prestato attenzione alla conversazione dei due, durante la sua breve assenza.

 

- Sono grande, adulta e vaccinata! – replicò Kaoru, indispettita da quell’affermazione, mettendo il broncio e le mani sui fianchi. Proprio come una giovane bambina.

 

Kouga la scrutò velocemente in viso, con rassegnazione. Con lei, per l’appunto, era inutile sprecare fiato. Nonostante tutto, però, quella giovane fanciulla dai grandi occhi, era diventata la sua forte ed indelebile luce. Un sole che aveva preso a splendere soltanto per lui, una fiamma purissima che gli dava la carica, lo rafforzava sempre di più, lo faceva sentire vivo. Finalmente vivo.

Quella forza lo aveva incredibilmente cambiato. Lo aveva spronato a farsi avanti, e a non avere paura di esternare parte di quei sentimenti tanto taciuti e destinati ad appassire in un soffio, perdendosi nel buio più tetro e sempre più solitario di quel suo freddo cuore.

 

Tutto ciò che serviva ad un umile Cavaliere del Makai per essere felice, era avere una vita felice!

E per avere una vita felice, a quel giovane ometto coraggioso gli bastava semplicemente avere lei. La sua Kaoru Mitsuki.    

 

 

In un pomeriggio come tanti, i tre si accinsero a scaricare dall’autovettura di Gonza, tutti gli effetti personali della pittrice, e, alla meglio, a sistemarli nella sua nuova e minuta dimora.

Tra una scatola e l’altra, qualcuno inaspettatamente fece sentire forte e chiaro la sua voce.

 

- Kouga! A non molte miglia da qui è comparso un Orrore!

 

Il ragazzo sollevò la mano sinistra, mosso dall’istinto. L’anello magico aveva parlato, e… quando quella piccola testa di metallo captava qualcosa, un Cavaliere Mistico non poteva avere scampo: doveva correre via, ed intervenire al più presto.

 

Raccogliendo svelto il cappotto bianco dalla spalliera di una sedia, il coraggioso Saejima lasciò la stanza dirigendo i suoi lunghi passi verso l’esterno, nel bel mezzo della via.

La risposta di Kaoru alle improvvise movenze di Kouga, arrivò in un lampo. La mora gli corse incontro, mollando lì per lì una scatola verso terra. Il suono prodotto da quel chiassoso tonfo, fece sobbalzare Gonza che, colto dallo spavento, si lasciò cadere dalle mani il suo inseparabile pennacchio per la polvere. 

Oltrepassando la soglia d’ingresso del suo piccolo monolocale, la ragazza osservò il giovane Cavaliere immettersi in strada, e si accigliò.

- Ricordati che stasera dobbiamo cenare insieme! Non fare tardi! – gli urlò svelta, a squarciagola, nella speranza che lui non facesse semplicemente “finta di non capire”. – Chissà se ha capito… – sbottò poco dopo, mettendo nuovamente il broncio, mentre lo vedeva correre via, in prossimità dell’orizzonte, per sparire infine dalla sua visuale.

 

 

Per la precisione, Kaoru era tornata definitivamente in Giappone da appena una settimana.

Smettendo di svolgere lavoretti part-time, la ragazza era stata assunta presso uno studio artistico per lavorare a giorni alterni come illustratrice di libri fiabeschi.

La sera, per affinare le sue tecniche, frequentava un corso accademico di pittura, come una qualsiasi ragazza della sua età. Come una ragazza normale.

Dal giorno in cui era entrata in contatto con il sangue di quell’Orrore, il tempo non aveva mai smesso di correre.

In quel brutto periodo, Kaoru aveva perso la voglia di lottare per vivere e continuare a sognare, ma… grazie alla spada di un Cavaliere un po’ burbero e ostinato a volerle restituire tutti i suoi sogni, il desiderio di sopravvivere unicamente per essere felice, ebbe la meglio.  

Dopo la fine di quella brutta avventura, come ogni favola che si rispetti, tra il Cavaliere e la sua dolce protetta fiorì un forte sentimento che, tenuto nascosto dai loro timidi animi, spiccò finalmente il volo solo molto tempo dopo, per rompere le grosse catene che lo tenevano prigioniero, e liberarsi in aria a gran voce.

E, come ogni fiaba che si rispetti, da quel giorno Kouga e Kaoru non furono più in grado di dirsi addio.  

                                                                           

 

 

 

 

                                                                           ***

 

 

 

 

 

Un vicolo completamente deserto, lontano da gente ed abitazioni, era il nascondiglio che l’Orrore, per sfuggire al suo irriducibile antagonista, si era trovato da poco.

Kouga giunse in quella viuzza, con una spada splendidamente sguainata e l’occhio attento sulla via.

- E’ qui. – gli confermò svelto Zarba, la sua infallibile guida. – Preferisce nascondersi, anziché affrontarti. Che disonorevole creatura!

 

- Come tutti i suoi simili, d’altronde. – scherzò fiacco il Cavaliere, avanzando coraggiosamente nella tana dell’essere. La mano che teneva l’ansa rossa della spada, era sicura oltremodo. Sicuri, inoltre, lo erano anche i suoi passi che, lenti ma inesorabili, si accostarono sempre più al bersaglio.

Un bersaglio dalla pelle scura, verdastra, viscida e maleodorante. Proprio grazie a quella pestilenziale esalazione, Kouga riuscì a stanare alla svelta quella spregevole creatura delle tenebre, facendole così vedere la luce del sole.

Non tutti gli Orrori impazzivano per quei caldi e luminosi raggi.

L’essere mostrò i denti con rabbia, spalancando le sue incredibili fauci ma regredendo come un vile codardo.

Il corpo piuttosto rinsecchito, e la voglia così evidente di non fronteggiare l’avversario dal cappotto bianco, lo rese ancora più misero di quanto non lo fosse in realtà.

Volteggiò e luccicò, la spada di Kouga, sopra la sua testa. In un secondo tempo, fu anche il vicolo a sfavillare. Un fascio mirabolante di luce, un barlume dorato, caldo e rasserenante. Tutto ciò, rivestiva l’armatura di un guerriero solitario dell’Est, il cui nome faceva intirizzire anche il più ostile di tutti gli Orrori: Garo.

Avanzando a passo lento, in direzione del mostro, l’eroico paladino del Makai si preparò ad attaccare.

Il mostro sguainò gli artigli, costretto alla controffensiva, ma la spada forgiata con l’Animetallo del valoroso lupo azzannato, fu più veloce. Un rapido fendente, e via! Il ventre della bestia si squarciò senza intoppi. Un fascio di sangue violaceo macchiò parti del rivestimento di quell’armatura dorata, con diversi ma brevi schizzi.

Quel flusso poi iniziò a farsi sempre più debole, ad appassire così come il mostro che cominciò pian pianino a sgretolarsi. Qualcosa, però, su quella faccia da perfetto figlio delle tenebre, scosse Garo. L’Orrore, nonostante la sua disonorevole fine, gli stava sorridendo. Un sadico ghigno, fastidioso come un sassolino nella scarpa, ma allarmante come la più pericolosa delle frane.

Infine, a fortificare quel timore, il ghigno si dischiuse all'improvviso, per dare l’opportunità a quella creatura di pronunciare qualcosa poco prima di spirare.

 

- Goditi pure questo piccolo attimo di gloria, Cavaliere d’Oro, perché per te, arriverà presto il momento di cedere il posto a qualcun altro che ti strapperà via tutto ciò che hai di più prezioso al mondo, e porrà fine al tuo inaffondabile mito!

 

 

Una frase, una forse rivelazione di un futuro chissà quanto prossimo, fece sussultare incredibilmente Garo che, non appena l’Orrore si dissolse del tutto, riacquistò le fattezze da semplice Cavaliere.

Kouga quindi abbandonò all’istante l’armatura con un’espressione sul viso che non presumeva nulla di buono.

Le parole di un Orrore, seppur a volte meschine ed bugiarde, non lo avevano mai turbato. Tuttavia, in quell’istante ci fu una rara eccezione.

 

- Dietro di te, Kouga! – esclamò d’un botto l’anello parlante, facendo sobbalzare il suo proprietario.

 

Il giovane si girò di scatto, rapido ma inquieto. Davanti a sé, davanti agli imperturbabili occhi di un Cavaliere dell’Est, l’inquietudine sparì in un soffio per fare spazio alla confusione dei suoi pensieri.

Svelto, il figlio di Taiga sollevò la mano sinistra di fronte al proprio viso, increspando furiosamente la fronte: - Mi prendi in giro?! – esclamò stizzito, ammonendo così la sua guida gotica. In quella viuzzola, infatti, non c’era nessuno.

 

Zarba non fu particolarmente entusiasta di quelle parole.

- Affatto. – replicò seccato, con un tono più che inacidito – Ho davvero percepito qualcuno alle tue spalle. La presenza è sparita poco prima che tu ti girassi.

 

- Un altro Orrore? – la domanda del proprietario taciturno, giunse rapida, almeno quanto la risposta del Madougu:

 

-Vorrei tranquillizzarti e replicare con un sì, ma… purtroppo la mia sentenza è tutt’altro che positiva.

 

Le palpebre di Kouga si sgranarono di colpo.

- Non era un Orrore?! – rinviò per l’ennesima volta, davvero sconcertato, e sempre più angustiato da quella situazione.

 

- Non chiedermi chi o che cosa fosse! Non l’ho capito neppure io. L’odore sembrava quello di un umano, ma l’aura… beh, quella non direi proprio che fosse conforme alla natura umana. – gli anticipò netto Zarba –Tuttavia, la sua energia mi ha fatto davvero paura. Brutta situazione, Kouga! – concluse alla fine, mostrandosi anch’egli turbato.

 

L’erede di Taiga, giunti a quel punto, desiderava intensamente avere delle risposte.

 

 

Pochi metri ancora e, passo svelto dopo passo, Kouga parò una mano di fronte a sé.

Dal quel vuoto, iniziò a sbocciare un foro grande quanto un puntino che, come un imboccatura automatica, si spalancò all’istante.

Quel portale, senza perdere attimi preziosi, venne attraversato dall’eroico giovine che ne fu così inghiottito.

 

Giunto dal capo opposto, un lungo corridoio fiancheggiato da bianche colonne aspettava solo di essere percorso. Con molta fretta, e tenendo lo sguardo stabile sulla fine di quel lungo andito, Kouga giunse presto a destinazione e si fermò d’innanzi ad una figura vestita di bianco.

Il suo viso imperturbabile, la sua fronte annottata, ed i tratti di un volto fermamente duro, incuriosirono ma al tempo stesso allarmarono il Cane da Guardia del Nord, che non poté far a meno di chiedere le dovute spiegazioni.

 

- Che cosa è successo? – domandò con voce gentile la mistica figura, immobile al centro di un piedistallo rettangolare illuminato di luce.

 

Kouga non sprecò un solo attimo. Riportò a quel sacerdote del Nord le parole dell’Orrore affrontato poc’anzi e quella presenza avvertita dal suo fidato Madougu dalla bocca loquace. Poco dopo l’esposizione dei fatti, il Guardiano vestito di bianco sospirò appena, per poi fornire una risposta:

 

- Sono diversi giorni che un umano, senza la nostra autorizzazione, s’introduce nel Makai.

 

- Che cosa?! – tuonò all’istante il giovine, trasalendo perchè spiazzato dalle parole di quella figura millenaria – E’ opera di un Cavaliere Mistico?

 

- Sai meglio di me, che un Cavaliere ha il diritto di aprire e varcare il portale solo con il lasciapassare di noi Sentinelle. Ciò nonostante… - il Cane da Guardia ricercò il viso dello spadaccino dell’Est per offrirgli uno sguardo profondo – di Cavalieri Mistici che infrangono le regole e seguono la via delle tenebre, ne nascono di continuo.

 

Le parole sottintese e sibilline del sommo sacerdote del Nord, illustrarono una cruda quanto dura realtà, già affrontata in passato dall’impavido Kouga. L’essere dalle fattezze umane, con una tunica bianca portata decorosamente indosso, si stava riferendo a Barago, colui che aveva venduto la sua anima a Kiba, Cavaliere Mistico delle tenebre, e infranto più di una regola.           

Che fosse nato, nell’ordine dei Cavalieri del Makai, un emulatore di Barago?

Kouga, deciso a farsi avanti con l’ardire di porre tale quesito, fu preceduto limpido dal guardiano del Nord: - Non si tratta di un Cavaliere. L’energia che sento, è ben diversa da voi guerrieri del Makai.

 

- E chi, allora? Chi è?- ribatté alla svelta quel flemmatico umano, ansioso di conoscere una risposta che gli avrebbe certamente ammansito tutti i suoi dubbi.

 

 - Ogni responso trova presto il suo tempo. – gli comunicò il sacerdote, mantenendo una quiete ammirevole – E quel tempo, non è ora.

 

- Mi state dicendo che neppure voi, i responsabili dei quattro punti cardinali, sapete darmi una risposta? – Dopo quella domanda che purtroppo non trovò taluna sentenza, Kouga fu costretto a porre il proprio animo in pace.

Il Cane da Guardia, avvertendo inquietudine nell’animo di quel giovane Cavaliere Mistico, lo confortò con uno dei suoi saggi consigli: - Resta in guardia, come hai sempre fatto, ma non tormentarti prima che arrivi quel tempo.

 

 

 

- Segui il consiglio del Guardiano, e non tormentarti! E’ molto semplice, no?- gli esclamò Zarba, una volta fuori dal palazzo antico, sperando in quel modo di rassicurare il suo proprietario.

 

- Tu che cosa ne pensi? – gli domandò presto lui, camminando a passo moderato lungo i bordi di una stradina tutt’altro che affollata.

 

Il Madougu non si decise a replicare subito. Aspettò ancora un po’ prima di fornire il suo parere personale.

- Penso che se non ti sbrighi, farai tardi alla cenetta romantica con la tua bella! – scherzò da buon anello sparlante, facendo d’un botto azzittire Kouga. – Come recita il galateo, un uomo non dovrebbe mai fare aspettare la propria donna! Soprattutto se si tratta di un tipetto suscettibile come Kaoru   

 

 

 

 

 

                                                                             ***

 

 

 

 

 

Erano le 20 e 35 esatte.

Kaoru osservò il tondo orologio che sovrastava l’aula di pittura dove si era da poco conclusa la lezione, e si preparò a rimettere gomme e colori nella sua capiente sacca marrone.

La fretta di arrivare a casa, in quel monolocale piccolo ma accogliente, e preparare una dignitosa cena, fece sì che quel voluminoso borsone le precipitasse a terra. L’impatto con il suolo balzò via il contenuto che, senza tante pretese, si riversò lungo tutto il pavimento.

 

- Accidenti! – sbottò all’istante, precipitandosi in un lampo a raccogliere i suoi preziosi strumenti.

Dopo aver recuperare un tubetto di vernice e delle matite colorate, Kaoru si adoperò ad afferrare un foglio di carta adagiato a terra proprio d’innanzi a lei, ma, in un battibaleno, un’altra mano arrivò prima della sua, lì su quel pezzo di carta. La giovane alzò gli occhi per fissare il volto di qualcuno che, con maniere garbate gli tese poi l’oggetto.

 

- Tieni! – esclamò quell’individuo, facendo un amabile sorriso. Un ragazzo con la voce gentile tanto quanto i modi, intimidì la mora al punto tale da farle ghermire il foglio con mano tremante.

 

- Grazie! – riuscì a stento a dire, riproponendo per educazione anch’ella un sorriso. – La fretta non porta mai a nulla di buono…! – ammise in seguito, volgendo gli occhi a terra con una punta di insicurezza goffa.

 

- Ti aiuto io, dai! – si offrì celere lo sconosciuto, allungandosi più in là per agguantare il materiale a terra. – C’è qualche film in tv o al cinema che devi vedere?

 

- Niente di tutto ciò! – replicò lei, scuotendo energica il capo- Devo preparare la cena! – dichiarò apertamente, ancora china sul pavimento, mentre gli gettava curiosa un’occhiata.

Spalle larghe, fisico slanciato, capelli castani raccolti appena da un piccolo codino dietro la nuca.

In tutto, erano diciannove le persone che frequentavano quel corso. Tre ore, divise per due lezioni a settimana, non erano sufficienti a farle memorizzare, o perlomeno, a stabilire un’amicizia con tutti quei partecipanti.

 

- Sono seduto nella fila dietro la tua. – le svelò quel giovane, accorgendosi al volo della bella Mitsuki che lo scrutava confusa. – Per chi la prepari la cena? – domandò poi, forse troppo indiscreto, nel momento in cui le ginocchia gli si fletterono a terra per raccogliere un foglio tinto da matite e colori. Il taglio di quegli occhi sottili ed aguzzi, si assottigliò ancor di più non appena le pupille, scure ma vivaci, squadrarono il ritratto impresso su quel pezzo di carta. – E’ forse per lui che cucini? – si sentì presto chiedere, vedendosi poi arrivare un ritratto di Kouga, fatto la sera prima, proprio sotto il naso. – E’ il tuo ragazzo, giusto?

 

L’artista si stupì senza indugio: - Come fai a saperlo?

 

L’altro invece sorrise disinvolto.

- Tutte le pittrici, prima o poi, ritraggono il loro consorte! Non è scientificamente provato, però io dico che è così! – scherzò alla fine, lasciando Kaoru libera di riprendere il disegno per rimetterlo a posto, con cura, insieme agli altri. – Mi permetti di accompagnarti a casa? – La proposta dell’altro artista, le fece ciondolare immediatamente il capo.

Kaoru negò, in risposta a quell’offerta, sempre più tesa ed imbarazzata: - Oh, no, no, davvero! Non serve! E poi, la mia casa è a non molti metri da qui. Mi bastano dieci minuti per arrivarci! – si affannò svelta a decantare, inforcando la tracolla sulle spalle e sollevandosi dal suolo in tutta fretta.

 

Lo studente di pittura la seguì a ruota, smorzando sul nascere un flebile sorriso di rassegnazione.

- Come l’invidio il tuo ragazzo! – esclamò poi, sfoggiando una voce all’apparenza gioconda, e porgendole educato una mano- Io sono Ikuo Shiota!

 

- Kaoru Mitsuki! – si presentò l’altra, ridente, stringendo lieta la mano del suo nuovo amico.

 

Ikuo le sorrise con cortesia, da persona di belle maniere. In seguito, poco prima di vederla andar via, diede lo sfoggio di un ennesimo atto d’educazione:

– Allora, ti auguro una buona cena, Kaoru!

 

L’artista assentì felice, regalandogli ancora un sorriso, ed infine corse via, a più non posso, tenendosi la tracolla della borsa ben ferma con una mano.

Il suo orologio da polso segnava appena le nove, e nessuna pentola bolliva sul fornello di casa Mitsuki.

Kaoru accelerò il passo, mentre in lontananza, la sagoma di qualcuno fermo nei pressi della porta sbarrata del suo monolocale, attirò la sua attenzione.

Un cappotto bianco ed uno sguardo accigliato. Questo fu ciò che servì alla pittrice per riconoscere Kouga senza nessun’esitazione.

Ancora con il fiatone, lei lo raggiunse andandogli incontro con un semplice sorriso, compiaciuta nel vederlo lì, davanti all’uscio di casa propria, e con la speranza di fargli dimenticare lo scortese ritardo. Quel sorriso però non le servì a molto.

Il volto immutato ed impassibile, e la smorfia accigliata del giovane, confermarono prontamente i suoi timori.

- Questa volta il ritardatario non sono io. – sbottò presto, con un accento seccato, forse stufo di aspettare immobile come una statua di marmo bianco, l’arrivo della sua ragazzina.

Kaoru calò il capo, con movenze mortificate. 

- Scusami. – pigolò mogia, intonando una voce davvero dolente.

Tuttavia, il sospiro di un Kouga rassegnato, le fece tornare il suo solito sorriso.

Come se quello stesso sospiro le avesse dettook, pazienza! Sei perdonata”.  Parole che Kouga, per l’appunto, non le avrebbe mai spontaneamente detto.

Tutto ciò, però, non aveva molto valore per lei. A Kaoru bastava veramente poco per capire ed elaborare un gesto emesso senza importanza da quel taciturno e giovane uomo.

A Kaoru, quello che le bastava veramente, era restare al suo fianco.   

 

 

La chiave dell’appartamento intanto era già nella serratura. Qualche scatto, e l’uscio finalmente si spalancò.

La mano della mora si sposò sull’interruttore della luce e, dal soffitto bianco, una flebile lampadina non molto grande, diffuse e diede splendore alla sala del monolocale.  

Kouga si osservò in giro, mettendo in mostra un’espressione poco raggiante e spaesata.

C’erano scatole a destra e a manca, da svuotare ed ordinare a dovere. La confusione regnava un po’ ovunque, in quella minuta casupola che lui non sembrava per nulla gradire.

- Non capisco perché dobbiamo cenare qui, con tutta questa confusione in mezzo. – si lamentò in fretta, annottando la faccia con una smorfia scocciata.

 

- Perché è di buon auspicio mangiare il primo giorno di trasloco in una casa nuova! – gli replicò istintiva Kaoru, apprestandosi poi a raggiungere uno degli scatoloni più ingombranti, accantonato nei paraggi di un angolo dell’ambiente. – E poi, c’è tutto quello che ci serve, qui! Questo, per esempio, è il tavolo! – espose con fantasia, cercando di spostare quella scatola di cartone verso il centro della stanza, per farle assumere il ruolo appena citato.

 

Tirò diversi sospiri, l’introverso Cavaliere del Makai, nel scrutarla con atteggiamento accidioso e del tutto rassegnato, poco prima di andarle incontro senza proferire parola, piegarsi anch’egli sulla pesante scatola, ed agguantare il lato opposto, con l’intento di darle una mano.

Lei alzò meravigliata il viso, sorpresa da quel gesto così premuroso che le fece ricambiare la gentilezza con un dolce sorriso.

Kouga tirò verso di sé il pacco quadrato, marciando all’indietro con passi piccoli. Dal capo opposto, contrario al suo, la dolce ritrattista si muoveva in avanti, puntellando con i piedi il pavimento, e facendovi leva per far scivolare di fronte a sé l’oggetto di cartone.

Poco alla volta, quel fasullo tavolinetto si portò finalmente al centro della stanza, soddisfando così le aspettative della mora.

- Ecco fatto! – esclamò quest’ultima, strusciandosi l’ampia fronte con il dorso della mano, e rivolgendo infine uno sguardo al signorino Saejima, silenzioso come sempre, fermo proprio di fronte a lei.      

Quegli occhi da Cavaliere, incredibilmente scuri e profondi, s’incontrarono d’impatto con quelli grandi e pieni di splendore della bella pittrice.

La fioca luce dell’ambiente, la quiete fra quelle quattro mura, ed un’atmosfera dolce e soffusa, fece sì che ambedue i ragazzi, con le mani ancora appoggiate sul bordo della scatola e i dorsi curvi, finissero per attrarsi. Quei due volti, con le movenze timide ma desiderose di congiungersi con un bacio appena sussurrato, si avvicinarono lenti. Come due timorosi magneti.

Kouga e Kaoru sembrarono quasi arrossire. Le loro guance s’intinsero amabilmente di rosso. I loro sguardi poi si abbassarono con vergogna, ma subito dopo, come d’incanto e senza pensarci, ripreso a fissarsi.

Le palpebre si socchiusero con movenze calme.

I nasi si sfiorarono appena.

Le labbra si aprirono teneramente, si avvicinarono lente, si accostarono fino a fronteggiarsi l’un con l’altra, con i respiri che, abbracciandosi, si unirono divenendo un armonico tutt’uno.

Kouga stava quasi per toccare dolcemente la guancia di Kaoru, stava quasi per carezzarle con gentilezza quella pelle liscia e bianca e, più di ogni altra cosa, stava quasi per sfiorarle quella deliziosa boccuccia rosa fragola ma, d’improvviso, egli diventò una statua.

La causa? Un gracchiante rumore.

E fu proprio quello, che costrinse entrambi i ragazzi a sussultare prima ancora che arrivasse il fatidico e tanto desiderato bacio.

 

- Cos’è stato? – esclamò Kaoru, sobbalzando e volgendo lo sguardo alla sua destra, con fare tremolante.

 

Kouga la seguì a ruota, con un rapido guizzo. I loro occhi poi s’incontrarono per l’ennesima volta. Quelli della giovane sapevano di ansia. Per fugare ogni dubbio, senza indossare nemmeno il soprabito, lo spadaccino si recò di corsa all’esterno.

Con gli occhi attenti, rivolse in fretta lo sguardo nei paraggi. Lì fuori, però, tutto era immerso nella quieta più surreale.

Le strade erano deserte, i lampioni le illuminavano, e non c’era neppure uno spiffero di vento a far ondulare le fronde di un alberello lì vicino.

Il Cavaliere dell’Est si avviò verso il retro della casupola per controllare, ma tutto continuava a tacere anche lì dietro.

Che fosse stato un gatto?

Oppure

Kouga sollevò la mano sinistra per interpellare il suo anello guida, però le grida di qualcuno, ahimé, non gli diedero il tempo necessario.

La voce di quel qualcuno, oltretutto, era di Kaoru.

 

 

La giovane se ne stava tutta tremante con le spalle accostate alla facciata anteriore del piccolo stabile. Nei suoi occhi, c’era un mare oscuro di paura. 

Una mano le agguantò con violenza la gola, spingendola senza nessun riguardo verso quel freddo muro di pietra. Poteva, tutto sommato, un Orrore, avere riguardi verso un essere umano incapace di difendersi?

Kouga si precipitò di corsa sul frontale dell’abitazione, con una mano già sull’ansa della spada.

- KAORU!!! – urlò a squarciagola, aprendo di botto le palpebre. In quel preciso istante, nulla gli avrebbe impedito di andare incontro alla sua bella.

Neppure un minimo d’esitazione, si manifestò in quelle gambe. La corsa fu rapida, turbolenta. Riuscì per un soffio a raggiungerla, ma qualcosa però andò storto. Una barriera invalicabile di energia, lo respinse tassativamente all’indietro, facendolo sbattere con violenza sulla strada dura e lastricata alle sue spalle.

Kouga tossicchiò per il colpo e si scosse a malapena. Aveva un taglio sulla guancia che si colorò presto di rosso, sporcandogli così quel lato del viso. Con una rabbia impressionante, respirando affannosamente, si tirò su, affaticato ma ostinato a soccorrere quella ragazza. La sua ragazza.

Accadde qualcosa, però, in quel preciso attimo.

La scena si svolse in un flebile soffio.

Ancor prima che il giovane Cavaliere potesse tornare all’attacco, l’Orrore azzannò al collo Kaoru proprio sotto lo sguardo sconcertato di un Kouga che, istintivamente sentì il bisogno di urlare a tutta voce il nome della giovane donna.

Fu per lui, come se qualcuno gli avesse strappato con forza l’anima.

Si sentì psicologicamente crollare, Kouga. Si sentì sfinire, cadere in un profondo abisso lontano dalla luce e dal calore del sole. Si sentì morire.

Le gambe, per rabbia, una rabbia incontrollabile, iniziarono a muoversi con impulso, per dirigersi scattanti verso la barriera, con l’intenzione di attraversarla ad ogni costo. A qualsiasi costo.

 

- Fermati, Kouga! O ti farai male sul serio! – tuonò immediatamente Zarba, sconvolto in pieno dalle intenzioni del suo proprietario.

 

Un Cavaliere dell’Est infuriato, non avrebbe mai sentito ragioni.

Come nulla fosse, Kouga oltrepassò la barriera e, in quel preciso attimo, sia essa che il vile Orrore, svanirono misteriosamente, sciogliendosi come neve di primavera.

Confuso ma preoccupato, il ragazzo si apprestò a soccorrere quel delicato pulcino spennacchiato ormai esanime al suolo. Con evidenti tremori negli occhi, nelle braccia, e nella voce, lui la tirò su, raccogliendola prudente tra le braccia, con il cuore invischiato in un folle battito.

- Kaoru! – Kouga chiamò il suo nome con un tono teso, ansioso, sempre più oscillante.

Con la mano, poi, gli scostò delicatamente un ciuffo di capelli dal collo. Il cuore di quel giovane ormai correva all’impazzata. Ebbe paura, Kouga. Tanta paura.

Quelle ciocche sfilarono via, scoprendo di botto una pelle completamente intatta, senza lacerazioni, priva di morsi.    

 

Il figlio di Taiga si rianimò di corsa corrugando la fronte con una smorfia arruffata.

 

Dal medio della mano sinistra, Zarba sospirò sapendo già cosa dire:

- Un’eccellente Chimera Mistica, non c’è che dire!

 

Una Chimera Mistica, nel mondo del Makai, appariva come una sorta di illusione che, per esito e consistenza, diveniva così reale da ingannare la propria vittima facendole vedere, a seconda dei casi, il lato oscuro della più tetra delle sue paura.  

Le Chimere Mistiche, inoltre, erano un tipo di incantesimo usufruibile solo da abili preti del Makai.

Il proprietario del gotico anello, non ebbe neanche il tempo di concedersi una replica.

Un fruscio misterioso punse il suo sottile udito.

La testa gli si sollevò di getto, attirata da un aguzzo e lancinante bagliore che gli giunse contro a tutta forza. Parando una mano all’altezza del volto, essa afferrò pronta qualcosa.

Una, due, tre gocce di sangue precipitarono sul terreno avvizzito, e lo macchiarono inevitabilmente.

Kouga socchiuse gli occhi e si accigliò accusando un dolore pungente alla mano. Aprì lento le dita, mentre quel pizzico, nell’attuare il semplice movimento, si tramutò in bruciore.

Ben 8 punte sottili ed acuminate, due delle quali conficcate nella carne del suo palmo, davano la forma ad uno shuriken.

Viste le fattezze, era ovvio che si trattasse di un’arma appartenente al Makai. La lamina scura ed opaca che lo rivestiva, e dei caratteri incisi su tutti e otto gli aculei, lo dimostrarono all’istante.     

Occorreva una mano preparata e decisa, per poter maneggiare tale arma. Una mano di un Cavaliere Mistico, per esempio.

L’oggetto di ferro si rianimò all’improvviso, senza dare l’aggio al Cavaliere di squadrarlo con cautela. Era come se qualcuno lo stesse richiamando magicamente a sé. Inutile, per Kouga, impedire che quell’arma prendesse il volo. L’oggetto sfrecciò via, infilandosi tra le fronde di un albero, e sparì nell’orizzonte di una notte buia.

 

Nello stesso momento, Kaoru riaprì gli occhi. Confusa, e con un pesante senso di spossatezza, si guardò intorno accusando un lieve capogiro.

- Cos’è successo? – domandò poi, concentrando uno sguardo sul viso teso di un Kouga che la fissava spaurito. Il taglio che aveva sulla guancia, attirò l’attenzione dell’artista, e quest’ultima, sentì l’istinto di sfiorargli premurosamente quel lato.  

Da un ciuffetto di capelli sbarazzino, che gli celava di poco lo sguardo, il guerriero solitario dell’Est si rasserenò appena. Sembrò quasi tirare un lungo sospiro di sollievo.

- Come ti senti?

 

- Ho un po’ mal di testa...  – gli rispose lei, sempre più confusa, e subito dopo rinviò- Che ci faccio qui a terra? Che cosa mi è successo?

 

Kouga aiutò quella ragazza a sollevarsi dal suolo, dopodichè, guardandosi attorno con movenze circoscritte, il suo sguardo divenne nuovamente teso.      

- Telefona Gonza, e digli di venire qua al più presto. C’è un trasloco da fare. – disse soltanto, senza spiegazioni accurate.

 

- Quale trasloco? – gli domandò repentina lei, aggrottando le sopracciglia, desiderosa di avere una risposta. 

 

Il signorino le rivolse le spalle, e si avviò in casa. Quella risposta giunse a metà tra la soglia di casa e l’esterno circostante: – Il tuo. – sentenziò secco, con sentenza certa ed inamovibile.

 

Descrivere la reazione di Kaoru, che però arrivò celere, era pressoché insignificante.

- Come sarebbe a dire?!- rinviò subito, totalmente agitata - Kouga! – lo richiamò altisonante, per poi corrergli dietro sbottando.

 

 

La luce debole del monolocale si accese.

La luna brillava in cielo, semi coperta da un folto strato di nuvole.

In quel quartiere tutto taceva. Tutto, eccetto il chiacchiericcio di un’artista che si affannava a far cambiare idea ad un inamovibile Cavaliere del Makai.

Qualcuno, in lontananza, nascosto dal folto fogliame che ricopriva le aiuole di un incolto giardino, tese l’udito ed osservò in silenzio quel monolocale striminzito per, infine, dileguarsi nel nulla.

 

Misteriose presenze stavano per minare la stabilità del genere umano.

Misteriosi quesiti bramavano nell’ombra, ansiosi di essere risolti.

E questo, era solo l’inizio di una nuova avventura che avrebbe aspettato imminente dietro l’angolo, il ruggito di un impavido paladino dell’Est come Garo.    

 

 

 

                                                               Fine episodio

   
 
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