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Autore: Eco_90    16/10/2014    0 recensioni
Seguito di "Mo anam cara" Storie di spiriti, amori perduti e sogni infranti poi ricostruiti.
Dal testo:
"Aveva del lavoro da fare, lavoro normale: era la segretaria di una dottoressa. Ormai era quella la sua vita, non c'era più spazio per le nottate insonni al freddo solo per convincere un paio di presenze a sloggiare. Già, non c'era più tempo per quelle cavolate."
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ecco il secondo capitolo. Spero che possa essere di vostro gradimento!!
Buona lettura!



-Dove ha detto che devo fermarmi?- chiese il conducente appena entrato nel paesino.
-Sotto quel palazzo rosso. Grazie!- non poteva fare a meno di sorridere a quella vista. Era tutto come l’aveva lasciato... stentava a crederlo.
Salire con le tre valigie su per due piani non fu facile, ma alla fine, stremata, riuscì ad arrivare davanti alla porta del suo appartamento. Mise la chiave nella toppa e rimase stranita aprendo la porta, nel vedere quanto fosse spoglio quel posto. Il suo successore doveva essersi portato via più cose di quanto avrebbe dovuto. Lasciò le valigie all’ingresso, tuffandosi senza pensarci due volte sul suo divano, strofinando la guancia sulla stoffa morbida. Quante ne aveva viste quel sofà; quante ne aveva viste quella casa!
-AAAAh! Allora è vero!- quel grido alle sue spalle le fece gelare il sangue, tutto quel tempo d’inattività l’aveva disabituata a trovarsi intorno dei fantasmi, per non parlare delle loro apparizioni improvvise. –Signora Evans!- disse poi ritrovando la calma e sorridendo amabilmente alla presenza dietro di lei. –Tesoro mio, è bellissimo rivederti qui!- aveva le lacrime agli occhi.
Nonostante fosse un fantasma, erano state rare le volte in cui si era fatta vedere durante quell’anno e mezzo. Alla fine però non poteva biasimarla, lei non era la sua baby- sitter, e Kelly era quasi certa di non avere bisogno di qualcuno che badasse a lei. –Anche per me è bello!-
La ragazza si rese conto che il fantasma la stava squadrando da capo a piedi, sembrava non le tornassero un paio di cose. –Bambina, ma come ti sei vestita? E quei capelli? Non sembri quasi più tu!- Nonostante le continue scenate per i capelli di colori improbabili di Kelly, ora la signora Evans sembrava rimpiangere il vecchio stile della ragazza, e inconsapevolmente aveva colto nel segno. Il sorriso che Kelly aveva sulle labbra sfiorì in pochi attimi, lasciando solo un’impronta di amarezza stampata sul suo viso. –E’ proprio per questo che sono qui!- il dispiacere aveva incrinato la sua voce, ma tentò comunque di darsi un contegno.
Cercò una posizione comoda sul sofà, stringendosi nelle spalle e fissando un punto indefinito oltre la vecchia presenza.
-Non volevo farti deprimere. - tentò la donna, cercando di farle tornare il sorriso.
-Si figuri, non è per lei. Non mi sono comportata bene con nessuna delle persone che conoscevo qui. Sono sparita. E’ che ho solo paura delle loro reazioni. Probabilmente non vorranno parlarmi, e se così fosse, non potrei biasimarli. – disse sconsolata. La presenza scosse vigorosamente la testa, puntandole un dito davanti al naso. –Non dire scempiaggini, tutti qui ti vogliono bene. Tutti! E molti di loro aspettavano con ansia che tu tornassi. - asserì, scoccandole un occhiolino eloquente. Lei si ritrovò a sorridere di cuore per quell’affermazione.–In ogni caso ho fame, e non ho nulla da mangiare dentro casa. Ronnie è sempre aperto a quest’ora?- chiese un po’ titubante.
La donna fece un cenno di assenso con la testa. –Dovresti sbrigarti... se hai così tanta fame! – la signora Evans non si sprecò neanche a nascondere quel suo tono malizioso, cosa che fece arrossire la ragazza, e non poco.
Sospirò pesantemente, giungendo le mani per poi sclosciare le falangi. Troppo energicamente. -Ouch. - sventolò i palmi per cercare di calmare il dolore, poi prese la borsa e uscì da casa. Quello, nonostante tutto sarebbe stato il viaggio più impegnativo di tutta la giornata.
Passò nel parcheggio all’aperto: non c’erano macchine, i lampioni erano stati riparati e i vetri per terra erano stati tolti, la macchia di sangue, però, era rimasta. Non si aspettava di averne perso tanto. La chiazza ormai era nera, ricoperta dalla polvere e dalla ghiaia. Respirò a fondo, nella mente le proiezioni di quei momenti saettavano veloci, lasciando un senso di sconforto dentro di lei; scosse la testa cercando di non pensarci più, riprendendo la sua marcia.
La porta di legno del pub cigolò come al suo solito, e il campanello situato sopra di essa squillò sonoramente. Molti dei clienti che la videro entrare accennarono un timido saluto, altri sorrisero allegri, questo riuscì a rincuorarla almeno un po’.  Kelly sorrise di rimando prima di raggiungere il bancone, e appropriarsi del suo vecchio sgabello. –Che mi venga un colpo. Ce ne hai messo di tempo per tornare!- Jack poggiò la sua pipa sul banco per poi sporgersi e depositarle un bacio sulla guancia. Il freddo che derivò da quel contatto la rese ancora più allegra e speranzosa. –Aspetta che attiro l’attenzione di mio figlio.- disse mostrando un ghigno maligno quasi degno della signora Fitzpatrick. –No, Jack non c’è bisogno. Aspetterò qui tranquillamente!- la sua obiezione non sortì alcun effetto. Jack fece cadere una bottiglia vuota riposta su una delle mensole dietro il bancone, e subito dal retrobottega uscì Ronnie infuriato come non mai. –Maledetto. Papà sei un maledetto, sei rimasto per rovinarmi la vita, ammettilo! Aah, se solo potessi, te la farei vedere io! - aveva un diavolo per capello, si vedeva lontano un miglio. Decise così di intervenire, alla fine nonostante il tentativo di Jack, lui ancora non si era accorto della sua presenza e questo, forse, avrebbe potuto mitigare la sua arrabbiatura. –Credo sia colpa mia. - soffiò tutto d’un fiato. Ron si voltò senza pensare troppo alla voce conosciuta, mostrandole un viso corrugato e distorto dalla rabbia. Lei sorrise timorosamente al proprietario del locale, che solo in quel momento si rese conto della persona che aveva di fronte. L’espressione corrugata sparì mutando in un sorriso che fece brillare il volto dell’uomo. –Dovrei ucciderti, lo sai vero?- il tono scherzoso nascondeva una punta di dispiacere. –È strano, non sei il primo a dirmelo. - sibilò sottovoce. – Comunque non volevo che rompesse la bottiglia, gli avevo detto di non farlo, ma conosci tuo padre.- cercò di giustificarsi. –Al diavolo la bottiglia. Tu piccola signorinella sei sparita, non ti sei fatta vedere né sentire per più di un anno, come pensi che dovrei reagire io?- il disagio non si fece attendere. Ronnie aveva tutte le ragioni per sentirsi offeso, o peggio, tradito. Fortunatamente per lei, l’uomo continuò il suo discorso permettendole di non soffermarsi troppo a fantasticare sugli sviluppi catastrofici delle sue azioni. Oltrepassò il bancone, ritrovandosi davanti alla ragazza, ora niente li separava. –Guarda che scherzavo. - la rassicurò, sorridendo. –Piccola guerriera.- aggiunse poi teneramente. Le lacrime si affacciarono subito agli occhi della ragazza, che fuori di se dalla gioia corse dall’uomo, abbracciandolo forte. –Mi sei mancato tanto!- disse continuando a frignare come una bambina. Lui le lisciò i capelli, asciugandole poi le lacrime calde che non avevano ancora smesso di solcarle il viso. –Se smetti di piangere ti offro un cheeseburger e le patatine fritte.- lei sfregò forte il viso sul petto dell’uomo cercando di riprendere un minimo di controllo, poi si staccò respirando a fatica. –Certo che l’aria di città ti ha proprio cambiato. - se ne uscì lui con fare pensieroso, e un’espressione buffa sul viso.
Nel momento in cui poggiò il piatto colmo di cibo sul bancone, una ragazza uscì dal retrobottega. Stava portando una cassa di bottiglie vuote fuori dal locale. Ronnie sembrò non curarsi troppo di lei, ma Kelly dal canto suo, era incuriosita da tutte le novità che quel posto le avrebbe riservato. La novità in questione aveva capelli cortissimi di un biondo brillante, occhi azzurri, talmente chiari da sembrare trasparenti, il tutto abbellito da piccole labbra fine di un rosa pallido. Per il resto era una ragazza abbastanza nella media, niente di speciale. Non era truccata in modo eccessivo o vestita in maniera appariscente, ma aveva qualcosa nella sua personalità che la faceva spiccare comunque, anche con la maglia logora che indossava in quel momento. Con l’espressione più ingenua che avesse nel suo repertorio guardò intensamente Ronnie, cercando un modo fintamente incurante per chiedergli chi fosse il nuovo acquisto. –Quindi hai assunto una cameriera? Che c’è, tuo nipote non ti aiuta più?- mossa forse troppo azzardata, non sapeva neanche lei da dove provenisse tutta quella sfrontatezza, non avrebbe mai pensato di riuscire a parlare di Billy con un tono così leggero. Ronnie dal canto suo si ritrovò spiazzato, sperava che lei non si fosse accorta di quella ragazza, non voleva essere coinvolto. –No, lui ogni tanto mi aiuta, ma sta facendo un corso per diventare chef, quindi spesso non può venire. Comunque si chiama Lory la nuova cameriera.- fu il più sbrigativo possibile, poi cambiò nuovamente discorso cosa che Kelly appuntò per bene nella sua mente. Parlarono del più e del meno per molto tempo, Ron si fece raccontare tutto quello che aveva passato a casa con i suoi genitori; sembrava quasi una vecchia comare, era così entusiasta di averla lì davanti che, fosse stato per lui non avrebbe mai smesso di parlare e fare domande.  –Comunque ora si è fatto tardi, ci vediamo domani Ronnie!- l’uomo si massaggiò la testa sorridendole, per poi posare pesantemente la mano sul bancone. –Ci conto, piccola guerriera!-
Uscì dal locale più serena di come vi era entrata, quando, svoltando per tornare a casa, trovò Lory al telefono. Parlava fitto fitto con qualcuno che Kelly capì essere molto intimo. –Ci vediamo dopo a casa tua. - disse la biondina sorridendo a Kelly che senza rendersene conto si era fermata, e ora la stava fissando.
Imbarazzatissima corse via, andando a rifugiarsi a casa sua. 
 
 
***
 
Era sdraiata sul letto già da un po’ quando si ritrovò a pensare che c’erano ancora due persone che non aveva visto. Troppe. Doveva rimediare in fretta. Prese il telefono digitando il numero che inaspettatamente ricordava a memoria. –Sono tornata! Se ti va, puoi venire a casa mia. – chiuse la chiamata per poi correre a darsi una sistemata. Quel vestito l’aveva stancata, come l’avevano stancata le reazioni che sortiva. Si legò i capelli in una crocchia scomposta e indossò una tuta abbastanza comoda, poi attese.
Il campanello suonò circa due ore dopo la sua chiamata. Quando aprì la porta, si ritrovò davanti un ammasso di ricci pronto a fiondarsi su di lei. –Sei una brutta persona, avresti potuto avvertire sarei passata a prenderti in aeroporto!- Moira non era cambiata, i suoi ricci rossi e vivi come molle infuocate, il carattere forte e tempestoso e quegli occhi tanto profondi quanto penetranti che riuscivano sempre a cogliere ogni cambiamento d’animo di Kelly. -Non ce n’è stato bisogno. Ho preso un taxi- rispose tranquilla.
La fece accomodare, prendendo due birre dal frigorifero: quelle, insieme con alcuni pacchi di patatine erano il massimo della spesa che aveva fatto.
 Passarono ore a chiacchierare come due amiche di vecchia data, e dire che qualche tempo prima l’avrebbe fatta fuori volentieri, anzi si sarebbero fatte fuori a vicenda.
Fu molto brava nel pilotare la conversazione su Ron facendolo sembrare un caso, poi da lì parlare della nuova cameriera fu quasi scontato.
-Ah, hai visto Lory?-
-Si, sembra simpatica. Tu la conosci bene?-
-Non molto, ma hai ragione... è simpatica. - indugiò un po’ prima di risponderle, quello era un campo minato e presto sarebbero esplose parecchie bombe.
- Ron mi ha detto che l’ha assunta perché Billy segue un corso per diventare chef. Tu ne sai niente?- voleva scoprire come stava, ma chiedere direttamente di lui l’avrebbe fatta passare per una ragazzina ancora follemente innamorata del suo ex, se così si poteva definire.
-Non ne so molto, non parlo spesso con Billy, ma dovrebbe essere tutto ok. - il tono evasivo colpì molto Kelly, che sospettosa decise di andare dritta al punto.
Guardò intensamente la sua amica, che aveva cominciato in maniera ossessiva a stringere e stropicciare la stoffa leggera della sua camicia di blu notte, poi pronunciò quelle parole così odiose per lei. –Stanno insieme, non è così?- qualcosa nel suo stomaco le provocò un dolore lancinante, arricciò le labbra cercando subito  di mettere su una maschera di disinteresse per nulla convincente.
Moira esitò ancora, sapeva che la sua amica sarebbe stata male, ma tanto valeva dirle tutto. –Si, si sono messi insieme poco meno di un anno fa. Lui aveva il corso, ma spesso la incontrava al locale dello zio... poi da lì. - La piccola guerriera distolse lo sguardo, era difficile, più del previsto. Doveva però trovare la forza per fare finta di nulla. Nonostante tutto era sua la colpa, o il merito di tutta quella situazione. Era stata lei a spingerlo via per l’ennesima volta, quindi ora non poteva sentirsi tradita se lui era finalmente riuscito a farsi una vita, anche se senza di lei.
-Sono innamorati.- la rossa sentì di dover porre l'accento su quel punto. –So che non vuoi sentirlo, ma stanno bene insieme e si amano. Forse le cose dovrebbero restare così, non credi?- la ragazza aveva iniziato a martoriarsi le mani: erano diventate rosse e calde a forza di sfregarle forte l’una contro l’altra.
Respirare senza dare modo ai singhiozzi di uscire fu molto difficile, tentò più volte di parlare, ma invano; pestò forte un piede a terra e solo allora riuscì a dire qualcosa di minimamente sensato. –Va bene così. Non mi aspettavo altro. - bugia. Era partita cercando di soffocare quell’alito di speranza che ancora le dava modo di sognare, ma non ci era riuscita. Si era ritrovata a illudersi di scoprirlo lì ad attenderla, come nel più bel film d’amore. Quanto era stata sciocca? Nel periodo con i suoi genitori si era dimenticata di quanto la vita fosse ingiusta, e quanto lei da sola riuscisse a complicarsela. – Credo sia ora di andare a dormire. – Moira a quelle parole si alzò velocemente, abbracciandola forte. Prima di chiudere la porta la guardò un’ultima volta: lo sguardo di compassione che le aveva lanciato era stato il colpo di grazia.  Pianse per la seconda volta in poche ore, solo che questa volta la gioia non c’entrava niente.
  
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