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Autore: Iaiasdream    17/10/2014    3 recensioni
Seguito di: A QUEL PUNTO... MI SAREI FERMATO
Rea, ormai venticinquenne, dirige il liceo Dolce Amoris, conducendo una vita lontanissima dal suo passato, infatti ha qualcosa che gliel'ha letteralmente cambiata... ma... come si soleva immaginare, qualcuno risorgerà dagli abissi in un giorno molto importante... cosa succederà?
Genere: Erotico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin, Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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Un tempo ci sono stati geni che hanno fatto la storia delle fiabe raccontate in tutto il mondo, per poi tramandarle di madre in figlio.
Ora mi chiedo: per quale dannatissimo motivo, ho avuto la brillante idea di mettermi a confronto con questi geni della fantasia? Perché non ho raccontato a mio figlio una semplice storia come quella di Alice nel paese delle meraviglie, Rosaspina, o perché no, Cappuccetto Rosso?
No. Dovevo per forza accontentare la mia mente che brama ormai da tutta una vita di sfogare ciò che tiene svogliatamente assopito, e cioè: la fantasia; raccontando a quel genietto di mio figlio la storia dell'Angelo dai capelli rossi.
È un peccato aver cancellato dalla mia mente quella scorbutica del mio avatar, ché sicuramente mi avrebbe mandata a quel paese con aggettivi a dir poco dispregiativi.
In verità non ho bisogno di lei per capirlo benissimo, quindi lo dico da me: sono un'idiota!
È normale aver pensato, quattro anni fa, che la storiella di Cappuccetto Rosso aveva rotto le scatole persino a Charles Perrault, facendo rivoltare innumerevoli volte le sue ossa nella tomba. E va bene che la fantasia dei bambini è così espansiva che credono a tutto ciò che sentono; però, caspita! Solo io da bambina mi chiedevo se Cappuccetto Rosso era una grandissima idiota miope? In fin dei conti una coperta e una cuffietta non servono granché come travestimenti!
Va bene credere all'evidente cazzata dell'evoluzione e cioè che discendiamo dalle scimmie ( anche se cazzata non lo è. A dire la verità ero molto titubante su questo fatto, ma mi sono ricreduta quando un giorno, a scuola, entrai in bagno e scoprii, involontariamente, e vi giuro che ne avrei fatto a meno, la grande Ambra con un pantalone di pelliccia, per poi scoprire che erano le sue gambe non depilate da non so quanto tempo ), ma cara Cappuccetto Rosso: porca miseria, non vedi che è un lupo? E mi sono sempre chiesta: non è che per caso quelle domande idiote di "che bocca grande che hai...", non erano altro che prese per il culo nei confronti dell'animale? E Lupo, se avevi fame, invece di fare tutta quella manfrina: ingannare la bambina per arrivare primo alla casa della nonna, non potevi mangiartela in quel momento stesso? Così avresti potuto risparmiarti di essere squartato e riempito come un insaccato per poi essere buttato nel fiume. Se fossi stata in te, mi sarei accontentata della focaccia.
È per questo che non ho voluto dire questa emerita cazzata al bambino, perché ogni volta che il gangster la raccontava, non a me ma a Kiki, finiva con la solita morale, e cioè che le bambine devono sempre ascoltare ciò che dicono i propri genitori ( anche se adesso che ho venticinque anni non sono ancora riuscita a concepire: a chi cavolo doveva stare attento il cagnaccio? ). Quello che invece ho capito io: la morale non è rivolta ai bambini, ma al lupo. È il lupo che deve stare attento a ciò che fa, perché non bisogna esagerare, ma accontentarsi di ciò che si ha.
E dopo aver pensato a questa lunga stronzata, nel mentre che guardo Castiel, mi sto chiedendo: perché non mi sono accontentata anche io di raccontare una semplice storia invece di inventarne un'altra? Ed ecco il risultato.
Ora sono veramente messa all'angolo. Lui mi fissa con attenzione, i suoi occhi sembrano penetrare inesorabilmente i miei come per leggermi direttamente nel pensiero e scoprire cosa nascondo.
Sono immobile, impietrita e allo stesso tempo smarrita.
<< Perché non rispondi? >> chiede dopo un po' spezzando il silenzio e facendomi trasalire.
<< N-non capisco di cosa... >>
<< Non azzardarti a continuare la frase! Sai benissimo di cosa parlo. Perché raccontavi di me a tuo figlio? Armin lo sapeva? >>
<< Castiel... >> sospiro << ...hai ragione. Io non ti ho mai dimenticato... Ma non so dirti il motivo per il quale raccontavo quella storia a Etienne, non lo so >> rispondo incerta fissandolo negli occhi, e sperando che non ricominci con le sue domande.
Dal canto suo, mi guarda sospettoso, alzando un sopracciglio.
<< Sarà meglio tornare di sotto... >> soggiungo dopo un po' passandogli di fianco. Prontamente lui mi afferra per un gomito trattenendomi.
<< Non so perché >> sussurra sbuffando un sorriso << ma... Per un momento ho creduto che... >>
Non continua, ma i miei muscoli si irrigidiscono lo stesso, forse percependo quella frase interrotta, quelle parole non dette.
Mi lascia il braccio sbuffando. Abbasso il capo accennando un sorriso malinconico e senza aggiungere altro, scendo le scale lentamente per ritornare in soggiorno, dove Kim e Etienne stanno finendo il presepe. La prima mi guarda inarcando le sopracciglia, si alza avvicinandosi.
<< Che succede? >> chiede.
<< Nulla >> rispondo alzando le spalle.
<< Dov'è Castiel? >>
<< Di sopra >>
<< Perché sei così breve di parola? >>
<< Cosa vuoi che ti dica? >> 
Non risponde, la vedo alzare lo sguardo verso le scale.
<< Castiel, che succede? >> chiede. Mi giro vedendo il rosso scendere velocemente con in mano il cellulare.
<< Scusatemi, ma io devo andare >> risponde preoccupato.
<< Perché? >> chiedo, e quella domanda mi esce d'istinto.
<< A-Alain... >>
<< Cos'ha? >> scatto iniziando a preoccuparmi.
<< Mi hanno chiamato dall'ospedale... Devono operarlo di urgenza >>
<< Ma non era prevista per domani l'operazione? >>
<< Ha avuto un'altro attacco >> risponde tutto d'un fiato << E questa volta più forte >>
Strabuzzo gli occhi incredula. Castiel mi fissa, forse cercando di comprendere la mia preoccupazione; poi lo vedo recarsi alla porta aggiungendo un semplice e frettoloso saluto.
<< Castiel! >> esclamo senza accorgermene. Lui si gira << Cosa c'è? >> chiede.
<< I-io... Voglio venire con te! >> esclamo decisa dopo un momento di esitazione.
Lui mi guarda scettico, poi accenna un sorriso annuendo con il capo << ti aspetto fuori, fa presto >> aggiunge con voce flebile.
Mi volto verso Kim e non ho bisogno di parlare, che lei subito afferra Etienne per mano. Quest'ultimo mi guarda e mi dice di tornare presto. Annuisco stampandogli un forte bacio sulla fronte. Poi velocemente salgo le scale per prepararmi.


Viaggiare in silenzio è sempre stato uno dei modi migliori per permettere alla mente di rilassarsi, almeno questo vale per me; purtroppo, in questo preciso istante sto avendo un ripensamento.
Il silenzio che regna nell'auto, mi rende nervosa e alquanto imbarazzata, non riesco a girare la testa per vedere il volto di Castiel. Vorrei tanto sapere che espressione ci alberga; ma d'altronde non mi serve, dato che è la quinta volta che lo sento sbuffare.
<< Cos'hai? >> chiedo prendendo il coraggio a due mani per spezzare questo assordante silenzio.
<< Secondo te? >> mormora.
<< Vedrai che andrà tutto bene >> aggiungo con l'intento di tranquillizzarlo.
<< Perché invece sento che è troppo tardi? >> chiede quasi sibilando.
Questa frase detta con tanta sicurezza, mi fa sobbalzare dal sedile e voltarmi per guardarlo.
<< Che stai dicendo? >> chiedo tremante.
<< Ho detto che è troppo tardi! >> risponde spazientito.
<< Non dire cazzate, Castiel... >>
<< Ma lo vuoi capire che quell'idiota ha fatto passare troppo tempo?! >> urla accelerando.
<< Si salverà! Non puoi pensare al peggio proprio adesso! >> ribatto a tono.
<< Maledizione >> sussurra a denti stretti, girando il volante verso destra, rallentando per poi fermarsi.
<< Che fai? >> chiedo curiosa, mentre lui scende dalla macchina, sbatte lo sportello e si appoggia ad esso. Rimango allibita dal suo gesto, così scendo anche io, piazzandomi di fronte a lui che nel frattempo si è acceso una sigaretta.
<< Che diavolo fai? Tuo cugino dovrà operarsi e tu ti fermi per fumare una fottuta sigaretta?! >>
<< Sta zitta... >> sussurra strofinandosi gli occhi.
<< Tu sta zitta a me non lo dici! >> esclamo stizzita non solo da quelle parole, ma anche dal suo comportamento. Scatto in avanti strappandogli la sigaretta dalle mani e gettandola con un gesto violento a terra.
Lui termina il gesto con le dita allontanandole dagli occhi, ed è li che vedo, oltre a un barlume di tristezza, due specchi d'acqua.
<< Stai piangendo? >>
<< Non dire stronzate! >> risponde dandomi le spalle, mettendo le braccia incrociate sulla cappotta dell'auto e poggiandovi sopra il mento.
Mi avvicino lentamente allungando una mano per sfiorargli la spalla destra, ma esito, e non ne capisco il motivo. Scendo la mano lungo il fianco e la stringo a pugno.
<< Perché deve andare così? >> chiedo triste.
<< Che dici? >> ribatte lui senza voltarsi.
<< Perché non può essere come prima? >>, stringo gli occhi per resistere al bruciore delle lacrime << Castiel... I-io... >> balbetto accennando due passi verso di lui. Riallungo le mani, e questa volta mi spingo oltre senza alcuna esitazione: gli accarezzo le spalle, per poi affondare il mio corpo sul suo, sentendolo trasalire sotto il mio tocco.
<< I-io non ce la faccio... >> sibilo sicura che lui non mi abbia sentita.
<< Ho paura >> lo sento dire, in contrapposizione alle mie parole.
Distacco subito il viso da lui, fissando sbalordita le sue spalle. È la prima volta in tanti anni che lo sento dire una cosa del genere.
<< Castiel... >>
<< È come quando te ne andasti quella sera, lasciandomi per sempre >> aggiunge con voce roca. Indietreggio lentamente.
<< È come quando vidi venirti incontro Etienne dopo averti chiamata mamma... >> continua voltandosi verso di me, e anche se la sua voce lo nasconde bene, i suoi occhi non ci riescono: sta piangendo.
<< È come quando sento si perdere ciò che più amo... Ho paura, Rea >> conclude afferrandomi le spalle, e abbracciandomi.
Poggio l'orecchio sul suo petto, sentendo il cuore battergli all'impazzata.
<< È la prima volta che dici una cosa così >> sussurro permettendo agli occhi di lasciare cadere qualche lacrima.
<< Non lasciarmi Rea... Non farlo anche questa volta >> continua stringendomi forte. Non rispondo e ricambio quella stretta. Chiudo gli occhi inebriandomi del suo travolgente profumo.
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