Anime & Manga > Capitan Harlock
Ricorda la storia  |      
Autore: mamie    17/10/2014    11 recensioni
Che fine fa Phantom F. Harlock II dopo aver portato l'amico Tochiro in Svizzera, oltre il confine francese in cui infuria ancora la guerra? Mi sono permessa di immaginare una breve appendice, fatta di pochi e scarni flash, alla storia dell'antenato di Harlock.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie '... e di altre Storie'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nota: Andando a vedere al cinema L’Arcadia della mia Giovinezza ho scoperto un paio di cose: che il castello di famiglia degli Harlock si chiama Heiligenstadt, che sta in Baviera, che assomiglia ad un castello realmente esistente e che era il luogo dove Harlock e Maya si incontravano. Questo però è un omaggio a Phantom F. Harlock II (© Leji Matsumoto). Ringrazio Innominetuo per avermi dato l’idea e il permesso di usarla e, aspettando la sua versione, le dedico questa breve storia.
P.S. Se qualcuno avesse voglia di correggere il mio pessimo francese mi farebbe un favore!!


Heiligenstadt
 
L’alba ha un odore diverso. La senti nelle narici prima ancora che vederla con i tuoi occhi. Lui la sentiva, anche sotto il puzzo di sterco di pecora di quella capanna gelida.
In primavera, le notti sono fredde. Dalla spalla ferita gli arrivavano ondate di dolore che poi si placavano in uno stordimento allucinato.
Heiligenstadt.
Gli pareva di essersi addormentato nel parco, come a volte faceva da bambino quando aspettava per ore di vedere passare i cervi dalle grandi corna, e poi si svegliava tutto indolenzito per essere rimasto a lungo disteso fra le radici nodose degli abeti.
Erano tre mesi che non aveva notizie da casa. Ormai la guerra infuriava ovunque, come un incendio che non si può più spegnere. Per quanto ne sapeva, del castello dei suoi avi poteva essere rimasta solo cenere.
Un rumore di ali lo svegliò di nuovo di soprassalto. Forse un gufo era passato vicino alla feritoia che fungeva da finestra. Fu allora che lo sentì dall’odore, che l’alba era vicina.
 
 
– Debout, allez!
Il rumore della porta spalancata e l’ordine secco l’avevano svegliato del tutto. Si trascinò faticosamente in piedi. Fu strattonato di malagrazia fuori, dove cercò di respirare a grandi sorsi l’aria pulita dell’alba. Un lievissimo alone di luce schiariva appena la cima delle montagne.
– Laissez-le aller.
Questa era la voce pacata che aveva sentito il giorno prima dare ordini quando l’avevano catturato. Gli aveva chiesto in un tedesco strascicato nome e grado, come si fa con i prigionieri di guerra. Lui aveva risposto in un francese aspro. Si erano guardati in faccia. Si erano capiti subito.
Erano pochi, con armi raffazzonate, abiti a metà civili e giacche militari con le mostrine strappate, rubate ai morti. Erano pochi, stanchi, e l’avrebbero fucilato per togliersi il disturbo, perché non potevano permettersi di trascinarsi dietro dei prigionieri.
 
 
Uno si faceva chiamare Pierre, e di sicuro non era il suo nome. Aveva qualcosa di triste negli occhi chiari da ragazzo invecchiato troppo presto. Forse era stato un militare, si vedeva dai gesti parchi, dalla sicurezza, da come gli ubbidiva quel pugno di giovinotti di campagna che ora lo scrutavano con le espressioni assonnate di chi vorrebbe essere altrove.
Comparve magicamente un pacchetto di sigarette americane, tabacco buono, non quello razionato. Il prigioniero ne prese una con la mano sinistra, la fiamma dello zippo gli scaldò per un attimo il viso gelato, trasformò in una maschera da teatro il volto emaciato di Pierre.
Meglio fumare. Cosa possono dirsi due uomini che stanno per celebrare il rito della morte?
 
 
– Il tuo aereo non è stato colpito – gli aveva chiesto Pierre la sera prima, nel suo tedesco illanguidito.
– No, ho finito il carburante – aveva risposto.
– Dove stavi andando? Chi c’era con te?
Non aveva replicato, né l'altro sembrava aspettarsi davvero delle risposte. L’avevano fatto sedere su una sedia sgangherata, di fronte ad un tavolo zoppo, dopo averlo trascinato per qualche miglio su un sentiero da capre. Alla fine l’avevano medicato sommariamente e gli avevano dato un bicchiere di vino acido, l’unica cosa che avevano. Pierre lo scrutava, quasi come un esemplare interessante al giardino zoologico.
– Com’è? – aveva chiesto alla fine.
Lì per lì non aveva capito.
– Cosa?
– Volare…
Per qualche secondo aveva abbassato lo sguardo, in silenzio, riassaporando il rumore del motore, il sibilo dell’aria sotto le ali.
– È bello.
Aveva accennato ad un sorriso, perché sorrideva sempre quando pensava al volo.
Pierre aveva continuato a fissarlo, ostinato.
– Perché sei tornato indietro?
– Non mi è mai piaciuto scappare.
– E il tuo amico?
– Lui è diverso. Lui deve vivere.
Non c’era stato bisogno d’altro.
 

Si era sempre chiesto se la consuetudine di giustiziare all’alba i condannati fosse una pratica pietosa o un ultimo guizzo di crudeltà, fargli vedere il sole che avrebbero spento di lì a poco. Non era meglio, forse, morire nel buio rassicurante della notte? O forse, invece, vedere che il mondo continuava anche senza di loro avrebbe dovuto fargli prendere coscienza dell’insignificanza di una singola vita di fronte a quella di tanti altri? Ma non è così. Ogni vita è importante: quella che prendi e quella che dai, e in una guerra non ti puoi permettere il lusso di fare distinzioni.
 
Il sapore del tabacco era buono, confortante. Il fumo saliva fluttuando appena nell’aria fredda. Pierre aveva gettato la cicca schiacciandola accuratamente con la punta dello stivale infangato.
– Dobbiamo andare.
Phantom Franklin Harlock II aveva annuito leggermente. Era pronto. Non aveva senso aspettare ancora.
–  Allons-y, dépêchez-vous!
Si erano buttati i fucili in spalla e avevano cominciato a salire su per il costone, lasciandolo lì, senza dire niente. Al suo sguardo meravigliato, Pierre si era girato verso di lui.
– Non verrà nessuno dei tuoi a prenderti. Puoi scendere di nuovo a valle e attraversare il fiume. Raggiungi il tuo amico, se ce la fai.
Vedendo che non si muoveva, Pierre era sceso di nuovo di qualche passo.
– La guerra è finita, e l’avete persa – gli aveva sussurrato in faccia. – Falli da solo i conti con la tua coscienza, aviatore… Io ne ho abbastanza della mia.
 
 
 
Allora si era girato lentamente a guardare la valle. Sotto, alla luce ancora incerta dell’alba, il fiume luccicava come argento. Oltre il fiume, il verde dei prati sembrava quello di Heiligenstadt. Sembrava quello della sua infanzia.
 
 
 
 
_____________________________________________________________
Nota: inutile girarci intorno, Phantom F. Harlock II è un crucco, quindi vola con un Messerschmitt Bf 109 (o almeno sembra quello) della Luftwaffe, con la sua bella croce nera e la sua brava svastica. Questo non ne fa automaticamente un nazista. “Perché voli con la croce di ferro?” gli chiede Tochiro. “Per rettitudine e riconoscenza verso la mia nazione” risponde Harlock. Si può opinare che entrambe siano mal riposte, ma nient’altro :-).


 
  
Leggi le 11 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Capitan Harlock / Vai alla pagina dell'autore: mamie