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Autore: Lex    10/08/2003    0 recensioni
I nostri eroi crescono e sono chiamati, come tutti noi, a prendere decisioni importanti. Cosa succederà adesso?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ADESSO LO SAI


Salutò Sora e Yukari ed uscì di casa.
Non era una giornata fredda per essere fine Dicembre. Aveva indossato un cappotto marrone chiaro su un maglione bianco a collo alto ed un paio di jeans scuri. Infilò la borsa a tracolla, oltrepassò il cancello e si incamminò verso la ferrovia canticchiando sottovoce.
L’appartamento di Masahiko era a soli tre isolati da casa Wakanae. Era stata Yukari a trovarlo spargendo la voce tra i vicini.
Da quando Masahiko aveva annunciato di voler andare a vivere da solo Yukari si era data un gran da fare per trovargli un appartamento, tanto che Shion una sera si era addirittura risentita di tanta fretta di farlo andar via da casa. In famiglia tutti si erano già resi conto di come non riuscisse a vedere la cosa con la consueta lucidità, ma Yukari, Sora e Kaoru accolsero il suo sfogo con una risata che l’aveva lasciata di stucco.
Le sfuggì un piccolo sorriso ricordando il tono paternalistico di Sora nello spiegarle che l’intenzione di Yukari non era altra che quella di trovare un appartamento per Masahiko che non fosse troppo lontano da casa, di modo che avesse la sua indipendenza e che fosse comunque sempre possibile raggiungersi a vicenda con facilità. Si portò istintivamente una mano sulla guancia ricordando come si fosse poi colpevolmente messa sulla difensiva quando Sora l’aveva presa sottobraccio ed aveva alluso alla probabile frequenza delle sue visite a Masahiko.
Si scrollò di dosso quel lieve imbarazzo e proseguì aumentando il passo.
L’appartamento di Masahiko era un monolocale abbastanza ampio al secondo piano di una piccola palazzina che i proprietari avevano ristrutturato per loro figlio, il quale, una volta sposato, si era trasferito in un appartamento più grande. Vi si accedeva tramite una rampa di scale esterna al fabbricato ed aveva il pregio di due piccoli terrazzi sul lato cucina e sul lato notte che davano rispettivamente sulla strada e sul giardino dei proprietari che abitavano ai piani inferiori.
L’interno era composto di una confortevole zona giorno con angolo cottura e di una zona notte che, una volta riposto il futon, fungeva anche da zona studio. La stanza da bagno dava invece sul retro dell’edificio. L’arredamento era ancora un po’ scarno, ma Shion sentiva l’ambiente comunque caldo ed accogliente. Familiare, avrebbe detto.
La sistemazione non era certo paragonabile a casa Wakanae ma Masahiko era orgoglioso di poterselo permettere grazie soprattutto al lavoretto part time che aveva trovato presso una casa editrice. Non era ancora un impiego definitivo, certo, ma doveva convenire che come inizio non era niente male.
La prima impressione che Shion aveva avuto di quell’appartamento non era stata positiva. Quando Masahiko vi si era trasferito non si era mostrata particolarmente ansiosa di fargli visita, in parte perché non era ancora convinta della sua scelta di andarsene di casa e in parte per non darla vinta a Sora. Ma le cose erano rapidamente cambiate. Masahiko era stato molto astuto nel chiederle aiuto per arredarlo, così da fare in modo che lo sentisse in parte anche suo, ed inoltre aveva cominciato ad apprezzarne i pregi.
Presto, infatti, dovette ammettere che starsene lì con Masahiko era diverso da stare insieme a casa Wakanae. Quel posto le dava una sensazione diversa circa la natura del loro rapporto. Non aveva niente a che fare con i legami di famiglia, con gli Wakanae e con gli Yanagiba, era qualcosa di nuovo, che riguardava loro soltanto. Era emozionante e la faceva sentire bene.
Trovava difficoltà a tradurre quella sensazione in parole, la stessa che Masahiko aveva incontrato la sera in cui le annunciò di voler andare via da casa. Ma adesso finalmente sentiva la differenza e ne capiva il motivo. Stare insieme non era più scontato e vederlo ogni giorno era solo una sua scelta. E presto si rese conto anche del fatto che andare da lui non la faceva sentire come se andasse a trovare un cugino, né tanto meno un amico. E lo faceva spesso, quasi ogni giorno. E se non lo faceva lei era Masahiko ad andare a casa Wakanae.
No. Non era un caso se trascorrevano tanto tempo insieme. Almeno a quella domanda adesso avrebbe saputo rispondergli.
Quasi sotto casa sua alzò lo sguardo e lo vide sul terrazzino. Aveva le braccia incrociate sulla ringhiera e si sporgeva leggermente in avanti con il busto. Lo salutò con un sorriso ed un rapido gesto della mano.
L’aveva scorta in lontananza ed era rimasto ad osservarla mentre si avvicinava. Il suo passo era deciso ma leggero. Il viso spensierato. Il colore del maglione e della sua pelle creavano un vivo contrasto con quello dei capelli e degli occhi. Era così bella, lo era sempre di più, e quell’espressione serena del suo viso era divenuta piacevolmente familiare.
Più tardi avrebbero ripercorso insieme quella strada fino a casa Wakanae. Riaccompagnarla a casa era diventata una piacevole abitudine serale. Se non era troppo tardi entrava in casa a salutare Sora e Yukari, altrimenti la salutava al cancello e vi rimaneva fino a che non fosse entrata in casa. Ma quella era una serata diversa, era la vigilia di Natale e l’avrebbero trascorsa con il resto della famiglia a casa Wakanae.
Pensò con nostalgia agli anni trascorsi in famiglia. Gli mancava non vederla al mattino, non sentire la sua voce per casa, non chiacchierare fino a tarda ora sul tetto, ma vederla ogni giorno salire le scale di casa sua lo faceva sentire bene.
Non gli mancava Shioya. Lui no davvero. Shioya frequentava l’università ma a quell’ora, lavorando, lui non poteva vederlo. E lei, comunque, non ne parlava quasi mai.
Finalmente incrociò il suo sguardo e si riempì gli occhi del suo sorriso. La osservò varcare il cancello e prendere le scale, quindi entrò in casa e le aprì la porta.
" Ciao ".
La sua voce era gentile ed allegra, le sue guance leggermente arrossate dall’aria frizzante. Entrò richiudendosi la porta dietro le spalle e lo salutò con un caldo bacio sulla guancia. Si sfilò le scarpe, indossò un paio di ciabatte e gli mostrò una busta di plastica che posò sul tavolo di cucina.
" Queste cose te le manda mamma ".
La seguì con gli occhi portandosi automaticamente una mano sulla guancia su cui lo aveva baciato. Anche se le espressioni fisiche erano diventate più familiari quello non era un gesto da tutti i giorni.
Pensò istintivamente che era dalla sera dei fuochi d’artificio a Kochi che non l’aveva più baciata. Erano state mille le occasioni in cui avrebbe voluto farlo e da quando abitava da solo si erano addirittura moltiplicate, ma aveva deciso di tener duro. C’era un motivo preciso per il quale aveva scelto di lasciare casa Wakanae e quindi doveva imporsi di essere coerente e lasciarle il tempo per chiarirsi le idee. E la cosa migliore da fare era non farle pressioni.
Era rimasta voltata di schiena tentando di mascherare la sua incredulità. Che cosa diamine aveva fatto? Era davvero incredibile come riuscisse sempre a mettersi nei guai. Fino ad un momento prima camminava serena e tranquilla per strada e un momento dopo si era lanciata baciandolo senza nemmeno dargli il tempo di dirle ciao. Come gli era venuto in mente, poi?
E questo silenzio. Cavoli, che cosa stava facendo?
Lo guardò da sopra la spalla e vide la sua espressione di sorpresa mentre si reggeva ancora la guancia. Le venne voglia di ridere.
" Masahiko? ".
Lo vide tornare alla realtà e far sparire la mano fuggiasca dal viso.
" Ah, si. Che cosa hai detto? ".
Si voltò e gli sorrise. " Che queste cose te le manda mamma ".
Le rispose avvicinandosi al tavolo ostentando indifferenza. " E che cosa sono? ".
" Cose da mangiare, no? Lo sai che la mamma ha paura che tu ti deperisca ".
Osservò il suo viso fintamente interessato al contenuto della busta e si morse il labbro inferiore mal trattenendosi dal ridere.
La guardò con la coda dell’occhio e tornò alla busta. Poi le parlò sorridendo sornione. " Che cosa hai da ridere? ".
Gli rispose facendo di no con la testa senza lasciare libero il labbro, ma quando la fissò negli occhi mettendosi le mani sui fianchi non riuscì più a trattenersi.
Rise ripiegandosi leggermente su sé stessa e abbassando lo sguardo. Posò le mani e la fronte sul suo petto. Lo sentì ridere e sentì le sue mani prenderle le spalle.
Parlò a stento, trovando difficoltà nel mettere a tacere le risa. " Io non so… non so nemmeno… si insomma non… non avevo pensato di farlo ". Riuscì finalmente a calmarsi e proseguì nascondendo ancora il viso nel suo petto. " Mi è scappato ".
Sentì le sue braccia incrociarsi e circondarle la schiena.
" Scappato? Oh, non pensare di mettermi in difficoltà per così poco. Sono pieno di donne che mi baciano continuamente senza lasciarmi il tempo di aprire bocca! ".
Se la rise tra le sue braccia senza avere ancora il coraggio di farsi vedere in viso.
" Bugiardo. Ti ho visto, sei rimasto di stucco. Forse le donne che ti baciano non sono belle quanto me ".
" Si, a guardarti bene non sei affatto male, un tipo direi ".
Sollevò finalmente il viso ed incontrò i suoi occhi. E il suo sorriso. Il suo sorriso. Cos’era quel sorriso. Le entrava dentro come una folata di vento nell’erba.
Rimase lì a godersi la sua espressione, incapace di allentarle la stretta dietro la schiena. Quasi con fatica riuscì finalmente a rompere il silenzio. " Non sono ancora pronto. Sono rientrato da cinque minuti e devo farmi ancora la doccia. Mi aspetti, vero? ".
Gli sorrise con malizia e gli fece scivolare lentamente gli indici sul petto. " La doccia? Hai forse bisogno di qualcuno che ti lavi la schiena? ".
Quel leggero contatto delle dita gli provocò una strana sensazione nel ventre, tanto da spingerlo ad incurvarsi impercettibilmente, ma riuscì a rispondere senza darlo troppo a vedere. " No, grazie. Sarei in imbarazzo se tu vedessi i segni dei graffi che queste donne mi lasciano nei momenti di passione ".
Si sciolse dal suo abbraccio e si allontanò di qualche passo mettendo su un finto broncio. " Oh, se le cose stanno così, ti aspetterò qui ". Si lasciò cadere sulla poltrona vicino alla finestra e gli sorrise.
" Cinque minuti ". Le fece l’occhiolino e si chiuse nella stanza da bagno dopo aver preso dall’armadio i vestiti di ricambio.
Appoggiò la testa lungo lo schienale e si guardò intorno.
Un libro aperto a metà era in bilico a cavallo di un bracciolo della poltrona e sull’altro era stato abbandonato un plaid verde e rosso. Si alzò lentamente, prese un segnalibro dalla scrivania e lo infilò tra le pagine appoggiando il libro sul tavolino vicino alla finestra. Ripiegò il plaid e lo appoggiò sullo schienale della poltrona prima di mettervisi di nuovo seduta.
Sentì scorrere l’acqua della doccia e si fece cullare da quel rumore rilassante.
L’atmosfera di quella casa le era ormai familiare. Ne conosceva la luce, l’ombra l’odore. Conosceva la disposizione dei mobili, degli utensili, perfino delle utenze. Conosceva le abitudini di Masahiko e sapeva che gli piaceva avere lì plaid, a portata di mano, e che si sarebbe rammaricato se lo avesse riposto nell’armadio.
Si voltò verso la cucina e la osservò per un lungo momento, poi un piccolo, lieve sorriso si affacciò sul suo viso. Tutte quelle cose che vedeva le avevano comprate insieme. Le avevano cercate e scelte insieme. Ed anche usate. Era anche per questo che lì si sentiva a casa sua.
Vicino alla porta d’ingresso incrociò con lo sguardo la piccola stufa che avevano acquistato d’occasione l’estate precedente da un rivenditore dell’usato. La prima giornata di freddo autunnale avevano quasi mandato a fuoco l’intero edificio prima di imparare ad accenderla. Si passò le dita sulle labbra e ridacchiò. Era stato divertente, però.
Sentì spengere l’acqua della doccia e si girò verso la porta del bagno.
Attraverso lo spiraglio tra le ante dell’armadio intravide i vestiti poco ordinati di Masahiko ed il futon che invece riponeva con precisione quasi maniacale. Non aveva voluto acquistare un letto all’occidentale per timore che la zona studio rimanesse troppo sacrificata ed in fin dei conti aveva avuto ragione. Il suo futon, poi, era comunque molto comodo.
Aveva avuto modo di constatarlo in un paio di occasioni. Una prima volta vi si era addormentata dopo una memorabile bisboccia con le Assi e una seconda volta vi aveva trascorso ben tre notti consecutive quando Masahiko si era ammalato ed era rimasta con lui finché la febbre non era scesa del tutto.
In quelle occasioni Masahiko si era comportato con estrema correttezza, anche se, in realtà, l’ultima mattina, quando la febbre era già molto calata, si era risvegliata abbastanza vicina a lui da poter accertare con sicurezza l’avvenuta guarigione.
La colse un leggero imbarazzo e si alzò per andare a sistemare in dispensa le cibarie inviate da Yukari.
Un attimo dopo Masahiko uscì dal bagno e la raggiunse aiutandola con i pacchetti.
" Yukari non ha proprio fiducia nelle mie qualità culinarie, vero? ".
" Già…", gli rispose con tono ironico, " …chissà poi per quale motivo ".
Spiò di sottecchi la sua occhiataccia e continuò ridacchiando, " Mio caro, nessuno mette in dubbio che tu abbia molte buone qualità, ma in cucina sei proprio un pesce fuor d’acqua ".
Lo ascoltò grugnire qualcosa di incomprensibile e cambiò argomento. " Ho visto che hai iniziato un nuovo libro. Se fossi crudele come mi dipingi penserei che tu non riesca a prendere sonno la sera ". Si volse di spalle e continuò mal celando un sorriso perfido e divertito, " E con quel plaid sulle ginocchia, a volte mi ricordi un po’ il nonno, sai? ".
Per risponderle a tono sfoderò il migliore dei suoi sguardi truci. " Ah, ah! Non sei così crudele come ti dipingo, ma molto di più, carina, molto di più ".
Si voltò di nuovo e finalmente gli sorrise con gentilezza. " Di cosa parla questo? ".
Ci pensò su un attimo prima di risponderle, " Ehm, triste direi. Lui ama lei e lei non ama lui ".
Rivolse lo sguardo al soffitto e parlò con fatalismo. " Ah, solita vecchia storia ".
Chiuse lo sportello della dispensa e la precedette verso la porta. " Molto più crudele, cara mia. Molto più di quanto ti dipingo ". Indossò il cappotto e continuò, " Andiamo, strega? ".
" Certo ", si vestì a sua volta e lo seguì fuori.
Chiuse il cancello alle loro spalle e la affiancò prendendole la mano. La strinse appena per poi divaricarne gentilmente le dita ed intrecciarle alle sue.
Lo faceva sempre, ogni sera, riaccompagnandola a casa. E le piaceva. Qualche volta le passava un braccio dietro la schiena per cingerle le spalle o la vita. E questo le piaceva ancor di più. Non le aveva mai fatto pressioni, ma non perdeva nemmeno occasione per ricordarle quello che provava per lei. E anche questo le piaceva.
Le chiese se avesse avuto freddo, ma lei stava bene. Stava bene vicina a lui. E forse avrebbe desiderato essergli ancora più vicina. Forse più del lecito.
Camminò tranquilla verso casa, riflettendo sul fatto che non le importava che qualcuno potesse vederli. Adesso non più. I padroni di casa di Masahiko la vedevano andare e venire in continuazione, ma non le importava cosa potessero pensare. Non le importava neppure che potesse vederli qualcuno nelle vicinanze di casa.
Si costrinse però ad abbassare la cresta e ad ammettere con rammarico che non era del tutto vero. Con i familiari, in particolare, era diverso. Kaoru li aveva beccati almeno in un paio di occasioni. La prima volta mentre erano fermi davanti ad una vetrina vicino la stazione. Sorrise lievemente ricordando come, vedendo l’immagine di Kaoru riflessa nel vetro intenta ad osservare con curiosità quell’atteggiamento tanto confidenziale, aveva lasciato la mano di Masahiko con tale foga da farli trasalire entrambi. Le venne quasi da ridere ripensando alla loro espressione. Poi Kaoru si era presa gioco di lei per un bel po’ rinfacciandole quell’atteggiamento tanto infantile, ma in fin dei conti se lo era proprio meritato.
Ma la seconda volta si era comportata diversamente. Era successo soltanto poche settimane prima, quando Kaoru li aveva aspettati sotto casa di Masahiko. Arrivati al cancello, l’avevano vista seduta sull’ultimo gradino della rampa con un ghigno malefico stampato sul viso. Sebbene fossero stati presi ancora una volta in castagna non lasciò la mano di Masahiko, anche se, a dirla tutta, non fu in grado di impedirsi di sviare lo sguardo e, temette, di arrossire almeno un po’.
Non era mai successo di incontrare mamma o papà, ma in cuor suo temeva seriamente di non essere in grado di avere una reazione istintiva molto matura.
Passarono davanti ad un negozio di fiori e Masahiko entrò per comprare qualcosa da portare a Yukari per gli auguri di Natale. Shion rimase inizialmente ad osservare la vetrina ma poi, notando l’atteggiamento particolarmente amichevole della commessa nei riguardi di Masahiko, decise di entrare per aiutarlo a scegliere.
Lui non si azzardò certo a farne parola, consapevole che avrebbe sicuramente sminuito o addirittura negato il fatto, ma provò una leggera sensazione di piacere per quella velata presa di possesso.
Così camminarono lentamente fino a casa e quando arrivarono era già buio.
Sora e Yukari li accolsero con Kaoru e le Assi che avevano già iniziato a festeggiare armeggiando intorno agli alcolici.
Le Assi si erano presentate a casa Wakanae indossando dei kimono tradizionali ed avevano insistito perché Yukari ne indossasse uno dei suoi.
" Ne ho preparato uno anche per te, Shion. L’ho steso sul tuo letto. Sarebbe molto carino se noi tutte ne indossassimo una stasera ".
Fu inizialmente incerta se accettare, ma poi cedette alle insistenze di Sora e si avviò per le scale. " Okay, okay, lo indosserò. Però ho bisogno di aiuto per la fascia, mamma ".
" Adesso non posso proprio, Shion. Non ho finito in cucina. Fatti aiutare da qualcun’altro ".
Shion si fermò sul primo scalino ed esitò un momento. Le Assi si offrirono contemporaneamente e raggiunsero la scala prima che Masahiko potesse bloccarle, ma Shion le cacciò per poi, una volta averle viste scomparire mogie mogie in cucina, rivolgersi a Masahiko, " Dammi il tempo di indossarlo e poi raggiungimi ".
La vide sparire su per le scale e attese qualche minuto prima di cominciare a salire a sua volta. Mentre percorreva il corridoio del primo piano cercando di ricordare il modo in cui si annoda la fascia del kimono in occasione di una festa informale in famiglia, non riuscì ad impedirsi di ridere ripensando alle Assi ed a Yukari in kimono ed alle strane regole di casa Wakanae. Rabbrividì appena ricordando la prima volta in cui ebbe occasione di imbattersi in un tipico spogliarello delle Assi.
Si affacciò alla rampa di scale in fondo al corridoio e prima di salire le chiese se fosse pronta. Il kimono scelto da Yukari era bianco con pochi ricami rossi che lo disegnavano in senso verticale. Vide Shion stringerselo in vita con una mano e con l’altra porgergli la fascia anch’essa bianca.
Il contrasto con il colore dei suoi capelli e del suoi occhi era stupefacente. Masahiko rimase lì, immobile, quasi abbagliato, e Shion fu costretta a richiamarlo più di una volta prima che si decidesse a prenderle la fascia di mano.
Poi gli dette le spalle, lasciò che le passasse più volte la fascia intorno alla vita tenendo in tensione il tessuto e infine gli suggerì come stringere il nodo sulla schiena.
Il risultato non fu male. Shion si specchiò di schiena per verificare e ne convenne. Poi si avvicinò nuovamente a Masahiko chiedendogli di stringere il fiocco in un punto dove il tessuto non era sufficientemente teso e gli dette le spalle appoggiandosi con entrambe le mani alla balaustra delle scale.
Gli parlò osservandolo con la coda dell’occhio mentre armeggiava con cura intorno al nodo. " Per cosa stavi ridendo prima, da solo, mentre salivi le scale? ".
" Prima? ".
" Ah, ah ".
" Veramente non mi ricordo.. ah, si, ridevo pensando… ". Si pentì subito di aver ricordato o quantomeno di essersi lasciato scappare quel prologo. Pensò istintivamente a come cavarsela a buon mercato, ma si rese subito conto che ormai era troppo tardi. Aveva esitato troppo, Shion aveva sicuramente sentito puzza di bruciato e non avrebbe mollato l’osso facilmente. Si rassegnò quindi a proseguire. In fin dei conti, poi, non aveva pensato niente di male, anche se in cuor suo sapeva fin troppo bene che quelle discussioni non portavano mai niente di buono.
Sollevò lo sguardo e vide che Shion infatti lo osservava da sopra la spalla con occhi indagatori. Quindi cercò di assumere un atteggiamento disinvolto e proseguì, " …si, stavo pensando che le uniche due donne biologiche presenti al piano di sotto sono le uniche che non indossano il kimono ".
" Ah ", si girò in avanti riflettendo stupita, " Hai ragione ".
Si girò di nuovo e Masahiko sentì nelle ossa la tempesta in arrivo. " E perché mai ti sei sentito tanto colpevole di aver pensato una cosa come questa? ".
Diamine. Non c’era modo di nasconderle niente, eh? Ma ormai la frittata era fatta e tanto valeva affrontare la cosa con dignità. Esitò ancora un momento. Sentì il suo respiro ed osservò i movimenti ritmici del suo dorso. Tirò leggermente il fiocco un’ultima volta e poggiò entrambe le mani sulla fascia che le avvolgeva il costato. Cercò inutilmente di convincersi che non doveva sentirsi colpevole.
La sua voce risuonò profonda e sincera. " Mi sono chiesto se tu saresti stata l’eccezione o la conferma della regola di casa Wakanae ".
Gli sembrò che una ventata di stupore avesse attraversato i suoi occhi animandoli per un breve momento, per poi lasciarli bui e spenti. La guardò, ma lei rimase in silenzio, con un’espressione indecifrabile sul viso.
Fece scivolare le mani giù dal costato fino alla vita e poi si allontanò di un passo.
" Ora è perfetto ".
Attese un momento, poi girò su se stesso e si mise al suo fianco poggiando la schiena alla balaustra. Shion fissava il muro dall’altra parte delle scale con sguardo incolore.
Gli sembrò esser passata un’ora quando finalmente la vide voltarsi lasciando entrambe le mani sul corrimano.
" Davvero hai bisogno di sentirtelo dire? ".
Il suo sguardo era diretto, il tono di rimprovero. Masahiko rimase in silenzio.
Staccò la mano vicina a lui dal corrimano voltandosi in maniera più decisa, abbassò appena lo sguardo e continuò con tono meno duro.
" Credevo di aver già risposto alla tua domanda ".
Sollevò ancora lo sguardo, e stavolta i suoi occhi apparvero intrisi di una luce intensa, quasi furente, ma quando incrociò i suoi le parole le morirono in gola. Il suo sguardo era limpido, sincero e mortificato. Non le disse nulla, ma rispose a tutte le sue domande e la lasciò così, a metà respiro.
Lentamente la luce nei suoi occhi si placò, il respiro tornò regolare, le parole le scivolarono via calde, quasi roche.
" E’ davvero colpa mia? Oppure tua? Oppure … ".
Rifletté per un momento cercando invano le parole giuste per spiegare efficacemente il concetto. Quindi gli sorrise, sollevò una mano e gli accarezzò lentamente una guancia con il dorso delle dita. Aprì la mano e la passò piano tra i suoi capelli seguendone i movimenti con lo sguardo. La fece scivolare dietro la nuca e tornò a guardare i suoi occhi. " Ne hai davvero bisogno? ".
Restò in silenzio desiderando disperatamente di dirle no, ma i suoi occhi non le mentirono mostrandole tutta la sua debolezza. Se ne accorse ed ebbe paura, ma subito dopo la vide sorridere e scoprì un’inaspettata luce brillare nei suoi occhi.
Sentì la sua mano scivolargli dalla nuca sulla spalla, lungo il braccio fino alla propria mano. La sentì afferrarla con decisione e portarla giù. Con un rapido gesto la fece passare attraverso la fenditura del kimono e se la posò sulla coscia, a metà strada tra il ginocchio e l’inguine.
Gli occhi di Masahiko si sformarono in due larghe pozze bianche. La pupilla sembrava sparita, il cuore volergli uscire dal petto, le tempie rimbombargli in testa come tamburi. La sua prima reazione fu di strappare via la mano come se fosse stata posata su carboni ardenti, ma lei lo strinse a sé facendo pressione con l’altra mano dietro la schiena e trattenne la sua con forza non permettendogli di lasciarle la gamba.
La guardò stupefatto. Il suo sguardo era di fuoco, il tono della sua voce irremovibile. " Hai bisogno di sapere, no? ". Tacque per un momento e continuò con tono appena più lieve, " E allora avanti, Tommaso ".
La guardò in silenzio per un lungo momento. I suoi occhi tornarono quasi normali, il battito cardiaco su ritmi non pericolosi, ma gli sembrava di non essere in grado di parlare, né di pensare. Sentiva la parte interna della sua coscia nel palmo della mano. Con le quattro dita ed il pollice ne sentiva la parte posteriore e quella anteriore, fino quasi a tenerla tutta nella sua mano. Sentiva il calore della sua pelle. Si, quella era l’unica cosa che riusciva a focalizzare.
Quando vide riapparire la pupilla nei suoi occhi allentò lentamente la pressione sulla sua mano e sulla schiena. Quando fu sicura che non avrebbe più resistito la lasciò piano e la fece scivolare sul polso, sul braccio, sulla spalla e la fece girare sulla scapola esercitandovi una leggera pressione. Sentiva la sua presa ormai sicura diventare sempre più delicata. E vide i suoi occhi caldi ed impauriti.
Gli sorrise e gli parlò con infinita dolcezza e sicurezza, " Avanti ".
Il tono della sua voce sciolse i suoi pensieri. Lasciò l’altro braccio scivolarle dietro la schiena separandola dalla balaustra. Dovette concentrarsi per allentare la presa della mano e, così facendo, riuscì a farla scivolare lungo la coscia. Piano. Sentiva i lembi del kimono sfiorargli delicatamente il braccio. La mano gli tremava per la paura e l’emozione. E via via che saliva sentiva il ritmo cardiaco tornare ad accelerare pericolosamente. Il rumore dei battiti era talmente forte che sembrava venire dall’esterno. Quando arrivò quasi alla curva dell’inguine il respiro gli si bloccò ed ebbe paura. Davvero. Molta paura. La mano era talmente insensibile da sembrargli fredda come pietra.
Poi vide i suoi occhi. Fino ad un attimo prima erano stati fermi, decisi, sicuri. E ora si erano fatti incerti, quasi umidi. Amò quegli occhi come mai prima di allora.
Tutta la sua tensione si sciolse in un momento e arrivò a destinazione.
Shion si sporse in avanti e nascose il viso nel suo collo. Non riuscì ad evitare di mordersi il labbro inferiore. Il contatto con la sua pelle la stupì. Bruciava, sembrava avere la febbre. Lo sentì respirare e d’improvviso si rese conto che aveva smesso di farlo. Sorrise istintivamente e si appoggiò a lui.
Parlò così sottovoce che fu appena in grado di sentirla. " Adesso lo sai ".
Lo baciò sul collo, appena sotto l’orecchio, si sciolse dalle sue braccia e prese le scale.
Rimase lì da solo per un momento, istupidito, e poi si gettò giù per le scale. La raggiunse in un lampo in fondo alla rampa. La prese per le spalle e strinse la sua schiena al proprio petto.
Sentì qualcuno girare la chiave della stanza da bagno e d’istinto la fece scivolare nella sua vecchia stanza. La spinse contro la porta e rimase in attesa. Sentì qualcuno richiudere la porta del bagno, percorrere il corridoio e scendere le scale.
Era buio, ma non abbastanza da non potersi vedere in viso.
Non disse una parola. Si strinse a lei incrociando le braccia dietro la sua schiena. Le baciò una guancia, un orecchio, il collo e tornò a guardarle il viso. Sentì le sue braccia che gli avevano cinto le spalle ed una delle sue mani che gli si era infilata tra i capelli. Le sorrise e le chiese il permesso di baciarla. Rimase in silenzio ed attese la risposta. Lei si spostò appena e lentamente verso di lui, ma Masahiko la bloccò per le spalle stupendola.
" Niente da fare, Shion. Oggi non mi accontenterò né di una reazione istintiva né di una mezza risposta. Voglio sentire la tua voce. Voglio sentirti rispondere si ".
Nella penombra vide lo stupore trasformarsi in sorriso. Gli piacque e continuò, " Rispondimi si, ti prego ".
E lei lo fece.
Il suo bacio fu intenso e gentile. Poi più intimo, poi profondo. Sempre di più.
Lo sentiva leggermente incurvato su di sé, sentiva una delle sue mani spingerle con decisione la base della schiena, appena sopra i lombi, contro il suo corpo. Si perse completamente in quella stretta così calda, desiderando di perdercisi ancora di più.
La voce di Yukari risuonò lungo il corridoio e li fece trasalire.
Sentirono i suoi passi e attesero in silenzio. La sentirono pronunciare i loro nomi ai piedi della rampa e le sentirono chiedere il permesso di salire.
Appena si accorsero che aveva girato la curva delle scale sgattaiolarono via ridacchiando al piano di sotto e si unirono agli altri in sala.
La serata passò allegramente, anche se nessuno riuscì ad arrivare sobrio alla mezzanotte. Le Assi si produssero in una danza del ventre da ricordare e Kaoru non fu da meno interpretando le canzoni tradizionali del teatro kabuki.
Shion svegliò Masahiko scotendogli leggermente una spalla. Aprì gli occhi e intravide nella penombra le Assi mezze svestite e addormentate sul divano.
" Avanti Masahiko, non puoi passare qui tutta la notte ".
Strizzò gli occhi con forza e si passò una mano sul viso e tra i capelli. " No, no. Adesso mi alzo ".
" Ti gira la testa? ".
" No. Va tutto bene ".
Si alzò con cautela facendosi aiutare da lei e si stiracchiò la schiena. Cercò di rimettersi in ordine i capelli e la camicia e le sorrise. " Adesso va meglio ". Prese un bel respiro e continuò, " Il peggio è passato ormai. E poi non ho bevuto gran che, in realtà ".
" Questo è vero ", lo guardò con superiorità e continuò, " crolli sempre per primo. Si vede che non hai la stoffa degli Wakanae ".
" Ah, ah! Tu invece sei stata allevata a latte e sakè e il tuo sarcasmo non va mai a dormire, strega ".
Gli sorrise divertita e gli parlò con tono più gentile. " Hai ragione, ma parla più piano o sveglierai le Assi. Comunque ora è meglio se te ne vai a dormire ".
Le rispose sottovoce. " Si. E poi un po’ d’aria mi rimetterà del tutto in sesto ".
" Ehi, ma io dicevo in camera tua, al piano di sopra ".
" No. Preferisco tornare a casa ".
" Ma dai, per una volta che sarà mai, puoi rimanere qui, no? ".
La guardò dubbioso e poi le sorrise di nuovo, " Preferisco tornare a casa ".
Lo guardò in silenzio, dispiaciuta, e poi parlò con tono rassegnato " Come vuoi ".
Fece cenno di voltarsi, ma Masahiko le prese una mano e l’avvicinò di nuovo a sé. Dette un rapido sguardo alle Assi per sincerarsi che dormissero ancora e le parlò sottovoce. " Vieni con me ".
Rimase in silenzio, stupita, e istintivamente dette a sua volta un’occhiata alle Assi.
Le sorrise e le parlò ancora. " Vieni con me. Resta con me stanotte ".
" Masahiko.. ".
" Dimmi di si ".
" Io… ".
Le passò un braccio dietro la schiena e la spinse appena contro di sé. " Ti prego, dimmi di si ".
Restò in silenzio, tra le sue braccia. Erano così calde e confortevoli. Guardò la sua bocca, il suo sorriso. Non resistette all’istinto di sfiorargli le labbra con le dita. Guardò i suoi occhi. Erano quelli di un bambino. E di un uomo. Le ricordarono lo sguardo di quella sera sul tetto e gli sorrise.
" Immagino che non ti comporterai da galantuomo stasera ".
Rimase un attimo stupito, poi, per una volta, fu lui a sorriderle con malizia. " No, affatto. Sei avvertita, non appena in casa il mio primo obiettivo sarà il nodo del tuo kimono. L’ho fatto io e so come si scioglie ".
Lo guardò con finto stupore e ribatté con altrettanta malizia, " Addirittura! Non ti facevo così aggressivo, Masahiko ".
Ridacchiarono sottovoce al buio, poi si strinse a lui, gli passò una mano tra i capelli, dall’orecchio alla nuca e si allungò per un lieve, lunghissimo bacio.
Si sciolse gentilmente dalle sue braccia e gli prese una mano. Fece per voltarsi tirandolo con sé, ma lui la trattenne scoprendo ancora una volta la sorpresa nei suoi occhi. Le sorrise e le parlò, " Non mi hai ancora risposto ". Aspettò in silenzio, si godette il suo sorriso e continuò " Dimmi di si. Oggi è il tuo turno di parlare ".
E lei lo fece di nuovo.
La voce di Yukari provenne dalla cucina. Shion sobbalzò appena e si girò in quella direzione. Rimase un momento in silenzio, poi si voltò nuovamente verso Masahiko rivolgendogli uno sguardo serio e tranquillo. " Aspettami un attimo, per favore ".
La vide scomparire in cucina lasciando la porta aperta e rimase in silenzio, nella penombra del salotto. Si voltò di nuovo, le Assi dormivano ancora.
Sentì madre e figlia parlare tra loro a bassa voce.
" Mamma... ".
" Si, Shion. Kaoru è finalmente andata a dormire e sono riuscita a portare a letto anche tuo padre ". La sentì sbuffare per lo sforzo e continuare, " Ho portato delle coperte per le Assi, hai svegliato Masahiko? ".
" Si ".
" Bene, riesce a camminare fino a camera sua? ".
" Si, sta bene, ma ha detto di voler tornare a casa sua ".
" A casa sua? A quest’ora? ".
" Si ".
Yukari rimase in silenzio per un attimo e poi proseguì. " Ho capito ".
Sentì rumore di piatti e stoviglie, poi Shion parlò di nuovo.
" Mamma… ".
" Si? ".
La sua voce sembrò calma e tranquilla e Masahiko immaginò l’espressione del suo viso. " Io vado con lui ".
Madre e figlia rimasero in silenzio per un lungo momento, poi Yukari finalmente rispose. " Ho capito ".
Il tono della sua voce era altrettanto calmo e sereno.
Sentì i passi di Shion dirigersi verso la porta da cui era entrata e, inattesa, nuovamente la voce di Yukari. " Shion, copritevi bene, mi raccomando. E’ molto freddo stasera ". Masahiko non avrebbe saputo dirlo con certezza, ma ebbe l’impressione che Yukari avesse sorriso. " Si, mamma. Buonanotte ", ma il tono di voce di Shion tradì il suo stato d’animo e Masahiko ne ebbe la certezza.
" Buonanotte ".
Indossarono i cappotti ed uscirono in silenzio. Le cinse le spalle con un braccio e percorsero lentamente le strade illuminate e silenziose. Passarono oltre il negozio di fiori e la ferrovia.
" La prima volta che ti ho vista eri dall’altra parte di questi binari ".
Shion si voltò pregustando il tono della conversazione ma tacque vedendo il suo viso inaspettatamente serio.
" Mi dicesti subito che se fossi andato a vivere a casa Wakanae avrei dovuto cambiare radicalmente il mio modo di pensare ". Un piccolo sorriso apparve e scomparve dal suo viso.
" E infatti è molto cambiato. Ma c’è una cosa in particolare che ho imparato bene. Molto bene e a mie spese ".
Pensò che finalmente l’avrebbe guardata, ma parlò più a se stesso che a lei.
" Che ciò che si può amare veramente nelle persone non lo si può vedere ad occhio nudo ". Rimase in silenzio per un lungo momento e poi continuò. " E’ un concetto strano, tutti lo dicono e tutti lo pensano, ma sono rare le persone che lo sanno davvero. Anche io ero convinto di sapere cosa significasse, ma mi sono dovuto ricredere, perché l’ho compreso soltanto da poco, quando mi sono reso conto di guardare te e Shioya nello stesso modo, di amare anche lui come te e che non avrei potuto far niente per cambiare questa realtà ".
Tacque un istante e riprese senza smettere di guardare avanti a sé. " Sembra strano a dirsi stasera, tutto mi sembra diverso stasera, anche se in realtà non è cambiato niente rispetto a ieri o a l’altro ieri. Tu sei sempre la stessa persona, mattino, pomeriggio o sera. Con i capelli sciolti o legati, con il cappello o senza. Lo sei sempre stata, ero io a non essere sempre in grado di comprenderlo ".
Abbassò lo sguardo e sorrise in maniera dolce e amara " Però devo ammettere che è stato difficile accettare che quello che provo per te non ha niente a che vedere con la biologia ". Sospirò appena e continuò, " E lo è tuttora ".
Alzò di nuovo lo sguardo e finalmente il suo sorriso si illuminò. " In fondo la morale è semplice. Non dar retta ai tuoi occhi, e non credere a quello che vedi. Gli occhi vedono solo ciò che è limitato. Guarda col tuo intelletto, e scopri quello che conosci già, allora imparerai come si vola ".
La guardò di sottecchi e confessò. " Me l’ha detto un gabbiano[1] ".
" Ah, bravo. Allora li leggi veramente tutti quei libri che trovo in giro ".
" Già, ma questa lezione l’ho imparata meglio in pratica che in teoria ".
La vide stringersi il colletto del cappotto e si preoccupò. " Hai freddo? C’è un distributore automatico più avanti, possiamo prendere qualcosa di caldo, se vuoi ".
Gli rispose offesa e maliziosa, " No, grazie. Credevo che tu avessi ormai imparato che ci sono cose che scaldano più di una bevanda. E poi siamo quasi a casa ".
Proseguirono con passo più spedito e in pochi minuti giunsero sotto casa. Lo precedette salendo rapida le scale. Masahiko chiuse il cancello dietro di sé e la seguì. A metà rampa si fermò e restò immobile per un momento fissando il gradino successivo. Poi rialzò gli occhi, lentamente, e ricominciò a salire.
Una volta in cima estrasse la chiave dalla tasca e la girò nella serratura. La porta si socchiuse e Shion fece cenno di entrare.
" Dimmi la verità, Shion ".
Il tono della sua voce la fermò e la indusse a voltarsi. Lo guardò con sguardo interrogativo e attese che proseguisse.
" Tu ricordi perfettamente quanto accadde la nostra prima vigilia di Natale, vero? La verità stavolta ".
Rimase in silenzio, spalle al muro, i suoi occhi erano quelli di un bambino colto con le mani sporche di marmellata.
" Lo sapevo. Lo hai sempre ricordato ".
Le venne da ridere, ma si trattenne e per togliersi d’impaccio sfoderò il più accattivante dei suoi sorrisi.
" Non dirmi che ne avevi veramente dubitato, Masahiko ".
Studiò per un momento la sua espressione e sorrise divertita dal suo stupore. Poi scomparve in casa, dopo avergli dedicato un ultimo fugace sguardo da sopra la spalla.
Rimase incredulo per un momento, con lo sguardo fisso sulla scura linea d’aria tra la porta e l’interno dell’appartamento. Poi scosse la testa e sorrise.
" Strega ".
Entrò in casa e chiuse la porta dietro di sé.



24 Aprile 2003.



[1]“Il gabbiano Jonathan Livingston”, Richard Bach, 1973, 1993.




  
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