Capitolo 15
Soltanto un incubo
“L’unica cosa
che non riceviamo mai abbastanza è l’amore; l’unica cosa che non doniamo mai
abbastanza è l’amore”.
Henry Miller
Nicole Kidman
Nadine
fremeva di passione, scossa dai baci irruenti di Kurt e dalle sue energiche
carezze. Il desiderio avvolgeva i loro corpi che presto sarebbero diventati una
sola carne, profanando il sacro vincolo del matrimonio. “Per tanti anni ho
desiderato questo momento …” disse Kurt, guardandola profondamente negli occhi
“… Io ti amo, Nadine. Ti amo come la prima volta.” “Anch’io ti amo, Kurt.” rispose
Nadine e, prendendogli la faccia, lo baciò con estrema passione. I due avevano
ormai dimenticato le loro responsabilità, i loro coniugi, le loro famiglie, le
loro case, i loro figli e il loro obbligo di fedeltà giaceva nei vestiti
lanciati sul pavimento in tutta fretta. Le loro mani s’intrecciarono, così come
i loro respiri che diventavano sempre più affannosi e poi anche la sottoveste
nera di Nadine volò via. Le loro labbra si unirono in baci rapidi e intensi
mentre i loro corpi si accarezzavano mossi da violenti brividi. E, dopo ben
dieci anni, i due si ritrovarono intimamente donandosi al ricordo del loro
amore e tradendo i loro valori. Ma, ad un tratto, una voce li interruppe e tutto
divenne buio …
“Papà!
Papà!” urlò il piccolo Andrej con voce disperata, spaventato dai lamenti di suo
padre e Werner si risvegliò di colpo dall’incubo, affannato, confuso, sudato. Sì,
era stato soltanto un brutto sogno. Grazie a Dio, Nadine e Kurt non erano mai
stati insieme.
Le
mani di Engel stringevano tremanti la tazza di tè e, dopo averne assaggiato un
sorso, la donna riprese a parlare con espressione malinconica: “Kurt è un
ottimo marito, un padre eccezionale ma è un uomo diviso a metà. Dentro di lui
c’è ancora quel ragazzo follemente innamorato di te, o meglio, della ragazza
che eri tu, prigioniera a Ravensbrück
…” bevve un altro sorso “… Nella mia vita ho sempre dovuto combattere. Ho
combattuto contro la malattia di mia madre, ho combattuto contro il nazismo, ho
combattuto per sopravvivere e ho combattuto per essere amata e per amarlo
nonostante tutto, nonostante il suo cuore fosse ancora tuo …” gli occhi di
Engel si velarono di lacrime “… E adesso temo che il tuo ritorno possa
allontanarlo di nuovo da me ed io sono stanca di combattere. Non ho neanche
trent’anni ma mi sembra di averne sessanta.” Nadine aveva davanti una donna
sfinita, insoddisfatta, provata dalla vita, distrutta da un amore poco
corrisposto e ne provava compassione. Il loro matrimonio, apparentemente
felice, era in realtà segnato da profonde crepe, conseguenze di un passato mai
dimenticato e forse lo era anche il suo a causa delle paure di Werner. “Ma io
sono una donna sposata!” reagì Nadine, assumendo un atteggiamento
auto-difensivo. In fondo, la colpa di quel matrimonio infelice era
principalmente sua. “Sapevo che avresti risposto così.” affermò Engel e,
poggiando una mano sotto il mento, distolse lo sguardo per poi fissare il
vuoto.
Kurt era nel suo
ufficio. Seduto immobile sulla poltrona, con lo sguardo fisso nel vuoto,
pensava e ripensava a Nadine, ai suoi occhi bagnati di lacrime, alla loro
conversazione, alla carezza che le aveva dato, a quel bacio mancato e si
sentiva strano. Confuso, stordito, oppresso da un peso interiore, il signor
Hochmann non aveva la forza di lavorare. Un pensiero gli attraversò la mente e,
di colpo, si alzò come per fermarlo. Forse provava ancora qualcosa per Nadine. Disperato,
mise le mani fra i capelli e, voltandosi, scorse dai vetri della finestra il
suo volto sfigurato. Ripensò a quei momenti, i più brutti della sua vita: le
botte, il dolore, la paura, il sapore del sangue, il buio della morte, il
distacco dalla sua amata. Non aveva mai amato sua moglie tanto intensamente
quanto Nadine e non poteva più negare a se stesso questa triste verità. Di
Engel si era innamorato lentamente. Perché era lei che, insieme a suo padre,
gli aveva salvato la vita e che, giorno dopo giorno, gli stava vicino curando
le sue ferite e sopportando i suoi momenti di follia ed era lei che, con
dolcezza e determinazione, aveva perseverato nel trasmettergli la forza di
rialzarsi e il coraggio di ricominciare. Con Engel si sentiva al sicuro, si
sentiva più forte e sapeva di essere guardato al di là del suo aspetto, ormai
devastato. Capì allora che era questo uno dei motivi per cui aveva deciso di
sposarla: la furia delle SS lo aveva reso un mostro e nessun’altra donna lo
avrebbe voluto al proprio fianco. Poi c’era il suo sentirsi in debito verso il
signor Franz, padre di Engel, e responsabile nei confronti di quella povera
bambina rimasta orfana, Brigit, bisognosa di una famiglia. Kurt si sfiorò il
viso e i suoi occhi si velarono di lacrime.
Il suo matrimonio
rischiava di diventare un fallimento. Era stato soltanto un incubo ma Werner
non riusciva a togliersi dalla mente l’immagine di Nadine e Kurt insieme, i
loro corpi nudi che dolcemente si accarezzavano, i loro baci appassionati, i
loro profondi sospiri e ne era ossessionato. Temeva che quel brutto sogno
potesse avverarsi e diventare una tragica realtà, la fine per lui.
Concitatamente, iniziò a preparare la valigia: il mattino seguente sarebbe
partito per riprendersi sua moglie, chiederle perdono e risanare il loro
rapporto.
Non
è la vita che avrei voluto mai desiderato vivere.
Non
è quel sogno che sognavamo insieme.
Fa
piangere.
Eppure
io non credo questa sia l’unica via per noi.
Riccardo
Cocciante, Se stiamo insieme