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Autore: Fiore di Giada    18/10/2014    5 recensioni
E' una storia in cui cerco di immaginare una dimostrazione di amicizia di Oscar verso Girodel, a seguito di un lutto subito da quest'ultimo.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il suono monotono dell'organo si spandeva per tutto il palazzo dei Girodel e sembrava stringerlo in un triste abbraccio musicale.
Victor Clement de Girodel era inginocchiato dinanzi ad un sarcofago rettangolare ornato di festoni di fiori, su cui era appoggiata una figura femminile alata in atto di dolore.
Le mani, prive dei guanti, stringevano spasmodicamente un rosario di corallo e alcune lacrime rigavano le sue guance, malgrado egli cercasse di controllarsi.
– Padre… Avete voluto il meglio per l'ultimo viaggio della nostra piccola margherita… Eppure non calma il dolore che proviamo… – sussurrò e strinse con ancora più forza le lunghe dita attorno al rosario.
Era sicuro che suo padre avesse cercato di placare la sofferenza che lo affliggeva, ordinando la costruzione di un bellissimo sarcofago per onorare la memoria della piccola Louise Armande...
In quella cassa di marmo lei riposava, finalmente libera dalla sofferenza di una malattia che l'aveva distrutta...
Ma a cosa era servito?
Tutto quello che suo padre aveva fatto non era servito a calmare il dolore di una perdita straziante.
Sua madre, la ancora bella contessa Eleonore Laurie de Girodel, si era ridotta ad uno spettro dopo la morte di sua figlia...
Invocava ancora il nome della piccola margherita e parlava con lei, malgrado di lei non fosse rimasta che una stanza piena di inutili suppellettili e muta come una cappella sepolcrale.
E suo padre, il coriaceo conte Lauren Jean de Girodel, non faceva che piangere, nel segreto del suo studio.
La morte di sua figlia aveva distrutto la tempra d'acciaio di cui andava fiero.
Victor sentì un brivido trapassargli la schiena. Ancora ricordava con orrore il momento in cui aveva saputo la verità.

Era ritornato al suo palazzo, dopo le esercitazioni di rito con la Guardia Reale.
Una delle persone di servizio gli aveva detto che suo padre desiderava vederlo e lui, con sollecitudine, aveva obbedito.
Suo padre, del resto, detestava i ritardi!
Quando però era entrato nel suo studio, un senso di gelo lo aveva trafitto.
Cosa ne era stato del severo conte Lauren Jean de Girodel?
Chi era quell'uomo dagli occhi cerchiati che era dinanzi a lui?
– Padre, è accaduto qualcosa? – aveva chiesto cercando di mantenere la calma. Un sospetto orribile si faceva strada nella sua mente, ma non riusciva ad accettarlo...
Con un gesto stanco, suo padre lo aveva invitato a sedersi e lo aveva imitato subito dopo.
– Victor, si è scoperta la ragione degli svenimenti continui di Louise Armande… – aveva cominciato, la voce tremante.
– No... -aveva sussurrato lui impallidendo. Quelle poche parole erano bastate per fargli comprendere la verità...
Consunzione. Tisi.
Lauren Jean de Girodel, dinanzi alla sua reazione, aveva annuito.
- Ero sicuro che avresti capito... Sei sempre stato un ragazzo molto intelligente. - aveva mormorato, poi i suoi occhi verdi si erano specchiati nei suoi.
Per alcuni istanti, solo il silenzio aveva avvolto entrambi.
– Padre, cosa desiderate chiedermi? – aveva domandato lui, cercando di mantenere la calma.
Suo padre desiderava domandargli qualcosa, eppure uno strano ritegno frenava le sue labbra...
Quel suo sguardo indicava una supplica che egli non aveva il coraggio di fare...
– Victor... So di chiederti un favore enorme, ma... vorrei che tu non le dicessi nulla... Lei non deve trascorrere i suoi ultimi momenti sapendo che presto la morte la prenderà con sé... Vorrei che, fino all'ultimo, conservasse l'illusione di sposare un principe da cui avrà tanti figli meravigliosi… – aveva detto in un soffio.
A stento aveva fermato le lacrime dinanzi a quel disperato appello di suo padre, che gli aveva rivelato un aspetto diverso della sua personalità.
Quell'uomo severo aveva un'anima palpitante, capace di piangere.
E, dinanzi a quella dimostrazione, non se l'era sentita di tirarsi indietro.

Il giovane sollevò appena lo sguardo verso la statua, gli occhi cerulei velati di lacrime.
Ci era riuscito.
Aveva superato quell'orribile prova...
Non aveva ceduto a quel moto dell'anima che gli imponeva di raccontare a sua sorella la verità...
La promesse che aveva fatto a suo padre gli imponeva una menzogna che pure gli faceva male.
Non aveva mai mentito alla sua piccola margherita!
Però come poteva condannarla alla tristezza nei suoi ultimi momenti?
Quel dualismo e quella tensione erano stati per lui un incubo...

Era giunto il giorno più doloroso per la sua famiglia.
Sua sorella, a causa di una fortissima febbre, aveva perduto il contatto con la realtà e dalla sua bocca sgorgavano solo parole incoerenti, prive di significato.
Sogni infranti... Libri letti che sembravano dimenticati... Tutto si mescolava in quel momento...
La stanza di sua sorella era illuminata dal bagliore dorato di alcuni candelabri, che sembravano adagiare le loro tremule fiamme sul volto pallido di lei.
Victor era seduto accanto al letto di sua sorella e, con delicatezza, le carezzava la mano scheletrita.
Di tanto in tanto, sentiva i soffocati singhiozzi di suo padre e il pianto di sua madre, accompagnati dalle preghiere lente di un frate.
Gli sembrava di essere in un incubo, da cui avrebbe voluto svegliarsi...
Ma non era un incubo.
Quella era la più terribile delle realtà.
Il vento della morte stava spezzando la fragile esistenza di quel fiore che era la sua dolce sorella.
Avrebbe voluto piangere e urlare il suo dolore, ma una sorta di gelo in quel momento aveva avvolto il suo cuore.
Era una difesa contro la sofferenza che presto lo avrebbe trafitto, come la lama di una spada?
– Victor... Sei il migliore fratello che si possa immaginare… Ti voglio bene… – aveva detto dolcemente sua sorella e il suo cuore aveva perduto un battito.
Sua sorella aveva recuperato la lucidità?
Le parole gli erano morte in gola e, dolcemente, aveva accostato alle labbra la mano di lei.
Era fredda come ghiaccio, ma non gli importava.
Un gesto era più chiaro di mille parole, in momenti simili.
- Grazie... - aveva sussurrato lei e si era addormentata per sempre.

- Dicevi che ero forte e coraggioso... Ma se mi vedessi ora cosa penseresti, mia dolce sorella? - mormorò il giovane reclinando il capo, come oppresso da un peso impossibile da sostenere.
Rabbrividì. In quel sarcofago marmoreo era rinchiuso il corpo di Louise Armande...
E presto di lei non sarebbe rimasto che uno scheletro vestito del suo abito più bello...
– No... No… – mormorò. Apparentemente, lui si era rivelato il più forte tra tutti i suoi familiari, tuttavia in quei frangenti sentiva che presto la sua maschera si sarebbe distrutta.
Doveva essere forte, ma come poteva esserlo col cuore stretto dal dolore?
Il pensiero del corpo di sua sorella aggredito dal Tempo inesorabile gli procurava una stretta al cuore...
Era una cosa naturale, ma l'idea di una offesa così grave al suo corpo era per lui dolorosa...

Improvvisamente, un raggio di luce penetrò nella cappella, che riverberò debolmente.
Victor, con stupore, si rialzò e riconobbe Oscar, avvolta nella sua lucida uniforme rossa.
– Comandante, è accaduto qualcosa? – chiese effettuando il saluto militare.
– Sì, purtroppo oggi ho bisogno anche di voi per il servizio di pattuglia alla reggia di Versailles. – rispose la giovane.
– Capisco. Lasciate che mi prepari. – mormorò Victor con voce calma, seppur malinconica e fece per uscire.
Qualche istante dopo, una mano femminile si posò sulla sua spalla ed egli si fermò.
– C'è altro che dovete dirmi? – domandò dopo essersi girato verso di lei.
La ragazza, per alcuni istanti, tacque.
– Sì... Mi dispiace che vostra sorella sia morta. – rispose ella. Victor, anche in quel momento, si era mostrato un soldato dotato d'un adamantino senso del dovere, tuttavia i suoi occhi cerulei raccontavano della sofferenza che aveva patito a causa della morte di sua sorella...
Il suo volto sembrava chiedere disperatamente un po' di quiete e di raccoglimento.
Ed ella comprendeva un simile desiderio.
Avrebbe voluto lasciargli del tempo per riprendersi da quel dolore, ma i suoi compiti di colonnello della Guardia Reale le imponevano di agire in un determinato modo...
I soldati dovevano sempre essere pronti a compiere il loro dovere, andando oltre i loro sentimenti personali.
– Oscar, grazie di essere venuta. – mormorò il giovane e, assieme a lei, uscì dalla cappella.

   
 
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