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Autore: _Riri_Sunflower_    18/10/2014    6 recensioni
Cosa sarebbe successo tra Mark e Lexie se i soccorsi fossero arrivati in tempo? Di sicuro sarebbero vivi e, certamente, il dottor Bollore riuscirebbe a realizzare il suo sogno di stare con la piccola Grey.
DAL TESTO: «Ti amo, Mark. Non mi importa se hai una figlia adulta o se hai messo incinta Callie, io voglio stare con te.»
«Alexandra Lexie Grey, io ti amo. [...] Sei una ragazza meravigliosa e vederti stare male a causa mia mi distruggeva. Se solo avessi avuto più coraggio ti avrei detto subito i miei sentimenti. [...] Ti amo e torneremo a casa insieme, vivremo insieme e faremo tutto quello che le coppie normali fanno. Lo faremo perché c’è ancora speranza per noi.»
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lexie Grey, Mark Sloan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Ottava stagione
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Lexie mi aveva detto che mi amava e io, da idiota che sono, non avevo risposto. Anche io l’amavo, l’avevo sempre fatto; non avevo il coraggio di dirglielo. Al diavolo il chirurgo del Seattle Pres, io volevo solo la piccola Grey.

Ero seduto su un piccolo aereo che avrebbe portato me, Cristina, Arizona, Meredith, Derek e Lexie in un altro ospedale per poter effettuare un’operazione molto particolare. Lei era seduta nell’altra fila di sedili, dal mio posto riuscivo a vederla. Stavo per alzarmi e andare da lei, volevo dirle che anche io non avevo mai smesso di amarla e che mi ero comportato da stronzo, ma qualcosa andò storto: l’aereo cominciò a traballare, come se non riuscisse più a stare in alta quota. Ci attaccammo tutti ai sedili e poi sentii il vuoto portarmi via: quell’aeroplano si era spaccato in due.

Caddi a terra e persi i sensi, la botta che avevo preso era molto forte. Non so per quanto tempo rimasi svenuto sul suolo argilloso, ma quando mi svegliai il mio primo pensiero fu quello di trovare Lexie e assicurarmi che stesse bene. Mi alzai molto lentamente, sentivo male al petto ma non era così forte da impedirmi di andare dall’amore della mia vita. In lontananza sentivo il rumore di una cascata, sopra la mia testa alcuni uccellini cantavano; Cristina continuava a dire a Meredith di alzarsi: per lo meno loro erano vive. Chi avrebbe mai pensato che sarebbe toccato a noi?

«Dove sono Derek e Lexie?» domandò Meredith a Cristina. Anche lei era preoccupata per la sorella: avevano un ottimo rapporto, nonostante abbiano scoperto l’esistenza l’una dell’altra solo pochi anni prima. «Non lo so. Ho perso una scarpa.» Volevo mettermi a ridere: Cristina Yang, ex specializzanda in cardiochirurgia, aveva perso una scarpa e di certo non si sarebbe fermata finché non l’avrebbe trovata. Voglio solo cercare Lexie, e a quanto pare non è qui. Arizona sta urlando, non smette un secondo, ha così tanto fiato in corpo che inizio a chiedermi se quando ci troveranno avrà ancora voce.
«Dov’è Derek? Derek! Cristina, dov’è Derek?» “Lexie, dov’è la mia Lexie?” lei era importante per me, avevo bisogno di lei e dirle la verità. Cristina parlava così velocemente che faticavo a capirla, parlava di risucchi, la coda dell’aereo staccata… Non ricordavo dove era seduta la mia amata Lexie.
«Lexie era in fondo, era in coda.» No! Non poteva essere, Lexie era in chissà quale parte di quella specie di bosco e dovevamo salvarla. Finalmente, la Yang urlò ad Arizona di smettere di urlare e iniziammo a sentire tutti un rumore metallico, come se qualcuno stesse battendo qualcosa pur di farsi trovare.
«Lo sentite il rumore? Da dove viene il rumore?» Arizona parlò per la prima volta quel momento: «Da là. Viene da là.» e indicò un punto alla sua destra, in mezzo agli alberi. Iniziai a camminare, Cristina e Meredith al mio seguito. Chi poteva essere? Mancavano solo il mio migliore amico e la piccola Grey all’appello.

«Lexie…» iniziai a dire, sperando che mi rispondesse. «Lexie!» Trovai un pezzo dell’aereo sopra quella bellissima ragazza dai lunghi capelli castani che mi aveva fatto perdere la testa. Vedere il suo viso fu un enorme piacere per me: da quando ci eravamo schiantati la mia mente pensava solo a lei, al fatto che l’avevo fatta soffrire troppe volte, costringendola così a lasciarmi: una volta per via di mia figlia che stava per partorire, un’altra perché avevo messo incinta Callie. Solo in quel momento pensai a mia figlia Sofia: così piccola, così dolce e indifesa.
«Lo sapevo che saresti apparso.» la sua voce era incrinata, faceva fatica a respirare. Il suo esile corpo era schiacciato dalla coda dell’aereo, accanto al suo braccio la cintura di sicurezza. Meredith mi chiese come stava la sorella e, felicissimo, le risposi che era attiva e vigile. Saperla viva mi aveva reso l’uomo più felice della terra; non mi importava di altro, se non di tirarla fuori da quel macigno metallico che la schiacciava.
«Come va lì dentro?» domandai a quella bellissima donna, nonostante il suo volto fosse sporco di sangue e terra.
«Bene. Sto bene.» La donna più caparbia del mondo: i suoi meravigliosi occhi fissavano il mio volto cercando di sorridere il più possibile.
«Ti tireremo fuori, okay?» Ero determinato a farlo, ma Cristina aveva una spalla fuori uso. Mentre la moglie del mio migliore amico era andata a cercarlo, io facevo di tutto per salvare la ragione della mia vita. Sistemai la spalla a Cristina come avevo visto fare tante volte a Callie con i pazienti poi, insieme, cercammo di tirare via la coda di quel maledettissimo aereo dal corpo di Lexie.

«Ancora! Uno, due, tre!» per quanto potemmo, Cristina e io riuscimmo a spostare un po’ la coda, non più di un metro. Meredith non aveva ancora trovato Derek ed era tornata indietro, decisa ad andare nella direzione opposta rispetto a dove si era diretta precedentemente.
«Dacci una mano! Possiamo salvare tua sorella.» le urlai prima che potesse sparire dalla mia visuale. Mi guardò come se fossi pazzo e lo ero; appena vide la sua migliore amica in difficoltà col braccio si fiondò ad aiutarci.
«Tranquilla, Lexie. Ti salveremo.» disse alla sorella; poi, appena pronunciai “tre” iniziò anche lei a spostare il metallo che assomigliava a un grande macigno, neanche fossimo stati in montagna per una scalata e si fosse staccato improvvisamente un pezzo del monte.
«Ra-ragazzi, fate piano. Siete feriti anche voi.» la voce di Lexie era più forte, riusciva a respirare meglio. Avevamo ancora molto da fare con lei, dovevamo liberarle le gambe e avevamo bisogno sicuramente di qualcun altro. Derek risultava ancora disperso e Arizona non riusciva a muoversi dal suo posto; dove erano i soccorsi? Qualcuno li aveva avvisati? Guardai Meredith e le feci segno di aspettare un po’ prima di alzare nuovamente quell’enorme peso.
«Una di voi due deve cercare la pistola spara razzi. Sono certo che ce ne sia una sull’aereo. Se i soccorsi ci stanno cercando, con questi alberi non ci troveranno mai.» dissi parlando così velocemente che rischiavo di non farmi capire.
«Ci vado io, torno subito.» Cristina si allontanò da noi per cercare ciò che avevo chiesto. Mi sdraiai a pancia in giù vicino a Lexie, le stavo salvando la vita.
«Ce la faremo, ti tireremo fuori di lì. Avremo la possibilità di stare insieme appena finirà questo incubo.» la rassicurazione forse non era il mio forte, ma dovevo dire quelle parole più per me che per lei. Per tutta risposta mi fece il più dolce dei sorrisi, scoprendo i suoi denti perfetti. Ce l’avevo fatta: Lexie capiva che stavo facendo tutto quello per amor suo e non potei fare a meno di sorriderle a mia volta.
«Stare insieme?» mi domandò senza smettere di sorridere. Dio, quanto amavo quella ragazza: nonostante avessimo una differenza d’età incredibile, io volevo soltanto lei. In tutta la mia vita, non credo di aver mai voluto una cosa in questo modo.
«Sì, Lexie. Io ti amo e voglio stare con te. Ci siamo sempre inseguiti e abbiamo sprecato un sacco di tempo stando con altri, quando potevamo essere felici insieme.» Finalmente avevo confessato: io amavo Lexie Grey. A quante donne avevo detto di amarle senza crederci veramente? Una di queste era Addison. Mi sentivo uno stupido al solo pensiero.

«Mark! Cristina ha trovato la pistola spara razzi!» l’euforia nella voce di Meredith mi fece alzare gli occhi verso il cielo e intravidi attraverso le foglie degli alberi una specie di fuoco d’artificio rosso. Speravo vivamente che qualcuno fosse già sulle nostre tracce per salvarci.
«Mark?» Tornai a guardare il viso di Lexie non appena pronunciò il mio nome. «Come sta Derek?» E adesso cosa le avrei detto? “Non ne ho la minima idea. Ho pensato solo a salvare te fino ad adesso.” Il mio cervello aveva ragione, ma decisi di dire la verità: «Adesso Meredith va a cercarlo. Non preoccuparti, lo troveremo.» in quel momento ricordai quanto lei fosse legata al dottor Stranamore: lo considerava come un fratello maggiore, nonostante fosse sposato con la sorella. Cristina tornò ad aiutarci e spostammo ancora un po’ la coda dell’aeroplano da Lexie.
«Perché Arizona non ci dà una mano?» domandai esausto, mentre riprendevo fiato: il cardiochirurgo al mio fianco fece una strana così sconsolata che non capii immediatamente cosa volesse significare.
«Cristina, dov’è Arizona?» questa volta fu Meredith a chiedere dove fosse la moglie di Callie; la Yang guardò prima nella sua direzione, poi nella mia: «La tibia le sporge dalla coscia.»
«Cosa!?» a urlare in quel modo fu Alexandra, consapevole della gravità della situazione. Frattura esposta della tibia. Dovetti sedermi un momento sulle foglie secche, capendo la gravità della situazione della mia amica. Meredith si avvicinò alla sorella facendo il possibile per rassicurarla, si alzò e ci informò che sarebbe andata a cercare Derek. Proprio mentre disse quelle parole sentimmo un urlo straziante far volare gli uccellini dalle fronde degli alberi. Tutti, all’unisono, dicemmo «Derek!» Quell’urlo, per quanto fosse forte e sicuramente doloroso, ci fece capire che eravamo tutti vivi. Meredith scattò nella direzione da cui proveniva l’agonia del marito e potemmo sentire anche io, Cristina e Lexie che lo chiamava a gran voce. Non potevo biasimarla: aveva bisogno di lui, avevano appena adottato una bambina e non poteva farcela da sola.

«Ti senti bene?» Mi voltai nella direzione di Cristina e annuii, il respiro ancora affannoso, i pantaloni da chirurgo sporchi di terra. Avevo solo quel piccolo dolore al petto, ma non volevo spaventare Lexie, per lei dovevo resistere. «Vado a vedere se Arizona ha bisogno di qualcosa.» Rimasi solo con macigno di metallo e sotto di esso la mia fidanzata. Mi sdraiai nuovamente e le carezzai il viso, bisognoso di un contatto con il suo corpo.
«Perché non mi hai detto prima di amarmi?» le chiesi facendo finta di sgridarla. Una risata liberatoria uscì dalle sue labbra facendomi sorridere più di quanto non stessi già facendo. Magari era colpa dello shock, ma sapere che Alexandra ‘Lexie’ Grey stava bene, mi faceva stare automaticamente bene.
«Volevo farlo, ma rimandavo sempre. Derek e Meredith continuavano a dirmi di buttarmi, sono stata una stupida a non seguire i loro consigli.» Quelle parole mi straziarono il cuore: da quanto tempo voleva dirmelo? Settimane, mesi? Ero più che convinto che con Jackson andasse tutto bene, ma in realtà lei pensava a me. Anche io avrei dovuto dirle prima che in realtà l’avevo sempre amata, che la relazione con Julie del Seattle Presbiterian era un errore.

Stavo per dirle che cosa provavo quando entrambi sentimmo un rumore di pale provenire dall’alto.
«Che cos’è questo rumore?» C’erano troppe foglie a coprire la visuale, ma riuscii distintamente a sentire Cristina urlare a pochi metri da noi.
«Siamo qua giù! Siamo tutti vivi!» Anche Derek stava bene! Non avrei potuto sopportare di perdere il mio migliore amico, era come un fratello per me. Mi guardai intorno e vidi Meredith che aiutava il marito a camminare, la mano completamente sporca di sangue: che diavolo gli era successo?
«Sono arrivati i soccorsi!» urlai felice nella loro direzione, il rumore del motore si fece più forte finché non sentimmo le pale fermarsi piano piano. Cristina stava dicendo loro chi aveva più bisogno di aiuto, la sentii chiaramente dire che c’era una ragazza incastrata sotto la coda dell’aereo, una donna con la tibia esposta e il pilota che non aveva più sensibilità alle gambe.
«Siamo salvi…» sussurrò Lexie guardandomi negli occhi. In quel momento ero così felice che non mi resi conto che stavo piangendo dalla gioia. Quattro uomini si precipitarono da noi, sollevarono a poco a poco la coda dell’aereo in modo che Meredith riuscisse a tirare fuori la sorella; appena finirono, iniziarono a prenderle i parametri vitali, controllare la sensibilità agli arti e altro. Meredith, tutto sommato, era quella che stava meglio, io sentivo ancora dolore al petto ma non me ne fregava niente: Lexie era la cosa più importante.

«Signore, dobbiamo visitarla.» un paramedico iniziò a misurarmi la pressione, i miei occhi incollati sul volto sorridente e felice di essere stata liberata da quel peso che la schiacciava.
«Come sta lei?» chiesi indicandola con il mento. Il paramedico si girò per vedere di chi stessi parlando e mi rassicurò sul fatto che stesse bene. Tirai un sospiro di sollievo, non avrei mai sopportato di perderla. Si accorsero che avevo qualcosa al petto, mi fecero sdraiare su una barella e si apprestarono a effettuare delle manovre che mi avrebbero salvato la vita. Alcuni di loro portarono me e Lexie sull’elicottero, Arizona era già lì mezza addormentata, probabilmente l’avevano sedata; il pilota dall’altro lato con il collare ortopedico; Meredith, Cristina e Derek erano seduti infondo all’elicottero vicino ad alcuni paramedici.
«Dovete portarci al Seattle Grace Mercy West.» disse Derek con tono sicuro. Stavano per dire che non avrebbero potuto portarci lì, che era troppo distante e non ce l’avrebbero fatto.
«Avete sentito cosa ha detto? Portateci al Seattle Grace Mercy West Hospital.» la voce tuonante di Meredith risuonò per tutto l’elicottero, facendo quasi svegliare Arizona. Girai il volto verso Lexie e vidi con piacere che anche lei guardava me. Volevo prenderle la mano, baciarla, sussurrarle all’orecchio parole consolatorie, dirle che potevamo fare ciò che volevamo perché eravamo salvi.

«Dammi la mano.» Tesi la mia mano verso l’amore della mia vita, mi bastava anche un piccolo contatto con la sua pelle; titubante, allungò il braccio verso il mio e riuscimmo a sfiorarci con le dita: sentii una piccola scossa dentro di me, una scossa che con Julia non avevo mai sentito, neanche con Addison. Quel breve contatto mi bastò per farmi capire che volevo passare il resto della mia vita con lei.

 

«Ti amo, Mark. Non mi importa se hai una figlia adulta o se hai messo incinta Callie, io voglio stare con te.» quelle parole, pronunciate da quella voce così melodiosa mi fecero venire le lacrime agli occhi. Mi amava e io amavo lei. Nulla ci avrebbe più diviso. Nella mia mente già mi figuravo il giorno delle nostre nozze, una casa più grande non troppo distante dall’ospedale, lei col pancione e subito dopo io che tenevo in braccio nostro figlio in una camera del SGMW.
Sapevo che Cristina, Derek e Meredith ci guardavano, anche loro sapevano quanto mi struggevo quando vedevo Lexie baciare Jackson, quando avrei voluto portarla nella stanza del medico di guardia e fare l’amore con lei. Anche loro erano innamorati, capivano benissimo cosa stessi provando e non me ne fregava niente se mi sarei reso ridicolo, ma io dovevo dire a quella bellissima e testarda donna che l’amavo più di ogni altra cosa al mondo.
Le sfiorai nuovamente le dita con le mie, facendola sorridere; la guardai nei suoi occhi color cioccolato e cercai le parole più adatte per confessarle ciò che provavo.

«Alexandra Lexie Grey, io ti amo. Avrei tanto voluto non farti soffrire in tutto questo tempo passato insieme, ma non sapevo cosa fare. Sei una ragazza meravigliosa e vederti stare male a causa mia mi distruggeva. Se solo avessi avuto più coraggio ti avrei detto subito i miei sentimenti, ti avrei fatto tornare da me senza bisogno di doverci nascondere dietro relazioni che erano finite prima ancora di cominciare. Questo incidente mi ha cambiato, mi ha fatto capire che senza di te non posso stare e che ti amo così tanto da essere così folle da immaginare la nostra vita insieme. Credevo che non ti avrei più parlato, che non avrei potuto spiegarti quello provo ogni volta che ti vedo, ma siamo qui, entrambi vivi, ed è questo quello che conta più di ogni altra cosa. Ti amo e torneremo a casa insieme, vivremo insieme e faremo tutto quello che le coppie normali fanno. Lo faremo perché c’è ancora speranza per noi.»
   
 
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