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Autore: Martina_Porcello    19/10/2014    1 recensioni
*CONTEST KLAROLINE ON HOLIDAYS*
La storia è ambientata durante una vacanza a Parigi, durante la quale Klaus farà una mossa inaspettata (una proposta) nei confronti di Caroline.
Klaus per la prima volta ci permette di entrare nei suoi pensieri per scoprire cosa pensa lui di Caroline. Cosa succederà poi?
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Elijah/Hayley, Hope Mikaelson, Klaus
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Tra i pensieri di Klaus.
 
Fin da quando ne ho memoria, e ne ho una a lungo termine, l’arte è sempre stata per me l’ottava meraviglia del mondo.
E’ piuttosto sorprendente notare quanto le nostre capacità manuali e intellettive riescano a dare vita a qualcosa di così stupefacentemente bello.
Un quadro, per quanto mi riguarda, è espressione dell’animo del pittore come lo é una pagina di diario per uno scrittore.
Sebbene l’arte e la bellezza siano strettamente legate, qualcun altro potrebbe fraintendere il mio dire perché la bellezza di una donna, ad esempio, non può essere considerata arte.
Ma di questo “qualcun altro” non mi è mai fregato molto...
La bellezza è arte anche se si tratta di una donna e specialmente se la donna in questione è lei.
Lei che è eterna espressione del suo animo così indipendente, indomabile, sicuro e così sofisticato.
Per quanto lei possa sembrare forte, io continuo a vederla come un delicato petalo di un magnifico fiore, fragile, ma io sto lì a difenderla e lo farei sempre, costantemente.
Probabilmente il suo apparirmi fragile non dipende dalla tristezza che le stringe il cuore, anche perché di triste in questi ultimi giorni non c’è stato nulla, bensì dalla felicità stessa.
Mi sento come se fossi un vento distruttore che soffiando potrebbe potenzialmente nuocere alla sua integrità, ma la mia anima cerca solamente di fondersi alla sua per poter proteggere quel delizioso petalo, bianco, che é la sua essenza.
Bianco come il colore delle lenzuola di seta che le ricoprono la pelle chiara, che la sfiorano e l’accarezzano mentre scivolano su di lei quando si muove per cercare la posizione migliore per dormire.
Adesso che l’ha trovata, il suo corpo coperto solamente da quello strato sottile, riposa in una posizione piuttosto elegante: le gambe leggermente piegate non si sovrappongono completamente, mentre il suo busto è leggermente girato verso di me così come la sua testa.
La sua espressione è angelica e la sua bellezza viene accentuata dai suoi boccoli biondi sparsi per il cuscino e dalla luce soffusa delle candele che ci sono qua e la per la stanza.
È bellissima.
Guardarla dormire è magnifico.
 
Una fresca brezza entra dalla porta a vetri aperta proprio di fronte a lei e io sono lì, appoggiato al passamano del balconcino della nostra camera da letto.
Dietro di me il buio più totale della notte é illuminato solo dalle luci che circondano la Tour Eiffel.
È uno spettacolo ultraterreno almeno quanto lei.
Non ho mai dimenticato la prima volta che le chiesi di andare a Parigi: l'avevo invitata insieme ad Elena alla festa organizzata da Esther nella tenuta Mikealson, a Mystic Falls.
Per quella sera le avevo regalato un abito tendente al blu, decorato da piccoli diamanti.
Era magnifica come non mai.
Il suo sguardo era timoroso di non essere all'altezza, ma nonostante ciò si muoveva sinuosa e così sicura di sé. Con i suoi occhi scrutava la stanza in cerca dei suoi amici, ma l'unica cosa che vide furono i miei, i quali non smettevano di ammirarla, felici di aver accettato ogni mio singolo regalo.
La desideravo più di ogni altra cosa!
Poi vederla mentre osservava ogni più piccolo dettaglio del mio quadro, lì nella grande sala, era una visione straordinaria.
Era come se fosse entrata dentro la fortezza del mio cuore, lì dove la mia anima era prigioniera, per poterla leggere attraverso lo spiraglio che le avevo, inconsciamente, permesso di aprire.
E io che pensavo di non avercela nemmeno, un' anima…
<< E questo? Da dove lo hai rubato? >> mi disse indicandomi il bracciale.
<< Bhe, è una storia lunga. Ma ti assicuro che è stato indossato da una principessa bella quasi quanto te. >>
<< Aspetta… questi li hai fatti tu? >> mi indicò il quadro.
<< Si… A dire il vero, uno dei miei paesaggi è all’Hermitage, anche se nessuno ci fa caso. Ci sei stata? >>
<< Non sono mai stata da nessuna parte. >>
<< Ti ci porterò io. Ovunque vorrai. Roma. Parigi. Tokyo? >>
<< Ah wow. Deve essere bello schioccare le dita e avere tutto quello che vuoi. E’ per questo che collezioni ibridi? Un esercito al tuo servizio che ti porti in giro e ti procuri ciò che ti serve. >>
Ero sorpreso.
Per la prima volta avevo lasciato che qualcuno al di fuori della mia famiglia mi parlasse in quel modo.
Ero affascinato dalla sua determinazione.
<< Le tue sono solo supposizioni >> le dissi.
<< Allora a cosa ti serve Tyler? Smetti di controllarlo. Ridagli la sua vita. >>
Tyler, il suo primo amore.
In quel momento tutto gli girava attorno.
Lei lo amava davvero e anche lui sembrava farlo, ma fortunatamente aveva una predilezione a seguire le cause perse, tra cui la vendetta nei miei confronti.
In centinaia d’anni posso, tuttavia, affermare che la vendetta non ha mai portato alcun risultato: è sono una stupida scusa che ci permette di credere di poterci fare giustizia.
Un’idiozia.
Ecco cos’è la vendetta.
L’illusione di poter risolvere i nostri problemi, ma più che mettervi una parola fine scappiamo.
<< Sai… è stata una serata molto piacevole… ma credo che sia giunta l’ora che tu te ne vada. >> le dissi in quell’istante.
Non mi aspettavo un tale confronto. La credevo una ragazza piuttosto superficiale e invece era ed é tutt'altro.
É capace di lottare con i denti per ottenere ciò che veramente vuole.
<< Ho capito. Tuo padre non ti voleva bene, quindi pensi che nessuno mai te ne vorrà. Ed è per questo che soggioghi le persone, o le asservi, o cerchi di comprarle con dei regali. Ma non è così che funziona. Non riesci a rapportarti con le persone perché non provi nemmeno a capirle. >>
E in quel momento ho capito di amarla.
Dopo tantissimi anni occupati a costruire un impero di servitori e a tenere fuori dalla mia vita le persone che come i miei fratelli mi amavano, ho capito che avevo bisogno di qualcuno che non mi temesse, che mi guardasse negli occhi e mi dicesse quello che mai avrei voluto sentirmi dire: la verità su me stesso, sui miei madornali errori.
Avevo bisogno di una come lei.
Da quel momento i regali non servivano più per comprare la sua fiducia, ma erano, in un certo senso, solamente un modo per renderla felice, per ringraziarla di quello che stava facendo per me. Ma non avevo certamente pensato che non erano i gioielli o il denaro a farla felice.
Lei aveva bisogno di altro, magari dell’amore che io potevo offrirle ma che in quel momento non potevo veramente darle.
Il suo cuore apparteneva a Tyler, almeno fino a quando lui era giunto a New Orleans a giurare vendetta, abbandonandola.
Da allora tra loro era finita.
Da allora tra noi era iniziata.
Si era presentata dopo un po’ di mesi dal nostro addio nel bosco di Mystic Falls davanti casa mia.
<< Caroline. >>
<< Spero che tu non stavi aspettando qualcun'altra. Deluso di vedermi? >> disse lei entrando.
<< Caroline. >>
In quel momento ero nel panico più assoluto e non lo ero mai stato in vita mia.
Che potevo fare?
Che potevo dire?
Andare a Mystic Falls con la scusa di uccidere Katherina per poterle dirle addio una volta per tutte è stato per me un duro colpo, ma d'altronde non volevo deluderla ulteriormente: avevo una figlia, con quale coraggio avrei potuto ancora guardarla negli occhi e dirle che nulla era cambiato?
Non ci volle molto tempo prima che le confessassi quello che stava succedendo.
Proprio in quel momento, la mia bambina scoppiò a piangere come mai aveva fatto.
Caroline mi guardò spaesata prima che si dirigesse nella stanza a fianco, dove Hayley teneva Hope in braccio, per tranquillizzarla.
<< Tu cosa ci fai qui? >> disse Caroline a Hayley.
Prima che potessi riuscire a dire qualsiasi cosa, Caroline guardò prima lei e la bambina e poi me, in fine dischiuse le labbra come se stesse per parlare, ma non ne uscì nessuna parola.
Sembrava piuttosto spaventata e sorpresa. Il suo viso era una miscela di emozioni.
<< Io non avevo la minima intenzione di scatenare... Caroline, io sono stato con Hayley... una sola volta, e non avevo la più pallida idea che sarebbe successo tutto questo. Fermati, parliamone… >>
La vidi cambiare espressione e mimare un “cosa?!?” prima di dirigersi alla porta da cui era entrata senza degnarmi nemmeno di uno sguardo.
Vidi le sue labbra tremare e proprio quando la sua mano era sulla maniglia, le bloccai la porta con la mia, mentre il mio corpo era proprio dietro lei.
Caroline si irrigidì e io poggiai anche l'altra mano sulla porta quasi fosse una supplica ad ascoltare la mia voce rotta.
<< All'inizio non credevo nemmeno fosse possibile e invece... Caroline, io volevo solo, solo non essere come Mikeal.  Io voglio essere presente per la bambina. Glielo devo, come padre. >>
<< Allora quello di Mystic Falls era sul serio un addio... Che stupida! >> sussurrò.
<< Lo era solo se lo sarebbe stato anche per te. >>
<< Voi due..? >>
<< No. No tra noi non c'è niente. Lei è la ragazza di mio fratello. >>
<< Devo sapere altro? >>
<< No Caroline. Vorrei che ne parlassimo. >>
<< Fammi uscire. Non ho intenzione di parlare con te per alleggerirti la coscienza. >>
La sua voce era velata di tristezza a causa mia e l'unica cosa di cui aveva bisogno era scappare da me.
 
<< Klaus. >>
La sua voce mi distoglie dai pensieri.
È lì, ancora sdraiata sul letto con gli occhi assonnati.
<< Che cosa fai lì, sul balcone? >>
Vedo Caroline raccogliere le lenzuola e attorcigliarle su di sè, prima che lentamente si dirigesse verso di me.
<< Che cosa sta elaborando la tua mente contorta e perversa? Non avevavo forse detto di non pensare a tutti i problemi che avevamo prima di andare via da New Orleans? >>
<< Non stavo pensando a nulla di questo. >>
<< E allora che succede? >> dice lei affiancandomi.
Sento il suo gomito sfiorarmi, mentre la sua mano sorregge il lenzuolo.
Mi giro a guardarla. È al mio fianco adesso.
<< Stavo pensando a noi e a tutti i passi avanti che abbiamo fatto fino ad ora. È incredibile, non sembra neppure reale. >>
<< Lo é. Devo ricordarti come ci davamo dentro qualche ora fa? >>
Come riesce sempre a farmi sorridere in un secondo? E a farmi arrabbiare in quello successivo?
<< Caroline... queste non sono cose che una dama come te deve esplicitare. >>
<< E quindi devo limitarmi a farle? E poi, smettila di cambiare registro di voce! Siamo nel duemila! Non trattarmi come una di quelle damigelle da salvare che esistono solo nelle fiabe. >>
<< Caroline, smettila. Non dire assolutamente e nemmeno insinuare che io possa utilizzarti come un oggetto. >>
Il suo sorriso si spegne.
<< Non intendevo e non lo pensavo... era solo una battuta. Perché te la prendi tanto, ogni volta? >>
<< Perchè sei la prima persona nella mia vita a cui tengo veramente! >>
<< A sembra piuttosto che tu sottilinei questo fatto perchè hai paura di trattarmi come... insomma, hai capito! >>
La mia mano stringe forte il passamano.
<< E anche se avessi questo terrore, qual'è il problema? >>
<< Per me nessun problema. A parte il fatto che sembra che ogni volta che dormiamo insieme, te ne pentissi. Ogni volta litighiamo e io non capisco come posso aiutarti. Sembra un momento magico quando la facciamo e dopo tu ti alzi dal letto e ti estranei. Cosa vuoi che faccia? >>
Sospiro.
La rabbia passa.
<< Voglio solo che tu non parlassi in questa maniera, nemmeno tramite battutine. Voglio solo specificare che noi non facciamo sesso, ma amore... e c'é differenza! >>
<< Il messaggio era stato ricevuto forte e chiaro già tempo fa e d'accordo... nessuna battutine o accenni da ora in poi. >>
La guardo fissa negli occhi.
È una sfida,Caroline?
Non riusciresti mai a rinunciare a queste battutine altrimenti non litigheremmo ogni volta.
<< Stavolta sul serio. Mi sono stancata a vederti così in questo stato. Però vorrei anche che questo non fosse un argomento di cui non dovremmo mai parlare, quindi fattela passare questa paura. Non voglio che dopo aver dormito assieme dobbiamo fingere che non sia successo. Chiaro? >>
Annuisco.
<< Scusami, amore. >>
Le dico mentre tento di abbracciarla.
<< Caroline, dove vai? >>
<< Torno a dormire. Domani la sveglia suonerá presto. Dove dobbiamo andare? >> dice lei tornando indietro e sfuggendo dal mio abbraccio.
Sospiro.
<< E’ una sorpresa? >>
<< Sorpresa?! >>
<< Sì e dalla mia bocca non uscirá nulla! >>
Caroline sbuffa.
<< Ti odio. >> dice riprendendo il suo cammino e stendendosi sul letto una volta giunta vicino.
<< Non io. Buonanotte. >>
<< Di che abbiamo parlato poco fa? Vedi di venire a dormire, accanto a me possilmente! >>
Mi diriggo verso di lei. E dopo essermi tolto la camicia, mi sdraio accanto a lei.
<< Posso abbracciarti o devo sopportare i tuoi rimorsi per un'altra ventina di minuti? >>
Porto la mia mano sulle sue spalle costringendola ad abbandornarsi a me.
<< Ti ho già chiesto scusa? >>
<< Sì sì ma adesso dormiamo. Ah... dimenticavo. Domani, Hope passa la giornata con Elia ed Hayley? >>
<< Si ma la sera la passerá con noi... credo che Elia voglia portare Hayley da qualche parte. >>
Mi aspetto una risposta da lei o almeno un cenno ma lei si é già addormentata.
Buonanotte, tesoro.
 
La mattina è giunta ed è anche passata da un bel po’.
Dopo esserci svegliati, abbiamo scelto di rimanere lì, abbracciati, ancora un altro po’ di tempo.
Almeno quanto bastava per una colazione a letto, una chiacchierata piuttosto piacevole e una rapida rinfrescata per la serata che ci aspettava.
Ormai era pomeriggio inoltrato.
<< Oggi dove andiamo? >>
<< Caroline, devi farmi la stessa domanda ogni giorno? >>
Le labbra del mio dolce fiore sbuffano.
<< Ecco a te, Caroline… >>
<< No, no e no. Perché vuoi bendarmi? Non se ne parla. No. No. >>
<< Care, non ho la minima intenzione di svelarti la sorpresa che avevo in mente per te. Quindi non fare i capricci e metti questa benda. È già tardi. >>
<< Quanto posso fidarmi? >>
<< Direi ciecamente. >>
<< Divertente Klaus, divertente. Bella battuta. Mettimela. >>
Ci vuole poco ad indossare la benda, ma non si può dire lo stesso del tempo che ci mettiamo a scendere le scale.
Caroline si tiene aggrappata a me, ma nonostante tutto è impacciata e diffidente.
<< Care, hai presente la scalinata che collega il piano terra al primo? >>
<< No non la ricordo! Tu invece ricordi che siamo qui solo da due giorni? Come credi che possa ricordarmi come è strutturato questo appartamento se ieri siamo stati tutta la giornata al Louvre? E soprattutto quanti diamine di gradini ci sono!?!? >>
<< Sei sul pianerottolo,cara. Su, abbiamo un’altra decina di gradini. No, Caroline, non da quella parte ma da questa…>> dico io dirigendola. << Non dirmi che vuoi risalire e fare tutta la strada di nuovo? >>
<< Non ci penso proprio, Klaus. Preferirei rimanere lì sopra a meno che tu non decida di togliermi questa roba dagli occhi almeno per scendere le scale. >>
<< Ti ho già detto no. La stanza è l’ultimo ricordo che devi avere. Attenzione all’abito altrimenti…>>
Troppo tardi. Faccio appena in tempo a tenere la mia biondina per la vita, prima che potesse cadere giù per le scale.
<< Sta’ attenta, Care! >>
<< Scusa, ma hai voluto tu che mettessi un abito di questa lunghezza. Quanto manca? >>
<< Ultimo gradino. >>
Vedo ormai la penombra calarsi. Il tempo si sta accorciando: gli ultimi metri e raggiungiamo la macchina.
Il viaggio è breve e dopo aver fatto scendere Caroline dall’auto, ancora una volta la dirigo verso una porta che lei non conosce.
<< Dove siamo? >>
<< Guarda con i tuoi occhi, amore. >> dico togliendole la benda e pigiando un pulsante. >>
<< E’ un ascensore… di vetro? >>
<< Sì, e guarda di fronte a te. >>
Il tramonto sta per arrivare giusto in tempo. Il cielo che prima era di un azzurro tenue adesso si tinge di arancione.
L’ascensore finisce il suo corso e Caroline esce all’aria aperta.
<< Siamo sulla Tour Eiffel. Che spettacolo! >> dice lei appoggiandosi al corrimano.
Il cielo comincia a tingersi di rosso e mentre il sole cala del tutto.
Io e Caroline ammiriamo tutto quello che la natura ci pone davanti.
Gli uccelli suonano piccole melodie, mentre la città è ai nostri piedi e l’ombra comincia a calare su quegli edifici antichi e non.
Il rosso diventa violetto e il cielo comincia poi a ritornare celeste per poi dirigersi all’imbrunire.
La Senna e i suoi ponti sono lì davanti a noi, tranquilli e complici.
Siamo soli. Io, lei e Parigi.
Ormai sono lunghissimi minuti passati a contemplare il paesaggio.
Il sole è sparito e Caroline sorride, non solo con le labbra ma con gli occhi.
È felice di essere con me stasera almeno quanto io lo sono di stare con lei non solo qui e adesso, ma per l’eternità.
<< Caroline… >>
<< Grazie per lo spettacolo Nik. >>
Il suo volto si gira verso il mio.
Lega i suoi occhi ai miei per poi avvicinarsi pericolosamente alla mia bocca.
Adoro quando un gesto così semplice come guardarsi scatena un’atmosfera così perfetta.
Il bacio è intenso.
È come se ci mettessimo tutto noi stessi o semplicemente tutto l’amore che il nostro cuore è capace di contenere.
Le lingue giocano e si muovono come se godessero di vita propria.
Siamo solo noi. Io e lei, adesso.
Parigi, il mondo attorno non esiste.
Potremmo andare avanti a baciarci per ore senza neppure prendere fiato, in fondo noi due non respiriamo.
Ma questo attimo di serenità, perfezione e amore mischiato a desiderio svanisce quando una manina, piccola e paffutella ci richiama alla realtà.
È una bambina dai capelli castani, dall’aria da furbetta e con i miei due occhioni azzurri.
<< Zio mi ha detto di salire fin qui e dirvi che la cena è pronta. >>
Le sorrido mesto mentre le sue manine stringono la mia e quella di Caroline.
Hope ci spinge fino all’altro lato del piano saltellando come una pazza, mentre il suo vestitino verde svolazza qua e là.
Adoro vederla così felice; i suoi occhi brillano esattamente come quelli di Caroline.
Nonostante le mie due ragazze non abbiano alcun legame di sangue si somigliano più di quanto immaginassi.
Hope ci guida fino al tavolino illuminato solo dalle candele su una tovaglia bianca, dove anche il più piccolo dettaglio è ben visibile a partire dalla rosa bianca posta sul piatto di Caroline.
<< Perché una rosa bianca? >> dice Caroline facendo sedere Hope sulla sedia accanto alle nostre.
<< Significa purezza. È un simbolo, il tuo. >> dico.
Il mondo attorno a noi è al buio, tranne per le piccole luci delle strade e delle case. Lo spettacolo continua ad essere senza parole ma Caroline non sembra accorgersene: è più interessata a cosa le ho da dire.
<< Mio? Perché? >>
Hope, invece sembra irrequieta, vorrebbe saltellare qua o girare su se stessa perdendosi in quella meraviglia che la circonda. Il suo volto si gira qua e là per ammirare ogni dettaglio che quella posizione le permette, ma non osa muoversi dalla sedia e non è perché la cena sta per essere servita, ma perché vuole assistere alla nostra conversazione.
<< Perché hai sempre accettato di essere quella che sei senza mai farti corrompere dalla sete o dal potere. Sei rimasta pura nonostante le occasioni ti si siano presentate davanti prepotentemente. >>
<< Non è vero. Io ho ucciso. >>
<< È vero, ma non per il piacere di farlo. Siamo simili, Caroline, ma non uguali. È questo che ti distingue da me e che mi ha colpito di te da sempre. L’essere te stessa e così pura come mai nessuno. Neppure Elena, che era una di quelle da cui non ci si sarebbe mai aspettato nulla di cattivo, c’è riuscita. Solo tu, tra tutti quelli che ho conosciuto. >>
Caroline mi fissa e prende il fiore tra le mani.
<< Grazie. >>
<< Non è un complimento. È la verità. >>
<< Scusate…>> il cameriere arriva con la prima portata, anche lui vestito elegante come noi.
Poi, appena abbiamo finito, la seconda portata arriva.
<< Papà, posso allontanarmi? >> dice Hope facendomi l’occhiolino.
<< Perché, tesoro? >> dico fintamente sorpreso.
<< Ho un regalo per Caroline. >>
<< Per me? >> dice lei guardandoci stupita.
In un batter d’occhio, Hope è già di ritorno con un pacchettino dal nastro verde.
<< Sai, perché il nastro è verde, Caroline? >> le dice la piccola. Io sorrido.
<< No, vuoi dirmelo tu, Hope? >>
<< Sì, il verde è simbolo di speranza… >>
Caroline guarda la piccola creatura accanto a lei che le fa cenno di cominciare ad aprire.
<< Sai, Caroline. Io spero che il tuo sia un sì. >>
<< Un sì? >> dice lei confusa.
Caroline finisce di scartare. Il mio sorriso è ormai evidente.
<< Oh mio Dio! >>
Mi alzo dal tavolo e raggiungo mia figlia.
<< Caroline Forbes, vorresti sposarmi? >>
<< Dì di sì, dillo. >> protesta Hope.
Caroline non ha fiato per dire nulla, ma ci guarda. Le lacrime cominciano a scendere giù come fiumi, mente accenna a un sì.
Un cenno che mai come questa volta mi ha reso più felice.
Di slancio la stringo a me, la bacio incurante di mia figlia, ma non importa. Dopo poco anche lei ci raggiunge.
<< Sarai la mia seconda mamma. Finalmente. >>
Accarezzo i capelli della mia piccola: sono divertito da come Hope affronti la cosa con Care, ma anche da quanta sincerità ci mette nel dire quanto tiene a lei, anche con una semplice frase come quella.
Caroline non risponde più di sé e piange ininterrottamente. Credo che sia felice più che mai.
Soprattutto perché, nonostante l’errore che ho commesso passando una notte con Hayley, lei ha potuto avere una figlia che altrimenti non avrebbe mai potuto avere.
La mia promessa sposa è ancora abbracciata a me.
Il volto sulla mia spalla.
I ricci ribelli davanti il mio viso.
Le sue parole dritte al mio orecchio.
<< Ti amo. >>
La stringo più forte a me per farle capire cosa sto provando.
Hope corre ormai qua e là, felice anche lei della nostra futura famiglia.
Mentre tutto attorno a noi c’è Parigi, di notte: la città che mai fino ad allora era stata complice della proposta di matrimonio di un Originale alla sua dama.
Tutto attorno Parigi e la sua magia, tutto attorno Parigi e nient’altro che noi.
 
FINE
   
 
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