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Autore: Hermione Weasley    16/10/2008    2 recensioni
La prima volta che l'aveva stretto tra le braccia, pensò che era allo stesso tempo la cosa più brutta e più bella che avesse mai visto.
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sylar
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Un paio di cose prima di cominciare :)
1. Un GRAZIE a tutti coloro che recensiscono le mie fic <3 Non so mai come ringraziarvi (e soprattutto DOVE) ma ne approfitto adesso. Grazie davvero.
2. Questa fic contiene SPOILERS PESANTI per la terza stagione di Heroes, fino alla puntata 3x04, I Am Become Death.


You Could Be Happy.

You could be happy, I hope you are
You made me happier than I'd been by far


You Could be Happy (Snow Patrol)



La prima volta che l'aveva stretto tra le braccia, pensò che era allo stesso tempo la cosa più brutta e più bella che avesse mai visto.
Profumava di sapone ed era così morbido e liscio che era sicuro si sarebbe dissolto nell'aria, come una bolla di sapone un po' troppo cresciuta.
Aveva agitato le braccia minuscole e ancora livide e si era messo a piangere. Gli aveva perforato i timpani con quegli strepiti acutissimi, e poi aveva aperto gli occhi. Per un minuscolo attimo, è vero, ma gli sembrò di averci visto dentro tutto il mondo.
Noah non aveva che poche ore, ma riuscì a strappargli un sorriso di quelli che nessuno aveva mai visto sul viso di Gabriel Gray.

*

Era la seconda notte di seguito che trascorreva insonne. Rimaneva disteso sul materasso a fissare il lentissimo abbassarsi e alzarsi della sua pancia.
Se non avesse avuto l'abitudine di muovere le manine strette a pugno, gli sarebbe sicuramente sembrato morto, tanto era impercettibile e leggero quel respiro.
Gabriel non poteva fare a meno di pensare che quell'espressione di placido abbandono che gli vedeva dipinta sul volto, era l'unica cosa che riusciva a placare quel mostro che aveva lasciato imperversare fino ad allora.
Adesso giaceva assopito nel fondo della sua testa, e pregava perché continuasse a farlo.
Taceva, perché aveva finalmente un valido motivo per farlo. Da qualche giorno a quella parte, infatti, c'era solo il respiro di Noah a riempirgli gli orecchie.

*

Non aveva mai insegnato niente a nessuno, e quando, per la terza volta, cercò di convincerlo a mangiare, capì che quella non era esattamente la sua vocazione primaria.
Controllava con maniacale attenzione che il latte non fosse né troppo caldo, né troppo freddo, o di non aver commesso alcun millimetrico errore nel dosaggio.
Ogni tanto avvertiva un gran moto di sconforto impossessarsi di lui.
Era stata la settimana più stancante della sua vita.
Aspettava a gloria che si riaddormentasse, e smettesse di guardarlo con quei grandi occhioni chiari, supplicandolo di essere un padre migliore, in un tacito, pungente rimprovero.
Eppure Gabriel sapeva di poter fare di più. Per questo, quando Noah si fu nuovamente assopito, pensò che non vedeva l'ora di ricominciare da capo.

*

"Non pensarci nemmeno," lo rimproverò, togliendogli di mano l'ennesimo oggetto recuperato in una delle sue quotidiane esplorazioni del soggiorno. Era il quarto cestino che riempiva con 'cose che Noah non dovrebbe toccare', e fu costretto a rovesciarli tutti in una scatola più grande.
Non sapeva che cosa piacesse ad un bambino di dieci mesi, per questo aveva comprato i giochi più disparati, alcuni totalmente inutili e dalla funzionalità incomprensibile. La commessa del negozio lo aveva persino preso in giro, scoccandogli poi un'occhiata di pseudo compassione che non gli aveva di certo fatto piacere.
Era da solo, ma sarebbe stato abbastanza. Doveva esserlo perché l'aveva deciso sin dall'inizio.
A Noah non sarebbe mancato niente, e allo stesso modo Gabriel avrebbe avuto tutto ciò di cui aveva bisogno.
Tutt'a un tratto, realizzò che lo amava quel caos di giocattoli, più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Solo qualche secondo più tardi, si rese conto che il sugo sul fuoco era bruciato.
Di nuovo.

*

"Non correre!"
Era la quinta volta che era costretto ad urlargli dietro.
L'afferrò di peso per la felpa, sollevandolo da terra, appena prima che si schiantasse al suolo, in volo planare dall'ultima rampa di scale fino al pianerottolo.
"Sei il ragazzino di tre anni più indisciplinato che io abbia mai conosciuto," lo rimproverò, sistemandoselo meglio sotto braccio, portandoselo dietro a peso morto.
Noah non poteva immaginare che, di fatto, era anche l'unico bambino di tre anni con cui Gabriel fosse stato costretto ad avere a che fare.
"Mezza razione di pancake per te, stamattina," minacciò, trascinandoselo in cucina, evitando la miriade di soldatini sparsi a terra, in una specie di campo minato.
Lo sentì protestare a gran voce, supplicando e promettendo che non l'avrebbe rifatto mai più. In cambio voleva soltanto un po' di sciroppo d'acero.
A Gabriel sembrò più che ragionevole, e acconsentì, sistemandolo a sedere sul ripiano della cucina.
Aveva ceduto di nuovo. Il fatto che quella stessa scena continuasse a ripetersi ogni singolo giorno da qualche anno a quella parte, era solo uno stupido dettaglio.

  
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