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Autore: Santanico_Pandemonium    20/10/2014    2 recensioni
L’ho conosciuto per caso.
Non avevo nessuna intenzione di farlo ne tanto meno di incontrare qualsiasi altra persona, ma è successo e ogni giorno dentro di me aumenta la convinzione che forse era destino che lo facessi. Forse era destino che incontrassi proprio lui.
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAP.2
«No, siamo andati bene. Si, magari abbiamo fatto un po’ di casino qua e là ma complessivamente è andata bene. Molto meglio delle altre volte.»
«Si, è quello che dico anche io. Cazzo ero gasatissimo, hai visto la gente come cantava? Molti di loro conoscevano le canzoni a memoria, è stato fantastico!» disse Lars camminandomi affianco.
Avevamo appena finito di suonare e quello era stato uno dei nostri migliori concerti fino adesso. Il pubblico era stato grandioso e nonostante qualche piccola imprecisione avevamo fatto davvero un ottimo lavoro.
«Ma che fai, te ne stai andando?»
«No, vado solo a prendere una boccata d’aria. Siamo stati grandi comunque!» risposi aprendo la porta sul retro del locale.
Ero tutto accaldato e sudato e avevo bisogno di respirare un po’ d’aria fresca.
«Vedi di rientrare in fretta però. Voglio sentire cosa dice la gente.»
«Si, lasciami solo un secondo per riprendermi cazzo!» sbraitai uscendo nel nero della notte di Los Angeles.
Lars era un maniaco del controllo. Non mi lasciava respirare un attimo.
«Ok, ma tu fai presto.» rispose lui sbattendosi la porta alle spalle.
In quel momento notai il suo sguardo su di me.
Quelle labbra erano meravigliose, impercettibilmente socchiuse. Sembrava come ipnotizzata. Era bellissima.
Distolse velocemente gli occhi da me. Forse si era accorta che mi stava fissando un po’ troppo ma nonostante questo io ero ancora rivolto verso di lei quando si voltò a guardarmi di nuovo. Questa volta però fui io a distogliere lo sguardo.
Mi appoggiai alla parete di fronte a me e abbassai la testa ripensando a tutto quello che era successo quella sera. Ero super eccitato per quello che io e i ragazzi avevamo appena fatto dentro quel locale. Cavolo, chi se lo sarebbe mai aspettato che avremmo trovato quella sintonia perfetta tra di noi.
“Chissà se quella ragazza era dentro a guardarci suonare…” pensai tra me e me.
Alzai gli occhi al cielo sbuffando mentre guardavo le stelle.
«Non è un po’ troppo solitario qui fuori?» chiesi ad un certo punto.
Lei si voltò di soprassalto e bisbigliò qualcosa. Sembrava non aver capito cosa le avevo chiesto.
«No, dico, magari i tuoi amici si staranno preoccupando non vedendoti tornare.» riformulai la domanda. Avevo le mani nelle tasche dei jeans e le sentivo sudare.
Non so perché mi stavo comportando in quel modo, di solito non lo facevo. Probabilmente era l’adrenalina post concerto a darmi tutta quella carica. O forse il semplice fatto che lei era stupenda.
Indossava una tshirt dei Black Sabbath e già questo avrebbe dovuto dirmi molto su di lei. Insomma, i Black Sabbath! Cavolo, quella ragazza doveva essere una che se ne intendeva di buona musica. La maglia era infilata dentro a dei jeans a vita alta che le stavano leggermente larghi. Aveva i capelli biondo scuro e gli occhi grigi. Più la guardavo e più sembrava irreale.
Disse qualcosa sul fatto che i suoi amici non si sarebbero preoccupati per lei, sapevano che era lì fuori da sola.
«Beh, in tal caso…» tornai a fissare il pavimento.
“Non le interessi. Non hai visto come ha tentennato per risponderti? Non vuole che la disturbi.” pensai.
«I tuoi amici invece?» chiese ad un tratto.
Le dissi del concerto, che avevo bisogno di un po’ d’aria perché avevamo appena finito di suonare.
«Sei in uno dei gruppi che suonano? Fico.» continuò.
«Si. Eri venuta qui per il concerto?»
«No, a dire il vero ho visto il volantino poco prima di entrare. Avevo bisogno di uscire un po’ da casa e
quindi...» rispose.
Dunque non era dentro a guardarci suonare. Peccato. Strano che una con la maglia dei Black Sabbath non fosse venuta al locale per sentire della buona musica.
 «Già, capisco… Beh, io sono James.» risposi sorridendole e porsi la mano con gentilezza.
«Oh… Io sono Harleen, ma tutti mi conoscono semplicemente come Harley. Sai, come le moto.» disse lei alzandosi dal marciapiede sulla quale era seduta e ricambiando il saluto.
Strinsi leggermente la sua mano e la osservai. Era alta qualche centimetro meno di me e i capelli lunghi le ricadevano sulle guance incorniciandole il viso. Notai che mi stava guardando le labbra.
«Non l’avrei dimenticato comunque.» dissi.
“Ma che cazzo dici James?” pensai subito dopo. Curvai la bocca in un sorriso imbarazzatissimo e mi sentii sprofondare nel terreno. Anche la ragazza sorrise mordendosi il labbro e sembrava imbarazzata quanto me.
Piombò il silenzio spezzato solo da qualche clacson di auto in lontananza e vocii indistinti di persone.
«Ehm, ora devo andare…» disse lei all’improvviso interrompendo quel breve momento di imbarazzo. L’avrei fatto io ma non mi era venuto in mente niente di intelligente da dire.
«Si, certo. Buona notte.» la salutai.
«Ciao.» si voltò e si incamminò per la strada.
La guardai dalla testa ai piedi e, se devo essere sincero, non mi sentii per niente dispiaciuto nel farlo. Era davvero bella. I jeans le stavano alla perfezione, avvolgendole il corpo slanciato. Camminava leggera e i capelli svolazzavano nel vento della sera.
Sarei rimasto a guardarla camminare all’infinito.
«Ehi aspetta!» gridai.
Non potevo lasciarla andare così. No, non potevo. Sarebbe stato da veri idioti e io non lo sono fino a questo punto.
«Noi suoniamo ancora qui tra due weekend. Ti vedrò di nuovo?» domandai alzando la voce.
Vidi chiaramente che le si dipinse un sorriso su quelle labbra perfette.
«Si, mi rivedrai.»
Poi si voltò e tornò sui suoi passi.
Mi appoggiai alla porta non appena me la fui richiusa alle spalle. Il frastuono del locale mi invase le orecchie all’improvviso ma io stavo ancora pensando a lei. Un altro gruppo stava suonando sul palco ma non riuscivo a distinguere i suoni.
«Che cavolo è quel sorriso ebete che hai sulla faccia James?» la voce di Lars mi riportò alla realtà.
«Se passi tra la folla alcune persone vogliono stringerti la mano e congratularsi per il buon lavoro. E’ pazzesco, la gente inizia davvero a conoscerci e prenderci sul serio!» mi prese per un braccio e mi trascinò con lui.
L’avrei rivista, me lo sentivo, e non vedevo l’ora che arrivasse quel momento.
   
 
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