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Autore: GirlWithChakram    20/10/2014    4 recensioni
Raccolta di OS legate alla fanfiction "Your Spanish Lullaby", che vedrà il ritorno di Brittany, Santana e la loro variegata compagnia, in diversi Missing moments, alle prese con le avventure non raccontate nell'opera originale.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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THE ECHO OF YOUR SPANISH LULLABY
 
 
 
Alla mia ninnananna spagnola,
che non lascerò andare tanto facilmente


 
Avvertimento: si consiglia di aver letto prima la fanfiction a cui questa raccolta fa riferimento. QUI il link diretto al primo capitolo.
 
The first time ever I saw your face
 
Spagna, perché mai avevo detto Spagna? C’erano tante altre competizioni di surf in giro per il mondo: in California, in Australia, la grande gara delle Fiji… Ah, quelle meravigliose isole tropicali! Ma no, io dovevo proprio dire “Spagna” e Sam doveva, casualmente, sapere della sfida che si svolgeva a Donostia.
Non ebbi neppure il tempo di contestare che Kurt aveva già prenotato i biglietti e l’albergo, ovviamente per quattro, perché ormai Blaine era stato incluso a pieno titolo nel nostro gruppo.
Appena comunicai ai miei il piano per la vacanza, mio padre tirò fuori il blocchetto degli assegni e mi consegnò una cifra spropositata che ci avrebbe assicurato un soggiorno più che dignitoso. Naturalmente una buona fetta la tenni da parte per eventuali bagordi e per qualche possibile sfizio personale che mi sarei voluta togliere.
Lasciammo l’Ohio la notte tra l’1 e il 2 Luglio. Mi dispiaceva molto non poter festeggiare il Giorno dell’Indipendenza, ma volevo arrivare sul posto con largo anticipo per studiare la zona e imparare a sfruttare al meglio le caratteristiche del luogo. Avevo vinto già numerosi premi ed ero intenzionata a mantenere alto il mio record personale. Evans e Hummel erano in gamba, ma non potevano competere con me, come chiunque del resto.
Atterrammo a Barcellona, dove trascorremmo la bellezza di tre ore chiusi in aeroporto perché le nostre tavole non sembravano a norma. Ci vollero tutta la mia pazienza e il mio spagnolo per convincere gli addetti che non stavamo cercando di importare droga, nascosta, secondo loro, nell’intelaiatura dei surf.
Una volta trovato un noleggio auto, mi fu ufficialmente assegnato il ruolo di navigatore, in quanto era mio preciso dovere chiedere indicazioni ogni due per tre. Kurt stava al volante, cantando a squarciagola tutto “West side story”, a volte spalleggiato da Blaine, che nel frattempo chiacchierava con Sam dell’ultimo film che avevamo visto al cinema.
Io cercavo di distrarmi. Osservavo il bellissimo paesaggio che ci circondava e che variava ad una velocità impressionante. Quando ero bambina, mia nonna mi parlava spesso della Spagna. Lei c’era stata per il proprio viaggio di nozze e mi aveva invogliato a visitarla, ma non ero lì per fare la turista, non a tempo pieno almeno.
Mi misi ad organizzare un piano di allenamenti decisamente estenuante, che ci avrebbe visti in spiaggia dall’alba al tramonto. Le nottate le avremmo passate girando da un locale all’altro, magari rimorchiando qualche bella pollastra. Ovviamente l’ultima parte valeva solamente per me e il mio amico Evans, i “Klaine” non si sarebbero mai e poi mai sognati di tradirsi, tanto meno con persone dell’altro sesso.
In realtà, all’epoca, ritenevo quel loro tipo di rapporto piuttosto irrealistico; insomma, nel pieno dei nostri anni ruggenti, doversi dedicare anima e corpo ad un solo altro essere umano mi sembrava quanto di più lontano ci fosse dal “godersi la vita”. Eppure quei due sembravano aver davvero trovato la felicità l’uno nell’altro. Ero arrivata alla conclusione che esistessero pochi fortunati destinati a stare insieme per sempre e mi ero convinta che a me quella sorte non sarebbe mai toccata.
«San, sei completamente pazza se credi di costringerci a sgobbare tanto» mi criticò Sam quando gli mostrai la tabella degli orari «Noi siamo qui anche per divertirci!»
«Il surf è divertente» sottolineai.
«Ma non quando tu ci stai col fiato sul collo, costringendoci ad allenamenti di dieci ore al giorno!»
Sbuffai con noncuranza.
«Basta, voi due» ci riprese Lady Hummel «Non siamo ancora arrivati e già vi scannate!»
Proseguimmo lungo l’autostrada in silenzio, fino a che non entrammo nei Paesi Baschi, a quel punto la vicinanza alla meta sciolse un po’ la tensione, che era stata accentuata dallo scrosciante diluvio che si era scatenato a metà del tragitto. Ancora non potevo sapere che sarei dovuta essere stata grata in eterno alla pioggia spagnola.
Quando avvistammo la scritta “San Sebastian” si scatenò un’altra lite.
«Odio essere ripetitivo, ma proprio non mi piace l’idea di alloggiare nella città che porta il nome di un tuo ex» disse Kurt, rivolto al fidanzato.
«Io e Sebastian non siamo mai stati insieme» replicò Blaine.
«Lo dici tutte le volte, ma ho visto benissimo che sguardi ti lanciava allo “Scandals”, non credere che abbia fatto finta di niente!»
Avevo assistito ad un simile scambio di battute almeno un’altra dozzina di volte, dunque avevo smesso di sorprendermi di come i miei due compari, alla fine, risolvessero le loro controversie con coccole e carezze, che però avrebbero dovuto attendere, visto che Hummel era impegnato a guidare.
Come se mi avesse letto nel pensiero, il ragazzo chiese a Sam di prendere il suo posto al volante, così da potergli lasciare la possibilità di portare avanti la discussione.
Alla prima piazzola di sosta effettuammo lo scambio e neppure tre minuti dopo, dai sedili posteriori cominciarono a provenire gemiti e risolini.
«Oh, por favor!» sbottai «Ci sono innocenti ed indesiderati spettatori! Aspettate almeno di essere soli!»
«Verrà un giorno, Santana» mi ammonì Anderson «In cui sarai tu in questa situazione e noi saremo lì, pronti a rovinare l’atmosfera.»
Sghignazzai. «Contaci, Pretty Pony... Si vede che non mi conosci ancora abbastanza.»
«Su, adesso non cominciare» si intromise Trouty Mouth «Blaine potrebbe avere ragione. Non puoi sapere cosa ti riserva il futuro.»
Mi limitai a fare spallucce. In diciott’anni nessuno era stato in grado di farmi perdere la testa, le loro predizioni e minacce non sarebbero servite a cambiare quella parte di me che era sempre stata restia all’impegno sentimentale. Non esisteva persona in grado di legarmi indissolubilmente a sé, o così mi illudevo.
Trovare il Kursaal Hotel fu più difficile di quanto mi aspettassi, sembrava che quel maledetto albergo avesse deciso di volatilizzarsi e la pioggia scrosciante non rendeva certo più facile la nostra ricerca.
Dopo tanto girovagare a vuoto e numerose indicazioni errate forniteci dagli abitanti di San Sebastian, alla fine trovammo l’area del Kursaal, con tanto di parcheggio sotterraneo.
Portare le valigie e le tavole fino all’entrata dell’hotel fu decisamente problematico. Ci risolvemmo a fare avanti e indietro, con uno di noi che reggeva l’ombrello mentre un altro teneva all’asciutto i preziosi bagagli. Il risultato fu che, sebbene salvammo il salvabile, noi quattro finimmo fradici e con il serio rischio di prendere un malanno.
«Ah, los chicos norteamericanos!» esclamò un uomo dai palesi tratti latini «Siete qui per l’alloggio, giusto?»
«Sì, siamo noi» rispose Sam, cominciando poi una lunga conversazione con il señor Miguel Muñoz, al termine della quale ottenemmo le chiavi dell’appartamento di sinistra al terzo piano.
La divisione degli spazi fu subito chiara: i Klaine avrebbero avuto il letto matrimoniale, che sembravano intenzionati ad inaugurare quanto prima, mentre a me e ad Evans sarebbero toccate le due scomode brande nell’altra camera.
La sera arrivò in fretta e i due piccioncini vollero rimanere soli, noi tutti sapevano per svolgere quali attività, così, spalleggiata dal mio collega Trouty, mi avventurai per le vie del centro alla ricerca di qualcosa, o qualcuna, con cui divertirmi.
Entrammo in una tavola calda, quella meno affollata, e ordinammo un paio di piatti tipici. Ma più che il variegato menu, ad attirare la mia attenzione fu l’ammiccante cameriera dai capelli rossi e le braccia piene di tatuaggi che tentò di intavolare con me una conversazione in inglese. Mi divertii a tormentarla fingendo di non capire il suo spagnolo, ma al momento di saldare il conto le strizzai l’occhio, con la tacita promessa di farmi rivedere.
«Adesso ci facciamo un giro di cocktail?» propose il biondo «Ho visto un locale dal nome interessante…»
«Per te più che interessanti sono nomi misteriosi ed arcani, capisci l’elfico meglio dello spagnolo!» lo presi in giro.
«Non è colpa mia se lo spagnolo è noioso… Ftia oel lì’fyati leNa’vi nì’o’ nìwotx
«Hm…» riflettei «Dovrebbe essere “studiare il Na’vi è molto più divertente”, giusto?»
«Più o meno… Noto con piacere che hai continuato a fare pratica, ma avresti potuto usare kefya srak invece di “giusto”» rispose «Comunque non mi hai ancora risposto riguardo l’andare in giro ad ubriacarci.»
«Andiamo, Trouty, e c’è da chiederlo?»
Dopo il quarto bicchiere non riuscii più a distinguere tra la ragazza che avevo abbordato io e quella che stava flirtando con Evans, a quel punto decisi di dichiarare chiusa la battuta di caccia. Mi divertivo a scegliere le mie prede e stuzzicarle, fino a farle capitolare ai miei piedi, era il classico schema d’attacco firmato Lopez, ma non potevo certo portare avanti la mia tattica a mente non lucida.
Tornammo al Kursaal verso le due del mattino, con la peggior sbornia che avessi mai sperimentato fino ad allora. E dire che avevamo fatto una sfida guardando “Twilight” durante la quale, ogni volta che Kristen Stewart aveva fatto il suo strano verso nasale, Sam ed io eravamo stati costretti a bere un sorso di birra.
Mi risvegliai sdraiata accanto al biondo sul pianerottolo davanti all’appartamento. Bussai, sentendo risuonare nella mia testa, amplificato di cento volte, il suono delle mie nocche contro la porta. Fortunatamente, in un tempo relativamente breve, Kurt aprì e ci fece entrare.
Dormii fino a sera e tutti sottolinearono, con particolare enfasi, come avessi già mandato all’aria il mio stesso piano di allenamenti. Fu per tale ragione che da lì in poi promisi di limitarmi nelle bevute.
Cominciai a lasciarmi trasportare dal ritmo della vita spagnola. Facevamo estenuanti sessioni di surf sotto l’incessante pioggia e poi ce la spassavamo con epiche mangiate accompagnate da ingenti quantità di alcol. Tra una risata e l’altra riuscii persino ad inserire un’intensa pomiciata nel bagno del ristorante con la cameriera del primo giorno. Tutto stava andando secondo i piani.
Mi ero talmente abituata a quella routine che la mattina del 6 Luglio mi parve tale e quale a tutte le altre.
Dopo la sveglia, mi alzai come di consueto prima dei maschi per poter usufruire in pace del bagno. Dopo che mi fui lavata e preparata, buttai Trouty giù dal letto, con la mia solita delicatezza comparabile a quella di un Ungaro Spinato.
«Sei un vero demonio, Lopez» si lamentò, stiracchiandosi.
«Ho solo fatto il mio dovere, pigrone.»
«Un giorno troverò un modo per vendicarmi…» mormorò guardandosi intorno «Come questo!»
Si scagliò fulmineo sull’unica cosa che potesse fare presa sul mio cuore.
«Valerie! No!» urlai «Non ti azzardare a toccarla!»
Lui sghignazzò con fare malefico e fece scorrere l’indice lungo il bordo della mia tavola.
«Il mio tesssssoro!» gracchiai, lanciandomi contro di lui.
Ci azzuffammo per un po’, mutando in fretta i colpi e i graffi in pizzicotti e solletico.
«Piantatela!» ci sgridò Blaine da dietro la porta «Ci sono persone civili che starebbero cercando di fare colazione!»
«Di’ la verità, Pretty Pony, ti brucia che con noi qui non puoi darti da fare con il tuo bello» replicai quando me lo trovai di fronte.
«Santana» intervenne Hummel «Non è questo il modo di cominciare la giornata.»
«Beh, il tuo fidanzato potrebbe almeno rendersi utile. Non si deve allenare, quindi perché non si impegna a sistemare un po’ questo porcile? Potrebbe anche fare la spesa» osservai con tono acido.
Fu così che quel giorno Anderson rimase al Kursaal, mentre noi tre sportivi ci dedicammo al nostro quotidiano allenamento sulla spiaggia deserta, a causa dell’ormai abituale temporale costiero.
Ci interrompemmo per poco, giusto il tempo per rifocillarci con l’unico snack rintracciabile nelle vicinanze: i churros, venduti da un simpatico uomo baffuto di mezza età che gestiva un baracchino non molto lontano dal nostro luogo di esercizio.
Eravamo tornati in acqua da una mezz’ora quando notai una scena piuttosto curiosa: in balia delle intemperie, appostate davanti al chiosco, c’erano due figure che mi incuriosirono fin dal primo istante.
Finii di cavalcare un’onda e corsi verso il bagnasciuga, intendendo che quelle due stavano importunando, inutilmente, il venditore.
«¿Que està pasando aquì?» domandai, avvicinandomi con Valerie sottobraccio.
«Las chicas me hablan en Inglès, pero yo no entiendo» mi rispose l’uomo con fare disperato.
«Tranquilo» replicai. Mi soffermai ad osservare le straniere. Mi bastò un solo sguardo per riconoscere un viso familiare. Non dimenticavo mai un nemico. Avevo già incontrato una delle due ragazze, era stata a capo del comitato sportivo del McKinley, l’unico liceo che non ero riuscita a sabotare per via della loro allenatrice psicotica.
Continuando a cercare di abbinare il volto da Barbie ad un nome, ad un tratto mi tornò alla mente: Quinn Fabray.
«Cosa vi serve?» domandai, preprandomi ad escogitare una succulenta rivincita.
«Oh, grazie al cielo!» esclamò la mia vecchia conoscenza «Siamo turiste…»
«Questo era decisamente ovvio» risposi sprezzante. La maggior parte delle volte non ero in grado di impedire a certi commenti di venir fuori.
La Fabray non parve prenderla bene, ma ormai avevo perso interesse nei suoi confronti. Il mio sguardo era stato calamitato dall’altra biondina, quella che mi fissava praticamente con la bava alla bocca. Ero lusingata da quell’attenzione e lei non era niente male, ne avrei potuto ricavare il miglior trofeo amoroso dell’estate.
«Stiamo cercando il Kursaal Hotel» riprese a parlare Quinn.
Mi ci volle qualche secondo per realizzare che le due alloggiavano nel nostro stesso albergo, rendendomi le cose molto più semplici, per vendicarmi dell’una e conquistare l’altra. «Siete dal lato sbagliato del fiume. Dovete risalire sulla strada, attraversare il centro, passare il ponte e fermarvi sull’altra spiaggia, la Zurriola. Potete lasciare l’auto nel parcheggio sotterraneo, se l’avete. Il Kursaal è proprio lì a due passi» spiegai loro, facendo poi per allontanarmi. Però qualcosa mi fermò, sentii il bisogno di dare un’altra occhiata alla mia potenziale preda, così trovai un pretesto per riprendere la conversazione. « Ah, un’ultima cosa: procuratevi un dizionario. Qui nessuno parla inglese.»
La bionda sconosciuta incrociò il mio sguardo mentre finivo di pronunciare quella frase e rimasi come folgorata. Mi scossi debolmente, cercando di ignorare la strana sensazione che per un istante mi aveva attanagliato le viscere, e tornai di corsa verso Kurt e Sam.
Tenevo gli occhi fissi sull’oceano, di un bel blu intenso nonostante la giornata cupa, eppure quel colore mi apparve vuoto, privo di qualsiasi emozione. Non riuscii ad ammetterlo per lungo tempo, ma era bastato sbirciare per un istante appena l’azzurro delle iridi della sconosciuta per farmi realizzare che solo in quel momento avevo davvero conosciuto il mare, l’unico in cui avrei voluto fare porto e in cui mi sarei lasciata dolcemente naufragare.
 
NdA: nato più per uno sfogo personale che per altro, ecco il primo di una serie di episodi legati a "Your Spanish Lullaby". Avevo annunciato/avvisato/profetizzato che ci sarebbe stata una cosa simile, ma non credevo di fare tanto in fretta, soprattutto perchè ho altre storie a cui dovrei dedicare più tempo e attenzione (questo vuole essere anche un piccolo regalo per chi avesse preso male il ritardo di "Faking"). Non posso far mancare la lista di grazie: a wislava, per tutto, a tutti i fan affezionati che, spero, saranno contenti di questo ritorno, infine a Donostia, perchè, per quanto mi sforzi, il ricordo della  bella estate passata rimane indelebile nella mia mente. Inutile dirvi che non ho la più pallida idea di quando arriverà il capitolo seguente, dipende da quanto forte la ninnananna spagnola continuerà a risuonarmi nelle orecchie. Un saluto.
   
 
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