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Autore: DulceVoz    20/10/2014    4 recensioni
Lui non è per niente un principe azzurro, anzi. Matias del celebre personaggio simbolo delle fiabe ha poco o nulla: non è poi così romantico o coraggioso, non è sincero e neppure affidabile, non arriva in sella ad un cavallo bianco ma sfreccia con la sua macchina sportiva… eppure, senza ombra di dubbio, difenderebbe a tutti i costi la sua principessa che, però, non sembra avere bisogno di troppo aiuto per essere salvata!
Due caratteri molto diversi, due persone che non hanno nulla in comune, una distanza dovuta a un ennesimo litigio e ad una sorella combinaguai… potranno mai tornare insieme e vivere la loro favola: “...Per sempre felici e contenti.”?
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Marcela Parodi, Matias
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le era bastato un solo sguardo all’interno di quella sala per sentirsi decisamente fuori luogo e a disagio come forse mai in vita sua. Marcela, a testa alta, si strinse al braccio del suo accompagnatore sperando di non dimostrarsi troppo impacciata e, sott’occhio, osservò il ghigno soddisfatto di Gonzalo Martinez che riuscì, addirittura, ad inquietarla abbastanza. Come diavolo le era saltato in mente di farsi accompagnare da un suo superiore a quel gran ballo di beneficenza organizzato dalla polizia di Buenos Aires? Beh, non aveva avuto molta scelta, per quanto avesse preferito non andare affatto a quell’evento così elegante. In realtà vi aveva preso parte perché, essendo l’uomo di parecchi gradi superiori a lei in campo lavorativo, le era parso scortese declinare quell’invito… e poi, a differenza dei colleghi, non aveva proprio nessuno con cui recarsi a quella serata, nemmeno Matias. Già, La Fontaine… erano settimane che non aveva notizie di lui, dopo l’ennesima furiosa litigata che aveva messo fine alla loro storia, quella volta definitivamente. “- Sediamoci di là, saremo più lontani dal caos della musica…” La voce del suo cavaliere la riscosse dal flusso dei suoi pensieri, facendola annuire distrattamente, mentre avanzava con quel distinto commissario, elegante quanto non poco affascinante, dai profondi occhi verdi e una chioma corvina ben pettinata all’indietro. Le donne in sala presero prontamente a fissarla per poi parlottare tra loro, evidentemente colpite da quell’ingresso trionfale dei due e Gonzalo non faceva altro che gonfiare il petto, fiero, mentre la bruna sembrava decisamente su un altro pianeta, troppo lontano per sentire i commenti piovere su di sé. Chissà cosa sarebbe accaduto se fosse stata ancora la fidanzata di Matias… quel pensiero la fece rabbrividire e scosse debolmente il capo, come per allontanarlo dalla sua mente. “- Tutto bene?” Soffiò al suo orecchio Martinez, evidentemente accortosi dello stato pessimo in cui era la sua dama, probabilmente preoccupato solo del fatto che anche gli altri lo avrebbero potuto notare, associando quel malessere alla sua compagnia. “- Sì, perdonami… sono solo un po’ agitata… questo non è decisamente il mio stile.” Marcela cercò di sorridere, osservandosi poi sempre più nervosamente: sfiorò piano un drappeggio della leggera gonna dell’abito azzurro che indossava, lungo fino ai piedi, e pregò mentalmente di non inciampare con quei tacchi vertiginosi in quel piccolo strascico che la seguiva come un ombra… no, non era da lei quel vestito così elegante. Per niente. Ok, amava essere femminile, ma quello era decisamente troppo probabilmente anche per una come Jade… eppure, la circostanza richiedeva un abbigliamento in grande stile e non aveva potuto sottrarsi nemmeno a quella condizione. “- Invece io ti trovo così a tuo agio… sei bellissima.” Quel complimento, non sapeva spiegarsi il perché, ebbe l’effetto di innervosirla ancor più di quanto non lo fosse già, ed improvvisamente, le venne l’istinto di fuggire, tanto che si voltò lievemente per visualizzare il grande varco d’accesso dal quale erano entrati alla sala dei ricevimenti del celeberrimo Hotel Galán. Scappare via poteva essere la soluzione? Inutile, avrebbe dovuto pensarci prima… poteva darsi per malata, fingere di essere stata rapita, anche dagli alieni se necessario o qualcosa del genere… ma perché le idee migliori arrivavano sempre così tardi? Si sedette al tavolo indicatole da Gonzalo e prese a guardarsi intorno, sperando di distrarsi: in fondo quanto poteva durare quel supplizio? Una, due ore? Ce l’avrebbe fatta… peccato che la compagnia della serata non fosse proprio delle migliori. Riprese ad immaginarsi seduta lì con Matias… e sorrise istintivamente all’idea. La Fontaine la faceva ridere, si sarebbe sicuramente fiondato sul buffet e avrebbe avuto da ridire su quei tizi in smoking, probabilmente prendendosi in giro anche da solo vedendosi vestito come un pinguino dell’alta società, cosa a cui non era di certo abituato, men che meno da un anno a quella parte. “- Vengo subito, vado a salutare dei miei amici che non vedo da tempo…” Forse quella fu la frase più bella che Martinez avesse detto da quando erano giunti a quell’evento: la Parodi tirò un sospiro di sollievo e annuì, sperando di non apparire troppo felice del fatto che per un po’ il bellimbusto da copertina di rivista di moda si togliesse dai piedi. Lo seguì con lo sguardo abbastanza disgustato dirigersi verso un folto gruppetto di rudi energumeni tirati a lucido per l’occasione accompagnati dalle loro dame e storse il naso, abbastanza stizzita nel notare quanto l’uomo non ci avesse pensato due volte però a mollarla lì come se nulla fosse. Afferrò il cellulare dalla borsa e prese a giocherellarvi distrattamente, quando una voce che conosceva sin troppo bene, la fece sobbalzare: “- Posso portarle qualcosa, bella signorina?” Per poco il telefono non le saltò via dalle mani per lo spavento e, alzando di poco gli occhi dallo schermo, se li ritrovò incatenati a quelli altrettanto azzurri di Matias, che, ghignando e in alta uniforme da cameriere di sala, la fissava incantato. “- Che… che ci fai tu qui?”. Non riuscì a balbettare altro, tanto che lui, divertito, aggirò alcune sedie che ancora gli erano da intralcio e le mostrò un fazzoletto bianco che teneva sull’avambraccio. “- Ci lavoro. Non si vede?” Sentenziò soddisfatto, facendola restare di sasso… aveva trovato un impiego serio? Lui? Strano… e dire che quello era uno dei tanti motivi per cui l’aveva lasciato. Matias non si impegnava neppure a cercarla un’occupazione, come se per lui non fosse un problema restarsene senza far nulla per il resto della sua vita. E poi… beh, e poi c’era sua sorella. Jade non era cattiva, piuttosto svalvolata l’avrebbe definita lei… e il biondo aveva promesso di tenerla a bada… già, le ultime parole famose. La La Fontaine non ci aveva messo tanto ad immischiarsi in una nuova avventura, quella volta, prendendo a tormentare la nuova fidanzata di Germán Castillo, fino quasi a mandarla in ospedale. Marcela sospirò profondamente a quel ricordo che le attraversò la mente: come dimenticare quella sera, quando dal commissariato la chiamarono perché “sua cognata”  aveva quasi investito quella donna? E Matias, seppur non c’entrasse nulla in quel caso specifico, non aveva mantenuto la promessa di placare la voglia di vendetta di sua sorella, il che era comunque gravissimo. Era finita così la loro storia, con una lite furiosa con la quale lo aveva sbattuto fuori di casa, senza dargli neppure il tempo di spiegare. Quante volte si era ritrovata a pensare di essere stata troppo dura con lui? Quante si era data della stupida per essersi anche solo fidata di lui? No, non poteva stare con un uomo così: per quanto era sicura e pienamente consapevole di amarlo ancora, che stabilità poteva darle una persona del genere? Lei voleva sposarsi, avere una famiglia, un marito con un impiego e che non si perdesse dietro alle follie di sua sorella… e invece con Matias non poteva avere tutto ciò, per quanto la facesse soffrire quella situazione così strana. Se da quando aveva conosciuto il biondo aveva sempre seguito il suo cuore, sperando in un suo cambiamento, quella volta aveva deciso di dare ascolto la ragione, tentando di allontanarlo con tutte le sue forze dalla sua mente e dalla sua anima.
“- Allora sapevi che esistesse quella parola, ma bravo!” Sentenziò ironicamente la Parodi, sorridendo nervosamente. La Fontaine prese a guardarsi intorno con aria circospetta… poteva essere lì da sola o c’era qualcuno che l’aveva accompagnata? “- Marcy, mi dispiace, sul serio…” Balbettò, non notando nessuno vicino a lei, ma la donna, abbassando il capo, prese di nuovo a fissare distrattamente lo schermo del cellulare, seppure quelle parole le risuonassero nelle orecchie come un eco. “- Va’ via, per favore, ne abbiamo già parlato e sai come la penso a riguardo.” Sibilò stizzita, facendolo rattristare ancora di più e sforzandosi di non guardarlo negli occhi per non crollare definitivamente. “- Sei meravigliosa, lo sai?” “- Matias… vai.” Non gli aveva neppure dato il tempo di continuare con quei complimenti, non l’aveva guardato neppure più in faccia ma avvertiva chiaramente il cuore batterle all’impazzata e gli occhi farsi lucidi. Il rumore dei passi dell’uomo che stava andando via le fecero istintivamente venire ancor più voglia di scappare, ci mancava solo quella, ci mancava solo che lui fosse lì… non avrebbe potuto perdersi nel suo sguardo, l’avrebbe perdonato e non poteva essere così sciocca da ricadere nella trappola dell’amore, di quell’amore. Scattò in piedi quasi avesse preso la scossa e stava per riporre il telefonino in borsa per andarsene… al diavolo il ballo, al diavolo Matias, Gonzalo… tutto… ma una voce la fece sobbalzare: “- Eccomi, ti sono mancato?” Fece non poca fatica a rispondere garbatamente senza mandarlo a quel paese, ma si sforzò ancora di sorridere nel riconoscere che quelle parole fossero state pronunciate da Martinez il quale, prendendole la mano, la invitò a sedersi di nuovo, accanto a lui. Quell’uomo aveva qualcosa di magnetico… dovevano essere i suoi occhi profondi, la voce o il portamento… eppure la donna sentiva quasi un senso insofferenza nello stargli accanto che, dopo aver visto La Fontaine, sembrava addirittura essersi accentuato e triplicato. “- Marcela ma cos’hai? Di solito sei così… così allegra! Stasera ti vedo spenta, strana…” Ecco. Bingo. Ci mancava solo il terzo grado di Gonzalo… uno sveglio come lui poteva accorgersi di qualunque cosa, e per quanto lei al suo fianco si fingesse serena, evidentemente non era abbastanza brava per un poliziotto attento e in gamba come Martinez. “- Sono solo stanca, tutto qui. Ho lavorato tutta la notte ad un caso…” Inventò al momento lei, mordendosi poi un labbro… come diamine poteva inventare una scusa del genere con il suo capo? “- Quello dei Valdez?” Chiese infatti prontamente l’uomo, versandosi un bicchiere di vino bianco. “- Già, quello… perché non andiamo a ballare?” Doveva cambiare discorso subito, per non fargli capire che non avesse neppure ancora aperto i fascicoli riguardanti quell’indagine e la musica dal fondo della sala la salvò in calcio d’angolo, mentre anche un gruppo di altri invitati aveva preso ad avvicinarsi al centro della pista da ballo, grande e sormontata da un lampadario di cristallo che rendeva il tutto più elegante di quanto già non fosse. Il pianista suonava una sorta di valzer, forse anche più lento di quel tipo di ballo e Martinez a quella proposta la fissò, stupito. “- Ma non eri stanca?” Soffiò al suo orecchio, lasciandola stupita da cotanta improvvisa intraprendenza… si irrigidì nel sentire quella voce così vicina al suo collo e scattò in piedi rapidamente, tendendogli la mano. “- Non per ballare!” Sentenziò, fissando di fronte a sé, cercando inconsciamente l’unico con cui avrebbe voluto passare la sua serata, la sua intera vita. “- D’accordo… ma facciamo le cose come si deve… mi concede questo ballo? Non è carino che sia tu ad invitare me…” Sorrise Gonzalo, accennandole un lieve baciamano, facendole assumere la tonalità di un pomodoro. “- Va bene, accetto.” Balbettò a disagio, prendendolo sottobraccio e avviandosi verso la direzione da cui nascevano le note di una dolce melodia. Non aveva avuto scelta: doveva trovare qualcosa che lo distraesse dal chiedere dell’indagine Valdez e ballando ci sarebbe riuscita… a patto che non fosse caduta rovinosamente nel bel mezzo della pista, davanti a tutti… beh, anche in quell’ipotetico quanto spaventoso caso ci sarebbe comunque riuscita… rabbrividì a quel pensiero e all’immagine che le si era materializzata davanti agli occhi, sentendo poi un braccio di Martinez cingerle la vita, mentre strinse l’altra mano con la sua, guidandola in quella danza. Primo passo, un piede pestato. Gonzalo dissimulò una smorfia di dolore e lei, mortificata, si scusò sottovoce, sperando di non centrargli di nuovo la scarpa con la punta della sua. “- Perdonami, avrei dovuto avvisarti che sono una pessima ballerina…” Si giustificò, trovando una buona scusa per allontanarsi un po’ da lui, mentre gli altri volteggiavano ancora intorno, senza accorgersi di loro, fermi nel bel mezzo della pista. “- No, tranquilla… non mi hai neppure colpito…” Rise lui mentendo spudoratamente, avvicinandosi di nuovo e ristringendola decisamente troppo. “- Gonzalo… io…” Marcela tentò di ribattere ma lui le fece cenno di non aggiungere nulla e riprese a ballare agilmente, conducendola e tenendola stretta a sé. “- E’ una serata magnifica… ed è così bello averti accanto….” Martinez, dopo alcuni istanti di imbarazzante silenzio, sussurrò piano quelle parole soffiandogliele quasi sulle labbra, facendole prontamente abbassare gli occhi per evitare che, anche se per errore, la sua bocca fosse troppo vicina a quella dell’uomo.
Matias, intanto, a pochi passi dalla pista con un vassoio di champagne in una mano, si pietrificò a quella vista: Marcela aveva un altro? Perché quell’uomo la fissava in quel modo? Perché osava stringerla a sé così appassionatamente? La Fontaine ebbe l’impulso di andare lì a cantargliene quattro, ma si dovette contenere, stringendo in un pugno la mano libera e ancorando con più vigore l’altra intorno all’argento del vassoio… in fondo, sarebbe stato comunque tutto inutile: si vedeva che quel tizio era perfetto per lei, così elegante, sicuramente con un lavoro migliore del suo e nessuna sorella folle da dover controllare. Sì, quello doveva essere il suo principe azzurro e, per quanto si sentisse male al dover pensare la sua Marcela felice con un altro, doveva accettarlo, per il suo bene. Cosa sperava di ottenere lui da quella meraviglia di donna? Cosa aveva da offrirle? Proprio ora che aveva cominciato a mettere la testa a posto, quella scena lo aveva fatto letteralmente deprimere e, distogliendo lo sguardo, continuò il suo cammino per servire i presenti in sala.
“- Io… io credo di essermi innamorato di te, Marcela e… e penso che dopo tanta sofferenza tu meriti una persona migliore, come me ad esempio…” La mora, scioccata da quella frase, alzò lo sguardo e lo puntò confusa in quello dell’uomo, il quale alzò un sopracciglio con aria sicura di sé, riuscendo ad irritare alquanto la donna. “- Cosa vuoi dire, perdonami…?!” Si affrettò a chiedere lei, scrutandolo in attesa di una risposta quantomeno convincente a quella sorta di provocazione. “- Andiamo! Sei stata con un criminale, dovresti passare al lato della legge anche in amore!” Ironizzò lui, intenzionato a continuare a ballare e sghignazzando divertito, sotto lo sguardo sconvolto della Parodi che rimase immobile. “- Non ti permetto di parlare della mia vita privata così… cosa ne sai tu?” La donna si era bloccata nel bel mezzo della pista e lo guardava nervosa e stizzita come mai in vita sua, sperando vivamente che la discussione si potesse concludere lì. “- Ma dai, Marcela… lo sanno tutti che stavi con il truffatore, La Fontaine… una caduta di stile che sinceramente da te non mi aspettavo! Per fortuna ora avete chiuso!” Continuava. Continuava a parlare così di lei e, cosa che la innervosiva anche di più, di Matias. Una rabbia incredibile le montò dentro e quando lui le si avvicinò di nuovo per prenderle la mano e ricominciare a ballare, lei lo spintonò via, lasciandolo stupefatto. “- Che ti prende? Non è forse vero quello che ho detto? Matias La Fontaine, che ti piaccia o no, è un malvivente e lo sarà sempre!” Sentenziò ancora, con tono quella volta ancor più alto nel momento in cui la musica era cessata: tutti, ma proprio tutti gli invitati stavano fissando nella loro direzione, compreso il diretto interessato che fece per avvicinarsi a quel tipo, sentendosi chiamato in causa… eppure, la voce forte e decisa di Marcela lo bloccarono, mentre tentava di farsi largo tra la folla. “- Mi prende che non ti sopporto più Gonzalo Martinez! Ecco cosa mi prende!” Sbottò stizzita lei, avanzando poi lentamente verso di lui con aria inviperita, insolita per la donna di solito pacata che era. “- La vera caduta di stile l’ho fatta stasera venendo qui con te, solo perché non potevo darti buca… eppure credimi, lo avrei fatto con molto piacere!” Ormai non si controllava più, non sapeva di preciso cosa stesse facendo ma una soddisfazione incredibile la spinse a continuare: basta. Basta sopportare quell’appiccicoso, montato di Martinez. Era stufa. “- Ma che stai dicendo? Sei impazzita?! E’ evidente che stare con la tua ‘cognatina’  ti ha reso folle come lei!” Non ci vide più, stava per scoppiare: “- Benissimo, almeno così avrò il piacere di dirti in faccia cosa penso! Sei una persona altamente insopportabile, vigliacca, egoista, saccente, che giudica le persone senza neppure conoscerle… e ciò, mio affascinante Gonzalo, mi da il voltastomaco!” Un mormorio si levò a quelle parole ma la Parodi, come una furia, continuò, agitando le braccia come se ciò non la riguardasse minimamente: “- Ah, e sappi che chiederò il trasferimento! Preferirei andare in Alaska piuttosto che rivedere il tuo bel faccino un giorno di più in ufficio!” Sentenziò, allontanandosi poi tra la gente che si divise in due per farla passare, continuando a parlottare tra sé. Non le importava. Alle voci di corridoio sul suo conto ci era abituata e una in più o in meno non faceva di certo la differenza per lei. “- Vai, allora! Tornatene dal tuo bel malfattore!” Ancora. Proseguiva. A quelle parole la donna, ormai vicina a Matias, afferrò un bicchiere dal suo vassoio lasciandolo pietrificato e ritornò indietro, a passo rapido, ritrovandosi ancora faccia a faccia con lui. “- Certo, senza dubbio… tu intanto brinda alla mia salute e a quella del mio amato malfattore!” E, dopo aver detto quella frase, gli gettò in pieno viso tutto il contenuto del bicchiere, senza pensarci due volte, lasciandolo scioccato e grondante di quella succulenta bevanda. La Parodi, ormai sentendole gli occhi pizzicarle, un po’ per la rabbia un po’ per le ferite causatole da Martinez, afferrò un lembo della gonna del vestito e la tenne salda per correre fuori da lì, il più velocemente possibile. Sì, si era sentita dannatamente bene, eppure quella voglia di piangere era sempre più impellente e non sapeva spiegarsi il perché: al suo passaggio la folla si divise e Matias, imbambolato, decise di abbandonare il vassoio su un tavolo vicino per seguirla in tutta fretta: Marcela, la sua Marcela, era sconvolta e, seppur lei lo avesse probabilmente mandato a quel paese, voleva starle accanto. L’aveva difeso, aveva difeso sia lui stesso che sua sorella e non poteva non amarlo più per parlare in quella maniera a quel tizio senza altre motivazioni diverse da quella.
La donna con il volto tra le mani, singhiozzava rumorosamente, seduta su uno dei gradini più in basso dell’enorme scalinata d’accesso alla sala ricevimenti dell’Hotel e Matias si bloccò nel vedere quella scena, sentendo al contempo il cuore spezzarsi in mille frammenti: come aveva potuto quel tipo trattarla così? Se solo non avesse voluto mettersi nei guai gliele avrebbe suonate di santa ragione, ma ora doveva fare il bravo per mantenere quel lavoro e la libertà, lo aveva promesso a sé stesso. Poco dietro della mora, su alcuni scalini precedenti a quello sul quale era accovacciata lei, c’era uno dei suoi sandali altissimi, perso evidentemente durante il percorso. Il biondo, chinandosi, lo raccolse e prese a scendere ancora un po’ sino a raggiungere la sua amata. “- Cenerentola, ha perso la sua scarpetta… e il suo principe azzurro gliel’ha riportata.” Quella voce… la sua voce. Marcela non riusciva neppure ad alzare il viso per guardarlo in faccia, o forse non voleva semplicemente farsi vedere in quello stato: fatto stava che rimase immobile, sussultando solo di tanto in tanto per quel pianto esasperato che non riusciva a placare in alcun modo. “- Lasciami sola, per favore…” Balbettò tra i singhiozzi, senza muoversi di un millimetro, continuando a piangere ma avvertendo il fatto che l’uomo si fosse seduto accanto a lei.
“- Non ne ho la benché minima intenzione.” Sentenziò, serio, La Fontaine, attirandola repentinamente a sé e facendole posare la testa sul suo petto: la mora non si tirò indietro, anzi lo strinse forte, gettandogli le braccia al collo e lui prese ad accarezzarle piano la schiena, sperando di calmarla. Non ce la faceva a vederla così, men che meno per quel montato che, tra l’altro, sembrava accusarla solo per aver avuto una storia con lui. “- Basta, dai… non ne vale la pena…” Le sussurrò all’orecchio, depositandole un bacio tra la chioma corvina e vedendola staccarsi piano da lui. “- Non deve azzardarsi a parlare di te così, nessuno deve farlo!”. La voce di Marcela era ancora tremante e il volto arrossato, ma lo teneva ancora basso per evitare di incrociare gli occhi di La Fontaine che sorrise a quelle parole. “- Non ti ho mai visto così furiosa, però… niente male, bambolina!” Ridacchiò poi per allentare la tensione e provare a farla distrarre, beccandosi uno scappellotto abbastanza forte dietro la nuca. “- Non mi importa delle voci sul mio conto, ma nessuno deve osare dire cose del genere sulle persone che amo.” A quelle parole, il biondo si illuminò e un altro bel sorriso gli si dipinse sul volto, mentre con una mano continuava a massaggiarsi la parte lesa, colpita dalla donna. “- Allora… significa che mi ami ancora?”. Quella domanda spiazzò la Parodi che sollevò di poco lo sguardo, pur tenendolo ancora fisso di fronte a sé. Lo amava? Sì, era sicura di ciò, perché altrimenti fare quella scenata a Martinez? Non aveva dimenticato il suo Mati e mai lo avrebbe fatto. Poteva essere stato solo perché ci tenesse ancora tanto a lui, eppure non riusciva a fidarsi, a seguire l’istinto che le aveva permesso, in passato, di diventare la sua fidanzata… era quello il vero problema. “- Perché, pensi che io abbia mai smesso di farlo?” Quella frase… Matias credé di sognare ad occhi aperti e prontamente le sollevò il volto con due dita sotto al mento, costringendola a guardarlo negli occhi, ne sentiva il bisogno per capire se fosse davvero tutto così vero: quelli della bruna erano arrossati, seppure il loro celeste fosse ancora vivido e luminoso, avendo l’effetto di farlo rabbrividire. L’istinto di baciarla superò ogni ragionamento e, lentamente, avvicinò le sue labbra a quelle di lei, sfiorandogliele prima piano, quasi avesse paura di venire respinto, poi con maggiore trasporto, animando quel gesto e rendendolo più travolgente e appassionato. Si staccarono per mancanza di fiato dopo un po’ e lei ritornò a fissare dritto di fronte a sé: “- Questo non significa che ti perdono, La Fontaine…” Balbettò a disagio, sentendo ancora un ultimo brivido percorrerle la schiena per quel bacio tanto atteso e sognato. “- … Devi… devi promettermi che non tradirai mai più la mia fiducia, che metterai la testa a posto e che troveremo una soluzione per Jade.” Matias l’osservava ancora imbambolato, ma si apprestò ad annuire, afferrandole una mano e facendo sì che lei si voltasse ancora verso di lui. “- Sto lavorando, mia sorella grazie all’intercessione di Germán non è stata denunciata e ti prometto che mi prenderò cura di lei… anche se ormai si è fidanzata con Nicolas, il proprietario dell’albergo in cui siamo, dunque credo non debba più badare ad evitare le sue follie…” Iniziò il biondo con tono sicuro, specchiandosi nello sguardo della donna che rimase sconvolta in particolare per quell’ultima novità, sperando soprattutto che, se davvero avesse deciso di dargli un’altra opportunità, quella volta lui non avrebbe rovinato tutto. “- …E poi ti amo… e ti giuro che non posso stare ancora un secondo lontano da te.” Sentenziò Matias serio, rafforzando la stretta delle loro mani. “- Comunque ho messo la testa apposto, ne hai le prove, ispettorice… altrimenti avrei già preso a pugni quel tizio che ha parlato di me, te e Jade in quella maniera.” A quelle parole entrambi si sciolsero in una sorriso e lei annuì con decisione: “- Non ti preoccupare, ci ho pensato io a dargli una bella lezione!” Sentenziò, tornando glaciale Marcela, facendo ruotare gli occhi al cielo al biondo, mentre i suoi erano tornati colmi di rabbia verso Gonzalo e le sue battutacce sulle persone a cui teneva. “- Sì, ho notato… mi sa che devo fare attenzione con lei, mia bellissima principessa…” Matias prima si mise in piedi e poi si inginocchiò su quello che era l’ultimo scalino prima di un elegante prato inglese che rendeva l’accesso all’Hotel molto raffinato e, recuperando la scarpa di lei, gliela infilò con grazia, facendola scoppiare a ridere. “- Sei un idiota! Però almeno sei galante! Un principe azzurro con i fiocchi! Quasi perfetto, oserei dire!” Esclamò divertita, alzandosi poi anche lei afferrando la mano che lui gli tese e, senza pensarci troppo, abbracciandolo di slancio. “- E va bene, tanto meglio! Una come te si annoierebbe con il classico principino tutto rose rosse e cavallo bianco!” Ammiccò l’uomo, tenendola ancora stretta sé per la vita. “- E tu hai bisogno di una principessa sana di mente… un folle in casa basta e avanza!” Lo riprese lei, sciogliendo quell’abbraccio e ritornando a guardarlo negli occhi, innamorata come forse mai prima. Voleva fidarsi, non poteva stargli ancora lontana e sentiva che potevano realmente ricominciare, insieme. La luna, alta nel cielo, li illuminava con la sua luce bianca e, finalmente, tutti e due sentivano di poter ripartire da zero: non erano una coppia perfetta e lo sapevano entrambi… ma, in fondo, una storia troppo perfetta non sarebbe da loro, non da Matias e Marcela.
 
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Asldfofogo ma quanto sono dolciosi questi due, aw! :3 So che questa One Shot è una follia ma… perdonatemi, io li adoro! (Non si era capito dalla storia, vero? xD). I Maticela sono una coppia strana, particolare... xD Eppure, amandoli un sacco, volevo dedicargli già da tempo una piccola storia come questa, dunque eccola qui… :3 Che dire? Grazie a chi leggerà, recensirà e spero che vi piaccia! :3
Alla prossima, ciao! :)
DulceVoz. :)

  
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