Storie originali > Thriller
Segui la storia  |       
Autore: LadySparrow    20/10/2014    0 recensioni
Le sorelle la guardarono con occhi spalancati. “Ethel, cara, cosa stai facendo?” sussurrò Clarice “Non stavi riposando?”
“Le farfalle bianche.” mormorò Ethel con aria sognante “ Vedo le farfalle bianche.” Sorrise dolcemente, ma il suo sguardo era perso nel vuoto.
Genere: Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Onirica realtà

Onirica realtà

Le ginocchia di Hanna cominciarono a tremare, la casa iniziò a girarle intorno e senza neppure rendersene conto cadde a terra priva di sensi.

Era svenuta all’entrata del bagno, eppure quando si risvegliò non era più lì ma nel salotto, distesa sul tappeto. Con fatica, sollevò la schiena per mettersi seduta. Si portò una mano dietro la nuca; le faceva male, probabilmente aveva battuto sul pavimento.

Avvertiva ancor una sensazione di stordimento, non riusciva a ricordare perché fosse svenuta, poi ad un tratto le tornò in mente, in un flash, l’immagine di un bambino con la testa insanguinata e il lavello del bagno aperto.

Forse si era trattato di un incubo. Forse, pensò, riacquistando lucidità, si era addormentata sul divano e, girandosi, era caduta finendo sul tappeto.

Si convinse di ciò, ma, suo malgrado, alzatasi in piedi si guardò attorno. Non udiva alcun rumore né le sembrava che qualcosa fosse fuori posto.

Si diresse in cucina e guardò l’orologio appeso alla parete: erano le 22:00 e suo marito non era ancora tornato.

Ad un tratto udì una vocina sottile, quasi un sussurro, la voce di un bambino.

D’istinto si immobilizzò, sgranando gli occhi e concentrandosi solamente su quel suono. Nel suo incubo il bambino stava in bagno ma quella voce proveniva dalla camera da letto.

Uscì dalla cucina con estrema lentezza nel tentativo di fare meno rumore possibile. La sentì con maggiore chiarezza finché, avvicinatasi alla porta della camera da letto, riuscì a distinguere ogni parola. “Le farfalle bianche sono morte. Le farfalle bianche sono morte.” La voce continuava a ripetere la stessa frase ancora e ancora.

Hanna rifletté per un istante, non era la prima volta che udiva quelle parole; poi si ricordò: Ethel aveva detto la stessa cosa, ma con tono molto più addolorato.

Aprì appena la porta della camera. La stanza era completamente buia. Aprì la porta un po’ di più per poter vedere qualcosa. La luce proveniente dal corridoio mostrò una figura piccola, seduta per terra accanto al letto. Hanna socchiuse gli occhi per mettere meglio a fuoco ed una morsa di terrore le prese lo stomaco perché il bambino che vide era identico a quello che aveva sognato, ma stavolta non aveva alcuna ferita. La guardò negli occhi “Le farfalle bianche sono morte. Le hai uccise tu?” mormorò. Le sue pupille erano grigie e il suo sguardo era vuoto.

Hanna terrorizzata chiuse immediatamente la porta, poggiandosi ad essa con la schiena. Chiuse gli occhi per cercare di comprendere ciò che aveva appena visto. Possibile che stesse ancora sognando? Hanna aprì gli occhi, corse verso la cucina e controllò nuovamente l’ora: le 22:05. Si rese conto che era tutto eccessivamente  realistico per essere un sogno; il tempo scorreva in modo troppo regolare e in quel momento capì che mai si era addormentata; era svenuta a causa di quel bambino e ciò significava che era reale, doveva essere reale.

Si precipitò verso la borsa, ancora poggiata sul divano e cercò il cellulare. Compose il numero di suo marito. Due squilli, poi un suono gracchiante “Jack? Jack? Mi senti?”

“Pron-to? Han-na?” La sua voce le arrivava ad intermittenza.

“Jack?”

 “Han-na? Che co-sa…c’è?”

“Mi senti? Dove sei?” la sua voce prese una tonalità isterica.

“No… non ti…sen-to…a-aspet-ta che mi…”

Per un paio di secondi lei non sentì più alcun suono, poi udì nuovamente la voce del marito e questa volta distintamente.

“Hanna? Mi senti adesso?”

Lei cercò di tranquillizzarsi. “Sì, adesso sì.”

“Ti sento agitata. Che cosa è successo? Perché mi hai chiamato?” non sembrava preoccupato, bensì spazientito.

“C-come perché ti ho chiamato?” non capiva. “Di solito non torni così tardi dal lavoro. Quando vieni a casa?”

“Che vuol dire “quando vieni a casa?” Hanna, io sto lavorando, non mi sto divertendo e poi ti ho lasciato anche un messaggio nella segreteria per avvisarti che sarei tornato molto tardi.”

Era veramente arrabbiato. Lei guardò il telefono poggiato sul mobile del corridoio e solo allora si  accorse che stava lampeggiando.

“Ah! Mi dispiace. Io… non ci ho fatto caso. È solo che…”

“Cosa? Che c’è? Senti, devo tornare a lavorare.”

“È successa una cosa… perlomeno, io credo che sia realmente accaduta. Comunque…”

Dall’altro capo del telefono Jack fece una smorfia di disappunto, pensando che la storia di Ethel avesse scosso seriamente i nervi di sua moglie.

La voce di Hanna cominciò a tremare;ormai la controllava a stento. “Non mi sento molto bene. Ti prego,” chiuse gli occhi, sperando di ricevere una risposta positiva “puoi tornare a casa, adesso?”

“Come?! Tesoro, ascoltami, sei molto stanca. Perché non vai al letto e ne parliamo con calma domani?”

Hanna non riuscì a trattenere le lacrime. “No, no jack, non ce la faccio a dormire. Sono troppo spaventata!”

“Sei spaventata? Perché?” si sentì terribilmente confuso dal comportamento di sua moglie “Qualcuno è entrato dentro casa?”

“Sì, qualcuno è entrato.” gli rispose, sentendosi estremamente rincuorata dal fatto che suo marito le avesse fatto quella domanda.

Quello che aveva visto era talmente surreale che ancora non era stata in grado di raccontarlo.

“Chi? Un ladro?”

“No, almeno non penso…”

“Allora chi?”

“Un bambino.”

“Un bambino?” in iniziò seriamente a perdere la pazienza “Un bambino.” Ribadì “Tu mi hai chiamato perché un bambino è entrato in casa nostra.” Il suo tono era diventato sarcastico.

“Sì Jack, ma…”

“No Hanna.” la interruppe bruscamente, con voce bassa nel tentativo di trattenere la rabbia “Tu adesso vai a dormire e domani mattina, sperando che tu sia un po’ più lucida, parleremo di questa storia.” Chiuse la telefonata.

Lei per qualche istante rimase pietrificata, in piedi, davanti al divano. Senza neppure rendersene conto si sedette. Aveva ancora il cellulare attaccato all’orecchio. Neanche riusciva a pensare. Poi ad un tratto cominciò a realizzare la situazione: suo marito quella sera non sarebbe tornato e lei non aveva la minima intenzione di addormentarsi dentro quella casa, da sola. Fu presa da una crisi di panico e cominciò a singhiozzare, talmente forte che quasi le mancò il respiro.

Non poteva lasciare che la paura prendesse il sopravvento, doveva reagire. Improvvisamente fece un altro numero di telefono.

“Pronto? Ben?” desiderava tenere a bada i singhiozzi ma non riusciva a riprendere padronanza di sé.”

“Pronto? Hanna? Ma… stai piangendo?” Ben era perplesso.

“No, cioè… un po’.” Alzò gli occhi al soffitto, cercando di calmarsi al fine di articolare una frase che avesse senso compiuto.

“Hai da fare?”

“Intendi ora?”

“Sì.”

“No, veramente stavo per andare al letto. Lucy credo si sia appena addormentata.”

“Posso venire da te?”  

“Venire da me? Ora? Ma… perché hai il respiro affannato? Jack non è in casa?” Ben non sapeva più quale domanda rivolgerle.

“No, Jack non c’è. Ben, ti prego, non riesco a rimanere qui da sola.”

Lui inconsapevolmente sgranò gli occhi, stentando a credere a ciò che aveva sentito. Hanna sembrava disperata e lo aveva appena implorato di starle vicino.

“Sì, sì certo. Vieni se ti fa stare meglio.”

Lei riuscì finalmente ad accennare un sorriso. “Grazie Ben, grazie.”

“Sei in grado di guidare? Vuoi che ti venga a prendere io?”

“No, tranquillo. Ce la faccio. Arrivo subito…grazie.”

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Thriller / Vai alla pagina dell'autore: LadySparrow