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Autore: SamuGabb    20/10/2014    2 recensioni
Quando Sherlock Holmes si trova in uno stato di noia, anche per poco tempo, diventa sempre pericoloso. Una sera di fine Gennaio stava facendo su e giù senza sosta nel soggiorno del 221B di Baker Street, sperando e quasi pregando qualsiasi divinità esista che gli si presentasse davanti qualcosa che lo avrebbe tenuto occupato.
Per fortuna, la sua preghiera venne esaudita ancora prima che poté iniziare a sparare al muro come suo solito – ma nel peggiore dei modi.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lestrade, Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Quello che segue è frutto di una traduzione dall'inglese dell'omonima Fanfiction scritta dall'utente Bellarsam Chrisjulittle sul sito fanfiction.net.
link dell'originale

Quando Sherlock Holmes si trova in uno stato di noia, anche per poco tempo, diventa sempre pericoloso.
Una sera di fine Gennaio stava facendo su e giù senza sosta nel soggiorno del 221B di Baker Street, sperando e quasi pregando qualsiasi divinità esista che gli si presentasse davanti qualcosa che lo avrebbe tenuto occupato.
Per fortuna, la sua preghiera venne esaudita ancora prima che poté iniziare a sparare al muro come suo solito – ma nel peggiore dei modi.


Ad un tratto il suo cellulare iniziò a squillare, facendolo sobbalzare e spingendolo a lanciarsi sul telefono dandogli giusto il tempo di far comparire il nome di Lestrade sullo schermo. “Se Lestrade mi sta chiamando vuol dire che ha un caso per me, finalmente! Se fosse urgente, sarebbe venuto di persona, ma mi accontento lo stesso!”.
“Ah, Lestrade,” lo salutò con un tono pacato che non fece trasparire affatto il suo disperato e annoiato bisogno di svagarsi. “Hai un caso per me?”
“Sherlock, grazie a dio hai risposto. Uhm… no, è solo che… Cristo, come posso…”
Il detective diventò subito confuso (e preoccupato, ma non lo ammise) dal tono e dall’esitazione dell’ispettore Lestrade. C’era qualcosa di strano che fece capire a Sherlock che ciò di cui stava per avere conoscenza non era affatto niente di buono. “Lestrade? Che succede?”
Sentì l’ispettore detective fare un sospiro enorme. “Si tratta di Molly, Sherlock… è stata coinvolta in un incidente.”
Sherlock rimase di sasso, sia il suo respiro che il suo cuore si fermarono per un momento. Immediatamente, la sua brillante ed organizzata mente si cosparse di immagini di Molly ferita, piena di contusioni che –tenendo conto del tono di Lestrade- erano molto gravi. Rimase immobile in quel modo per un millisecondo prima di strappare via il suo pigiama e vestirsi per uscire. Nel frattempo continuò a tenere il cellulare all’orecchio, per non perdere una parola di quanto Lestrade stesse dicendo. “Dove è? È già al St. Bart o c’era un altro ospedale più vicino?”
“No, no, Sherlock… lei… lei non ha bisogno di andare all’ospedale.”
Sherlock si impietrì di nuovo. Immagini ancora più terribili riempirono la sua testa: Molly che non respirava, bianca come la neve e fredda come il ghiaccio, i suoi caldi e marroni occhi ora morti e senza vita, il suo corpo pallido e debole nelle sue braccia…no no no no no NO NO NO NO NO
“Sherlock? Ci sei?”
Il detective non si era accorto della lacrima che era fuggita dai suoi solitamente asciutti occhi e aveva percorso la curva della sua guancia destra. Si mosse prendendo un grande, tremolante respiro, e rispondendo con un tono basso e deciso. “Si.”
“Molly sta fisicamente bene, Sherlock. Si è solo fatta qualche graffio.”
L’ondata di sollievo che scosse Sherlock fu così grande e bella che cadde in ginocchio, giusto sull’uscio del 221B. Non se ne accorse, ma un’altra lacrima scese giù fino al suo altro zigomo.
Lestrade continuò a parlare, e Sherlock continuò ad ascoltare ogni sua parola, con il suo cellulare premuto a più non posso contro l’orecchio.
“È stata veramente fortunata, Sherlock, poteva andare peggio. Sembrerebbe che il suo viaggio in taxi verso casa da lavoro sia stato abbastanza tortuoso. Il guidatore, preso da un raptus, ha iniziato senza motivo a guidare per venti isolati MOLTO al di sopra del limite di velocità ed ignorando ogni regola del codice stradale. Molly ha cercato di parlare con il conducente, ma solo dopo vari incroci saltati è riuscita a farsi aprire la portiera e a rotolare per terra non appena toccato l’asfalto; subito dopo delle persone che passavano di lì sono accorse ad aiutarla, ma il conducente subito dopo si è schiantato dritto contro un camion che attraversava l’incrocio più avanti, facendo esplodere il taxi ed uccidendo sul colpo il conducente, mentre Molly e i testimoni assistevano a quell’orribile spettacolo.”
Ogni parola di questa storia fece ribollire il sangue di Sherlock finché non arrivò al limite. “Fottuti taxi!” urlò dentro di sé.
“Sherlock, ci sei?”
“Si, Lestrade” rispose Sherlock, felice di essere distratto dalla sua rabbia. Ciò su cui aveva bisogno di concentrarsi ora era Molly. “Dove è adesso?”
“È al sicuro nel retro della mia auto,” rispose Lestrade. “Ha malapena spiccicato una parola da quando tutto questo è successo, e non me la sento di portarla a casa sua dato che non avrebbe nessuno a farle compagnia.”
“Hai assolutamente ragione, portala qui.” Queste parole uscirono dalla sua bocca ancora prima che riuscisse a pensarle, ma non se le rimangiò. Era stato onesto: dopo quello che Molly aveva sopportato, il pensiero di saperla da sola lo fece stare male. Più di ogni altra cosa, Sherlock aveva bisogno di vederla, di averla con sé, così che potesse rassicurarsi che stesse bene, che non se ne fosse… andata per sempre.
Ci fu silenzio all’altro capo della linea per un momento, e poi Sherlock sentì un sospiro di sollievo. “Lo farai? Grazie mille, era quello che stavo per chiederti, e non ero sicuro che avresti voluto.”
“Perché no?” esclamò subito Sherlock, sentendosi abbastanza offeso dall’affermazione di Lestrade.
“Beh, so che voi due non siete stati molto bene insieme questi ultimi mesi. In più –senza offesa amico, ma è vero- è abbastanza difficile immaginarsi tu che ti prendi cura di qualcuno sapendo che nemmeno riesci a prenderti cura di te stesso.”
“Sono sdegnato!” rispose Sherlock, infastidito. “Sono un uomo adulto!”
“Mm-hm” fu la molto scettica risposta. “Ad ogni modo, Sherlock, so che sarà al sicuro con te. E qualsiasi schifo stiate attraversando o abbiate attraversato voi due, so che si sentirà protetta con te, e proprio adesso ne ha bisogno più di ogni altra cosa.”
“Ha ragione” pensò Sherlock. “È proprio ciò che è più importante ora, e con me è il posto più sicuro dove possa trovarsi”. Decidendo di non dare uno sguardo troppo profondo a questa situazione sentimentale, Sherlock parlò con il suo solito tono di voce. “Aspetterò il tuo arrivo.”
“Ci vediamo tra venti minuti” disse Lestrade prima di riattaccare.
Sherlock passò i successivi venti minuti andando avanti e indietro, controllando fuori dalla finestra, e mandando messaggi con il suo telefono molto velocemente. Alla sua rete di senzatetto aveva ordinato di controllare ogni tassista della città, e di mandargli ogni informazione disponibile riguardo quelli sospetti. È vero, i colleghi di Mycroft avevano migliori risorse e mezzi, ma Sherlock aveva tre ragioni per aver scelto questo mezzo di investigazione: la sua rete faceva riferimento a lui, non a suo fratello; coloro che sono reietti dalla società possono osservare le persone meglio della gente normale; e infine sapevano distinguere meglio i segni da cercare più degli incapaci tirapiedi di Mycroft. Si sarebbe occupato degli autisti di Londra solo una volta sicuro che Molly stesse bene. “Se quell’autista avesse tentato di uccidere me, ci sarei potuto passare sopra, ma se cerca di fare male alla mia Molly… beh.”
“Aspetta un momento… la Mia Molly?”
La visione della macchina di Lestrade che faceva manovra fuori dall’edificio riportò Sherlock alla realtà e lo allontanò da quel treno di pensieri. Senza esitazione, Sherlock corse fuori dal suo appartamento, giù per le scale, e fuori dalla porta d’ingresso non appena Lestrade uscì dalla macchina. Sherlock raggiunse lo sportello posteriore prima di lui, e lo aprì talmente velocemente ed ansiosamente quasi da impaurire la passeggera.
La vista di Molly fece esplodere il suo cuore. Sembrava abbastanza stanca e ancora più triste. La sua postura era decadente, le sue mani erano congiunte in modo molto stretto, le sue guance non erano rosse e nemmeno i suoi occhi avevano quella loro solita scintilla. “Molly” la chiamò dolcemente, entrando dentro e slacciando la sua cintura di sicurezza. Poi, molto gentilmente, l’aiutò ad uscire dalla macchina.
Adesso in piedi sul marciapiede, Sherlock poté sentire come Molly fosse debole ed assente per lo shock. Agendo di puro istinto dritto dal cuore, Sherlock cinse le sue braccia attorno a lei, stringendola forse a sé. Il suo naso annegò nei suoi capelli, e la faccia di Molly venne accolta dal calore della sua sciarpa. Entrambi stavano rassicurando l’un l’altra che il pericolo era finito e che lei era al sicuro.
Dopo che Lestrade ebbe schiarito la sua gola, Sherlock si ricordò che era ancora lì e lo guardò. L’ispettore stava accennando ad un sorriso. “Chiamerò più tardi per sapere come sta,” disse. “Prenditi cura di lei, Sherlock.”
Sherlock annuì appena prima di posare nuovamente la sua guancia sopra la testa di Molly. Ascoltò il rombo della macchina che se ne andava. Ma Sherlock non riusciva ad allontanarsi da Molly, poiché la sua presa sul cappotto si strinse ancora di più. Il suo sguardo si fissò con il suo, ed ognuno poté vedere quanta paura c’era negli occhi dell’altro
“Crede davvero che la lascerei ora?” Pensò. Guardandola più attentamente, ora riuscì a vedere un piccolo taglio sopra il suo occhio destro che era stato medicato, prova di cosa aveva passato. Resistette a passarci sopra le sue labbra. Il suo braccio le circondò la spalla rassicurandola. “Entriamo, Molly.”
Si appoggiò a lui mentre varcarono la porta del 221B, ma Sherlock era molto nervoso, forse impaurito. Le parole di Lestrade riguardo la sua incapacità di occuparsi di Molly riecheggiarono nella sua testa. E se non avesse fatto altro che peggiorare le cose? Oh, se solo John non stesse passando il weekend in campagna con sua moglie incinta! Lui sì che saprebbe cosa fare; sapeva sempre cosa fare quando i suoi clienti lasciavano trasparire le loro emozioni. E se magari fosse riuscito solo a far sentire Molly ancora peggio di come già si sentiva?
Una leggera voce che sembrava quella di John (che probabilmente era la sua coscienza, spesso seccante ma sicuramente non in questo momento) gli parlava nella sua testa:
“Non pensare troppo: lasciati portare dal cuore, e saprai cosa fare.”
Sherlock trasalì. Sicuramente questo non faceva parte della sua esperienza ma… osservando lo sguardo triste e sconsolato di Molly, decise di provarci comunque.
Una volta dentro, Sherlock chiuse la porta a chiave (aveva già visto troppo del mondo là fuori, oggi) e la fece sedere sul divano, ma lei continuò a non lasciare la presa sul suo cappotto. Guardandola nei suoi occhi impauriti, Sherlock unì le sue mani a quelle di Molly. “Adesso vado in cucina e ti preparo qualcosa. Solo… stai qui, seduta. Torno subito.”
Finalmente, le gote della pallida Molly ripresero colore, e Sherlock si sentì libero da un grosso peso. Lei guardò in basso e lasciò le sue mani, annuendo. Appena alzatosi, il detective si accorse di essere imbarazzato dalla sua vulnerabilità. Poteva certamente capirlo. Ricordandosi il consiglio della sua coscienza, Sherlock si chinò e baciò il suo sopracciglio prima di andare in cucina, non curandosi della reazione di Molly.
Una volta in cucina, dopo essersi liberato del suo cappotto e della sciarpa, si accorse che non aveva idea di cosa fare. Tè? Una scelta logica. Ma la signora Hudson aveva finito i biscotti, e aveva solo l’Earl Grey, mentre Molly beveva solo Tè Verde. Il pensiero di correre giù al bar per prenderne un po’ era fuori questione; non la avrebbe lasciata sola ora. Aprendo la quasi vuota credenza, Sherlock cercò qualcosa di appropriato da darle. Il caffè non sembrò la scelta giusta in quel caso…
Poi vide qualcosa in fondo ad una credenza che teneva per casi d’emergenza: Cioccolata calda e marshmallows. Sorrise. “Perfetto.” Ne aveva sempre una scorta per quei momenti da “umano depresso” che erano diventati frequenti da quando era tornato a Londra. Era quello che sua madre gli preparava sempre quando era piccolo e si sentiva male. A volte, era convinto che non sarebbe riuscito a superare la morte di Redbeard senza quella magnifica bevanda. (nota del traduttore: Redbeard era il cane che Sherlock possedeva quando era piccolo)
Preparò velocemente la bevanda, sapendo che sarebbe stata squisita, e ne portò due tazze fumanti nel salotto. Molly sembrava non essersi mossa dalla sua posizione sulla poltrona. Sherlock si accorse che le sue labbra tremavano leggermente e che stava ondeggiando avanti ed indietro, i suoi occhi parevano distaccati e con le pupille dilatate. Ancora, il suo cuore ebbe un sussulto, e di nuovo, le baciò il sopracciglio. Questo riportò la sua attenzione a lui, che accennò ad un sorriso notando le gote di Molly che prendevano nuovamente colore. “So che sei ancora lì, mia Molly.”
“Prendi questa” disse, porgendole una tazza. La prese con molta delicatezza, chiudendo i suoi occhi dal piacere del sapore mentre ne beveva un sorso. Aprì di nuovo i suoi occhi e lo guardò.
“Grazie”
La sua voce era così bassa e tranquilla, ma Sherlock si rasserenò che Molly avesse parlato. Si sedette accanto a lei sul divano, ed entrambi bevettero in silenzio per qualche minuto.
Volendo riempire quel silenzio, Sherlock prese il telecomando ed accese la TV. Stava passando in rassegna i canali, guardando Molly per cogliere un qualche segno di approvazione. Quando trovò una replica di Call the Midwife (nota del traduttore: “L’amore e la vita”, serie TV britannica della BBC ambientata negli anni ’50) e gli occhi di Molly si accesero con una scintilla. Sherlock sorrise e mise giù il telecomando.
Mentre guardava il programma, bevendo la sua cioccolata calda e rilassandosi piano piano, Sherlock lanciava delle occhiate a Molly mentre faceva finta di seguire il programma. La sua mente ripercorse gli ultimi mesi. Era stata tutta colpa sua, ovviamente: il suo ritorno all’uso di droga (per svolgere un caso), il suo finto fidanzamento (per svolgere un caso!), venire sparato (PER SVOLGERE UN CASO!), sparare ad un uomo (perché aveva perso un caso…), e non parlarle del suo esilio (Molly lo scoprì non appena il falso pericolo di Moriarty venne eliminato). Si… sicuramente doveva chiedere molte scuse, ma il fatto che lei comunque si sentiva al sicuro con lui voleva dire che, sebbene non si fidasse più delle suo parole o delle sue azioni, adesso si fidava di lui con la sua vita. “Niente è perduto, allora…”
Il programma finì, e Sherlock vide che, avendo finito la sua tazza di cioccolata calda, Molly riusciva malapena a tenere i suoi occhi aperti, con la sua testa appoggiata contro il sofà e il suo corpo abbandonato nella direzione del detective. Sherlock si alzò e, prendendola per mano, la aiutò ad alzarsi. Non oppose resistenza.
“Vieni con me” disse, sempre seguendo il consiglio della sua coscienza (fino ad ora, aveva avuto risultati eccelsi). Sherlock la accompagnò alla porta del bagno, e disse “Aspetta qui” ed entrò nella sua camera. Prese un asciugamano e il suo pigiama di riserva. Tornò da lei, le dette l’asciugamano e il pigiama e disse “Fatti un bagno o una doccia, come preferisci. Poi vai pure nella mia stanza, puoi usare il mio letto stanotte.”
Lei aprì la bocca, sicuramente per protestare, ma Sherlock la zittì con un dito (era veramente difficile ignorare la vampata che Sherlock ebbe toccando le sue piccole ma perfette labbra). “Dopo tutte le volte che ho occupato la tua stanza, Molly Hooper, meriti che ti ritorni il favore almeno una volta.” Abbassò il suo dito, strusciandolo per sbaglio contro l’escoriazione ancora fresca.
Molly chiuse la bocca, annuì e disse:
“Grazie.”
Sherlock chiuse la porta del bagno e lasciò Molly da sola. Dopo aver ripulito le due tazze vuote, andò nella sua camera da letto per aspettarla. Ovviamente sarebbe uscito non appena sarebbe rientrata, ma voleva essere sicuro che si trovasse a suo agio.
“Perché Lestrade dubitava che potessi fare questo? Non è nemmeno lontanamente difficile o seccante come credevo che fosse…”
Dopo poco, Molly aprì la porta della camera e si fermò sull’uscio, vedendo che Sherlock era seduto sul letto. Velocemente si alzò e le chiese “Hai bisogno di altro?”
Molly agitò la testa, facendo trasparire un piccolo ma sincero sorriso. Era il primo sorriso che gli dava da mesi, e riscaldò il suo cuore. Si allontanò dal letto per farle spazio. Prima che gli passasse accanto, si fermò e prese la sua mano. La strinse gentilmente.
“Grazie.”
La sua voce era ancora debole, ma indubbiamente sincera. Sherlock le diede un sorriso, e stavolta le baciò la guancia – stavolta non un gesto di scusa o gratitudine, ma puro affetto-. “Dormi bene, Molly Hooper.”
Uscì dalla camera da letto, chiudendo piano la porta dietro di sé.
Purtroppo, il suo desiderio non si avverò.
Molte ore dopo, Sherlock era sveglio da un pezzo sul divano, e stava rispondendo ai facili casi postati sul suo sito. Appena finì di rispondere alla ventesima e-mail, sentì dei suoni giungere dalla sua camera da letto, sbadigli che potevano venire da una sola persona. In mezzo secondo, Sherlock si alzò in piedi e si diresse verso la porta. La aprì leggermente, per non farle prendere un colpo, e nella leggera luce della stanza, vide Molly nel suo letto (non poté obiettare che era un bel vedere). Era ancora addormentata, ma stava avendo un incubo. Il suo corpo si contorceva e rigirava, i suoi occhi erano chiusi stretti, e lacrime rigavano le sue guance e il suo pianto si fece sempre più forte: “Fermati, per favore… rallenta… non devi… non è troppo tardi… rallenta, fermati!... per favore!”
La sua John-coscienza parlò forte e chiaro: “Che cazzo fai lì impalato, mezzasega?”
Sherlock accorse al letto, si infilò sotto le coperte accanto a lei, e la strinse tra le sue braccia. “Shh, Molly… va tutto bene, sei al sicuro ora…è tutto finito…”
La guardò mentre, nel suo sonno, si attaccò al pigiama di Sherlock come fece la sera prima con il cappotto, e affondò la sua faccia contro il suo petto. La sua presa si fece più forte contro di lei, e le labbra di Sherlock toccarono le orecchie di Molly mentre continuava a mormorarle le più belle parole di conforto che potevano venirgli in mente, dritte dal cuore. “Sono qui, non andrò da nessuna parte… ti terrò al sicuro… non lascerò che nessuno ti faccia del male, Molly…”
Sentendo i suoi pianti calmarsi, il suo respiro rallentare e il suo cuore smettere di martellare, Sherlock si rese conto di quanto era andato vicino a perderla. Poi si accorse che la stava già perdendo da mesi, per colpa del suo egoismo e dei suoi stupidi errori, e quello che era accaduto oggi poteva tranciare via gli ultimi legami che erano rimasti tra loro due.
Sherlock finalmente capì cosa il suo cuore (e la sua John-Coscienza) avevano pensato dapprima che il suo cervello volesse ammetterlo. Non volendo più mandare tutto a puttane e ripetere gli stessi errori, Sherlock sussurrò allora alla Molly dormiente.
“Voglio che resti, Molly, finché ne hai bisogno. Così potrai sentirti di nuovo al sicuro… ma non voglio che te ne vada… non POSSO perderti, Molly, e non posso nemmeno rischiarlo, perché è già successo ed è stata tutta colpa mia… Mi prenderò cura di te, così come tu hai sempre fatto con me… Quando ti svegli, sarò proprio qui, e saprai e mai dimenticherai… quanto tu valga per me, mia Molly…”
Volendo essere riposato appieno e pronto per l’importante conversazione che avrebbero avuto il giorno dopo, che avrebbe cambiato la loro vita si spera per il meglio, Sherlock si addormentò, con il nome di Molly sulle labbra e adesso per sempre inciso nel suo cuore e nella sua anima.

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Spero veramente che vi sia piaciuta quanto è piaciuta a me, e se volete date un'occhiata a quella originale, che sicuramente nella lingua madre rende molto meglio!
Tutti i meriti vanno ovviamente all'autrice originale, il mio è solo stato un lavoro di traduzione ed adattamento (che spero venga ritenuto ben fatto anche da voi) che mi sono preso la briga di fare quando la mia ragazza (anche lei fissata con Sherlock) mi aveva confessato di essere disperata perchè aveva finito le fanfiction SherLolly da leggere, quindi mi sono messo a tradurne una inglese per lei.
Peace & Love! ;)
   
 
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