File 10.
“ Usa l'immaginazione e non annoiarmi. ”
Si era rimesso
completamente dalla vicenda della sparatoria; dopo i giorni
prescritti di riposo assoluto aveva riottenuto la propria scrivania,
le proprie indagini e perfino le telefonate della moglie, la quale
era venuta a sapere dell'incidente e Lestrade decise di incontrare
un'altra volta. Vivevano ormai separati e la sua vita stava
cominciando ad avere nuovamente degli stimoli, nonostante tutto,
nonostante i dubbi, nonostante i pensieri di voler rifarsi una vita e
di ricominciare da capo, come avrebbe dovuto fare molto tempo
addietro. E lo sapeva bene, così come sapeva che, alla sua
età era
un po' tardi tentare di ricominciare tutto da capo; nonostante
Mycroft Holmes, con cui si trovava spesso a passare cene e serate
insieme, in casa e non; condividendo talvolta lo stesso letto, anche
se ci furono nottate in cui il letto, nemmeno lo vedeva: costretto a
pericolosi appostamenti notturni, inseguimenti e nottate che parevano
durare un'eternità; ma malgrado le difficoltà
costanti che
comportava, il suo mestiere lo amava, così come amava
restare
sull'attenti come se ne dipendesse la sua stessa vita e la sensazione
adrenalinica che ne conseguiva, la soddisfazione di prendere con le
proprie mani i criminali, i sensi perennemente allerta, e infine la
calma assoluta guardando l'alba londinese, con una bella tazza di
caffè caldo in cima ad una collina. C'erano sensazioni che
solo la
notte sapeva donare.
Talvolta il letto di casa, non lo vedeva
nemmeno Mycroft: costretto a riunioni di massima importanza e
segretezza fuori Londra. Era lui a controllare il tutto, a mantenere
la pace e a far sì che crollassero Governi, eccetto il suo.
Un
lavoro, se così si poteva chiamare, al di fuori della
normalità:
sangue freddo, deduzione, nessuna compassione. C'erano sensazioni che
solo il potere sapeva donare.
Arrivò il freddo pungente e la
conseguente nostalgia natalizia che quell'anno precedeva le
festività;. dalla casa dei genitori a Birmingham dove si
trovava
quel Natale, Gregory poté sentire le lamentele di Mycroft,
costretto
al pranzo natalizio in famiglia Holmes, nel Sussex: odiava quel
periodo e glielo fece imprimere in ogni singolo angolo della propria
mente, vietandogli perfino di parlarne di fronte a lui, così
come
gli vietò definitivamente ogni tipo di decorazione, fatta
eccezione
per alcune piccole candele decorative sul camino, promesse quando era
inchiodato in quel letto d'ospedale, ed una volta tornato gliele fece
togliere tutte quante, complice il suo silenzio che pareva
più
melodrammatico delle parole. Successivamente, si dedicò
mestamente
al lavoro, risolvendo casi completamente da solo, consultando
Sherlock soltanto per tenerlo sotto controllo; anche se era sicuro
che John Watson lo facesse meglio di chiunque altro; lui doveva
occuparsi della propria vita, evitando di cascare in quel baratro
denominato “solitudine”, nonostante i sentimenti,
nonostante i
dubbi su questi ultimi che divenivano sempre più certezze e
ne era
quasi spaventato, tanto da decidere di rientrare per un brevissimo
periodo a casa propria, allontanandosi e scoprendo che non era
servito a nulla, se non sentirsi ancora più solo: troppi
ricordi,
troppo amore sprecato a cui avrebbe potuto dedicarlo a qualcun altro
e che già, inconsciamente e flebilmente, stava facendo.
Capì che
per vivere, aveva bisogno di distrazioni, concentrarsi su
ciò che
gli stava accadendo, senza alcun rimorso verso nessuno, imponendosi
di non averne paura, perché non c'era nulla di
più giusto di quello
che stava provando, verso una persona che scopriva essere sempre
più
umana cena dopo cena, invito dopo invito.
Stava diventando
naturale, per Greg, compiere gesti quotidiani come salutarlo le poche
mattine in cui lo trovava in casa, prima di recarsi a Scotland Yard;
addormentarsi e stringerlo, circondandolo con un braccio alla fine di
giornate spossanti, come se quel gesto spazzasse via tutto, lasciando
spazio a piacevoli sensazioni.
Stava diventando quasi naturale,
per Mycroft, permettergli di trattarlo come una persona, la stessa
che Lestrade stava cogliendo, conoscendo; nascondere la maschera,
essere l'uomo che era e che aveva imparato a occultare perfino a
sé
stesso, tagliando fuori dal suo stesso essere la parte più
umana di
lui, fino ad allora, fin quando non aveva deciso la presenza di
Gregory nella sua vita; forse per gioco o forse no, ma quello non era
più un gioco e se ne rese contro troppo tardi, prendendo
lentamente
coscienza di quanto stava provando. Raggiunsero quella
stabilità che
mese dopo mese, diventava sempre più ordinaria, come se
avessero
sempre fatto parte uno nella vita nell'altro, come amici, come
complici.
Lestrade non si stupì più di tanto la mattina in
cui
uno dei domestici gli diede un biglietto che riportava l'elegante e
precisa grafia di Mycroft, in cui aveva scritto che dal quel giorno
avrebbe avuto un paio di chiavi tutto suo della residenza. Da quel
giorno, sarebbe potuto entrare e uscire dalla sua casa, dalla sua
vita, a proprio piacimento; ma stava rendendosi conto, di giorno in
giorno, che non sarebbe più voluto uscire di lì,
ritornare alla sua
stupida vita, senza Mycroft.
Le serate passate all'Opera, le
ricordava tutte; i momenti in cui si sfioravano le mani con delicate
carezze solo per dirsi silenziosamente “sono qui”,
per avere quel
contatto di cui avevano bisogno entrambi. Lestrade ricordava anche il
momento esatto in cui, guardandolo con tutta la discrezione di cui
era capace, si soffermò ad ammirarne l'intera figura, mentre
stava
parlando con alcuni colleghi o chiunque fossero: spalle fasciate da
quel completo scuro, braccia composte, schiena elegantemente dritta,
un fondoschiena che fino ad allora non aveva mai notato e fece un po'
di fatica a scendere su quelle gambe altrettanto dritte, lunghe e
magre. Se la gente lo avesse visto o soltanto avesse intuito cosa
stava facendo, avrebbe sicuramente parlato e la propria testa lo
stava già facendo per conto di tutti, regalandogli alcune
visioni
che non furono del tutto d'aiuto a quanto stava accadendo al suo
cuore. Si presentarono altre mille occasioni per concentrarsi su quei
piccoli particolari fasciati dalla stoffa dei suoi completi, o
semplicemente ammirarlo mentre compiva gesti semplici ed ordinari
come il nodo alla cravatta, con quelle dita maestre; le stesse dita
che talvolta gli sfioravano la pelle, trasmettendogli quel calore che
prima di allora, stava lentamente dimenticando.
*
Non
era mai stato un cuoco provetto, ma comunque se la cavava e nel corso
del tempo si era fatto anche insegnare qualche trucco culinario dai
domestici quando il maggiore degli Holmes non era presente,
riscoprendo così il piacere di cucinare, per sé
stesso e per
qualcun altro. Mycroft era fuori dal Regno Unito da due settimane,
aveva ancora qualche ora prima che tornasse, decise così di
mettersi
all'opera, creando da zero una semplicissimo dolce, cogliendo
l'occasione anche per festeggiare il suo compleanno, avvenuto qualche
tempo prima.
Fu molto difficile per Lestrade ammettere a sé
stesso che gli stava mancando (e anche tanto), e per di più
non era
semplice sentirsi, né con le telefonate, né via
SMS a causa del
fuso orario. Era la prima volta da quando era iniziata la loro
convivenza che Mycroft si assentasse per così tanto tempo e
andasse
così lontano per lavoro, Greg si sarebbe certamente
abituato, gli
fece solamente strano stare in una casa così grande da solo.
Se lo
avesse accolto come avrebbe voluto, sicuramente l'altro si sarebbe
letteralmente chiuso in camera per un'altra settimana,
perciò optò
per la seconda opzione, ovvero il dolce.
Non appena sentì la
porta richiudersi mise da parte i documenti di lavoro su cui stava
lavorando da casa, andandogli incontro; inutile negare che erano
contenti di rivedersi, Mycroft compreso e quando quest'ultimo si
sistemò Greg lo chiamò, invitandolo in cucina e
facendogli trovare
il piccolo piattino di ceramica al centro del tavolo.
« È un
piccolo pensiero per il tuo ritorno. E per il tuo compleanno, la data
l'ho tenuta a mente leggendola su un documento. »
Mycroft
corrucciò lo sguardo, continuando a guardare il dolce con la
medesima espressione, pensando che forse avrebbe dovuto evitare di
lasciare l'Ispettore a piede libero in casa propria. Sentendosi
improvvisamente invaso nei suoi spazi più intimi,
diventò
spaventosamente serio, passando lentamente lo sguardo dal dolce a
Greg.
« Chi ti ha dato il permesso di curiosare dove non dovevi,
sei diventato una spia? »
Con l'espressione più stupita che
altro, Lestrade non seppe come ribattere, considerando che la predica
proveniva dalla stessa persona che aveva il dominio di ogni
telecamera di sicurezza e non, di ogni dispositivo di Londra, se non
dell'intero Paese; dalla stessa persona che aveva spiato la sua vita
da anni e sapeva più cose lui di Lestrade stesso;
inarcò entrambe
le sopracciglia al suono di quelle parole ed infine scoppiò
a
ridere, di gusto.
« Da che pulpito. »
Mycroft rizzò la schiena, sempre con la sua espressione
seria
dipinta in volto, sentendosi punto sul vivo, perché in
fondo,
Lestrade aveva perfettamente ragione e lui lo sapeva meglio di
chiunque altro; detestava quando qualcuno cercava di tenergli testa,
ma in quel momento era diverso, ormai Lestrade non era più
uno
qualunque da un pezzo.
« Io spio privatamente solo le persone che
mi interessano, questo ormai dovresti saperlo bene, Gregory.
»
L'espressione seriosa sul suo volto svanì, e prima che lo
yarder potesse anche solo ribattere, se lo trovò di fronte,
reo il
fatto di essere di fronte al porta posate; quest'ultimo naturalmente
perse un battito o due, perché erano settimane che non lo
aveva così
vicino, tanto da poterne sentire il profumo. Si irrigidì per
un
secondo, sentendo le dita dell'altro sfiorargli le sue,
involontariamente – o forse no. Impiegò pochi
istanti a prendere
posto al tavolo, pronto a degustarsi il dolce preparato da lui
stesso, ma non prima di aver essersi tolto la giacca del completo ed
essersi tirato su le maniche, con gli occhi di Lestrade che non lo
mollarono per un secondo, fin quando non prese posto di fronte a lui,
aspettando un riscontro. Fu un attimo che Lestrade
si sentì lentamente sfiorare la caviglia, chiaramente del
tutto
involontario, pensò col senno di poi; i curiosi e
soprattutto
impacciati tentativi di flirtare di Mycroft bene o male aveva
imparato a conoscerli, questa cosa era del tutto inaspettata,
sentendosi trasalire. Dove diavolo stava andando a parare,
considerando il tocco che si faceva via a via più intimo?
«
Dovresti smetterla. »
« Prego? Dici che dovrei smetterla di
spiare le persone? »
Il dolce terminò, e Mycroft alzandosi dalla
sedia smorzò quel contatto, dirigendosi verso le scale con
la giacca
del completo agganciata al braccio; una volta in camera da letto,
sicuro come non mai che Lestrade lo avesse seguito, slacciò
i
bottoni del gilet grigio. Lo yarder scosse lentamente il capo in
risposta alla stupida affermazione di poco prima e si
appoggiò con
la schiena contro la parete adiacente alla porta e chiedendo
mentalmente a sé stesso perché stesse cominciando
ad immaginarsi
dell'altro coperto con nient'altro che la pelle.
« Trovati altro
da fare. »
Mycroft si voltò di scatto al suono della voce di
Lestrade, costringendolo a spostare velocemente lo sguardo dal suo
fondoschiena e ad abbandonare i pensieri che stava cominciando a
farsi, facendosi così scoprire come un vero imbecille,
mentre il
maggiore degli Holmes gli regalò uno dei suoi sorrisi
compiaciuti,
di chi ha sempre saputo tutto ciò che passasse per la testa
dell'interlocutore; lo guardò avvicinarsi, continuando a
seguire i
movimenti di quelle mani a lui perfette slacciarsi elegantemente i
polsini della camicia bianca che avrebbe voluto strappargliela di
dosso in quell'esatto momento e rendere una delle sue fantasie
reali.
« Lo sto già facendo, Gregory. Usa l'immaginazione
e non
annoiarmi. »
Gli piaceva essere messo così sotto pressione da
uno come Mycroft e Mycroft lo sapeva bene... eccome se lo sapeva.
Aveva avuto a disposizione mesi per imparare a studiarlo, a
conoscerlo, a interpretare ogni suo gesto, ogni suo pensiero.
L'immaginazione la stava usando che fin troppo e stava andando fin
troppo oltre. E Questo Mycroft lo sapeva benissimo.
« No,
dimmelo. Voglio sentirtelo dire. »
Così come Greg aveva avuto a
disposizione mesi per fare lo stesso identico processo di
assimilazione, seppur acquisendo meno informazioni di quante volesse,
da quell'enigma vivente quale era Mycroft. Non era sicuro di essere
tra le più fervide fantasie dell'Holmes, ma dopo il primo
mese di
convivenza, aveva capito certamente di non essergli
indifferente.
Tutto ciò che Mycroft stava facendo in quel
momento, giunse alla conclusione lo stesse facendo apposta,
così
come era sicuro del fatto che i suoi sguardi ormai andavano oltre la
benevola amicizia; sapeva benissimo che piuttosto che ammettere una
cosa come quella, Mycroft avrebbe preferito sparire dal Paese. Non
stavano più giocando, il gioco era finito da un pezzo e lo
sapevano
benissimo entrambi.
« Non otterrai questo da me. »
Fermo
immobile, sempre appoggiato contro la parete, Greg guardò
intensamente il viso di Mycroft, scendendo poi su quel collo che
soltanto una volta gli fu permesso di sfiorare con un bacio: il
ricordo del profumo dell'altro così intenso lo fece
deglutire, poi
lo sguardo passò nuovamente sulle mani, intente ad allentare
il nodo
della cravatta blu notte. Distante qualche passo, Mycroft mantenne la
sua espressione impassibile, che ogni altro essere umano, in un
momento come quello avrebbe sicuramente odiato, ma non Lestrade.
«
Dai, – fece una smorfia, alzando il viso in segno di sfida
– fai
quello che vuoi. »
« Mi stai dando carta bianca per fare cosa,
esattamente? »
la cravatta andò a far compagnia al gilet e alla
giacca del completo sulla poltroncina a fianco alla scrivania, ma
nessuno distolse lo sguardo dall'altro.
“Per farmi quello che io
ti sto facendo nella mia schifosissima mente.”
Deglutì ancora,
sapendo che Mycroft era in grado di cogliere quel silenzioso
messaggio. Come poteva sperare di tenergli nascosto qualcosa, quando
le intenzioni erano ormai così limpide?
« Qualcosa nel limiti
della decenza. »
« Decenza? Noia, Ispettore. Per chiederti di
avere un rapporto con me, devo toglierti il distintivo dalle tasche?
»
Lestrade cercò di mantenere il controllo, per evitare di
prenderlo e finire di spogliarlo malamente, facendogli saltare
bottoni dalla camicia perfettamente stirata che gli fasciava il
corpo. Si avvicinò di un altro passo, sciogliendo
definitivamente il
nodo della cravatta, facendola ricadere sul petto.
« No, devi
togliermi i vestiti di dosso. »
« Prima il distintivo. »
Gli
occhi di Mycroft erano legati ai suoi, anche quando Greg estrasse il
distintivo e tutto ciò che riguardava Scotland Yard dalle
tasche dei
pantaloni, lanciandolo distrattamente assieme a parte del completo di
Mycroft sulla poltrona.
« Così non ti porti il lavoro anche a
letto. »
« Solo una cosa voglio portarmi a letto, ora come ora.
»
« Dillo, che cosa. »
Ringhiò a bassa voce, era in grado
di impartire ordini anche in un momento come quello, facendo
aumentare l'eccitazione in Lestrade che a stento riusciva a
trattenere; non gli avrebbe mai e poi mai risposto; ciò che
voleva
portarsi a letto era ad un palmo di naso da lui e suddetta persona lo
sapeva bene di essere l'oggetto dei suoi desideri. Mycroft, dopo anni
ed anni, si sentiva desiderato da giorni, se non da mesi e gli pareva
così stupido e insensato che lasciò perdere non
appena l'occasione
si presentava di fronte al suo naso, pronta per essere studiata e
capita. Non aveva bisogno di provare piacere fisico quando poteva
ottenere quello mentale soltanto tramite il suo lavoro, attuando
piani che facevano mettere in ginocchio intere nazioni. Fin quando
non prese Lestrade con sé, il suo piccolo enigma che sempre
lo
sorprendeva, nel modo in cui cercava e di tanto in tanto riusciva a
tenergli testa come nessuno aveva mai osato fare, perché era
Mycroft
Holmes.
Perché uno come Gregory gli stava accanto, a tal punto da
desiderarlo? E perché, ogni pensiero riguardante l'affetto
verso
quest'ultimo lo mandavano fuori controllo a tal punto da chiuderli a
chiave in una stanza del suo Mind Palace? In quel momento stava
aprendo inconsciamente ogni stanza riguardante quell'Ispettore
insolente che aveva di fronte. Era tutto inaspettato, imprevedibile
e, Dio se gli piaceva quell'idiota seppur meno idiota di tutti gli
altri con cui aveva sempre avuto a che fare; quell'idiota che si era
premurato di preparargli un dolce super calorico, fregandosene della
dieta che stava maniacalmente seguendo, solo per vederlo contento;
quell'idiota che lo stava bramando con gli occhi, come un animale
feroce faceva con la propria preda. Ma da quando era diventato lui,
la preda? Lui, che aveva sotto controllo qualunque cosa.
« “Non
otterrai questo da me”, “Usa l'immaginazione e non
annoiarmi”.
»
Il loro respiro si confondeva ed il ghigno sul viso di Lestrade
fece da padrone, tanto da usare le parole di Mycroft contro di lui,
con il mento alzato e il sorriso sornione, pronto ad attirarlo a
sé,
a baciarlo, a fargli tutto ciò che gli stesse passando nella
testa
da un momento all'altro.
« Sei assurdo e io credo di amarti.
»
Gregory rimase fermo immobile, stringendosi il muscolo del
braccio conficcandosi le unghie nella carne e smettendo perfino di
respirare a causa delle parole di Mycroft. Aprì la bocca
dopo
qualche istante prendendo un respiro, come se fosse stato in apnea
per giorni e sentendo le proprie viscere decomporsi all'interno del
proprio corpo. Capì chiaramente, non aveva avuto nemmeno il
bisogno
di ripetersele mentalmente, gli sarebbero rimaste impresse per il
resto della sua vita, assieme alla data del compleanno.
Da quanto
non se lo sentiva dire? Provò un senso di confusione mentale
talmente forte, che a stento riuscì a restare fermo
immobile, a non
scappare in qualche angolo buio di quella casa che ormai gli era
così
familiare.
« Dannazione, Mycroft. »
“Baciami.”
Senza
che nemmeno aprisse bocca per parlare e formulare la frase, Mycroft
si era appropriato delle labbra dell'Ispettore, con quell'urgenza che
gli fece quasi male: fu più un bisogno, che una silenziosa
richiesta, aveva bisogno di quell'ordine che solo Mycroft era in
grado di dargli; in pochi istanti il corpo del maggiore degli Holmes
premeva su quello di Lestrade, appiattendolo contro il muro,
facendogli sentire ancora di più quel calore che se ne stava
andando; respirò, sentendo il profumo dell'acqua di colonia
dell'altro dritto nelle narici, e istintivamente poggiò le
mani
sulla schiena di Mycroft circondandolo lentamente in un abbraccio,
fino a raggiungere la nuca, che cominciò ad accarezzare,
poggiando
poi la fronte contro quella dell'altro. Si arrese, accettando che
tutti i sentimenti contrastanti gli uni contro gli altri non erano
altro che amore; amore che non poteva permettersi di provare a causa
delle pressioni della moglie, ma che provava e non c'era nulla di
più
giusto, nulla che lo facesse sentire più in pace di quando
era con
lo stesso uomo che stava accarezzando, l'uomo che manovrava il Paese
in cui viveva, senza un briciolo di sentimenti; l'uomo che, in quel
momento era l'essere umano più umano di tutti. Socchiuse gli
occhi,
restando a contatto con la fronte di Mycroft, assaporandone il sapore
che aveva ancora sulle proprie labbra.
« È passato troppo poco
tempo, lo so. Ed è troppo presto... »
« Basta, non dire niente per favore. »
Sciolse l'abbraccio, distaccandosi da Lestrade, il
quale si passò una mano tra i capelli facendo pochi passi
nonostante
si sentisse le gambe molli. D'improvviso, il cellulare di Mycroft
squillò e dovette riacquistare il tono vocale impassibile,
non
potendo permettersi di mostrare alcun tipo di debolezza,
perché
quella a cui Greg aveva appena assistito Mycroft l'avrebbe decantata
come la più grande fragilità umana.
Uscendo dalla stanza e
facendo segno a Lestrade di restare immobile lì, scese al
piano di
sotto parlando al telefono con il fratello minore con il tono
più
irritato del solito. Quando Gregory decise di raggiungerlo poco dopo,
lo sentì sospirare e posare malamente il dispositivo sul
lungo
tavolo di fronte alla vetrata: probabilmente aveva appena terminato
l'ennesimo litigio con Sherlock.
« Vorrei soltanto sbattere la
testa contro un muro. »
« Se proprio vuoi, sbattila contro di
me. »
Mycroft guardò Gregory accigliato e quest'ultimo con
l'espressione più seria che poteva, si avvicinò,
mantenendo
quell'autocontrollo che quella sera a Mycroft sembrava essersene
andato a farsi benedire. Lentamente però, l'Ispettore lo
vide
avvicinarsi e appoggiare lentamente la testa contro la propria
spalla, titubante. Quest'ultimo gli appoggiò una mano sulla
schiena
e cominciò ad accarezzargliela.
« È sbagliato. – Lestrade lo
sentì scuotere lentamente il capo – È
tutto sbagliato. Non
saresti mai dovuto venire qui; io non avrei mai
dovuto permettere che accadesse questo. »
« Non c'è niente di
sbagliato in questo. »
La voce di Lestrade era un soffio e a
malapena si udiva in quel momento. In tutto quel misto di sentimenti
che stava provando, affetto, rimorso, confusione, l'unica cosa di cui
era sempre stato sicuro, era che fosse giusto, provare quella parte
di sentimenti per Mycroft.
« È colpa tua, – sbottò, con
ancora la testa poggiata su Greg – mi fai sentire ancora una
volta
completo! È assurdo, ho detto di amarti, Gregory. Io.
»
Sul
volto dell'Ispettore, l'angolo destro della bocca si inarcò
formando
un piccolo sorriso; per Mycroft invece fu una sottospecie di condanna
a morte, quello che era successo in camera da letto. Annuì
lentamente, continuando ad accarezzargli la schiena. Era colpa sua,
sì, se aveva cominciato a trattarlo da persona e non da
macchina
cervellona come erano abituate a fare tutte le persone con cui aveva
a che fare ogni singolo giorno della sua vita. Quando Mycroft
rialzò
il capo, guardò in silenzio Lestrade dritto in volto, fin
quanto non
avvicinò il suo e senza più titubanze e senza
più permessi, lo
baciò castamente, premendo solamente le labbra su quelle di
Greg,
che parve apprezzare tutto ciò che Mycroft stava donandogli.
Questa
fu più un silenzioso ringraziamento da parte di entrambi di
essere
lì, di essersi aiutati in un modo completamente loro; di
essersi
aiutati a mettere in ordine quei maledetti pensieri che da mesi gli
stavano logorando il cuore e il cervello.
« Greg. »
« Mh?
»
« Dimmelo. »
Questa volta, aveva il sentore che se
finalmente lo avesse detto, si sarebbe lasciato completamente andare,
i pensieri che lo legavano al passato, sarebbero finalmente svaniti
dopo tanto, tanto tempo. Avrebbe smesso di essere in trappola ed
essere finalmente libero. Dopo pochi istanti, guardando Mycroft negli
occhi, si sentì logorare lo stomaco e fu una sensazione
piacevole,
liberatoria.
« Ti amo. »
Mycroft rimase fermo immobile a
guardarlo negli occhi e così fece anche Gregory con lui.
Entrambi
mantennero l'espressione seria, come se avessero aspettato quel
momento da mesi; e probabilmente fu così. Avevano soltanto
bisogno
di ordine. Mycroft gli porse la mano, continuando a guardarlo con
un'espressione che trasmetteva tutto il calore di cui fosse capace,
quanto bastò a Greg per afferrarla con la propria, rude,
delicatezza
e stringerla.