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Autore: acciosnape    21/10/2014    3 recensioni
Ricordava la figura maschile dal completo scuro, gessato, elegantissimo e probabilmente anche costosissimo seduta al fianco sinistro del letto, dove riposava un giovane Sherlock stremato dai sedativi e le mille domande che si pose e che vennero esaudite non appena la figura si alzò e si presentò.
[ Mystrade ispirata ad un roleplay. ]
INCOMPIUTA - ho deciso di riscriverla, modificandone alcuni pezzi, nome compreso e magarli darle un giusto finale. Spero di ripubblicarla presto!
Genere: Angst, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lestrade, Mycroft Holmes, Quasi tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta
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File 10.

“ Usa l'immaginazione e non annoiarmi. ”


Si era rimesso completamente dalla vicenda della sparatoria; dopo i giorni prescritti di riposo assoluto aveva riottenuto la propria scrivania, le proprie indagini e perfino le telefonate della moglie, la quale era venuta a sapere dell'incidente e Lestrade decise di incontrare un'altra volta. Vivevano ormai separati e la sua vita stava cominciando ad avere nuovamente degli stimoli, nonostante tutto, nonostante i dubbi, nonostante i pensieri di voler rifarsi una vita e di ricominciare da capo, come avrebbe dovuto fare molto tempo addietro. E lo sapeva bene, così come sapeva che, alla sua età era un po' tardi tentare di ricominciare tutto da capo; nonostante Mycroft Holmes, con cui si trovava spesso a passare cene e serate insieme, in casa e non; condividendo talvolta lo stesso letto, anche se ci furono nottate in cui il letto, nemmeno lo vedeva: costretto a pericolosi appostamenti notturni, inseguimenti e nottate che parevano durare un'eternità; ma malgrado le difficoltà costanti che comportava, il suo mestiere lo amava, così come amava restare sull'attenti come se ne dipendesse la sua stessa vita e la sensazione adrenalinica che ne conseguiva, la soddisfazione di prendere con le proprie mani i criminali, i sensi perennemente allerta, e infine la calma assoluta guardando l'alba londinese, con una bella tazza di caffè caldo in cima ad una collina. C'erano sensazioni che solo la notte sapeva donare.
Talvolta il letto di casa, non lo vedeva nemmeno Mycroft: costretto a riunioni di massima importanza e segretezza fuori Londra. Era lui a controllare il tutto, a mantenere la pace e a far sì che crollassero Governi, eccetto il suo. Un lavoro, se così si poteva chiamare, al di fuori della normalità: sangue freddo, deduzione, nessuna compassione. C'erano sensazioni che solo il potere sapeva donare.
Arrivò il freddo pungente e la conseguente nostalgia natalizia che quell'anno precedeva le festività;. dalla casa dei genitori a Birmingham dove si trovava quel Natale, Gregory poté sentire le lamentele di Mycroft, costretto al pranzo natalizio in famiglia Holmes, nel Sussex: odiava quel periodo e glielo fece imprimere in ogni singolo angolo della propria mente, vietandogli perfino di parlarne di fronte a lui, così come gli vietò definitivamente ogni tipo di decorazione, fatta eccezione per alcune piccole candele decorative sul camino, promesse quando era inchiodato in quel letto d'ospedale, ed una volta tornato gliele fece togliere tutte quante, complice il suo silenzio che pareva più melodrammatico delle parole. Successivamente, si dedicò mestamente al lavoro, risolvendo casi completamente da solo, consultando Sherlock soltanto per tenerlo sotto controllo; anche se era sicuro che John Watson lo facesse meglio di chiunque altro; lui doveva occuparsi della propria vita, evitando di cascare in quel baratro denominato “solitudine”, nonostante i sentimenti, nonostante i dubbi su questi ultimi che divenivano sempre più certezze e ne era quasi spaventato, tanto da decidere di rientrare per un brevissimo periodo a casa propria, allontanandosi e scoprendo che non era servito a nulla, se non sentirsi ancora più solo: troppi ricordi, troppo amore sprecato a cui avrebbe potuto dedicarlo a qualcun altro e che già, inconsciamente e flebilmente, stava facendo. Capì che per vivere, aveva bisogno di distrazioni, concentrarsi su ciò che gli stava accadendo, senza alcun rimorso verso nessuno, imponendosi di non averne paura, perché non c'era nulla di più giusto di quello che stava provando, verso una persona che scopriva essere sempre più umana cena dopo cena, invito dopo invito.
Stava diventando naturale, per Greg, compiere gesti quotidiani come salutarlo le poche mattine in cui lo trovava in casa, prima di recarsi a Scotland Yard; addormentarsi e stringerlo, circondandolo con un braccio alla fine di giornate spossanti, come se quel gesto spazzasse via tutto, lasciando spazio a piacevoli sensazioni.
Stava diventando quasi naturale, per Mycroft, permettergli di trattarlo come una persona, la stessa che Lestrade stava cogliendo, conoscendo; nascondere la maschera, essere l'uomo che era e che aveva imparato a occultare perfino a sé stesso, tagliando fuori dal suo stesso essere la parte più umana di lui, fino ad allora, fin quando non aveva deciso la presenza di Gregory nella sua vita; forse per gioco o forse no, ma quello non era più un gioco e se ne rese contro troppo tardi, prendendo lentamente coscienza di quanto stava provando. Raggiunsero quella stabilità che mese dopo mese, diventava sempre più ordinaria, come se avessero sempre fatto parte uno nella vita nell'altro, come amici, come complici.
Lestrade non si stupì più di tanto la mattina in cui uno dei domestici gli diede un biglietto che riportava l'elegante e precisa grafia di Mycroft, in cui aveva scritto che dal quel giorno avrebbe avuto un paio di chiavi tutto suo della residenza. Da quel giorno, sarebbe potuto entrare e uscire dalla sua casa, dalla sua vita, a proprio piacimento; ma stava rendendosi conto, di giorno in giorno, che non sarebbe più voluto uscire di lì, ritornare alla sua stupida vita, senza Mycroft.
Le serate passate all'Opera, le ricordava tutte; i momenti in cui si sfioravano le mani con delicate carezze solo per dirsi silenziosamente “sono qui”, per avere quel contatto di cui avevano bisogno entrambi. Lestrade ricordava anche il momento esatto in cui, guardandolo con tutta la discrezione di cui era capace, si soffermò ad ammirarne l'intera figura, mentre stava parlando con alcuni colleghi o chiunque fossero: spalle fasciate da quel completo scuro, braccia composte, schiena elegantemente dritta, un fondoschiena che fino ad allora non aveva mai notato e fece un po' di fatica a scendere su quelle gambe altrettanto dritte, lunghe e magre. Se la gente lo avesse visto o soltanto avesse intuito cosa stava facendo, avrebbe sicuramente parlato e la propria testa lo stava già facendo per conto di tutti, regalandogli alcune visioni che non furono del tutto d'aiuto a quanto stava accadendo al suo cuore. Si presentarono altre mille occasioni per concentrarsi su quei piccoli particolari fasciati dalla stoffa dei suoi completi, o semplicemente ammirarlo mentre compiva gesti semplici ed ordinari come il nodo alla cravatta, con quelle dita maestre; le stesse dita che talvolta gli sfioravano la pelle, trasmettendogli quel calore che prima di allora, stava lentamente dimenticando.

*

Non era mai stato un cuoco provetto, ma comunque se la cavava e nel corso del tempo si era fatto anche insegnare qualche trucco culinario dai domestici quando il maggiore degli Holmes non era presente, riscoprendo così il piacere di cucinare, per sé stesso e per qualcun altro. Mycroft era fuori dal Regno Unito da due settimane, aveva ancora qualche ora prima che tornasse, decise così di mettersi all'opera, creando da zero una semplicissimo dolce, cogliendo l'occasione anche per festeggiare il suo compleanno, avvenuto qualche tempo prima.
Fu molto difficile per Lestrade ammettere a sé stesso che gli stava mancando (e anche tanto), e per di più non era semplice sentirsi, né con le telefonate, né via SMS a causa del fuso orario. Era la prima volta da quando era iniziata la loro convivenza che Mycroft si assentasse per così tanto tempo e andasse così lontano per lavoro, Greg si sarebbe certamente abituato, gli fece solamente strano stare in una casa così grande da solo. Se lo avesse accolto come avrebbe voluto, sicuramente l'altro si sarebbe letteralmente chiuso in camera per un'altra settimana, perciò optò per la seconda opzione, ovvero il dolce.
Non appena sentì la porta richiudersi mise da parte i documenti di lavoro su cui stava lavorando da casa, andandogli incontro; inutile negare che erano contenti di rivedersi, Mycroft compreso e quando quest'ultimo si sistemò Greg lo chiamò, invitandolo in cucina e facendogli trovare il piccolo piattino di ceramica al centro del tavolo.
« È un piccolo pensiero per il tuo ritorno. E per il tuo compleanno, la data l'ho tenuta a mente leggendola su un documento. »
Mycroft corrucciò lo sguardo, continuando a guardare il dolce con la medesima espressione, pensando che forse avrebbe dovuto evitare di lasciare l'Ispettore a piede libero in casa propria. Sentendosi improvvisamente invaso nei suoi spazi più intimi, diventò spaventosamente serio, passando lentamente lo sguardo dal dolce a Greg.
« Chi ti ha dato il permesso di curiosare dove non dovevi, sei diventato una spia? »
Con l'espressione più stupita che altro, Lestrade non seppe come ribattere, considerando che la predica proveniva dalla stessa persona che aveva il dominio di ogni telecamera di sicurezza e non, di ogni dispositivo di Londra, se non dell'intero Paese; dalla stessa persona che aveva spiato la sua vita da anni e sapeva più cose lui di Lestrade stesso; inarcò entrambe le sopracciglia al suono di quelle parole ed infine scoppiò a ridere, di gusto.
« Da che pulpito. »
Mycroft rizzò la schiena, sempre con la sua espressione seria dipinta in volto, sentendosi punto sul vivo, perché in fondo, Lestrade aveva perfettamente ragione e lui lo sapeva meglio di chiunque altro; detestava quando qualcuno cercava di tenergli testa, ma in quel momento era diverso, ormai Lestrade non era più uno qualunque da un pezzo.
« Io spio privatamente solo le persone che mi interessano, questo ormai dovresti saperlo bene, Gregory. »
L'espressione seriosa sul suo volto svanì, e prima che lo yarder potesse anche solo ribattere, se lo trovò di fronte, reo il fatto di essere di fronte al porta posate; quest'ultimo naturalmente perse un battito o due, perché erano settimane che non lo aveva così vicino, tanto da poterne sentire il profumo. Si irrigidì per un secondo, sentendo le dita dell'altro sfiorargli le sue, involontariamente – o forse no. Impiegò pochi istanti a prendere posto al tavolo, pronto a degustarsi il dolce preparato da lui stesso, ma non prima di aver essersi tolto la giacca del completo ed essersi tirato su le maniche, con gli occhi di Lestrade che non lo mollarono per un secondo, fin quando non prese posto di fronte a lui, aspettando un riscontro. Fu un attimo che
Lestrade si sentì lentamente sfiorare la caviglia, chiaramente del tutto involontario, pensò col senno di poi; i curiosi e soprattutto impacciati tentativi di flirtare di Mycroft bene o male aveva imparato a conoscerli, questa cosa era del tutto inaspettata, sentendosi trasalire. Dove diavolo stava andando a parare, considerando il tocco che si faceva via a via più intimo?
« Dovresti smetterla. »
« Prego? Dici che dovrei smetterla di spiare le persone? »
Il dolce terminò, e Mycroft alzandosi dalla sedia smorzò quel contatto, dirigendosi verso le scale con la giacca del completo agganciata al braccio; una volta in camera da letto, sicuro come non mai che Lestrade lo avesse seguito, slacciò i bottoni del gilet grigio. Lo yarder scosse lentamente il capo in risposta alla stupida affermazione di poco prima e si appoggiò con la schiena contro la parete adiacente alla porta e chiedendo mentalmente a sé stesso perché stesse cominciando ad immaginarsi dell'altro coperto con nient'altro che la pelle.
« Trovati altro da fare. »
Mycroft si voltò di scatto al suono della voce di Lestrade, costringendolo a spostare velocemente lo sguardo dal suo fondoschiena e ad abbandonare i pensieri che stava cominciando a farsi, facendosi così scoprire come un vero imbecille, mentre il maggiore degli Holmes gli regalò uno dei suoi sorrisi compiaciuti, di chi ha sempre saputo tutto ciò che passasse per la testa dell'interlocutore; lo guardò avvicinarsi, continuando a seguire i movimenti di quelle mani a lui perfette slacciarsi elegantemente i polsini della camicia bianca che avrebbe voluto strappargliela di dosso in quell'esatto momento e rendere una delle sue fantasie reali.
« Lo sto già facendo, Gregory. Usa l'immaginazione e non annoiarmi. »
Gli piaceva essere messo così sotto pressione da uno come Mycroft e Mycroft lo sapeva bene... eccome se lo sapeva. Aveva avuto a disposizione mesi per imparare a studiarlo, a conoscerlo, a interpretare ogni suo gesto, ogni suo pensiero. L'immaginazione la stava usando che fin troppo e stava andando fin troppo oltre. E Questo Mycroft lo sapeva benissimo.
« No, dimmelo. Voglio sentirtelo dire. »
Così come Greg aveva avuto a disposizione mesi per fare lo stesso identico processo di assimilazione, seppur acquisendo meno informazioni di quante volesse, da quell'enigma vivente quale era Mycroft. Non era sicuro di essere tra le più fervide fantasie dell'Holmes, ma dopo il primo mese di convivenza, aveva capito certamente di non essergli indifferente.
Tutto ciò che Mycroft stava facendo in quel momento, giunse alla conclusione lo stesse facendo apposta, così come era sicuro del fatto che i suoi sguardi ormai andavano oltre la benevola amicizia; sapeva benissimo che piuttosto che ammettere una cosa come quella, Mycroft avrebbe preferito sparire dal Paese. Non stavano più giocando, il gioco era finito da un pezzo e lo sapevano benissimo entrambi.
« Non otterrai questo da me. »
Fermo immobile, sempre appoggiato contro la parete, Greg guardò intensamente il viso di Mycroft, scendendo poi su quel collo che soltanto una volta gli fu permesso di sfiorare con un bacio: il ricordo del profumo dell'altro così intenso lo fece deglutire, poi lo sguardo passò nuovamente sulle mani, intente ad allentare il nodo della cravatta blu notte. Distante qualche passo, Mycroft mantenne la sua espressione impassibile, che ogni altro essere umano, in un momento come quello avrebbe sicuramente odiato, ma non Lestrade.
« Dai, – fece una smorfia, alzando il viso in segno di sfida – fai quello che vuoi. »
« Mi stai dando carta bianca per fare cosa, esattamente? »
la cravatta andò a far compagnia al gilet e alla giacca del completo sulla poltroncina a fianco alla scrivania, ma nessuno distolse lo sguardo dall'altro.
“Per farmi quello che io ti sto facendo nella mia schifosissima mente.”
Deglutì ancora, sapendo che Mycroft era in grado di cogliere quel silenzioso messaggio. Come poteva sperare di tenergli nascosto qualcosa, quando le intenzioni erano ormai così limpide?
« Qualcosa nel limiti della decenza. »
« Decenza? Noia, Ispettore. Per chiederti di avere un rapporto con me, devo toglierti il distintivo dalle tasche? »
Lestrade cercò di mantenere il controllo, per evitare di prenderlo e finire di spogliarlo malamente, facendogli saltare bottoni dalla camicia perfettamente stirata che gli fasciava il corpo. Si avvicinò di un altro passo, sciogliendo definitivamente il nodo della cravatta, facendola ricadere sul petto.
« No, devi togliermi i vestiti di dosso. »
« Prima il distintivo. »
Gli occhi di Mycroft erano legati ai suoi, anche quando Greg estrasse il distintivo e tutto ciò che riguardava Scotland Yard dalle tasche dei pantaloni, lanciandolo distrattamente assieme a parte del completo di Mycroft sulla poltrona.
« Così non ti porti il lavoro anche a letto. »
« Solo una cosa voglio portarmi a letto, ora come ora. »
« Dillo, che cosa. »
Ringhiò a bassa voce, era in grado di impartire ordini anche in un momento come quello, facendo aumentare l'eccitazione in Lestrade che a stento riusciva a trattenere; non gli avrebbe mai e poi mai risposto; ciò che voleva portarsi a letto era ad un palmo di naso da lui e suddetta persona lo sapeva bene di essere l'oggetto dei suoi desideri. Mycroft, dopo anni ed anni, si sentiva desiderato da giorni, se non da mesi e gli pareva così stupido e insensato che lasciò perdere non appena l'occasione si presentava di fronte al suo naso, pronta per essere studiata e capita. Non aveva bisogno di provare piacere fisico quando poteva ottenere quello mentale soltanto tramite il suo lavoro, attuando piani che facevano mettere in ginocchio intere nazioni. Fin quando non prese Lestrade con sé, il suo piccolo enigma che sempre lo sorprendeva, nel modo in cui cercava e di tanto in tanto riusciva a tenergli testa come nessuno aveva mai osato fare, perché era Mycroft Holmes.
Perché uno come Gregory gli stava accanto, a tal punto da desiderarlo? E perché, ogni pensiero riguardante l'affetto verso quest'ultimo lo mandavano fuori controllo a tal punto da chiuderli a chiave in una stanza del suo Mind Palace? In quel momento stava aprendo inconsciamente ogni stanza riguardante quell'Ispettore insolente che aveva di fronte. Era tutto inaspettato, imprevedibile e, Dio se gli piaceva quell'idiota seppur meno idiota di tutti gli altri con cui aveva sempre avuto a che fare; quell'idiota che si era premurato di preparargli un dolce super calorico, fregandosene della dieta che stava maniacalmente seguendo, solo per vederlo contento; quell'idiota che lo stava bramando con gli occhi, come un animale feroce faceva con la propria preda. Ma da quando era diventato lui, la preda? Lui, che aveva sotto controllo qualunque cosa.
« “Non otterrai questo da me”, “Usa l'immaginazione e non annoiarmi”. »
Il loro respiro si confondeva ed il ghigno sul viso di Lestrade fece da padrone, tanto da usare le parole di Mycroft contro di lui, con il mento alzato e il sorriso sornione, pronto ad attirarlo a sé, a baciarlo, a fargli tutto ciò che gli stesse passando nella testa da un momento all'altro.
« Sei assurdo e io credo di amarti. »
Gregory rimase fermo immobile, stringendosi il muscolo del braccio conficcandosi le unghie nella carne e smettendo perfino di respirare a causa delle parole di Mycroft. Aprì la bocca dopo qualche istante prendendo un respiro, come se fosse stato in apnea per giorni e sentendo le proprie viscere decomporsi all'interno del proprio corpo. Capì chiaramente, non aveva avuto nemmeno il bisogno di ripetersele mentalmente, gli sarebbero rimaste impresse per il resto della sua vita, assieme alla data del compleanno.
Da quanto non se lo sentiva dire? Provò un senso di confusione mentale talmente forte, che a stento riuscì a restare fermo immobile, a non scappare in qualche angolo buio di quella casa che ormai gli era così familiare.
« Dannazione, Mycroft. »
“Baciami.”
Senza che nemmeno aprisse bocca per parlare e formulare la frase, Mycroft si era appropriato delle labbra dell'Ispettore, con quell'urgenza che gli fece quasi male: fu più un bisogno, che una silenziosa richiesta, aveva bisogno di quell'ordine che solo Mycroft era in grado di dargli; in pochi istanti il corpo del maggiore degli Holmes premeva su quello di Lestrade, appiattendolo contro il muro, facendogli sentire ancora di più quel calore che se ne stava andando; respirò, sentendo il profumo dell'acqua di colonia dell'altro dritto nelle narici, e istintivamente poggiò le mani sulla schiena di Mycroft circondandolo lentamente in un abbraccio, fino a raggiungere la nuca, che cominciò ad accarezzare, poggiando poi la fronte contro quella dell'altro. Si arrese, accettando che tutti i sentimenti contrastanti gli uni contro gli altri non erano altro che amore; amore che non poteva permettersi di provare a causa delle pressioni della moglie, ma che provava e non c'era nulla di più giusto, nulla che lo facesse sentire più in pace di quando era con lo stesso uomo che stava accarezzando, l'uomo che manovrava il Paese in cui viveva, senza un briciolo di sentimenti; l'uomo che, in quel momento era l'essere umano più umano di tutti. Socchiuse gli occhi, restando a contatto con la fronte di Mycroft, assaporandone il sapore che aveva ancora sulle proprie labbra.
« È passato troppo poco tempo, lo so. Ed è troppo presto... »
« Basta, non dire niente per favore. »
Sciolse l'abbraccio, distaccandosi da Lestrade, il quale si passò una mano tra i capelli facendo pochi passi nonostante si sentisse le gambe molli. D'improvviso, il cellulare di Mycroft squillò e dovette riacquistare il tono vocale impassibile, non potendo permettersi di mostrare alcun tipo di debolezza, perché quella a cui Greg aveva appena assistito Mycroft l'avrebbe decantata come la più grande fragilità umana.
Uscendo dalla stanza e facendo segno a Lestrade di restare immobile lì, scese al piano di sotto parlando al telefono con il fratello minore con il tono più irritato del solito. Quando Gregory decise di raggiungerlo poco dopo, lo sentì sospirare e posare malamente il dispositivo sul lungo tavolo di fronte alla vetrata: probabilmente aveva appena terminato l'ennesimo litigio con Sherlock.
« Vorrei soltanto sbattere la testa contro un muro. »
« Se proprio vuoi, sbattila contro di me. »
Mycroft guardò Gregory accigliato e quest'ultimo con l'espressione più seria che poteva, si avvicinò, mantenendo quell'autocontrollo che quella sera a Mycroft sembrava essersene andato a farsi benedire. Lentamente però, l'Ispettore lo vide avvicinarsi e appoggiare lentamente la testa contro la propria spalla, titubante. Quest'ultimo gli appoggiò una mano sulla schiena e cominciò ad accarezzargliela.
« È sbagliato. – Lestrade lo sentì scuotere lentamente il capo – È tutto sbagliato. Non saresti mai dovuto venire qui; io non avrei
mai dovuto permettere che accadesse questo. »
« Non c'è niente di sbagliato in questo. »
La voce di Lestrade era un soffio e a malapena si udiva in quel momento. In tutto quel misto di sentimenti che stava provando, affetto, rimorso, confusione, l'unica cosa di cui era sempre stato sicuro, era che fosse giusto, provare quella parte di sentimenti per Mycroft.
« È colpa tua, – sbottò, con ancora la testa poggiata su Greg – mi fai sentire ancora una volta completo! È assurdo, ho detto di amarti, Gregory. Io. »
Sul volto dell'Ispettore, l'angolo destro della bocca si inarcò formando un piccolo sorriso; per Mycroft invece fu una sottospecie di condanna a morte, quello che era successo in camera da letto. Annuì lentamente, continuando ad accarezzargli la schiena. Era colpa sua, sì, se aveva cominciato a trattarlo da persona e non da macchina cervellona come erano abituate a fare tutte le persone con cui aveva a che fare ogni singolo giorno della sua vita. Quando Mycroft rialzò il capo, guardò in silenzio Lestrade dritto in volto, fin quanto non avvicinò il suo e senza più titubanze e senza più permessi, lo baciò castamente, premendo solamente le labbra su quelle di Greg, che parve apprezzare tutto ciò che Mycroft stava donandogli. Questa fu più un silenzioso ringraziamento da parte di entrambi di essere lì, di essersi aiutati in un modo completamente loro; di essersi aiutati a mettere in ordine quei maledetti pensieri che da mesi gli stavano logorando il cuore e il cervello.
« Greg. »
« Mh? »
« Dimmelo. »
Questa volta, aveva il sentore che se finalmente lo avesse detto, si sarebbe lasciato completamente andare, i pensieri che lo legavano al passato, sarebbero finalmente svaniti dopo tanto, tanto tempo. Avrebbe smesso di essere in trappola ed essere finalmente libero. Dopo pochi istanti, guardando Mycroft negli occhi, si sentì logorare lo stomaco e fu una sensazione piacevole, liberatoria.
« Ti amo. »
Mycroft rimase fermo immobile a guardarlo negli occhi e così fece anche Gregory con lui.
Entrambi mantennero l'espressione seria, come se avessero aspettato quel momento da mesi; e probabilmente fu così. Avevano soltanto bisogno di ordine. Mycroft gli porse la mano, continuando a guardarlo con un'espressione che trasmetteva tutto il calore di cui fosse capace, quanto bastò a Greg per afferrarla con la propria, rude, delicatezza e stringerla.

   
 
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