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Autore: fedez_etta    21/10/2014    5 recensioni
“Non è mai stato semplice per me
ma a volte tutto torna come se
ci fosse una ragione giusta a tutto questo odio che ho
quello che sembra semplice per te
diventa complicato come se
non ci fosse una spiegazione giusta
a tutto l'odio che ho
che ho!”
-Fedez feat J-AX
(storia jortini)
Genere: Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SEMBRA SEMPLICE
Non è mai stato semplice per me
ma a volte tutto torna come se
ci fosse una ragione giusta a tutto quest’odio che ho
quello che sembra semplice per te
diventa complicato come se
non ci fosse una spiegazione giusta.
A tutto l'odio che ho
che ho!

-Fedez feat J-AX


Una scelta dura –parte2
 
 
Adesso sono in ospedale, in attesa di sapere qualcosa su mio padre. Non mi hanno ancora detto niente di quello che è accaduto, ma io penso sia sempre il solito problema. Mio padre è alcol-dipendente. Non riesce a non bere per un giorno intero. Lui sembra un uomo fine e educato, ma è cambiato. Agli occhi degli altri si fa vedere come la perfezione, quello che sa fare tutto in tutte le circostanze, ma non è così. Quando io gli ho espresso la mia volontà, lui non è stato capace di capirmi, o meglio, non aveva voluto. Io so che i genitori commettono degli errori, ma questo era troppo grande. Io gli voglio un mondo di bene, e ne voglio anche a mia madre, ma non riesco a tornare indietro. La mia strada ormai la so, e me stesso sarò, nella mia via. Da quando un lutto improvviso ha fatto parte della mia vita, la visione della vita per me è cambiata. Tre anni fa è morto mio cugino. Lui si chiamava Giuseppe. Tra noi c’era una cosa particolare perché io lo chiamavo anche Michele. Vi spiego: un giorno lo andai a trovarlo, poiché non abita nel mio stesso paese. Lui aveva i capelli ricci e molto soffici. Quando lo rividi, si era tagliato i capelli e non era lo stesso, fisicamente. Allora gli dissi che lui non era Giuseppe e mi rispose che era Michele. Da quel giorno se aveva i capelli corti, lo chiamavo Michele e quando aveva i capelli più lunghi, lo chiamavo Giuseppe. Lui è morto all’età di diciassette anni. Da quel momento mi sono reso conto che ogni giorno può essere l’ultimo e che quindi va vissuto fino alla fine. Per questo decisi di dire tutto a mio padre, anche se questo lo decisi tempo dopo.
Appena vedo il dottore, mi avvicino. Chi diamo la mano. < Cosa gli è successo? > chiedo io. < Una chiamata anonima ha segnalato un uomo che stava facendo uso di stupefacenti, e noi tramite i documenti, siamo risaliti alla sua identità e abbiamo chiamato lei. Dovrebbe stare una notte in osservazione e domani potrà uscire tranquillamente. > < In realtà io non vivo con mio padre, in realtà non gli parlo da molto tempo. Se vuole le do il numero di mia madre, ma io con mio padre non voglio più averci a che fare. > dico io. Lui annuisce. < Capisco, allora lasci il numero di sua madre all’infermiera che sta come capo sala. La ringrazio mille. > dopo esserci scambiati la mano, mi dirigo verso il capo sala. Le lascio il numero di mia madre e me ne vado. Esco dall’ospedale e mi fermo. È giusto quello che sto facendo? Mio padre ha bisogno di me. Ma anche io ho avuto bisogno di lui ed non c’è stato. Non può farmi stare male adesso, proprio adesso che sto per realizzare il mio sogno. A proposito di realizzare i miei sogni, devo andarmi a preparare per il party. Subito entro in macchina e sfreccio in direzione dello studio.
Appena arrivato chiedo di Diego e subito la sua segretaria mi porta da lui. Appena entro, lo vedo seduto con l’altro Diego, con Damian e con Pablo. Tutti stavano aspettando me. Manca solo che li faccio incazzare e mi tolgono questa opportunità. < Prima che voi possiate dire qualcosa, sono stato costretto a passare prima dall’ospedale. Mio padre è stato ricoverato e ho fatto un po’ di ritardo. Mi dispiace. > dico prima di sentire lamentele. < Tranquillo, può succedere. E poi un po’ di ritardo non fa del male. > risponde Pablo. < Allora, adesso ti faccio sentire la canzone composta da Diego. Comunque per distinguerci a me chiamami con il mio secondo nome, cioè German. > dice. Io annuisco. < La canzone la duetterai con Gue Pequeno. Adesso non è presente perché ha avuto un impegno improvviso. Ma non fa niente. Questo è il foglio con il testo. Durante le prove dei vestiti e quando ti spiegheremo delle cose tu imparerai questa canzone. > dice Diego passandomi un foglio. Gli do un’occhiata. Si chiama “Pensavo fosse amore invece eri un escort”. Io non scrivo canzoni di questo genere. Ma forse il titolo esagera. Non posso continuare a leggere che il mio telefono squilla. Vedo chi mi sta chiamando. Martina. Non posso risponderle. Chiudo la chiamata e le scrivo un messaggio:
“Amore non posso rispondere perché devo prepararmi. A quanto vedo hai letto il mio bigliettino. Ti amo tanto. baci”
Non premo il tasto invio solo perché la mia attenzione viene spostata sul testo della canzone. Il mio occhio cade sulla frase “Hai visto più palle che Wimbledon”. Io non dico certe cose nei miei testi! È una cosa orribile o meglio è volgare per me. Ma forse è solo questa frase. Forse si può fare un eccezione. Dallo studio, ci spostiamo in un camerino dove c’è uno uomo che parla con una ragazza. German si avvicina a me e mi sussurra una frase. < Quella è la tua nuova fidanzata. Mi dispiace per quella che avevi, ma dobbiamo curare ogni aspetto della tua vita. > < Io non ne ho ancora parlato con Martina. Non potremmo aspettare un paio di giorni? > < Jorge è meglio di no. Comunque tu hai un soprannome? Così usiamo quello. > dice German. < Si, un mio amico mi chiama Fedez. > < Va bene. Con questo nome ti presenterai all’intera Italia. >
Ci avviciniamo alla ragazza e all’uomo. < Ciao Giulia, lui è Jorge.> Io tendo la mano, ma vedo che lei mi saluta in un altro modo. Mi bacia direttamente. Io rimango impalato. Non so cosa fare. Lei si stacca e indifferente mi dice. < Forse per te è la prima volta, ma per me no. Dobbiamo stare insieme al pubblico in questo modo avremo più notorietà. Fra un paio di mesi, di noi rimarranno solo briciole. > < Ok. > Non riesco a dire altro. < Comunque Jorge abbiamo deciso che puoi tornare a casa per imparare la canzone tanto manca molto per il party. > annuisco. < Allora ci vediamo questa sera. Ciao. > detto questo me ne vado.
Prima di tornare a casa prendo un mazzo di fiori per farmi perdonare da Martina per il modo in cui me ne sono andato prima. Entro in casa felice di rivedere Martina. < Ciao amore. > Subito dopo sento un oggetto che si infrange sul mio corpo. Vedo a terra e vedo dei pezzi di vaso. Alzo lo sguardo e vedo Martina più incazzata del solito. Cosa cazzo è successo!?!?
 
 
 
 
NOTA AUTORE:
mi scuso di non aver aggiornato prima ma non potevo. A breve continuo anche lo strano caso della vita perché mi sono anticipata tutti i compiti scritti e mi mancano solamente quelli orali. Spero di continuarla domani. Comunque lascio a voi i commenti e ringrazio mille chi segue questa storia <3 baci
Storieleonetta (in attesa di un nuovo nome)
   
 
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