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Autore: Nocturnia    21/10/2014    5 recensioni
Selina gli ha stretto la mano quando se ne è andato.
Lo ha guardato spegnersi nel sonno e trarre un ultimo, terribile, respiro contro la sua spalla, le labbra appena socchiuse.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Batman, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Injustice: gods among us'
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Disclaimer: Selina Kyle, Bruce Wayne e tutti gli altri personaggi appartengono a Bob Kane, alla DC Comics e a chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell'autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.


"Quelli che non sanno ricordare il passato sono condannati a ripeterlo."

- George Santayana -



Per il domani



Marzo 2053 - #42 anno

Selina gli ha stretto la mano quando se ne è andato.
Lo ha guardato spegnersi nel sonno e trarre un ultimo, terribile, respiro contro la sua spalla, le labbra appena socchiuse.

Bruce.

Gli ha sorriso, anche se lui non poteva più vederla, e gli si è raggomitolata sul fianco, piangendo lacrime che non credeva di possedere.
L'ha sentito diventare freddo sotto le sue dita e ha pregato perché il suo odore rimanesse quello che ricordava - la notte di Gotham tra i capelli e sulla bocca loro.
Ha gridato in silenzio, ascoltata solo dalle mura del Manor e forse da qualche pipistrello, un simbolo che suo figlio aveva indossato un po' per gioco e un po' per sfida.

Bruce.

Ha aspettato l'alba Selina, perché la notte li possedesse ancora una volta - tetti che non avrebbe più sfiorato e oscurità che l'avrebbero uccisa, avvelenate dalla sua assenza.
Ha aspettato e si è bagnata di altre lacrime - altro dolore - insultata da una mattina incredibilmente tersa e luminosa.

Bruce.

Avrebbe voluto dire d'essere stata coraggiosa.
Avrebbe voluto dirgli ehi, guarda: non ho pianto, non mi sono disperata. Sono rimasta qui, a vegliarti, ma immobile - stoica. Proprio come te. Proprio come noi.
Avrebbe voluto dirgli tante cose, forse persino quel ti amo che le era sempre rimasto incastrato tra la gola e il cuore - ma che si era mostrato in mille gesti e in mille silenzi.

Le parole hanno una valore solo se seguite dalle azioni, altrimenti sono nulla più che sussurri nel vento.

Avrebbe voluto.

Bruce.

"Alexander."
"Cosa è successo?"

Panico.

"Tuo padre."

Consapevolezza.

"Arrivo subito."

Dolore. Sempre e solo altro dolore.

Selina sospira - trema - e torna sotto le coperte, abbracciando un corpo di cui conosceva ogni cicatrice e ogni ferita, persino quelle più nascoste.

Persino quelle che ci siamo fatti a vicenda.

Sorridi Selina: la guerra è finita.

E io ho perso.

Il vuoto ha ora un nome.


Marzo 2053 - #42 anno

Qualcuno vi dirà che il lutto è disperazione.
Qualcuno vi racconterà la bella favola dell'aldilà e della salvezza dei probi.
Quel qualcuno sfilerà davanti al vostro naso con un'espressione contrita e afflitta, rivolgendovi parole in cui non crede veramente, un cordoglio solo immaginato e imposto.

Rabbia.

Il profilo di Alexander Wayne si sovrappone grottescamente a quello di Bruce, negli occhi una furia silente e lucida.
Rompe la serratura del secondo cassetto della scrivania e comincia a rovesciarne il contenuto al suolo, frenetico arrabbiato divorato.
"Non troverai quello che cerchi nel suo studio."
"Allora dove?" latra verso Selina "Dove?"
"Alexander... "
"NO." urla - ringhia "Ho atteso anche troppo. Devo trovarli. Devo vederli."
"Non ti sarà di alcun aiuto."
"Non è la salvezza quella che cerco."
"Si chiama vendetta, figlio mio. E non ha mai portato nulla di buono alla nostra famiglia."
"La nostra famiglia è maledetta." replica, scaraventando al suolo una piccola montagna di libri "La nostra famiglia ha vissuto per Gotham e per essa è morta, perduta chissà dove tra una ronda notturna e un allenamento estenuante."
"Bruce ti voleva bene." e pare così fragile Selina mentre lo dice, nuove rughe attorno agli occhi e nell'anima.
"Lo so!" grida più forte "Lo so ed è stato proprio questo a fare più male."
"Alexander... "
"E adesso cosa farai, eh? Mi abbandonerai anche tu?"
Silenzio.
"Continuerò domani." mormora poi, raccogliendo ciò che resta della sua cravatta "Non mi arrenderò."
"Alexander."
"Cosa?"
Selina gli artiglia il braccio, percependo la consistenza solida e tesa dei muscoli sotto la stoffa sottile della camicia.
Sei così simile a lui. vorrebbe dirgli Così determinato, così ossessionato, così noi.
"Nella caverna." ribatte invece con un filo di voce "Quello che cerchi - quello hai sempre cercato - è nella caverna."
E l'oscurità l'aveva accolto.

Agosto 2053 - #42 anno

Li ha incontrati tutti.
Li ha cercati con la stessa protervia di un lupo, la fame nel cuore e nella mente solo un insieme di spietate sinapsi, collegamenti efficienti e rudemente determinati a ottenere qualcosa.
"Così io sono l'ultimo, uhm?"
"Non proprio" ribatte Alexander "Il pezzo forte deve ancora venire."
"Non mi stupisce; avrei fatto la stessa cosa."
"Il sangue non mente."
Ride l'altro e non c'è allegria in quegli occhi spenti e ciechi.
"Già, il sangue non mente. Non l'ha mai fatto, d'altronde."
"La tragedia non è contagiosa."
"Il buon vecchio Bruce ci crede ancora, quindi."
"Sì."
"E tu no, immagino; altrimenti non saresti venuto fino ai confini del mondo per prenderti gioco di un vecchio e malato Guardiano della galassia."
Questa volta è Alexander a ridere ed è un suono terribile e bellissimo, l'umorismo di Selina e la drammaticità di Bruce.
"Sei solo un assassino. Hai ucciso il tuo stesso fratello."
"E tra poco lo sarai anche tu."
"Punti di vista."
"Bruce ne aveva solo uno."
"Il mondo cambia. Voi l'avete cambiato e ora ne raccogliete gli amari frutti."
"Clark è stato come un padre per me."
"Ma tu ne avevi già uno."
"E sei venuto fin qui per ricordarmelo? Per vendicarti? Per osservarmi mentre questo cancro alieno mi porta via? Per cosa, Alexander Wayne?"
"Per questo." e cade tra loro un messaggio mai ascoltato, racchiuso in pochi circuiti e byte "Ti ha voluto bene, Damian. Nonostante tutto, sei sempre stato suo figlio."
Quando Alexander se ne va, lontano da quel corpo martoriato dalla guerra e dalla lorica dorata delle Lanterne, a Damian rimane solo il rimpianto.

Marzo 2054 - #43 anno

"Li ho trovati."
"E questo ti ha regalato la pace che volevi?"
"No."
"Sei più simile a tuo padre di quanto mi aspettassi."
"Diana è stata condannata a tornare argilla, mentre Hal si è trovato un lavoro come meccanico, giù nel Maine."
Annuisce Selina, ma il cuore ha già cominciato a ricordare - a sanguinare.
"Barry è stato una compagnia più gradevole: credo sia davvero pentito dei suoi errori, anche se nulla cambia ciò che ha fatto."
"Il velocista." mormora Selina "Vorrei poter dire che mi ha aiutato, ma sarebbe solo una penosa bugia. Nessuno ha mosso un dito quando il mondo ci è crollato addosso, nemmeno quando di Oliver è rimasta solo una poltiglia sanguinolenta sull'impiantito della Fortezza della Solitudine."
"Cyborg è stato disattivato, smontato pezzo per pezzo." continua Alexander, rigirandosi il bicchiere tra le mani "E Damian sta morendo. Un qualche parassita alieno, contratto durante una delle missioni per conto di Sinestro."
"Poetico."
"Concordo."
Soffia il vento dalla finestra socchiusa e bisbiglia parole mostruose all'orecchio di Selina, un monito che porta ancora la voce di Bruce.
"Non farlo."
"Devo."
"A me non è servito."
"Con me sarà diverso."
"Alexander... lui è diverso. Lui non chinerà il capo. Non chiederà scusa e nemmeno si piegherà, perché è sangue reale di Krypton e perché Lois era tutto il suo mondo."
Quando si volta, cercandogli gli occhi con gli occhi, Selina è costretta a guardare una poltrona vuota, sul tavolino l'alone del bicchiere che va sbiadendosi.
"Che cosa abbiamo fatto?" sussurra al silenzio "Perché te ne sei andato così presto, Bruce?"
Fuori, un pipistrello lancia il suo primo grido, pronto alla caccia, pronto alla morte.

Proprio come noi.

Selina chiude gli occhi e sorride: adesso sa cosa deve fare.

Aspettami Bruce; sto arrivando.

La notte fa un po' meno paura.

Aprile 2054 - #43 anno

Colpisce il sacco Alexander, alzando la guardia e preparandosi per il pugno successivo.
Sorride Gotham e raccoglie le proprie spoglie sulla roccia impervia della caverna, un pipistrello dagli occhi predatori e lucenti - occhi piccoli e nerastri, vigili attenti famelici.
Sposta il peso in avanti Alexander e ricorda gli insegnamenti di suo padre, allenamenti che l'avevano lasciato più volte con l'orgoglio infranto e il sangue tra i denti.

"Più veloce."
Alexander si abbassa su un ginocchio, ruotando il tallone al suolo e sfiorando i piedi di suo padre.
Bruce si inclina sulla sinistra e scansa il colpo, colpendolo alla caviglia e facendogli perdere l'equilibrio.
Rotola sull'impiantito il figlio del pipistrello e si rialza con la grazia di un ballerino, afferrando i bastoni da escrima e mettendosi in posizione di guardia.
"Sei lento."
"Sono preciso."
"No." e gli scivola alle spalle, colpendolo nei reni e schiacciandolo al suolo con una facilità imbarazzante "Sei solo lento."
Alexander ringhia una bestemmia e inarca la schiena, il naso di Bruce che cozza rumorosamente - forse un po' troppo - contra la sua nuca.
"Riproviamo."
Bruce non riesce a trattenere un sorriso.

Si annoia Gotham e libera una pioggia scura e gelida, il marcio d'una ferita che suppura e avvelena - uno sbocco nerastro e appiccicoso.
Alexander mantiene la concentrazione e si asciuga il sudore dalla fronte con il dorso della mano, scaricando un'altra serie di colpi.

"A volte mi chiedo perché non posso avere genitori normali."
"La normalità è sopravvalutata." replica Selina, allungandogli un sacchetto di ghiaccio.
"Fa male."
"Devi essere pronto."
"Per cosa? Superman è stato sconfitto."
"Esistono minacce peggiori." e induriva sempre il tono a quel punto, Selina "Ma sei giovane - più giovane di quando iniziammo io e tuo padre. Imparerai. Conoscerai. E capirai."

Alexander ha smesso di farsi domande scomode, perché il sangue ha gridato la sua risposta molto tempo addietro, quando gli incubi hanno cominciato a tormentarlo e Gotham a sembragli viva e terribilmente bella.

"Com'era?"
"Cosa?"
"La vita. Prima di tutto questo. Prima della guerra e di Clark."
"Non molto diversa."
"E voi... "
"Noi sì; ma quella è un'altra storia."

Ride Gotham e lo blandisce con mani di nebbia e vetro, graffiandogli l'anima e il cuore.

"Mamma?"
"Uhm?"
"Papà sta male?"
"Perché lo chiedi?"
"Sono sceso nella caverna e l'ho chiamato." mormora impacciato "Volevo fargli vedere questo..." spiega, mostrandole una perfetta ricostruzione in mattoncini della Wayne Tower "ma lui non si alza dalla sedia e tossisce, tossisce... io... c'è tanto sangue sulla tastiera del computer e..."

Non era mai riuscito a finire quella frase - a confidarle tutta la paura che aveva avuto e a quanto gli era costato abortirla, nascondendola tra i pensieri confusi di un bambino di soli sette anni - perché Selina si era alzata dal divano senza degnarlo di uno sguardo, al suo fianco solo la tiepida e rassicurante presenza di Alfred.

"Papà sta male?

Papà stava sempre male ricorda pieno di fiele Papà moriva ogni notte per Gotham e  un poco alla volta si è portato via anche la mamma, con tutta la forza e la disperazione di un sentimento chiamato amore.

"Sì." gli aveva risposto Alfred "Ma presto starà meglio."

Ricordava Alfred.
Ricordava la sua gentilezza e la sua integrità, un monolite nel mezzo di una tempesta.
Ricordava la ruvidezza delle sue mani e le numerose rughe che gli solcavano le guance, una vecchiaia che si schiudeva come un fiore bellissimo e pieno di dignità, un affetto incrollabile e che lo faceva sentire amato, protetto, al sicuro.

"Papà e mamma mi vogliono bene?" era stata la domanda successiva.
"Perché lo chiedi? Certo che te ne vogliono."

Perché sono invisibile. Perché sono troppo visibile. Perché racchiudo tutti i loro errori e tutte le loro paure e no, il grande Batman non può concedersi questo lusso si risponde da solo Perché sono io, e tanto basta.

"La mamma non fa così quando sono ammalato. Non corre e nemmeno corruga le sopracciglia in quel modo. Si limita a darmi la medicina e a mettermi sotto le coperte."
"Perché tu sei forte."
"E papà non lo è?"
"Padron Bruce è... be', questo è un po' più complicato da spiegare."

No, non lo era per niente.
Non adesso, che di sua madre rimaneva solo un pugno di terra e di suo padre ancora meno.
Non dopo che aveva capito quanto fosse complicato l'amore - un egoismo condiviso.

Non dopo che Gotham gli aveva raccontato la verità, una storia che non regalava null'altro che eredità scomode e umanità dolenti.

Il sacco si stacca dal gancio e cade con un plof sordo e sfibrato.
Alexander lo fissa alcuni secondi, lasciandosi poi andare al suolo e portandosi le mani al volto - una resa e una confessione.

"A volte mi chiedo perché non posso avere dei genitori normali."

Il marchio di Gotham ha la stessa consistenza di una cicatrice.

Novembre 2070 - #59 anno

"Io non ti conosco."
"Sei un bugiardo." gli risponde il rosso, dondolando i piedi con fare distratto "Ma ti perdono. Non è facile essere... be', te."
Alexander sospira, irritato.
"Cosa vuoi?"
"Un aiuto. Un finanziamento, se così ti è più facile."
"Per cosa?"
"Sto ricostruendo la League."
Roy Harper si rende conto che non sarà un'impresa per nulla facile quando Alexander gli assesta un pugno così forte che il giorno dopo fa ancora fatica a masticare.

Gennaio 2071 - #60 anno

"Oliver era un amico di tuo padre."
"Ti prego." ribatte esasperato Alexander "Non far sembrare questa cosa come una merenda tra bambini, perché, sorpresa sorpresa, non lo è."
"Mi aveva anche avvertito che, testuali parole, se Alexander ha preso un decimo del carattere di merda di Bruce, be', allora sei fregato, ragazzo."
"Non nominare mai più mio padre."
"Aveva previsto anche questo." e sorride mentre lo dice, finendo in un solo sorso il suo caffè "Allora, hai pensato alla mia offerta?"
"No."
"Tuo madre sapeva mentire meglio."
"Non ho bisogno di nascondere la mia antipatia per te e per la tua idea."
"Ti lascio qui l'elenco di chi si è offerto." replica Roy, alzandosi e continuando a sorridergli "Dacci un'occhiata; il mondo ha ancora bisogno di eroi, Alex."
L'ombra di Bruce rivive nell'occhiata omicida che Wayne gli regala prima di andarsene.

Giugno 2071 - #60 anno

"La figlia di un demone."
"Esatto."
"Un clone segreto di Superman, un prodotto assolutamente illegale dell'A.R.G.U.S, un'altra lucina da notte verde, il nipote del velocista e poi ci sei tu, un infilza manichini."
"Arciere, prego."
"Faranno schifo."
"Faremo schifo, allora."
"Io non entro nel tuo progetto, Roy. Ho quasi cinquant'anni e non posso permettermi una schiena spezzata."
"Neppure io sono un fiore, eppure eccomi qui. Finché non avrò trovato un erede..."
"Ovvero un altro cretino." lo interrompe Alexander, continuando poi a esaminare i file con espressione soddisfatta - il bastardo.
"Dicevo... fino a quando non avrò trovato un altro erede, mi assumerò la leadership della nuova League."
"Non dire scemenze. Non sapresti nemmeno guidare un esercito di tartarughe verso la loro foglia di lattuga."
"Quanto sei sgodevole, Wayne."
"Un difetto di famiglia, a quanto pare."
"Quindi lo farai?"
Silenzio.
"Alexander."
"Lasciami un po' di tempo per pensarci; al massimo, il mondo vedrà quanto i nuovi eroi siano solo un'accozzaglia di buffoni in calzamaglia."
Roy non riesce a trattenere un sorriso.

Settembre 2071 - #60 anno

È una macabra sfilata quella a cui si sottopone Alexander, maschere vuote e orbite silenziose che lo fissano dalla vacuità di una teca in vetro e acciaio.

Nightwing.

Ricorda Alexander, e gli sorride da foto dimenticate un fratello che avrebbe voluto conoscere.

"Com'era Richard Grayson?"
"Bellissimo. Acrobatico. Il primo e l'ultimo. Ti sarebbe piaciuto, sai? In un certo senso, ti assomigliava."

Inclina il mento alla sua sinistra Wayne e sfiora con i polpastrelli un uccellino che si era poi rivelato un falco spietato.

Robin.

Socchiude gli occhi, stirando le labbra in una piega sottile e pallida.

"Damian."
"Così si chiamava."
"E ha ucciso mio fratello."
Bruce aveva trattenuto un moto d'orgoglio improvviso quando Alexander si era lasciato sfuggire quelle parole, il ricordo di Grayson un mostro che divorava ancora le sue notti.
"Disse che era stato un incidente."
"Non gli credo."
"Non lo feci neppure io. O almeno, se anche l'idea mi sfiorò, la rabbia era troppa perché potessi perdonarlo."
"Cosa ne è stato di lui?"
"Perché ti interessa saperlo?"
"Un giorno lo incontrerò." aveva poi mormorato "Un giorno lo vedrò morire. Un giorno... " ed è Selina quella che brilla nei suoi occhi, una determinazione assolutamente felina e predatoria "gli dirò la verità. E spero che gli faccia più male di quanto possa immaginare."

Tace la caverna, interrotta solo dal pigro gocciolare dell'acqua giù per le sue insenature, roccia e metallo - progresso.

Madre.

Il telefono comincia a vibrare nella sua tasca, ma Alexander lo ignora, poggiando la fronte contro la superficie della teca che contiene il costume di Catwoman.

"Eri una... ladra?"
"Una ladra, una vigilante, un membro dell'Insurrezione e poi uno del Regime; infine, solo una donna con troppe vite e poca pelle per viverle tutte."
"Deve essere stato bellissimo."
"È stato faticoso. È stato difficile e ha avuto i suoi brutti momenti - più brutti che belli - ma è stata la mia vita. Mia soltanto. E di tuo padre."
Quando Alexander le aveva sfiorato le guance, dal basso dei suoi miseri otto anni, Selina aveva cominciato a piangere.

Il cellulare emette un basso ronzio, segnalando l'arrivo di un messaggio.
Alexander prosegue la sua marcia - un viale dei ricordi grottesco e allucinato - cogliendo il nome di Roy sul display.

Padre.

Hai deciso? scrive l'arciere rosso Sei con noi?

"Vai a chiamare Alfred."
"Papà... ?"
"VAI." gli aveva intimato sua madre, raccolta come uno straccio bagnato attorno al corpo di suo padre.
Alexander era arretrato, inciampando nel bordo del suo stesso pigiama - così fuori luogo in quella caverna buia e fredda, così infantile con quel gatto gigante sul petto e la coda di morbida stoffa che gli penzolava tristemente tra le mani.
Aveva cominciato a piangere, portandosi i polsi al volto e sporcandoli di muco.
Selina non l'aveva degnato di uno sguardo, bestemmiando e sostenendo Bruce nell'ennesimo conato, una maschera di sangue rappreso e fango.
"Alexander." e il suo tono non ammetteva repliche "Devi chiamare Alfred, adesso."

Click.

Qualcosa si era spento in Alexander e la paura l'aveva sovrastato, riducendolo a un ammasso tremolante d'impotenza e lacrime.
"Papà morirà?"
"No." era stata la replica inflessibile "No, non lo farà." ma poi Selina si era chinata su Bruce e gli aveva sussurrato qualcosa all'orecchio, una supplica intima e privata che Alexander avrebbe compreso solo molti anni dopo.

Plotch.

Bruce l'aveva fissato in tralice, nascosto da una maschera strappata e dal sangue che gli colava fuori dalla bocca e dalle narici.  

Plotch.

Alexander aveva guardato suo padre sboccare l'ennesimo fiotto di bile e saliva, lottando per respirare - lottando per combattere un giorno in più e regalarne uno in meno alla morte - e le sue gambe si erano mosse da sole, correndo su per le scale e poi verso la camera di Alfred.

Plotch.

Non si era accorto di urlare fino a quando le braccia di Alfred non l'avevano circondato.

I vostri sistemi di sicurezza sono deboli, facilmente raggiungibili. Vanno sistemati. risponde, scivolando accanto al simbolo del pipistrello e passandosi una mano tra i capelli.

Lo prendo per un sì?

La paura era tornata a stringergli gli angoli della mente, ma qualcosa di diverso si era poi fatto largo al centro del suo petto.
Forse era coraggio, forse incoscienza, forse semplice curiosità - quella che uccide i gatti, non i pipistrelli.

Convoca tutti per domani: voglio vederli.

La maschera gli aveva aderito al volto come una seconda pelle: quella giusta, questa volta.

Maggio 2072 - #61 anno

Alexander rilassa i muscoli della schiena e si permette un solo, lungo, sospiro.
L'erba è tiepida sotto le sue mani e il sole ha reso un po' meno gelide le lapidi dei suoi genitori, scivolando su di loro come una lama.
Non sa bene da dove cominciare - Roy direbbe dal cuore, amico, dal cuore e lui, come da copione, gli assesterebbe una testata solo per farlo stare zitto - perché la sua casa è sempre stata un insieme di silenzi che raccontavano già tutto.
Quando Clark era morto, Alexander aveva pensato di avere la forza - o la follia - di avviare il programma di distruzione della caverna, cancellando un'epoca e una storia.
Alla fine, posto davanti al monitor di suo padre e accolto solo dallo stridio dei pipistrelli, si era trovato ad annullare il tutto, salvando quella storia e consegnandola al futuro in un ultimo rigurgito di speranza.
"E adesso sono a capo di un gruppo di alieni e stupidi idealisti." comincia a bassa voce "Ho indossato il tuo mantello, ho resuscitato il tuo simbolo, e qualcuno ha fatto la stessa cosa con la mamma, perché a Gotham è tornata una gatta ladra, un po' più magra, un po' meno simpatica, ma altrettanto affascinata dalle cose che luccicano."
Il vento si arrotola attorno alla sua figura, gentile come una carezza.
"Non sono veloce come un tempo e nemmeno altrettanto sicuro giù per i tetti, ma il mondo è diverso ora e, per quanto i vostri nemici stiano tornando, abbiamo tempo per consegnare la nostra eredità a qualcuno; altri eroi, altri martiri."
Una cincia gli saltella vicino, frugando nella terra e cinguettando soddisfatta quando trova la sua preda.
"Ci saranno altre guerre, papà." il vento si fa più forte, ruggendo all'improvviso "Kon - El ne è sicuro e porta con grande  dignità il peso del suo predecessore, ma non è sufficiente."
Sfiora con le dita una periferica di memorizzazione, nascondendola poi in tasca.
"Ho raccolto i loro punti deboli, i loro angoli ciechi, e li ho affidati a Roy, perché se c'è qualcuno che può fermarli oltre a me, be', quello è l'erede di Oliver."
Il cielo si nasconde un attimo dietro le nubi, incerto.
Alexander alza lo sguardo, cercando una notte che non tarderà ad arrivare, portando con sé vecchi fantasmi e nuovi pericoli, una città che lo ha accolto come una madre malevola eppure bramosa della sua presenza.
"Tra poco farà buio." il vento cigola - si lamenta, quasi - e prende forza, spostando nembi grigiastri da un sole morente "Tra poco avrà inizio la mia lunga ronda."

Come è sempre stato. Come sempre sarà.

E, per un debole istante, il cuore di Alexander smette di sanguinare.



Nota dell'autrice: Alexander Wayne non esiste nella continuity di "Injustice; gods among us" ed è pertanto da considerarsi un personaggio originale.


















   
 
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