Serie TV > Once Upon a Time
Ricorda la storia  |      
Autore: B_Regal    21/10/2014    4 recensioni
[Spoiler] Questa One Shot prende spunto dall' episodio 4x03, più precisamente è un post puntata, un momento che si colloca dopo che Marian è stata congelata e Regina ha promesso di trovare una soluzione per riportarla in vita. A me piace pensare che possa essere una scena non vista ma che.. non per questo non possa essere accaduta!
“Così mi rendi le cose difficili!” La voce di Regina era appena un sussurro, aveva ritratto la mano ma non si era allontanata da lui. Robin riusciva a distinguere il suo profumo, quel profumo che ormai gli era diventato familiare.
“Hai ragione, scusami. E’ solo che..” Le parole gli morirono per un attimo in gola, mentre scuoteva la testa e allargava le braccia in segno di rassegnazione “E’ solo che è così difficile starti lontano!”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Henry Mills, Regina Mills, Robin Hood
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Avrei voluto postare questa One Shot appena dopo l' episodio "Rocky Road", ma era giusto la settimana in cui stavo studiando per un esame, per cui è rimasta in stallo nella mia testolina fino ad oggi, quando ho potuto trasferira su carta. O meglio, su pc! =)
Ho adorato quell' episodio, ma ho avuto qualche leggera perplessità sul vedere Regina così remissiva nei confronti di Robin, quindi in questa storia la vedrete un pò più aggressiva - non troppo - appena appena quella freddezza che ha sempre avuto nel rapportarsi con chi la ferisce e che - noi che conosciamo bene Regina lo sappiamo - è solo una maschera.     
Buona lettura!                              

 Just a weakness moment
 
 
Il brusio del televisore acceso era l’unica fonte di rumore in tutta la casa e quando lo spense una sensazione di sollievo le invase le orecchie.  Non che bramasse il silenzio, ne aveva avuto a sufficienza negli ultimi giorni, ma le uniche voci che avrebbe volentieri ascoltato ancora erano ormai erano cessate, e con buona probabilità non si sarebbero fatte sentire fino al giorno dopo.
Regina allungò una mano per accarezzare i folti capelli di suo figlio, senza riuscire a staccargli gli occhi di dosso.  Forse era perché negli ultimi tempi Henry era cresciuto a vista d’occhio, ma gli sembrava passata una vita dall’ultima volta che lo aveva visto addormentarsi su quel divano. Arricciò il naso constatando che un tempo ci stava comodo e largo mentre adesso aveva dovuto raggomitolarsi per riuscire a trovare una posizione confortevole.
Cercando di non pensare a quanto fosse ancora maledettamente difficile non averlo più in casa con lei, afferrò una coperta dalla poltrona di fronte e la poggiò delicatamente sul corpo di suo figlio, facendo attenzione a non svegliarlo mentre lo copriva per bene e gli accarezzava di nuovo il viso.
Poi la sua attenzione fu catturata da un’ altra sagoma, decisamente più piccola e abbandonata in maniera scomposta sul tappeto. Sorrise tra sé e sé e si accucciò facendo attenzione a restare in equilibrio sui tacchi mentre sfilava via la Nintendo di Henry da quelle manine piccole e lo posava distrattamente per terra, accanto a lei.  Sollevare Roland fu più complicato di quanto immaginasse e il bambino si mosse infastidito, mugolando qualche verso sconnesso ma probabilmente troppo stanco per svegliarsi del tutto.
“Shh, ti porto a letto tesoro!” Sussurrò Regina lasciando scorrere la mano sulla schiena di Roland, in un gesto di conforto. Lo sentì sistemarsi meglio tra le sue braccia fino ad aderire completamente a lei, le mani del bambino le circondarono il collo mentre un “mamma” strascicato le arrivò distintamente alle orecchie.
Regina avrebbe davvero voluto credere che quella parola fosse uscita dalle labbra del bambino perchè per un periodo – seppur breve – l’aveva vista davvero come una madre, ma era certa che Roland avesse semplicemente creduto di trovarsi tra le braccia di Marian, così si limitò ad accarezzargli i capelli mentre percorreva le scale che la portavano dritta in camera sua.
Lo sistemò al centro del letto e gli rimboccò le coperte, sempre attenta a non svegliarlo e lasciò la stanza solo quando si fu assicurata che il bambino fosse ricaduto in un sonno profondo e tranquillo e che non ci fosse il rischio che si risvegliasse nel giro di qualche minuto, da solo in un posto che non conosceva.
Henry era ancora nella stessa posizione in cui l’aveva lasciato; si sedette attentamente su un po’ dello spazio libero del divano e iniziò ad accarezzare il viso di suo figlio. Non avrebbe voluto svegliarlo ma il suo letto sarebbe stato certamente più comodo ed era ormai finito il tempo in cui era lei a portarcelo.
“Henry,  svegliati!”  Il ragazzino arricciò gli occhi infastidito ma non fece altri movimenti “So che sei stanco ma starai meglio in camera tua!”
Henry aprì gli occhi e subito dopo se li stropicciò con i pugni, soffocando uno sbadiglio “mamma!” Lasciò andare uno sbadiglio, guardandosi attorno sollevato “Credevo fosse già mattina!”
“No!” Regina rise  “Hai ancora tutta la notte per dormire, solo va in camera tua, sei decisamente cresciuto per poter stare comodamente qui sopra!”
“Mi accompagni?”
Quella richiesta la colse impreparata e si ritrovò a spalancare gli occhi prima di annuire, felice che gliel’avesse domandato “certo!”
Ritrovarsi nella camera di suo figlio a rimboccargli le coperte fu come fare un salto nel passato, un bellissimo passato in cui c’erano solo loro due ed erano felici, e il suo cuore non si era ancora spezzato per la seconda volta.
“Dov’è il piccoletto?” Domandò Henry guardando la madre seduta sul bordo del letto.
“In camera mia, dormirà con me stanotte!”
Henry arricciò le labbra “Guarda che potrei essere geloso!”
Regina sorrise, accarezzandogli i capelli “Non essere sciocco! Lo sai che nel lettone della mamma c’è sempre spazio per te!”
La conversazione venne bruscamente interrotta da un rumore inaspettato, il suono del campanello che giunse appena udibile al piano di sopra. Mentre spegneva la luce della stanza e scendeva le scale, Regina si domandò chi potesse essere a quell’ora.
Si augurò vivamente che non fosse Mary Margaret, in preda all’ennesima crisi di panico per la gestione della città, ma soprattutto si augurò che a Emma non fosse venuto in mente di andarsi a riprendere Henry perché di certo non gliel’avrebbe lasciato fare, non adesso che dopo mesi l’aveva di nuovo a casa.
Già pronta ad affrontare sia l’una che l’altra, aprì la porta d’ingresso con uno scatto veloce ma le parole le morirono in gola nel momento in cui si rese conto che nessuna delle due era sull’uscio.
“E tu che ci fai qua?”
Robin si guardò imbarazzato la punta delle scarpe, come se non volesse guardare lei in faccia “posso entrare?”
Regina non rispose ma si fece da parte per permettergli di passare. Sapeva che non avrebbe dovuto, vederlo non le faceva affatto bene ma con lui era dannatamente difficile alzare quel muro che era abituata a mettere con tutti gli altri. La verità era che una parte di lei – una buona parte di lei – desiderava averlo accanto e così si comportava di conseguenza. “Che ci fai qua?” Ripetè, con freddezza. Non avere la forza di chiudergli la porta in faccia non significava che dovesse trattarlo come se nulla fosse accaduto.
“Sono venuto a vedere come sta Roland!”
“Sta bene,  lui ed Henry hanno giocato fino a dieci minuti fa con i videogiochi e poi sono crollati. L’ho appena portato di sopra!”
Robin annuì “Grazie per averlo tenuto con te!”
Lei alzò le spalle “Non mi sembrava il caso che si ritrovasse di nuovo ad affrontare la sparizione di sua madre!”
L’ uomo annuì “Infatti, non è decisamente il caso e io non so proprio come spiegarglielo!”
“Dovrai farlo, prima o poi si renderà conto che gli stiamo nascondendo qualcosa!”
“Lo so!” Robin lasciò andare un sospirò, poi si guardò distrattamente attorno, soffermandosi sul grosso tavolo del salone su cui troneggiavano una serie di grossi libroni antichi, alcuni chiusi e impilati uno sull’altro, altri aperti e sparsi su tutta la superficie di legno “Stai lavorando a..”
Non terminò la frase ma Regina capì lo stesso e annuì, aspettando la seconda domanda che però non arrivò “Non mi chiedi come sta andando?”
Robin scosse la testa “Non serve, quando avrai la soluzione sarai tu a dirmelo. Te l’ho detto, mi fido di te..” Tentò di afferrarle una mano, ma ebbe appena il tempo di stringerle le dita che sentì la presa scivolargli via.
“Così mi rendi le cose difficili!” La voce di Regina era appena un sussurro, aveva ritratto la mano ma non si era allontanata da lui. Robin riusciva a distinguere il suo profumo, quel profumo che ormai gli era familiare.
“Hai ragione, scusami. E’ solo che..”  Le parole gli morirono per un attimo in gola, mentre scuoteva la testa e allargava le braccia in segno di rassegnazione “E’ solo che è così difficile starti lontano!”
“Non farlo!” Il tono di voce della donna si era trasformato all’improvviso, gli occhi che prima avevano cercato di guardare altrove per sfuggire allo sguardo di lui, adesso puntavano dritti in quelli del ladro e lo fissavano con astio. L’espressione dura, resa più evidente dalle sopracciglia aggrottate e le labbra strette in una linea sottile “Non farlo, non parlare come se fossi tu la vittima, in questa storia!” Regina sentiva la magia agitarsi dentro di lei, la rabbia pareva sul punto di esplodere e sapeva di dover fare qualcosa per liberarsene prima che venisse fuori nel modo sbagliato. Alzò entrambe le braccia e si aspettò di vedere Robin indietreggiare spaventato come chiunque altro avrebbe fatto davanti a lei ma lui restò immobile, come se sapesse che non gli avrebbe mai fatto del male o come se non gli importasse. E poi si ritrovò i palmi di Regina sul petto, una spinta non così forte ma sufficientemente inaspettata da farlo arretrare di un passo “Sei stato tu a scegliere!” Un’ altra spinta, più forte della prima “E hai scelto lei. E non puoi piombare qui a lamentarti di quanto sia difficile perché tu non immagini neanche quanto sia difficile per me!” A ogni tre, quattro parole intervallava una nuova spinta che lo faceva indietreggiare sempre di più, fino a quando non si ritrovò con la schiena contro la porta d’ingresso. Robin avrebbe potuto fermarla facilmente, Regina era più piccola e meno forte fisicamente di lui, ma non lo fece, lasciò che si sfogasse, che si liberasse di tutto quello che fino a quel momento aveva tenuto dentro.
E poi si ritrovarono labbra contro labbra.
Le lingue iniziarono a cercarsi fameliche, le mani si intrecciarono con forza solo per pochi secondi, bloccate contro il muro, poi quelle di lei si infilarono sotto la maglia del ladro e quelle di lui si ritrovarono sul collo della regina, salirono fino ai capelli e scesero di nuovo, sul petto e sui bottoni della camicetta di seta che la donna indossava “Ci sono i ragazzi di sopra!” Furono le parole ansimanti che uscirono dalla bocca di Regina e quel briciolo di razionalità che era rimasta nella testa della donna sembrò gridare. Perché quella – fra tutte – era l’ultima motivazione per cui avrebbero dovuto fermarsi. Non lo fecero.  Robin continuò a percorrere con la bocca il collo e il petto ormai nudo di Regina e lei lo lasciava fare, aggrappandosi come poteva alle sue spalle. Senza staccarsi dall’abbraccio in cui si erano ritrovati percorsero la sala da pranzo, sbattendo più volte contro il tavolo, raggiunsero lo stesso divano su cui fino a pochi minuti aveva dormito Henry,  scivolarono sullo stesso tappeto che portava ancora i segni di Roland, quel tappeto su cui adesso, assieme al peluche grigio di una scimmia e un videogioco elettronico, giacevano i loro stessi vestiti.
 
 
 
 
 
 Era notte fonda quando Robin chiuse piano la porta della camera da letto, dopo aver depositato un leggero bacio sui capelli di un incosciente Roland. A Regina aveva detto che sarebbe salito qualche secondo perché aveva voglia di salutare suo figlio, in realtà era semplicemente scappato. L’impavido principe dei ladri non aveva avuto il coraggio di guardare negli occhi la regina,  dirle che quanto era appena accaduto era stato uno sbaglio nonostante a lui fosse sembrata la cosa più giusta del mondo.
Si sentiva in colpa nei confronti di sua moglie, della quale aveva tradito la fiducia, ma ancora di più si sentiva in colpa nei confronti di Regina. L’aveva forse usata? La sola idea lo tormentava, si malediceva per essere stato così debole, quando proprio a lui sarebbe toccato essere forte per entrambi. Perché quella situazione l’aveva creata lui.
C’ era un piccolo impulso che gli diceva di percorrere le scale in silenzio e fare quello che gli era sempre riuscito meglio, scappare, ma la donna che lo aspettava di sotto meritava quanto meno un confronto e lui non gliel’avrebbe negato. Debole si, ma non codardo.
La trovò nella stessa stanza in cui l’aveva lasciata, impeccabile nel suo abito scuro, che a vederla nessuno avrebbe pensato che fino a pochi minuti fa avevano fatto l’amore su di un tappeto.
Gli dava la schiena, il suo sguardo era rivolto verso la vetrata ma il buio che dominava l’esterno faceva chiaramente intendere che non ci fosse nulla che lei stesse veramente guardando.
“Regina?”
“Non sarò la tua amante!” Lo disse senza voltarsi, ma la voce incerta bastò a Robin per intuire il suo stato d’ animo.
“Non voglio che tu lo sia!”
“Bene, perché quello che  è successo adesso non deve più riaccadere!”  Finalmente si voltò e fece qualche passo verso di lui, gli occhi lucidi che quasi stonavano con l’espressione decisa che le si era dipinta in volto “Ho lavorato duro per costruirmi una buona reputazione agli occhi di questa città, agli occhi di mio figlio e non permetterò che mi sia dato della sfasciafamiglie!”
“Lo so!” Rispose solamente lui, con una sincerità nel tono che per un attimo destabilizzò Regina “Mi dispiace, non dovevo cedere in questo modo, ti chiedo scusa!”
Regina scosse la testa incrociando le braccia “Non scusarti,  quello che abbiamo fatto l’abbiamo fatto in due!” Esclamò, pronta ad assumersi le sue responsabilità.  Avrebbe dovuto fermarlo ma non l’aveva fatto, completamente annebbiata dal bisogno di sentirsi stringere ancora una volta dalle sua braccia, di assaporarne il calore e di perdersi nel suo odore.  Non sapeva dire se ne fosse pentita o meno, ma di più la preoccupava il non saper dire se si fosse pentito lui. “Rispondi solo a una domanda..”
Robin annuì “tutto quello che vuoi!”
Regina abbassò lo sguardo nel tentativo di nascondere quella stupida abitudine di mordersi il labbro inferiore quando era nervosa “Sei venuto a letto con me perché Marian adesso è congelata? Perché lei non è più.. disponibile?”
“No, per l’amor del cielo Regina, assolutamente no!” Robin spalancò gli occhi e scosse la testa con vigore non appena capì il senso di quella domanda “Non potrei mai farlo, non sei stata un ripiego, non pensarlo nemmeno per scherzo!”
Regina annuì, era stata usata tante di quelle volte da aver imparato a riconoscere chi lo faceva, e Robin non era tra questi. Non sapeva nemmeno perché gliel’aveva chiesto, perché aveva lasciato che la sua insicurezza prendesse il sopravvento.
“Davvero? Perché voglio essere chiaro su questo punto, è importante!” L’ultima cosa che Robin avrebbe voluto era darle un’ impressione del genere. Si odiò per come l’aveva fatta sentire, le aveva promesso che questa volta sarebbe stato diverso e invece si stava comportando come tutti quelli che non avevano saputo amarla come meritava.
“Ti credo!”  Assicurò Regina, con un impercettibile accenno di sorriso “Ma questo non cambia le cose. Non deve succedere di nuovo e ti prego, aiutami a fare in modo che sia così!”
“Lo farò!” rispose lui, rendendosi conto che al momento quello fosse l’unico modo che aveva per poter fare qualcosa per lei.
“Quindi dimenticherai questa nottata?”
“No!” Robin scosse la testa, consapevole di non poterle promettere il falso. Non l’avrebbe dimenticata come non aveva dimenticato ogni singolo istante passato con lei “Ma fingerò di averlo fatto!”
Regina non riuscì a trattenere un piccolo sorriso e di nuovo si odiò per essere così vulnerabile e così debole davanti a quell’uomo “Può andare bene!” Allungò una mano verso di lui in un palese invito a lasciare quella casa “Buonanotte, Robin!”
Stringere quella mano come se si trovasse di fronte un semplice conoscente fu uno sforzo enorme, ma lo fece lo stesso “Buonanotte, Regina!” La guardò un ultima volta negli occhi, desiderando di dirle un milione di altre cose, ma si limitò a congedarsi con un sorriso.
Regina aspettò di sentire il rumore della porta che si chiudeva per permettere alla lacrima che le pungeva l’occhio destro di scivolarle sulla guancia ancora accaldata.
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Innanzitutto grazie per aver letto! **
Sono stata indecisa fino alla fine se pubblicare questa Shot nella raccolta OutlawQueen che ho in fase di scrittura, poi ho scelto di pubblicarla a parte perchè le OS della raccolta sono tutte fluffy (così fluffy da far salire la glicemia a qualcuno! :D), e si basano sul fatto che Regina e Robin abbiano finalmente ottenuto il loro Happy Ending, senza che nessuno vada a rompergli - si dice dalle mie parti - le uova nel paniere! 
Questa invece è un missing moment della quarta serie, ha una collocazione differente e come avete notato - per il momento - non ha un lieto fine. (Ma non disperiamo, c'è tempo!)
Comunque, nel caso abbiate carenza di zuccheri e vogliate dare un' occhiata alla raccolta, la trovate qui!
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2730691

Bacini! <3 
   
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: B_Regal