Fanfic su artisti musicali > Jonas Brothers
Segui la storia  |       
Autore: Minako_86    16/10/2008    16 recensioni
Gabrielle ha ventidue anni ed è decisamente bassa per la sua età. Vive a Parigi ed ascolta solo musica classica. In che modo una ragazza così potrebbe entrare a far parte del magico universo della boyband per ragazzi più conosciuta d'America?
E se fosse il destino a "recapitarle" i fratelli Jonas a domicilio perchè lei possa aiutarli a tirar fuori la loro anima, quella vera?
Genere: Romantico, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas, Kevin Jonas, Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
- Prologo -

Prima che vi tuffiate nella lettura, lasciate che vi dica un paio di cose:

 

- Primo: Gabrielle-Coco è una mia creatura, MA non sono io. In effetti c'è qualcosa di me in lei, ma solo a livello di passioni ed età anagrafica. Il suo nome è un omaggio a quella grande donna che era Mademoiselle Chanel. Studiando io da stilista ed amandola molto, non ho potuto farne a meno!x3 Comunque trattatemela bene, perchè tengo molto a lei.

 

- Secondo: I miei Jonas non vogliono essere un ritratto fedele degli originali, per quanto spero che ci somiglino il più possibile... Io non sono una fan *sfegatata* di questi tre, quindi molte cose ce le aggiungerò di mio pugno, mi scusassero le fedelissime!xP

 

- Terzo: Essendo io leggermente maniacale, nella creazione di nuovi personaggi, ho cercato un volto per la mia Coco e, sfruttando la mia passione per la grafica, l'ho photoshoppata insieme ai Jonas.

 

Copiincollate nella barra dell'indirizzo web questo link:

 

http://img368.imageshack.us/my.php?image=bannerjonasstoryaa1.png

 

Mi fa piacere sapere che ne pensate, anche vistosi il lavoro che c'è dietro.x3

 

- Ultimo, ma non meno importante: dedico la fic a Tempe (alias Temperance_booth) perchè fondamentalmente è anche parecchio merito/colpa sua se mi sono irrimediabilmente affezionata ai tre Jonas!<3

 

Ora smetto di tediarvi, avviso solo che la fic è ancora in corso di elaborazione, perciò gli aggiornamenti saranno potenzialmente di attesa lunghetta!=P

 

PS. Il testo in corsivo tra le parentesi graffe corrisponde ai pensieri in prima persona dei personaggi. In blu invece, le eventuali citazioni.

 

 

 

 

- Prologo -

 

 

 

{ Credo che ci sia qualcosa chiuso a chiave

e che ogni verità può fare bene o fare male. }
Sono Qui Per l'Amore - Ligabue

 

 

 

 

Coco

 

 

 

 

 

- Coco! S'il vous plaìt... -

 

Si fece strada tra la folla di ragazzine urlanti, nel tentativo di raggiungere la sorella che era rimasta bloccata dalla parte opposta dell'ingresso. Monique, accasciata contro un'elegantissima parete in marmo rosa, era esausta ancor prima che la serata cominciasse. Dondolava stancamente un braccio sopra la testa, mentre con l'altro reggeva malamente sua figlia Luciàne. Un adorabile angioletto biondo di quattro anni e mezzo. Gabrielle la raggiunse, somministrando qualche spintone a destra e a manca, e prese in braccio la nipotina.

 

- Continuo a pensare che non sia stata una grande idea... - Sbuffò, osservando il teatro che andava riempiendosi. Lo spettacolo non sarebbe iniziato prima di qualche ora buona, eppure la marea umana continuava ad affluire senza sosta. - Questo posto è fatto per ascoltare buona musica. La sua acustica è studiata per rieccheggiare note importanti... non le canzoncine commerciali di tre bambocci americani qualunque.

 

- Parli come se l'Emeraude fosse tuo. - Ridacchiò Monique di rimando. - Ma noi qui ci limitiamo a pulire e a servire cioccolatini durante l'intervallo, ricordatelo. - Gabrielle si incupì improvvisamente e senza dire nulla, adagiò la bimba sul pavimento, stringendole appena la manina paffuta. Le dava fastidio che le si ricordasse la sua squallida situazione. Si sentiva una sguattera. Costretta a lavare un pavimento per poter ascoltare anche solo qualche brano delle Opere che tanto amava.

 

- Infatti. Se fosse mio, certi abomini non verrebbero permessi. - Ringhiò, indicando un manifesto cartonato alto una volta e mezzo lei. Quei tre avevano il potere di mandarla in bestia anche tramite fotografia.

 

Beethoven, Mozart, Chopin... Quella era vera musica. La sola che valesse la pena di essere ascoltata, per quanto la riguardava. Quella era emozione.

 

- Certo, certo. Adesso però piantati in faccia un'espressione che sembri almeno umanamente cordiale e vai al banco dei gadget. Io devo pensare al guardaroba, i biglietti e il resto. Non riesco a badare a tutto, con la gente che c'è... Sento che stasera se ne venderanno a vagonate di quegli affari. Quei ragazzi sono un vero fenomeno generazionale... - Le spostò una ciocca di capelli scuri dietro l'orecchio, ma lei agitò immediatamente la testa per farla tornare al suo posto. - Ti prego, Coco. Ho già abbastanza grane, senza che ti ci metta anche tu.

 

- D'accordo, Monmon. - Sospirò, spingendo delicatamente Lulù verso la sorella, prima di lasciarla andare. Mise su un finto sorriso che scomparve non appena ebbe voltato le spalle a Monique.

 

- Eccoci qua, coraggio. - Bisbigliò, infilandosi dentro al mini-shop con una smorfia. Poi alzò lo sguardo e si rivolse alla prima di una lunga fila di fans assatanate che si snodava fino in fondo alla sala. - Dimmi pure, tesoro.

 

{Fenomeno generazionale.}

 

Riflettè, mentre incartava con aria scocciata un grosso poster autografato.

 

{Ma se io non sapevo nemmeno che esistessero, questi Jonas Brothers.}

 

 

 

 

Kevin

 

 

 

 

 

L'auditorium era completamente vuoto. Un silenzio del tutto innaturale serpeggiava tra gli stessi sedili di velluto rosso che, pochi attimi prima, avevano visto almeno diecimila persone urlare, cantare e ballare come fossero un tutt'uno, mentre tre ragazzi si agitavano sorridendo sul palcoscenico.

 

Kevin Jonas si guardò intorno con aria stranamente mesta, per uno che era appena stato partecipe di un autentico trionfo. Fuori da lì, oltre gli ampi vetri che illuminavano l'estremità superiore delle pareti, Parigi si preparava ad un'altra notte, esattamente identica a tante che c'erano e ci sarebbero state.

 

{Come. Sempre. Tutto. Identico.}

 

Proprio come per lui.

 

Si sedette sul bordo del palco, abbandonandosi come la sua adorata chitarra sul pavimento, contro l'asta del sipario. Un ciuffo ribelle gli scivolò davanti agli occhi, lo spostò con uno sbuffo scocciato. Scocciato, sì.

Quella situazione lo aveva veramente scocciato. Essere sempre considerato l'ultima ruota del carro, quello di cui si sarebbe potuto fare a meno... All'inizio aveva pensato ad un problema di età. Troppo grande per certe cose o, per lo meno, troppo in là dall'essere teen-ager.

Il novanta per cento delle loro fans non superava i quindici anni.

Poi era passato all'ipotesi di non essere abbastanza carino. E comunque non quanto Joe o Nick. Cosa di cui non avrebbe mai potuto e tantomeno voluto fare una colpa ai suoi fratelli, però... Però.

Il fatto che ai concerti fosse tutto un turbinare di "Ti amo Nick!" e "Joe sei bellissimo!", che di cartelloni per lui ce ne fossero sempre pochi, in proporzione, gli dava fastidio. Era un piccolo, sordo bruciore all'altezza dello stomaco che, da qualche mese a quella parte, gli impediva di sentirsi totalmente felice. Perfino dopo un successo straordinario come quello ottenuto col pubblico europeo. Lo faceva star male tanto quanto l'idea di avere qualcosa da nascondere alle due persone a cui più teneva in assoluto...

Dondolò nervosamente le gambe e fece per saltare in platea, ma si bloccò quando la porta in fondo alla sala si aprì, accompagnata dallo scatto della maniglia antipanico.

 

- Guarda che schifezza! Incivili... - Bofonchiò l'ombra che era entrata, trascinandosi dietro un secchio e uno scopettone. Mosse qualche passo in avanti e, una volta che ebbe raggiunto il cono di luce della prima finestra, Kevin potè constatare che si trattava di una ragazza. Lei, chiunque fosse, non lo degnò della minima attenzione. Portò il secchio fino alla prima fila di sedili e prese a raccogliere le cartacce dal pavimento.

 

Come poteva non averlo notato, quando lo dividevano da lei appena tre metri scarsi? Non che la cosa lo infastidisse particolarmente, era sicuramente preferibile alla tipica reazione isterica che avrebbe avuto qualunque altro essere di sesso femminile di età compresa fra i dodici e i diciott'anni, vedendoselo davanti. La osservò incuriosito ancora per qualche attimo, cercando di capire cosa stesse borbottando, anche se l'unica cosa che riusciva a dedurne era che al liceo avrebbe dovuto applicarsi di più, durante le lezioni di francese.

 

Sorrise fra sè e sè e tentò di nuovo di alzarsi, ma nello stesso istante alla ragazza sfuggì di mano lo scopettone. Mentre quello rotolava ticchettando sul laminato di marmo, senza un motivo apparente, lei si voltò nella direzione opposta ed incrociò lo sguardo spaesato di Kevin che era rimasto bloccato in un'assurda posizione, in bilico sullo spigolo del palco.

 

- Cosa stai facendo, scusa? - Domandò, senza smettere di guardarlo negli occhi. Lui, lì per lì, riuscì unicamente a notare quanto chiara fosse la pelle di quella stranissima ragazza. E quanto scuri fossero i suoi capelli. Soltanto dopo qualche attimo di silenziò metabolizzò finalmente che aveva capito perfettamente ciò che gli aveva detto... E non perchè si fosse improvvisamente ricordato di come si parla il francese parigino.

 

- Sei americana? - Le rispose, ignorando deliberatamente la sua richiesta di chiarificazione. Lei sgranò impercettibilmente gli occhi, mentre l'ombra di un sorriso le sfiorava le labbra.

 

- No. Sì. Cioè, per metà. Mio padre lo era. E ogni tanto mi scappa di parlare... - Si bloccò di colpo, squadrandolo con attenzione da capo a piedi. Leggermente imbarazzato, Kevin saltò giù dal palco e riuscì finalmente a toccare terra, assumendo una posizione più dignitosa. - Oddio.

 

- Oddio? - Ripetè meccanicamente, cercando di capire qualcosa di quella conversazione surreale.

 

- Tu. Tu sei uno di quei tre... cosi. - Gli puntò un dito contro, indietreggiando velocemente. Nel panico non si accorse del secchio dietro di lei che, urtato malamente dal suo piede, si ribaltò, inzuppando una buona porzione di pavimento, della pigna di cartacce che aveva radunato ed un paio di sedili. - Oh, cavolo...! - Si chinò, rivolgendogli seccamente le spalle e prese a trafficare per recuperare il danno fatto. Senza chiedere nulla, Kevin si avvicinò e le diede una mano a raccogliere qualche manciata di biglietti accartocciati e gocciolanti.

 

- Sei diverso. Voglio dire, il manifesto... o forse è quell'altro che è riccio? - Gli prese la carta dalle mani ed abbassò lo sguardo, continuando ad armeggiare e a riflettere ad alta voce tra sè e sè. - Cioè, i capelli... ti stanno anche bene così... oh, ma cosa diavolo sto dicendo?! - Agitò nervosamente la testa e, quando tornò a guardarlo, lui sorrideva.

 

- Grazie. - Che ragazza assurda... Ormai aveva rinunciato definitivamente all'idea di trovare un senso a quello che si stavano dicendo. E, assurdo per assurdo, poteva dare voce a tutto quello che gli passava per la testa. Tra le altre cose, non aveva nemmeno nulla da perderci... Dopo quella notte, chi l'avrebbe più incontrata? - Mi trovi carino? - Continuò, senza rifletterci troppo.

 

- Non sei il mio tipo, se è questo che vuoi sapere. - Si irrigidì lei. Lo squadrò di nuovo, questa volta inarcando un sopracciglio con aria visibilmente scettica. - Comunque sì, sei carino. - Concluse, sorridendogli. In effetti, quello era oggettivamente innegabile.

 

Mentre lui la osservava in silenzio, raccolse il secchio e si voltò, avviandosi verso l'uscita della sala. Aveva bisogno di altra acqua... Arrivò fino alla porta e ci si fermò davanti, accarezzando la maniglia con aria meditabonda. - Ah! - Disse Gabrielle, voltando solo la testa nella sua direzione. - Quelle basette, però, mi fanno orrore! - E uscì di scena, scrollando le spalle. Sparita così come era apparsa, tanto incredibilmente che lui si sarebbe chiesto, per lo meno per tutta la notte, se fosse reale o soltanto una proiezione della sua mente bacata.

 

Appoggiato ad un sedile ancora umido, Kevin si lasciò andare ad una sonora risata liberatoria.

 

 

 

 

Nick

    

 

    

 

 

Nick entrò frettolosamente nell'elegante bagno degli uomini, spargendo un mix di strani aggeggi e blister di pastiglie mezzi vuoti sul piano di granito. Non gli riusciva proprio di ricordarsi quale medicina dovesse prendere quella sera. Si sfregò le tempie, cercando di fare mente locale. Niente, buio.

 

{Eccheppalle.}

 

Scelse uno degli assurdi strumenti, lo sistemò a contatto con il polso e cominciò a misurare. Rimase immobile per qualche minuto, osservando svogliatamente il display luminoso e scribacchiando numeri incomprensibili su un foglietto di carta. Glicemia, ferro, globuli bianchi... Risultato: tre pastiglie rotonde. Una bianca, due gialle. Se le rigirò sul palmo della mano, fissandole come se avesse potuto farle sparire con la sola imposizione dello sguardo. Per quanto ancora avrebbe dovuto andare avanti ad imbottirsi di quella roba?

 

{A little bit longer... Ancora un po'. Un "ancora" che tende a perpetrarsi all'infinito.}

 

Per tutti lui era quello forte. Quello che non si lasciava abbattere da niente... E in effetti, in parte, ci si sentiva così. Quando stava sul palco insieme ai suoi fratelli, con le urla delle fan che gli rimbombavano nelle orecchie. Quando Joe e Kevin lo guardavano negli occhi, con quell'espressione particolare. Quella che, in sordina, sussurrava "siamo qui, saremo sempre qui per te". Si lasciò scivolare con la schiena contro il banco dei lavandini, fino a trovarsi seduto per terra, le pasticche sempre strette in mano. Purtroppo era nei momenti di solitudine, negli attimi in cui si trovava faccia a faccia con sè stesso e nessun altro, che la debolezza lo assaliva.

In fondo, molto in fondo, aveva una paura dannata di dover passare una vita intera a dover dipendere da un pugno di farmaci. Lo sentiva come un peso all'altezza della gola che gli impediva di respirare bene... Soprattutto perche non riusciva assolutamente a trovare il coraggio di parlarne con quei due. Si portò le ginocchia al petto e le strinse con un braccio, mentre teneva continuamente la mano destra aperta davanti a sè.

D'improvviso la doppia porta d'entrata sì aprì, facendo guizzare il riflesso delle luci sulla sua superficie lucida. Qualcuno con un grosso secchio azzurro in mano entrò nella stanza.

Ciò che più colpì il giovane Jonas, oltre all'improbabile colore dell'oggetto, fu che chi lo stringeva era una ragazza.

 

E quello non era un bagno misto.

Come lo vide, arrossì di botto. Ma non per il motivo che credeva lui.

 

- Excuse moi...! - Esclamò. Poi cominciò a farfugliare una serie velocissima di parole in francese e Nick perse definitivamente il filo del discorso. La fissò con aria smarrita fino a che non ebbe finito di parlare.

 

- Scusa? - Balbettò timidamente, senza preoccuparsi di essere ancora seduto per terra. - Non... non credo di aver capito.

 

- Oh. - Riprese lei, sorridendogli e cominciando magicamente a parlare nella sua lingua. - Un altro straniero? Dev'essere serata. - Poi afferrò il secchio e lo posizionò con cautela sotto il getto del rubinetto. - Dicevo... - Alzò il volume della voce per coprire il rumore dell'acqua che batteva sul fondo di plastica. - Mi serve solo un po' d'acqua e nel bagno delle signore non ce n'è più. Dev'essersi rotta la tubatura...

 

Parlava senza nemmeno guardarlo, del tutto intenta in ciò che stava facendo. Nick cominciò a chiedersi come fosse possibile e dopo alcuni minuti di concitata riflessione arrivò ad un'unica soluzione, che era anche la cosa più paradossale che gli fosse venuta in mente... Possibile che non lo avesse riconosciuto? Che magari non sapesse nemmeno chi era?!

 

La misteriosa ragazza finì di riempire il suo secchio e si voltò per riportarlo a livello pavimento. Doveva essere molto pesante, perchè, minuta com'era, traballava al minimo movimento. Quando Nick fece per alzarsi ad aiutarla, lei si accorse delle tre pastiglie.

 

- Non ti va di prenderle, eh? - Gli domandò con fare materno, appoggiando il secchio a terra. - Anche io, quando ero bambina, non ne avevo mai voglia. Ma mia sorella mi ha insegnato un trucco ottimo per le medicine... Aspetta qui! - Detto questo, mollò il suo carico ai piedi di un Nick totalmente e profondamente basito e schizzò fuori dalla porta.

 

Fu di ritorno un buon quarto d'ora dopo e trovo il giovane Jonas ancora seduto nel suo angolo, in mesta contemplazione delle sue pillole. Gli si avvicinò e gli piantò in mano una bottiglietta di Lait au Chocolate.

 

{Latte al cioccolato?}

 

Si domandò lui, osservando l'etichetta con aria dubbiosa. Una mucca pezzata gli sorrideva dal piccolo pezzo di carta patinata.

 

- Con quello vanno giù che è una meraviglia. Ed è molto meglio dell'acqua... Non te ne accorgerai nemmeno. - Gli passò amorevolmente una mano tra i capelli e, dopo essersi caricata del suo secchio d'acqua, barcollò di nuovo fuori dal bagno. Nick guardò alternativamente la bottiglia e la porta ormai chiusa per un paio di volte.

Poi stappò, si infilò le pastiglie in bocca e prese un sorso abbondante.

 

Però, riflettè leccandosi le labbra, aveva veramente un ottimo sapore.

Decine di domande gli frullavano nella testa in quel momento: chi era quella ragazza? Da dove veniva e perchè parlava con disinvoltura due lingue? Era forse una visione? O era reale? L'avrebbe mai rivista?

 

L'unica cosa di cui era certo era che, per quanto quel latte fosse dolce, lo zucchero, stavolta, non gli avrebbe fatto altro che bene.

 

Nel frattempo, Gabrielle aveva quasi raggiunto la sala del teatro. Soffermandosi solo per un istante davanti all'enorme cartellone che stava vicino all'ingresso di quest'ultima, lo osservò con curiosa attenzione...

 

Se non era lui, si disse incrociando l'espressione seria del Jonas più giovane, gli somigliava comunque molto.

 

 

 

 

Joe

 

 

 

 

 

Si frugò nervosamente nelle tasche, alla disperata ricerca di qualche spicciolo. Possibile che non si trovassero mai monete quando servivano e che saltassero fuori solo ed esclusivamente nei momenti meno indicati? Guardò anche nelle giacche che i suoi fratelli avevano lasciato sulle sedie. Niente. Zero. E aveva una sete dannata. Era veramente frustrante...

 

{Oddio, di questi tempi, qualunque cosa mi sembra frustrante.}

 

Joe Jonas scagliò un calcio risentito al tavolino che aveva di fronte, incapace di prendersela con qualcuno che non fosse lui stesso. Non servì a fargli sbollire la rabbia, ma, in compenso, una piccola pioggia di monetine sbucata da chissà dove si riversò ticchettando sul pavimento. Ringraziando mentalmente chiunque le avesse dimenticate in giro, ne raccolse un paio e si fiondò al distributore che aveva intravisto in corridoio. Non si  preoccupò nemmeno di fermare la porta del camerino, lasciando che si chiudesse con un sonoro schianto.

 

Ben altro tipo di schianto lo stava invece aspettando fuori da quella stessa porta. Una ragazza incredibilmente forte, per quanto era minuta, stava prendendo a calci la macchinetta delle bibite, inveendole contro in una lingua che sembrava francese, ma aveva un suono stranamente sibilante.

Le si avvicinò, con il suo solito fare da adorabile mascalzone. Era qualcosa che gli veniva automatico, quando si trovava ad aver a che fare con le ragazze. Perfino quando era perfettamente consapevole che, alla fine, se ne sarebbe pentito. E poi aveva fatto esperienza con i più svariati tipi di fan, ormai.

 

- Excuse moi... - Sorrise sornione. Lei non lo calcolò minimamente e continuò a colpire il distributore. Sempre più sicuro che se ne sarebbe pentito e comunque sempre meno deciso a lasciar perdere, Joe le posò una mano sulla spalla per attirare la sua attenzione. La ragazza si volto finalmente nella sua direzione e lo guardò con aria interrogativa.

Sorrise di nuovo e cominciò a gesticolare per cercare di farle capire che ci avrebbe pensato lui, a recuperarle i soldi. Va bene l'exploit di cominciare a parlarle in francese, ma la sua conoscenza della lingua non andava molto oltre all' "excuse moi".

 

- Oh... Mercì. - Si illuminò lei, appena riuscì a comprendere cosa voleva dirle e si fece da parte perchè potesse agire indisturbato. Joe picchiettò con sicurezza la mano sopra alla fessura in cui andavano inserite le monete, poi assestò un sonoro pugno al lato della macchina e, come per magia, i cinquanta centesimi della ragazza scivolarono nella finestrella del resto.

 

- Et voilà! - Sogghignò, raccogliendoli e porgendoglieli. Funzionava sempre.

 

- Très gentil. - Era bassina, ma aveva un qualcosa di adorabile. Soprattutto quando sorrideva... Si soffermò ad osservarla, trovandosi improvvisamente ipnotizzato dal modo delizioso in cui arricciava il naso. Seguì i suoi movimenti mentre rimetteva i soldi nell'apertura e riusciva finalmente a prendere la sua bottiglietta di latte al cioccolato.

 

Latte al cioccolato? Ma cosa mettevano i francesi nei distributori? Abbassò lo sguardo, ridacchiando tra sè e sè. Quando tornò a guardarla, si trovò improvvisamente occhi negli occhi con lei.

Dall'espressione che aveva, sembrava lo stesse scannerizzando dalla testa ai piedi. Il momento che tanto temeva stava per arrivare...

 

Era questione di secondi e l'avrebbe riconosciuto. A quel punto per lei sarebbe stato soltanto Joe Jonas. Joe e il suo bel faccino. Come per tutte le altre. Poco importava che fosse stato gentile con lei, o dolce nell'aiutarla. Interruppe bruscamente il contatto visivo, sorpassandola e fingendo di osservare il contenuto del distributore.

 

Lo mandava veramente in bestia essere considerato solo per il suo aspetto fisico. E il fatto era che il morbo si stava diffondendo a macchia d'olio: alle fan autentiche, che amavano di lui anche l'anima, la voce, il talento, se ne stavano aggiungendo sempre più del tipo peggiore: sciocche e superficiali... Talmente tante e talmente "forti" che probabilmente, alla fine, sarebbero riuscite a soffocare tutto. Compreso il suo grande amore per la musica.

Se diventare più famoso, comportava il doversi ridurre solo ad un "bell'involucro vuoto", beh, non era poi così sicuro di volerlo. Guardò i soldi che aveva in mano, cercando di capire come arrivare alla somma che gli sarebbe servita per prendersi una lattina di coca-cola. Maledetti euro. Per quante volte Kevin si fosse impegnato a spiegargli come funzionava il cambio, non riusciva mai a ricordarsene.

 

Un tocco leggero si insinuò nel corso dei suoi pensieri, frenandolo dolcemente. La ragazza prese due delle monete più piccole e le inserì nella macchina. Schiacciò uno dei tasti e gli allungò la lattina, dopo che questa fu atterrata nell'apposito spazio con un tonfo sordo.

 

Era coca-cola. La guardò, decisamente stupito... Come diavolo aveva fatto, senza che lui dicesse niente? Per tutta risposta lei abbassò timidamente lo sguardo, reprimendo a fatica una risata.

 

- Sei americano. - Gli spiegò, cambiando improvvisamente lingua. - Cos'altro avresti potuto volere, Joe Jonas? - Non sapeva se sentirsi più scioccato per il fatto che parlava con la pronuncia di una madrelingua o perchè l'aveva riconosciuto sul serio... - E poi sei carino... - Ecco. Carino... Di nuovo. Non gentile, non simpatico, carino.

A quel punto si era quasi convinto che lei fosse come tutte le altre.

 

{Che nervi.}

 

E invece sbagliava, eccome se sbagliava.

 

- Cioè... Lo sei stato con me. Molto, molto gentile. Mercì beaocoup. - Detto questo, si voltò e scappò via, prima di poter vedere l'espressione di tenero stupore che era comparsa sul volto di lui.

 

Alla fine non si era pentito affatto di aver seguito il suo istinto "canagliesco".

 

Com'era possibile, pensava intanto Gabrielle, camminando verso il bagno degli uomini con in mano la sua bottiglietta di latte, che si fosse ricordata il suo nome? L'aveva letto si e no mezza volta su qualcuna delle stupide locandine che tappezzavano il teatro da qualche settimana a quella parte...

Smise di rimuginare soltanto quando arrivò davanti alla porta delle toilettes e la aprì, incrociando lo sguardo del ragazzo che stava seduto appena dentro, sul pavimento.

  
Leggi le 16 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Jonas Brothers / Vai alla pagina dell'autore: Minako_86