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Autore: Dregova Tencligno    22/10/2014    0 recensioni
Sono la figlia di una strega, sono dotata di poteri che in molti non riuscirebbero nemmeno a immaginare. Vivo ricordi che non sono i miei ma sono gli unici indizi che ho per capire la mia natura. Sono stata una figlia, un’oggetto, un'anima, un fantasma. Se i nomi definiscono chi siamo sono stata Pulce, Piccola, Emma, Custode, Amore… Ma solo ad un nome, che ho perso molti anni fa, posso rispondere con certezza… nessuno me lo potrà togliere perché con quello sono morta e sono rinata.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non ero pronta. È la scusa che mi ripeto per non essere scesa nella botola.
Mi è mancato il coraggio e la cosa più triste è che non so il perché mi sia bloccata.
Ho fatto di tutto e di più per perdere tempo: ho lavato abiti sporchi e se non lo erano non me ne è importato nulla, ho rassettato la casa ed ho ordinato i libri in ordine alfabetico prima per titolo e poi per autore. Mi sono persino distesa sul letto di Esmeralda per cercare di pensare a cosa mi stava frenando, ma ho fatto male.
Ho ripercorso la vita di Lovro attraverso gli occhi di Elebene e, anche se provo a pensare ad altro non ci riesco, finisco nella stessa trappola ed ho le farfalle nello stomaco quando lo immagino davanti a me, a fissarmi con i suoi occhi di cristallo.
È una sensazione che conosco molto bene e che ho imparato a temere.
Adesso sto girando intorno alla botola ponderando su cosa fare.
Se non entri adesso scordati di farlo in seguito e poi datti una mossa a decidere se vuoi andare da Elebene!
Ma è quello che veramente voglio?
Osservo la botola.
E che diamine, facciamolo!
Ci sono delle scale e le scendo facendo attenzione a dove metto i piedi perché non si vede niente, alla fine mi stanco di andare a tentoni ed accendo una fiammella azzurra che rischiara il tunnel col suo bagliore.
Dalla scala si accede a un’enorme stanza sotterranea.
Tutte e quattro le pareti sono adorne di librerie traboccanti di libri e pergamene, la scala di legno si ferma in mezzo alla stanza vicino a un tavolo che mi sembra di marmo su quale sono posate varie fialette e contenitori e su un leggio c’è un libro chiuso.
Decido di iniziare la mia ricerca da quello.
È il libro degli incantesimi di Esmeralda; mi sorprende che lo abbia lasciato a casa, di solito non se ne separa mai.
La maggior parte dei suoi incantesimi, quelli più potenti sono racchiusi in quel libro dalle pagine ingiallite e pesanti che odorano di muffa.
L’ho sempre guardato con aria timorosa e ora non so cosa aspettarmi. Solo la padrona di quel libro ha il diritto di sfogliarlo.
Slaccio le fibbie che lo tengono chiuso e lo apro.
D’istinto chiudo gli occhi immaginandomi di essere colpita da un incantesimo, ma non accade nulla.
Apro prima un occhio, poi un altro e fisso le sue pagine bianche. Meglio gialle. Non c’è nessuna scritta, nessun segno.
Ma cosa?
Le pagine hanno una trama spessa e ruvida; richiudo il libro e ammiro e ammiro la copertina bianca e rigida solcata da decorazioni astratte nere.
Lo prendo in mano, non si direbbe dal suo volume ma è molto leggero.
Lo riapro sperando sia cambiato qualcosa, ma non è comparso nulla di nuovo.
Sbuffo maledicendo la mia sfortuna e lancio il tomo sul tavolo.
Il libro scivola sulla superficie liscia del marmo e cade a terra aprendosi verso le ultime pagine.
Sono segnate da una grafia chiara e sottile, molto minuta ed elegante. Lo raccolgo e comincio a leggerlo.
Ovviamente ci capisco poco.
È una favola che narra di un Custode, un essere che vive nel confine tra la vita e la morte e solo accettando chi è potrà ricevere il pieno dominio sui propri poteri. Ma l’accettazione di se stesso non sarà semplice; il custode dovrà perdersi prima di potersi ritrovare e dubiterà della sua natura. Ma alla fine capirà che il male e il bene sono molto più di due facce della stessa medaglia. Sono come l’acqua e il vino mischiati assieme, inseparabili e che condividono lo stesso corpo.
Un mare di stupidaggini penso e chiudo il libro mettendolo al suo posto.
A terra, dove il libro era caduto, c’è un foglio ripiegato. Lo apro e con la stessa scrittura contenuta nel libro è scritto un elenco sul quale trionfa a chiare lettere un titolo:
 
I Lasciti
 
Sono tutti i poteri che un fantasma può sviluppare, lo scorro velocemente con lo sguardo. Di alcuni sono già padrona, altri ho appena iniziato a conoscerli e altri ancora mi sono completamente sconosciuti. Capisco che il mio cammino è solo all’inizio e spero vivamente che non tutti si presentino dolorosamente.
Ripiego il foglio e lo metto nel libro.
Passo alle librerie. Volumi di ogni colore e spessore sfilano davanti ai miei occhi mostrando i loro titoli sul dorso. Non riesco a leggerne neanche uno, sono tutti scritti in strane lingue e anche quando ne apro qualcuno vengo sopraffatta da lettere strane che si susseguono creando frasi incomprensibili.
Che strazio!
Salgo al piano di sopra un po’ abbattuta, l’unica cosa positiva è che ho scoperto cosa aspettarmi dai giorni che ho davanti. Nuovi poteri che dovrò imparare a usare e che mi renderanno la vita un inferno.
Apro il mio baule per prendere dei vestiti e sul fondo noto un abito celeste chiaro, lo prendo e lo dispiego: è un mantello. Questo mi piace di più, è meno vistoso di quello di Esmeralda. La cosa che mi dà noia è che mi ricorda gli occhi di Lovro.
Però, più penso a lui e più sono curiosa di conoscerlo per capire il perché mi sia rimasto così impresso.
Il cervello mi dice che non è una buona idea e il cuore mi sussurra il contrario, entrambi pretendono la vittoria e lo scontro si preannuncia terribile. Sorrido alla mia teatralità e alla vittoria del cuore aiutato dei desideri del corpo, per il momento.
Qualcuno bussa alla porta.
È una cosa mai capitata prima e non so come comportarmi.
Inizialmente penso possa essere un gruppo di ragazzi che devono affrontare una prova di coraggio, ma è un pensiero sciocco che scaccio via repentinamente quando rammento che è giorno. Niente fa paura alla luce del sole.
Le pareti della casa vengono scosse da un forte tremore e la porta si spalanca con un botto.
Sono spaventata. Lascio che i vestiti ardano mentre torno a essere puro spirito e mi rendo invisibile.
La luce del giorno penetra nella casa con tutta la sua violenza mostrando l’ombra nera di una persona.
Levito in alto, quasi fino al soffitto, e lì rimango in attesa di quello che accadrà.
L’ombra scura entra dentro la stanza e ai miei occhi si schiarisce.
È una donna normale, anziana e dai capelli bianchi e ricci, intrecciati con qualche ciocca castana. Ha gli occhi celesti chiari, come il ghiaccio, e scrutano l’area che la circonda.
Ha addosso un abito rosso acceso che si stringe in vita e intorno alle cosce facendola sembrare molto più alta.
Il suo sguardo vaga ancora per la casa studiandola prima di fermare lo sguaro su di me. Sorride.
Non può essere, mi dico, non può vedermi.
-Sono un’amica di Esmeralda, mi ha detto che avrei dovuto prenderti per portarti in un luogo più sicuro.-
Non smette di guardare nella mia direzione, sembra proprio potermi vedere. Decido di credere che sia lei la strega di cui mi aveva parlato.
Mi rendo visibile.
-Finalmente! Credevo che nessuno sarebbe mai riuscito a rompere la mia gabbia d’energia.- mento.
Lei non fa una piega.
-Ho portato degli abiti per te.- e caccia da dentro una minuscola borsa (lo stesso trucco di Esmeralda) un vestito arancione. –Però faresti meglio a tornare corporea.-
Non mi fido di lei, ma non posso fare altrimenti.
Immagino una prigione aderente al mio spirito con gambe, braccia, testa, tronco, organi, muscoli, ossa, tendini e tessuti di vario genere. La mia maschera prende forma facendomi acquistare peso e lentamente scendo a toccare con i piedi il pavimento.
Sono umana, nuda, davanti a lei.
Mi mangia con gli occhi, avida.
-Esmeralda ha proprio ragione, sei proprio una bella ragazza. Spero per te che riesca a trovare l’incantesimo necessario a restituirti la vita e la mortalità. Sarebbe uno spreco lasciarti uno spettro.-
La guardai accigliata. –Non sono uno spettro.-
-Vero. Fantasma.-
È un errore nel quale molti incorrono. C’è una differenza sostanziale tra me e uno spettro.
Io, un fantasma, sono la manifestazione di una persona che non è riuscita ad andare oltre per due motivi. O perché vuole proteggere una persona, o perché, come nel mio caso, è stata evocata.
Gli spettri sono fantasmi che perdono il controllo della propria anima mentre stanno per andare al di là della vita terrena rimanendo intrappolati sulla terra. Sono spinti dalla rabbia e, a differenza dei fantasmi, possono nuocere ai Viventi. Pure gli spettri possono essere evocati dalla magia ed è più facile controllarli in quanto la loro anima è corrotta.
-Comunque non voglio tornare viva, è una cosa, la vita, che non mi appartiene più.-
-La vita ai vivi, la libertà ai morti. Immagino sia giusto così.- dice sorridendo la strega.
-Esatto. Mi accontento si ritrovare la memoria.-
Finisco di vestirmi e la seguo fuori di casa.
-Non mi hai detto come ti chiami.- le dico.
-Non serve che tu lo sappia, devo solo portarti in un posto sicuro.-
-Come mai?-
-Già troppi umani ti hanno vista. Tu ed Esmeralda potreste essere in pericolo.-
-Sono d’accordo con te, meglio non correre inutili rischi.-
Camminiamo in silenzio. Spero vivamente che non resti per tutto il tempo attaccata a me, mi piacerebbe incontrare nuovamente Elebene… e suo fratello.
L’intero tragitto viene occupato da un pensiero che mi mangia viva. All’inizio pensavo solo a Lovro e cosa avrei detto, ma è stato sostituito dal non aver scoperto come mai in ogni visione lo Spettro Oscuro mi attacca.
La mia fantasia cavalca liberamente e spesso mi disarciona facendomi urtare contro la realtà. Posso pensare qualsiasi cosa, ma non ho nulla di concreto fra le mani.
Neanche mi accorgo di essere arrivata all’Accademia. Per fortuna i miei piedi hanno un ottimo senso d’orientamento, altrimenti mi sarei certamente persa.
Mi domando cosa ci faccio in questo luogo, non penso che andare in giro tra gli umani sia un buon modo per una strega di passare inosservata.
-Ho fatto in modo che a ospitarti sia una mortale.-
-Nascosta in bella vista. Più difficile da trovare.-
Ha senso.
-Ho incontrato una ragazza che ora crede di essere la tua migliore amica. Sarà lei a darti asilo fino a quando Esmeralda non farà ritorno. Poi sarai libera.-
-Tu rimarrai con noi?-
-No.-
-Perché?-
-Sarai al sicuro anche senza di me. Io devo andare, il mio compito è finito.-
Si sta già allontanando, nessun Vivente sembra vederla.
-Aspetta un attimo. Come farò a riconoscere la Vivente?- cerco di afferrarla ma in mano stringo solo inafferrabile fumo.
-Sarà la prima persona che ti parlerà oggi.- mormora in un filo di vento.
Mi sento stordita e, per la prima volta, fragile.
Osservo cosa accade oltre il recinto con la rete.
Gli allenatori stanno già torchiando le reclute disposte ordinatamente sul campo.
Anche se il sole è pallido, è comunque fastidioso quando entra negli occhi, e poi l’aria fredda deve star congelando i loro corpi in quegli abiti sottili.
I veterani urlano ordini di ogni genere, variando il ritmo della corsa e aggiungendo esercizi di piegamento sulle braccia e sulla gambe. Disumano.
Cerco con lo sguardo Zephyro e Lovro, ma non li trovo. Tutto quell’ordine mi dà la nausea.
Allora provo con l’Empatia, dovrei essere in grado di trovare Lovro dopo aver sentito le sue emozioni.
È come cercare un ago in un pagliaio, più o meno tutti provano le stesse cose, ma alla fine lo trovo grazie a una nota particolare.
È elettrizzato per un motivo a lui molto importante ed è contento di avere un amico con cui può parlare di tutto. Zephyro è al suo fianco e ora che li ho individuati posso vedere il sorriso stampato sui loro volti.
-Ciao.- dico.
L’ho percepita già da un po’. Mi mordo le labbra. Allora è lei che ha incantato.
Mi domando se la strega l’abbia scelta per puro caso e perché conosce il mio segreto. La fuga tanto desiderata che il giorno prima ha trovato la sua realizzazione.
Scusa, le dico mentalmente, ma so che ormai l’incantesimo non può essere spezzato tranne dalla persona che lo ha lanciato e non so dove sia in questo momento.
-Pensavo che non ti fossi accorta di me, sembravi così assorta.-
Faccio spallucce.
-Tentavo di allontanare il brusio delle altre.- indico con un gesto distratto della mano le strepitanti oche che ci circondano.
-A quello farai l’abitudine e poi aspetta di vederle stasera.-
-Stasera?-
-Sì. Ci sarà una grande festa.-
-Cosa si festeggia?-
-Sinceramente non l’ho mai capito. Si pensa che si possa allontanare la Strega Rossa e lo Spettro Oscuro dando loro da mangiare, invece che paura, felicità.-
Non penso che serva a molto, soprattutto a chi a visto la famiglia sfasciarsi sotto i propri occhi. Il mio pensiero corre subito alla donna incinta che ho visto ieri. A lei non servirà a nulla questa festa.
-Grazie per avermi invitata.- le dico.
-Non ti preoccupare… Mi dispiace, non mi ricordo come ti chiami.-
L’incanto non è perfetto.
Sempre un problema. Le posso dire il mio nome? Ovviamente no.
-Emma Hyde…-
-Hyde… che strano cognome.-
-Non sono del luogo. Pensavo te lo ricordassi.-
Il suo sguardo si illumina e mi indica il campo di allenamento, capisco che non mi ha dato retta.
-Ecco che iniziano.-
-Iniziano…?-
-Ogni anno la festa viene aperta da uno scontro amichevole tra i due allievi più bravi dell’Accademia. Quest’anno è il turno di mio fratello.- dice indicando i due ragazzi che si dispongono al centro del campo.
Ora non mi è difficile riconoscere Lovro e sfortunatamente mi accorgo di conoscere anche l’altro ragazzo. È quello che è scappato lasciando Zephyro e Lovro a fronteggiarmi quando ho cercato di spaventarli.
L’allenatore da via al combattimento.
Hanno lo stesso livello di abilità. Parano, affondano e schivano allo stesso modo; solo una volta Lovro è stato tanto così dal colpirlo, ma tutto ritorna a essere in una posizione di stallo.
Lovro è completamente diverso dal nostro primo incontro che l’ha visto come un ragazzo spaventato e tremante, adesso è forte e non sembra provare paura.
Un’onda negativa mi colpisce in pieno, proviene dal suo sfidante. So cosa sta per fare ancora prima che il suo pensiero prenda definitivamente forma e che i suoi muscoli si muovano.
-Ma cosa sta facendo Stefano?-
Adesso posso dare un nome al ragazzo che sta prendendo una manciata di ciottoli da terra e che getta in viso a Lovro.
Viene accecato, non riesce a tenere gli occhi aperti, Stefano lo spinge e lo fa cadere a terra.
Un movimento coinvolge gli altri allievi, è Zephyro che cerca di farsi strada per aiutare l’amico, ma viene bloccato da un insegnate che gli fa segno di rimanere fermo.
Lovro si alza e agita alla cieca la spada. Stefano sogghigna contento.
È una cosa che non riesco a sopportare. Non dovrei agire, ma sto iniziando a provare uno strano brivido di piacere nell’infrangere le regole e, invece di esserne spaventata, questo mio nuovo lato mi eccita particolarmente.
Mi guardo intorno per essere sicura che nessuno mi stia osservando, Elebene è troppo impegnata a urlare insulti per preoccuparsi di me, e con la Telecinesi spingo Stefano a terra e lo blocco.
Tutti ammutoliscono non capendo come il ragazzo abbia fatto a cadere e come mai non riesce a rialzarsi.
Torno a osservare Lovro. Si compre con una mano gli occhi e quando la leva vedo che sta piangendo sangue, si inginocchia a terra.
Si è avverata.
Con lo sguardo corro lungo la rete per vedere un’entrata, c’è un’apertura e mi ci reco, ma è chiusa con un lucchetto. Lo stringo nella mano e lo apro con i miei poteri senza dovermi concentrare molto.
Cammino a passo spedito verso Lovro mentre tutti mi osservano. Sono partita con la volontà di guarirlo, ma sono circondata da Viventi e mi rendo conto di non poter fare nulla solo quando gli sono vicino e gli tengo il volto.
-Stai tranquillo, ora si sistema tutto.-
-N-non riesco a vedere niente.-
Dagli occhi esce sangue e ci sono delle pietruzze che lo feriscono ogni volta che sbatte le palpebre per il fastidio.
Si avvicina l’istruttore e Zephyro, entrambi preoccupati per Lovro. L’insegnante prende in disparte Stefano e, a quanto posso capire dai gesti, suppongo che gli stia facendo una bella lavata di testa.
Ben gli sta, io gli farei anche di peggio.
Infatti, non contenta della semplice ramanzina, lo faccio inciampare di nuovo.
-Bisogna che qualcuno chiami un medico.-
-Vado io.-
A parlare è stato un ragazzo minuto e dagli occhi che mi rimangono impressi nella mente. Le iridi sono quasi bianche, sporche di una sfumatura rosa. Non ne avevo mai visti di simili.
Un’altra persona si accovaccia al mio fianco. È Elebene.
-Lovro… come stai?-
-Mi fanno male gli occhi.-
-E smettila di fare la vittima! Caccia le palle, non ti ho fatto mica male!-
-Tu, stupido babbuino!- Elebene si avventa su Stefano e lo afferra per l’uniforme strattonandolo. Non avrei mai detto che fosse più forte di lui. –Doveva essere uno scontro pulito e tu ti sei comportato come un vigliacco!-
-Lasciami, ragazzina!-
La spinge via e porta una mano all’elsa della spada.
Ho già deciso che questo tipo non mi piace.
Sento i palmi delle mani riscaldarsi e un odore di terra bruciata si alza da dove le mie dita toccano il terreno.
La fortuna è però dalla sua parte.
Quando sto per incenerirlo arriva il ragazzo dagli occhi strani seguito da quello che riconosco essere un medico. Il dottore è un omino anziano e curvo su se stesso con pochi capelli ricci bianchi.
Allarga le palpebre di Lovro per osservargli gli occhi per individuare eventuali lesioni, non si cura dei suoi lamenti. Mi sbalordisce che il dottore riesca a vedere dato che ha sul naso un paio di occhiali con delle lenti spesse quanto un dito.
-Bisogna portarlo in un sanatorio o a casa sua.-
-Lo possiamo portare nella sua camera nel dormitorio.- dice l’istruttore, ma il dottore scuote la testa contrariato.
-Gli serve un posto tranquillo per poter riposare.-
-Non abitiamo molto lontano, lo possiamo portare a casa.- dice Zephyro.
L’istruttore sbuffa –Va bene. Portatelo via.-
-Benissimo giovanotto, facci strada.- sputacchia il medico.
Seguo Elebene spaventata per il fratello fino a casa loro mentre Zephyro porta in braccio Lovro. Il medico cammina in disparte.
Appena entro nell’abitazione l’Empatia schizza alle stelle a causa dello spavento provato da Beatrice. La madre dei gemelli, nel vedere il figlio con gli occhi sporchi di sangue, fa domande a tutto spiano e continua a portarsi le mani alla bocca.
Lovro viene posato su un divano davanti a un camino e Beatrice prepara degli impacchi mentre il medico gli pulisce le ferite controllando che non ci siano gravi lesioni, poi se ne va dicendo che guarirà senza problemi. Ha solo delle ferite superficiali. Non rischierà di diventare cieco… necessita solo di un po’ di riposo per riprendersi dallo spavento.
Passo inosservata per quasi tutto il tempo, distrattamente mi vengono dati stoffa ed un pentolino pieno di un infuso profumato con cui faccio degli impacchi a Lovro. Ma la mia invisibilità dura poco. Beatrice, passata la tempesta, si accorge della presenza di una persona a lei sconosciuta.
È Elebene a spiegare chi sono, da dove provengo. Maledico affettuosamente la strega che è riuscita a creare una quasi solida copertura.
-Dove hai dormito in questi giorni?- mi chiede Beatrice.
-Da mia sorella, adesso lei non c’è perché in viaggio d’affari.-
-E vivi da sola adesso?-
-Sì…-
-Lo sai che non è sicuro per una fanciulla rimanere da sola in una casa senza protezione?-
-Si stupirebbe nel sapere cosa posso fare per difendermi.-
-Non ne dubito, ma non posso lasciare che un’amica di mia figlia corra inutili rischi. Fino a quando tua sorella non sarà tornata rimarrai da noi.-
Sono sconvolta. Mi ha offerto di restare a casa loro senza neanche conoscermi.
-Io e sua figlia non…-
-Non siamo semplici amiche. Siamo amiche del cuore!- esclama Elebene tutta contenta.
-E come mai non ce ne hai mai parlato prima?- chiede giustamente Zephyro.
Io mi sento in imbarazzo, si sta complicando tutto e non trovo una via d’uscita.
Quando becco quella vecchia…
-Se te ne avessi parlato prima di oggi sarei stata costretta a presentartela e, come puoi ben vedere, è molto più bella di me. Le saresti saltato al collo senza darle il tempo di dire ciao.-
-Stai esagerando.-
-Non sto esagerando. So cosa ti passa per la testa.-
Zephyro diventa rosso sempre più man mano che la discussione va avanti.
-Ele, smettila…-
-Ma ti avviso che non è per te.-
-Scusa?-
Gli dice una cosa all’orecchio che non riesco a sentire, ma so che riguarda Lovro dato che Zephyro lo guarda e ride.
-Sei terribile.-
-Per questo mi ami.-
Ridono e poi mi guardano.
-Ma io ti ho già vista!- dice Zephyro.
Un brivido freddo mi congela le meningi.
Veramente? E dove? A casa mia mentre ti stavo facendo orinare nei pantaloni?
-Sì, ci siamo visti di sfuggita ieri al mercato. Mi avete urtata per sbaglio.-
-Esatto.-
-Tua madre è molto gentile.- dico a Elebene.
-È fatta così.- dice Zephyro ridendo –Ma ha ragione, non è saggio che tu rimanga da sola.-
Dici così perché non sai chi sono. Chissà che faccia faresti se ti dicessi cosa posso fare e che sono stata io a bloccare Stefano. Se sapessi tutte queste cose non saresti così sicuro di quello che dici.
Gli sorrido ignorando il più possibile i miei pensieri.
-Comunque è un piacere conoscerti.-
Zephyro mi stringe la mano e avverto una scarica elettrica. Penso che odierò questi momenti.
 
‘Vedo la sua vita, il momento in cui ha dovuto dire addio ai suoi genitori. Aveva solo sei anni.
È stato adottato da Beatrice e Adolfo che lo hanno trattato come un figlio ed è diventato per Lovro ed Elebene più di un fratello.
Per Lovro è il migliore amico mentre per Elebene è l’amore della sua vita.
Ascolto tutto quello che si sono detti, gli abbracci, le lacrime e i litigi che li hanno uniti maggiormente.’
 
-Senti Emma, noi due dobbiamo andare a prendere gli abiti per questa sera, vorrei che venissi con noi.-
-Per me non c’è problema, ma Lovro…-
-Se non viene una volta… non penso morirà.-
Non dovresti scherzare su questo. Guarda me, ero giovane e sono morta.
Se ne vanno e dopo poco li segue Beatrice.
Rimango da sola, con Lovro che nel frattempo si è addormentato.
Lo guardo respirare placidamente, le goccioline di sudore migliorano il suo aspetto facendolo assomigliare molto di più al Lovro che è uscito dal fiume. La scena mi torna in mente violentemente.
Ma la vuoi smettere! Sei un caso patologico, non può nascere niente.
Il problema è che sto seriamente pensando che qualcosa potrebbe nascere.
Percorro ogni centimetro del suo viso con lo sguardo, mi soffermo sulle labbra sottili, sul disegno della barba, sul collo elegante e sulle spalle forti.
Spero che gli occhi abbiano smesso di sanguinare.
Torno a osservargli le labbra, sottili e morbide.
Ma sei impazzita o cosa?! È un Vivente!
Perché non riesco a dare retta ai miei pensieri. È tutta colpa della mia condizione. Ogni mio sentimento è amplificato all’inverosimile e questo mi conduce a fare pensieri che non ho mai formulato prima di oggi.
Forse se lo bacio posso guarirlo.
Sei forse diventata completamente matta? Non fare stupidaggini, non puoi innamorarti di un Vivente, è contro natura, il fantasma della leggenda è stato maledetto per aver fatto una cosa simile.
Io sono già maledetta. Quindi…
-Perdonami…- sussurro prima di posare le mie labbra sulle sue.
Mi sento avvampare e il calore pervade anche il suo corpo che sotto le mie dita diventa incandescente. Ogni millimetro della mia pelle viene solleticato da un brivido piacevole che mi fa desiderare di non staccarmi mai da lui.
Le sue labbra sono morbide ed hanno un buon sapore, poso una mano sul suo petto e sento il suo cuore accelerare.
Ma non mi basta.
Gli mordicchio il labbro superiore e poi torno a baciarlo con più passione.
Ora basta!
Il mio stesso pensiero mi colpisce come un’onda d’urto e mi allontano di scatto portando le mani alle labbra.
Ma cosa stavo facendo…
Mi sento colpevole, ma non più di tanto.
Sono delusa perché non si è svegliato, ma anche contenta perché almeno così non ricorderà niente.
Gli tolgo le bende dagli occhi, è guarito, almeno una cosa buona l’ho fatta.
Mi siedo a terra, nel camino scoppietta un fuoco azzurro.
Come diamine ho fatto?! Possibile che abbia perso il controllo?
I miei occhi vengono attratti dalla sua figura distesa.
Sembra essere tranquillo. È così bello…
Mi tiro uno schiaffo e mi viene un colpo quando noto due occhi azzurri che mi osservano curiosi.
-E tu chi sei?- ha la voce impastata dal sonno, ma mi piace tanto.
Allora ti sei fissata!
-Sono Emma. Sono un’amica di tua sorella, ci siamo già visti. Ieri mi hai investita mentre andavi all’Accademia.-
Inizialmente è confuso, ma dura poco perché i suoi occhi si illuminano e un sorriso imbarazzato si disegna sulle sue labbra.
-Ora mi ricordo! Ma Ele non ha mai parlato di te.-
-Dovresti chiedere a lei.-
-Che maleducato, io mi chiamo…-
-Lovro.-
-Sì.-
-Non facevano che chiamarti, penso che a tua madre non sia venuto un infarto per pura fortuna.-
-Si preoccupa molto a volte, ma è una donna forte.-
Si stiracchia tirando fuori completamente la camicia dai pantaloni somigliando più a un bambino troppo cresciuto che a un uomo e si stropiccia gli occhi. Si accorge che c’è qualcosa che non va.
-Ma… non mi fanno più male.-
-Se è per questo non sanguinano più.-
Mi fissa e involontariamente sussulto pensando che forse ricorda quello che gli ho fatto, forse non dormiva.
Ma brava!
-Grazie.- mi dice.
-I-io non ho fatto niente, dovresti ringraziare il medico e tua madre.-
Ci pensa un po’ su e poi mi dà ragione con un gesto del capo.
-A proposito di mia madre. Dove sono gli altri?-
-Giù al paese. Avevano delle compere da fare.-
Fa una faccia un po’ dispiaciuta e poi scuote le spalle.
-Vado a rinfrescarmi.- Mi sorprende come quello che gli è capitato non sembra importargli più di tanto ed io non faccio domande.
Si alza ed entra in una stanza. Dopo pochi minuti si presenta con in mano dei vestiti puliti ed esce di casa avvicinandosi al pozzo che è perfettamente visibile dalla finestra della cucina.
Con varie secchiate riempie un’enorme tinozza d’acqua e incomincia a spogliarsi.
Questa volta no. Hai avuto troppe emozioni per oggi mia cara.
Mi volto lasciandolo in compagnia della sua intimità e cado preda dei ricordi.
La sensazione che ho provato nel baciarlo, nel sentire il suo cuore pulsante di vita, non ha avuto niente a che vedere con quello che ho provato per tutti questi anni ringiovanendo Esmeralda o giacendo con lei. Lei non mi ha mai fatto sentire così… non riesco a trovare un termine adatto perché l’unico che ho sulla punta della lingua non fa per me… viva?
Posso risentire le labbra di Lovro sulle mie e subito un forte calore si irradia alla base dell’addome. Mai capitato prima in morte mia.
Faccio vari sospiri cercando di calmarmi.
Vago con lo sguardo per la casa. Non è molto grande.
Una cucina-salotto e due camere piccoline tanto che i letti quasi si toccano, mi basta aprire le porte per sapere di chi siano. Una è ordinata e ben areata, Elebene e Beatrice, l’altra è regnata dal disordine e mi piace.
Qui dorme Lovro con Zephyro. Quale sarà il suo letto?
Immagino me e lui avvinghiati su uno di quei letti. Sgrano gli occhi.
Ma cosa pensi?
Decido che per mantenere la mia sanità mentale devo uscire da quella camera.
Nella cucina-salotto ci sono poche cose. Un divano, due tavoli, tre sedie, una mensola e un esile tavolino sul quale è posato un libricino di pelle.
La curiosità è troppa. Lo prendo e comincio a sfogliarlo.
Sono pagine e pagine segnate da una calligrafia veloce e minuta, alcune volte illeggibile.
È interamente scritto.
Per la prima volta riesco a bloccare una visione sul nascere, non voglio spiare la vita di un’altra persona.
Arrivo fino all’ultima pagina e in basso a destra mi colpisce una frase scritta ordinatamente, ma la grafia e molto simile a quella che ha riempito l’intero libro: “Lovro, ti voglio bene. Non piangere perché sarò sempre al tuo fianco per proteggerti. Tuo padre.”
Tutto quello che ha scritto, per la maggior parte poesie, lo ha lasciato al figlio.
-È di mio padre.-
Lovro è sulla porta d’ingresso, i capelli bagnati e il suo corpo tremante lo fanno assomigliare a un cucciolo infreddolito.
-Scusa, non volevo.-
Si avvicina e lo afferra; per un attimo le nostre mani si incontrano e, prima di riuscire a soffocarla, la visione mi fa sentire un pianto lontano nel tempo.
Sono imbarazzata e vorrei scappare. Ci muoviamo nello stesso momento e ci scontriamo.
Lui mi sorregge per non farmi cadere e io mi aggrappo alla sua maglia per mantenere l’equilibrio.
Sento la forza dei suoi muscoli, del suo cuore; gli occhi azzurri sembrano una distesa d’acqua ed io ho tanta sete.
Le sue labbra sono lì, a portata di bacio, ma non mi muovo per paura di allarmarlo. La mia Empatia approfitta di questo momento per nutrirsi avidamente delle sue emozioni. Le mie labbra sono colte da un fremito quando percepisco la sua eccitazione, lui se ne accorge e la forza del suo sentimento aumenta eccitandomi ancora di più.
Staccati ora, prima che accada l’irreparabile.
-Ma bravo! Ti lasciamo per qualche minuto e tu già ci provi con la mia amica.-
Mi spingo via imbarazzatissima e mi renderei invisibile se non fosse che così facendo farei morire tutti per lo spavento.
Elebene mi osserva divertita, Zephyro ha il volto rosso con un leggero sorriso. Lovro li guarda accigliato e questo lo rende ai miei occhi irresistibile. Mi fa sentire la pelle percossa da fremiti, come se fosse ricoperta da brulicanti formiche che mi camminano dappertutto. Mi piace la sensazione.
Lovro guarda la sorella come se fosse stato beccato con le mani nel sacco.
-I tuoi occhi… sono guariti.- Zephyro è il primo ad accorgersi del cambiamento.
-È vero!- urla Elebene –Com’è possibile?-
-Non era nulla di serio.- commenta Lovro.
Anche a me sembra una scusa campata in aria. È impossibile che qualcuno possa credere a questa storia.
-Mmm… Non era niente di grave, eh?-
Una strana scintilla anima gli occhi di Elebene mentre fa finta di annusare il fratello, come solo un cane da caccia o un lupo farebbe.
-Lo sai che hai un odore diverso?- ride.
-Mi sono appena lavato.-
Gli dà un buffetto sulla guancia.
-Caro fratellino, io sto parlando di un altro odore che non centra nulla con la tua solita puzza.-
Lovro scoppia a ridere e le pareti sembrano tremare.
-Innanzi tutto… IO non puzzo mai e, seconda cosa, TU non stai affatto bene.-
-Io sto più che bene. Mio caro fratellino… evidentemente non sei ancora maturo per certe cose…-
Lovro fa un verso strano, un rumore simile a un ruggito che gli nasce dal petto, e va a chiudersi nella sua camera seguito da Zephyro.
Elebene mi prende sottobraccio e mi fa accomodare sul divano, il fuoco è ancora accesso, nessuno sembra essersi accorto delle sue innaturali sfumature azzurrognole. Ha un sorriso che mi piace poco, è come se stesse tramando qualcosa.
-Lasciamo che i maschietti si divertano un po’ fra loro.-
-Cosa vuoi dire?-
-Niente.- ma non mi convince, soprattutto con quell’indecifrabile sorriso stampato in faccia –Come hai fatto a farti guardare così da Lovro?-
-Così come?-
-Non hai notato nulla.-
Le sue labbra…Scuoto la testa.
-Ero troppo imbarazzata per pensare lucidamente.-
-Allora lascia che ti informi io. È terribile con le donne, non sa come comportarsi con loro. È impacciato in tutto ciò che prova a fare per farsi notare da noi. Non guarda nessuna come se la volesse spogliare da tanto tempo.-
-Non mi sembra il caso di scambiare lucciole per lanterne. Mi ha solo afferrata al volo per non farmi cadere.-
-Non fidarti. È più complicato di quanto possa sembrare.-
È una persona. È normale che sia complicato, altrimenti sarebbe un oggetto.
-Secondo me ti stai sbagliando.-
-Fidati, gli piaci.-
-Mi ha visto bene per la prima volta dieci minuti fa.-
-La mia famiglia è strana. Esistono poi i colpi di fulmine.-
Su questo non ci piove.
-Ne dubito.-
Restiamo in silenzio per molto tempo.
Ogni tanto mi guarda, ma io faccio finta di nulla e per dare l’impressione che non mi importi quello che ha detto; perdo tempo giocando con una ciocca di capelli anche se, in realtà, sto sondando le loro emozioni, poi mi spingo fuori da quelle quattro mura e arrivo alle prime case al limitare del paese. Più in là non riesco ad andare.
Lascio che quell’esperimento mi tenga impegnata per tutto il pomeriggio fino a quando, verso sera, non rincasa Beatrice.
-Oggi alla Locanda sono stati dei veri cani.-
Va in cucina e poi urla.
-Ma non avete mangiato!-
-Non avevamo fame.- dice Elebene.
-Come sta?-
-Gli occhi sono guariti, probabilmente non era niente di grave.-
-Sono contenta.-
-Gli sono guariti così bene che è rimasto folgorato dalla nostra ospite.-
Arrossisco.
-Andate a prepararvi.- dice Beatrice guardando male la figlia e la ringrazio per i minuti di pace che mi sta regalando.
Dopo quella che sembra un’eternità tutti e quattro sono ben vestiti e attendono solo me.
-Oggi ci divertiremo tantissimo.- mi sussurra Elebene dandomi una gomitata tra le costole.
   
 
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