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Autore: lagunablu    22/10/2014    6 recensioni
Unima. Sono passati tre anni da quando il team Plasma è stato battuto, ma ora una grave minaccia incombe sulla regione e rischia di sconvolgere da vicino la vita di una nuova Touko. La ragazza questa volta non è sicura di potercela fare, o per lo meno non da sola.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: N, Touko, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Storie e Leggende

Touko fissò il display del Pokégear per qualche secondo.
Perché mai Belle avrebbe dovuto chiamarla?
In tutta franchezza quello non era il momento giusto per intrattenere una qualsiasi conversazione civile, quindi la ragazza rifiutò la chiamata.
«Non rispondi?» le chiese curioso Red.
«Capitan Ovvio all’attacco…» rispose lei sarcastica.
Ora come ora aveva solo voglia di allontanarsi da tutto.
«Presumo non ti interessi sapere cosa volevo dirti ieri sera a Sciroccopoli…» disse disinteressato il ragazzo.
I ricordi di Touko riaffiorarono subito alla luce. La sera prima Red aveva detto che doveva comunicare delle cose urgenti al Campione e la ragazza, per dimostrargli che fosse lei la Campionessa, era stata costretta ad accettare la sfida.
Moriva dalla voglia di sapere cosa fossero quelle informazioni così importanti da aver scomodato l’allenatore eremita, facendolo scendere dal Monte Argento, ma sapeva che se avesse dimostrato la sua curiosità Red non glielo avrebbe mai detto, perciò si limitò ad alzare le spalle e disse «Se proprio devi dirmelo…»
«Non ci casco Campionessa» sorrise divertito il ragazzo.
La brunetta era una tipa così prevedibile a parere suo…
«Bene, allora cosa volevi dirmi?» gli domandò lei seccata.
«Si tratta di un problema che sta minacciando Unima, Nardo mi aveva chiesto di svolgere qualche indagine, per capire la situazione» Red si bloccò vedendo la faccia di Touko deformata da una smorfia al solo udire il nome “Nardo”.
Evidentemente tra i due non correva buon sangue.
La ragazza fece cenno di fermarsi e si sedette ai piedi della quercia, al margine della radura.
«Se la storia deve andare per le lunghe, lascia almeno che mi sieda» disse lei una volta seduta.
Era stanca e al contatto con l’erba soffice capì che avrebbe potuto addormentarsi facilmente. Tirò un lungo sospiro e lottò con tutta se stessa per seguire il discorso di Red, che era ricominciato.
«Stavo dicendo che svolgendo queste indagini ho scoperto che alla base di tutto c’è un solo colpevole: il Team Plasma»
«Frena, frena, frena. Di che stai parlando e cosa centra il Team Plasma?» chiese Touko visibilmente stupita.

«Rapimenti di Pokémon, incursioni nei  musei alla ricerca di qualche antefatto appartenente ai Leggiendari… sono piccole somiglianze che ho notato tra il vecchio Team e questi nuovi malfattori» spiegò pazientemente Red.
La sua aria da duro era scomparsa di colpo.
“Rapimenti di Pokémon, incursioni?” la mente di Touko era ancora ferma su quei pensieri.
Perché lei non ne sapeva niente?
La sua regione era in pericolo e lei ne veniva a conoscenza solo ora?
La piega che stava prendendo la conversazione fece venire fuori il carattere impulsivo della ragazza, che si alzò e iniziò a camminare avanti e indietro mentre rifletteva.
Evidentemente alla Lega i Superquattro lo sapevano, e non le avevano detto nulla… che belle persone leali e sincere che aveva intorno a sé!
Batté forte il piede a terra fino a farsi male alla caviglia e calciò un malcapitato sassolino a parecchi metri di distanza.
«Calmati Touko» le ordinò Red fermamente.
Era forse la prima volta che pronunciava il nome della ragazza «Ora ci serve, anzi a Unima serve, il tuo aiuto. Non sappiamo cosa abbia in mente il Team…»
«Fermati Red!» esclamò la brunetta confusa «Il Team Plasma è stato sconfitto da me! Io non credo ci sia nulla che non va, chi mi dice che tutto questo non sia un invenzione?»
Una altra folata di ventò sferzò l’aria mentre la brunetta fissava Red di fronte a sé. Entrambi avevano un’aria impassibile e orgogliosa, anche se Touko era sicura che da lì a poco sarebbe ceduta.
«Non ti fidi di me o non ti fidi di te?» le chiese ambiguamente il ragazzo.
«Cosa intendi dire?»
«Svegliati campionessa, qui sta succedendo qualcosa di grosso, peggiore di ciò che è accaduto l’ultima volta e tu ora vorresti dirmi che non  credi a ciò che ti dico?» anche Red si stava spazientendo.
Dopo tutte le ricerche che aveva fatto quella ragazza non voleva nemmeno credergli.
«Non vedo cosa ci sia di grosso in delle semplici incursioni ai musei…» provò a difendersi lei.
«Sono stati rubati dei manufatti, Gechis o chi per lui ha un piano, ma tu sei troppo orgogliosa per ammetterlo. Togliti i paraocchi Touko!» non era da Red arrabbiarsi fino a quel punto, ma gli sembrava di parlare con una bambina di cinque anni che non ammette i suoi errori.
Dal canto suo Touko sapeva che Red aveva ragione, ma il suo orgoglio, il suo dannatissimo orgoglio, non le permetteva di fare un passo indietro.
«Ghecis l’ho sconfitto io e credo tu stia esageratamente gonfiando la situazione. Appena vedrò dei problemi degni di nota ti informerò, ma per ora…» si avvicinò ad Unfezant che la stava aspettando «Non ho intenzione di crederti» terminò alzando teatralmente il naso all’insù.
«Te lo domando ancora: non credi a me o non credi in te?»
«Smettila di fare domande così stupide» disse lei irritata salendo sul Pokémon.
Dopodiché quest’ultimo spiegò le ali e prendendo una breve rincorsa decollò alla volta del cielo.
La ragazza non si guardò indietro nemmeno per appurare se Red la stesse seguendo o meno e assieme al suo Pokémon si innalzò tra le candide nubi cercando di celare i timori che le si erano annidati nel cuore dopo quella sgradevole conversazione, ma nemmeno l’ebrezza di volare riuscì a cancellare il pessimo presentimento che sentiva.
«Sì, Touko. Tu hai solo paura di non essere all’altezza della situazione» sussurrò Red, rimasto a terra.
Poi con nonchalance prese lo zaino in spalla e si incamminò verso il fitto della boscaglia.
Cosa lo tratteneva ormai a Unima?

 

 

Una figura in impermeabile nero si muoveva tra la folla con movimenti fluidi, ma decisi, passando inosservata. Un cappuccio, nero anch’esso, le copriva la testa, nascondendole la faccia.
Schivava le persone sgusciando tra loro con piccoli scatti e teneva saldamente in mano una valigetta di alluminio.
In pochi si accorgevano di quel nuovo ospite che camminava velocemente tra la ressa di Roteolia.
Il crocevia era spesso frequentato dai soliti fanatici di oggetti che venivano fin lì solo per accaparrarsi le migliori rarità scambiando qualche oggetto in proprio possesso.
La cittadina era come una specie di mercato.
Spilungoni con sorrisi a trentasei denti, felici per l’affare portato a termine, robivecchi che furbescamente piazzavano merce scadente tra i  barattatori e ragazzini alla ricerca di qualche oggetto speciale.
Quello era il tipo di gente che trovavi a Roteolia.
Quindi la maggior parte degli acquirenti erano persone ingenue e credulone.
Un posto perfetto se si era abili manipolatori o venditori senza scrupoli.
Quel giorno era speciale perché come ogni fine settimana nella piazza si accalcavano i venditori più “celebri” con nuovi oggetti rari che a fine serata solitamente erano finiti.
Perciò la calca e tutto quel vociare concitato per molti era motivo di allegria, mentre per altri significava solamente lucrosi affari.
Per quel nuovo ospite però tutto ciò non era altro che una banale futilità, altri piani e altri pensieri occupavano la sua mente.
Così la figura nera continuò a camminare fino a quando non raggiunse la casa dove aveva appuntamento.
Senza troppi preamboli spalancò la porta ed entro in tutta tranquillità.
Ad aspettarla c’era un ragazzo, circa sui vent’anni, il tipico “tanto fumo e niente arrosto”.
Si atteggiava come uno che la sapeva lunga quando si vedeva chiaramente che andava catalogato nella categoria “facili da fregare”.
«Ehi!» esordì il tipo, che dalle informazioni ricavate doveva chiamarsi Felipe.
Per tutta risposta l’ospite chiese rudemente «Allora hai quello che ti avevo chiesto?»
Felipe annuì tirando fuori dalla tasca un foglio sgualcito, mentre l’acquirente lo esaminava con estremo interesse.
«Sono le leggende più antiche rinvenute ad Unima, parlano di Pokémon inimmaginabili» spiegò il ragazzo «Ma tu hai la Statuantica che ti avevo chiesto in cambio?»
A quella domanda l’ospite si tolse il cappuccio rivelando il volto di una diciottenne dai capelli biondo grano. Felipe deglutì per lo spavento vedendo il viso della giovane sfigurato da parte a parte, evidente effetto di una terribile ustione.
Gli occhi blu della ragazza riflettevano un odio immenso nei confronti del mondo e fissavano quelli castani del ragazzo con disprezzo.
La bionda gli si avvicinò con fare minaccioso tanto che il ragazzo i
ndietreggiò verso il muro, sempre più spaventato.
«Credi davvero ti avrei portato la Statuantica?» domandò retoricame
nte lei con voce roca, ma ormai a Felipe era chiara la situazione.
«Ascolta non voglio aver…» le parole gli morirono in gola quando la ragazza lo afferrò per il collo sbattendolo con forza contro la parete.
La presa della giovane era di ferro e per quanto il ragazzo provò a liberarsi ogni suo tentativo fu vano.
Iniziò a vedere tutto intorno sempre più sfocato e più provava a prendere aria più si sentiva annaspare.
Stava soffocando.
Ritentò ancora una volta di sfuggire a quella presa mortale, ma la debolezza iniziava a farsi strada mentre sentiva le unghie della sua aguzzina segnargli il collo.
«Troppo tardi» la bionda gli sputò in volto fissandolo malevola.
L’ultimo pensiero del ragazzo fu chiedersi quale fatto atroce avesse spinto quella ragazza ad agire in quel modo, a emanare così tanto odio e fece quasi per chiederglielo, ma la domanda gli morì in gola come anche il suo ultimo respiro.
«Grazie, sei stato molto utile al Team Plasma» sorrise nuovamente la bionda, per poi mollare la presa sull’ormai inerme ragazzo.
Gli controllò il battito e vide che era assente.
Morto.
Non c’era molto altro da dire.
Guardò distrattamente i segni sul collo del cadavere, segni che aveva lasciato con le sue mani e non si dispiacque minimamente.
La vita andava così in quel mondo.
Prese il foglio che era rimasto nella mano del ragazzo e lo mise all’interno della valigetta come se fosse l’oggetto più prezioso al mondo. Poi uscì in tutta tranquillità socchiudendo la porta.
Sgusciò nuovamente in mezzo a quella gente, inconsapevole del delitto che era appena stato compiuto, e prese il primo treno per abbandonare Roteolia.
Il cadavere sarebbe stato scoperto a ore.
Ma in fondo lei era Adelaide e nessuno poteva fermarla.

 

 
La calma e la tranquillità che si potevano respirare a Fortebrezza erano uniche in tutta la regione di Unima.
La gente lì viveva rinchiusa nel passato, tra antiche leggende e falsi miti.
La struttura della città, ideata come l’interno di un castello, era interamente costruita con mattoni color panna dove camminavano ogni giorno sempre le stesse identiche persone.
A Fortebrezza nascevi e morivi.
In pochi avevano avuto la fortuna di andarsene da quella apparente oasi.
Le case, provviste di attico e piscine, erano sicuramente piene di qualsiasi confort, ma quel posto era falso, solo apparenza.
Gli abitanti di lì non conoscevano praticamente nulla del mondo fuori, coccolati da tutti gli agi possibili e imprigionati in storie sconclusionate e fantasie irreali.
L’ingenuità e la leziosità erano sovrane a Fortebrezza.
Touko, uscita dal centro Pokémon, camminò per l’intricato labirinto di strade che caratterizzava la cittadina fino a giungere nella sua parte più alta e si appoggiò alla ringhiera del muretto.
Da lì poteva scorgere tutto il bosco che circondava la città.
Aveva scelto apposta quella cittadina come meta dopo la sua bruciante sconfitta. Anche la ragazza era apparenza, proprio come Fortebrezza, perciò lì si sentiva in qualche modo compresa.
Buttò l’occhio oltre tutta quella miriade di alberi e scorse in lontananza la Fossa Gigante.
Al solo pensiero un sorriso divertito le increspo le labbra.
C’era una famosa storia raccontata dagli abitanti della cittadina che ruotava attorno a quella misteriosa fossa.
Molta gente che diceva fosse solo il cratere d’impatto di un meteorite, ma la vera leggenda tradizionale era un’altra.
Gliela aveva raccontata una signora del posto tempo prima, durante il suo primo viaggio per la regione.
La leggenda diceva che in quella fossa ci fosse rinchiuso un terribile mostro, giunto  da un altro pianeta, e che questa creatura di notte facesse scendere a Fortebrezza un freddo pungente, rapendo la gente che si trovava fuori casa.
Così gli abitanti durante le ore notturne rientravano spaventati nelle loro abitazioni e dal tramonto all’alba le strade erano deserte.
La prima volta che Touko aveva sentito questa storiella aveva pensato immediatamente ad una stupidaggine del posto e aveva aspettato la notte per accertarsi della veridicità delle parole della signora.
Inutile dire che arrivato il buio nessun terribile mostro aveva fatto la sua comparsa, anche se una brezza fredda era scesa col calar del sole…
A Touko erano sempre piaciute le leggende, la distraevano e le strappavano spesso un sorriso.
Però quel giorno la brunetta non riusciva a calmarsi in nessun modo.
Le parole di Red l’avevano scossa nel profondo. Non tanto per la storia di una eventuale ricomparsa del Team Plasma, ma più che altro per la frase “non credi a me o non credi in te”.
In fondo lei era Touko, eroe di Unima, Campionessa indiscussa, grande allenatrice eppure… e se ci fosse stato un fondo di verità in quelle parole?
La ragazza scosse la testa persa nei suoi pensieri e tornò a volgere lo sguardo al cielo in direzione della sua “casa”, la Lega.
Ciò che vide, però, la lasciò impietrita e per poco non temette di avere le allucinazioni. Strizzò maggiormente gli occhi per mettere meglio a fuoco l’immagine che le si presentava di fronte agli occhi.
Non poteva crederci.
Era assolutamente impossibile.
Doveva essere impazzita.
Ma no, lo vedeva.
Un enorme drago bianco si stava avvicinando tranquillamente alla Lega.
Touko montò immediatamente in sella ad Unfezant e lo spronò a volare il più velocemente possibile.

 

 
Il Pub di Guna
Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace. Il mio ritardo è terribile, ma impegni sportivi mi hanno tenuta lontana dal computer per parecchi giorni. Perciò scusate ancora per il ritardo.
Questo capitolo, lo ammetto, mi sono divertita molto a scriverlo e spero sia venuto bene. So che non succede niente di che ma… insomma Felipe viene ucciso!
Chi è Felipe? Bella domanda, ho preso un nome a caso e BAM l’ho fatto morire.
Divertente no? No, lasciamo perdere.
Beh spero il capitolo vi sia piaciuto e il prossimo prego di riuscire a pubblicarlo entro settimana prossima.
Passo ai ringraziamenti. Un grazie immenso a SM99, Andy Black e Barks per aver recensito la storia, le vostre opinioni sono molto importanti per me anche per potermi migliorare.
Bien un saluto e al prossimo capitolo!

  
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