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Autore: L_aura_grey    22/10/2014    4 recensioni
Halloween è alle porte, le zucche sono state intagliate, i costumi cuciti, le storie dell'orrore provate davanti allo specchio. Manca solo una cosa da fare e di cui solo Stiles può occuparsi, come è suo dovere.
Solo che quest'anno riceverà un aiuto speciale.
Genere: Comico, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CHI HA PAURA DELLA MUMMIA?
- TERAPIE D'URTO HALLOWEEN EDITION -

 

Era immersa nel silenzio, la terza c della Beacon Hills High School, e nell'ansia più totale degli alunni che copiavano nei modi più disparato, da appunti scritti sul banco, sulla mano, sul muro accanto, sulle schiene dei compagni, sul soffitto. Erano ricchi di inventiva, i ragazzi di quell'anno.
Lo scopiazzamento generale si interruppe di colpo, poi, quando un improvviso suono, basso e lungo, cominciò a propagarsi nell'aula, il soffiare di un vento, quando fuori dalla finestra non si muoveva una foglia.
I ragazzi, abituati ormai a qualsiasi improvvisa stramberia che avesse il dono di bloccare la lezione o il test, quali piogge di uccelli suicidi o improvvise epidemie, cominciarono a sperare in una nuova tragedia che impedisse una F generale. Le loro speranze furono però infrante quando invece fu richiamato un nome che veniva ripetuto spesso, e difficilmente veniva seguito da frasi dolci come 'Tieni una caramella'.
“Stilinski. Cosa stai facendo?” appunto.
Il giovane alzò lo sguardo confuso sull'insegnante, scostando le labbra dall'apertura della bottiglia, dove aveva cominciato a soffiare distrattamente, senza farci particolare attenzione.
“Cosa sto facendo cosa, prof?”
“Perché non stai facendo il compito, Stilinski?!”
“Il compito?” ripeté confuso Stiles, prima di riportare gli occhi sul foglio che aveva davanti, praticamente intonso, se si toglievano scarabocchi e parole disconnesse ai lati. Quindi il giovane parve arrivare alla conclusione: “Ah! Il compito! Quello che conta un terzo del voto finale e per cui ci prepariamo dall'inizio dell'anno” sorrise, neanche fosse stato felice di aver capito cosa si volesse da lui. Soddisfatto, guardò l'insegnante, che invece gli indirizzò un'occhiataccia che fece rabbrividire persino Scott, l'integerrimo lupo mannaro, che stava un banco indietro.
“Vedi di svegliarti, Stilinski.”
“Ma sono sveglio, prof. Vede, ho cinque dita giuste!” rispose il giovane, sventolando entrambe le mani, fermandole poi a mezz'aria avanti agli occhi per controllare effettivamente che fosse così.
“Smettila con questi giochetti e mettiti a fare qualcosa! Altrimenti fuori da questa classe!” sbottò l'adulto e Stiles incassò la testa fra le spalle, prima di tornare a sedere composto. Sotto gli occhi dell'insegnante andò a prendere la penna, e questi annuì soddisfatto quando lo vide mettersi all'opera sul foglio, tanto che riprese il suo giro fra i banchi.
Stiles si mordicchiò l'interno della guancia.
Ah, chi aveva tempo per un insulso compito in classe?
Erano altri i problemi più urgenti, piuttosto che prendere un voto superiore a F che valeva giusto la promozione, ben altri. Tipo cosa inventarsi per il giorno di Halloween, sempre più vicino, non mancava molto ormai, e le case erano state addobbate, le feste organizzate. Rimaneva solo il super scherzone di Stiles, e Halloween non era Halloween senza. Eppure le idee non volevano venire quell'anno, erano capricciose e asciutte, tutto quello che gli veniva in mente era già stato fatto o tremendamente prevedibile e alla fine si ritrovava sempre a punto a capo.
Poggiò la penna sul piano, soddisfatto della zucca disegnata sul foglio che mostrava un bel sorriso inquietante e dietro un lupetto stilizzato, che si apprestava a mangiarla.
Poi l'insegnante ricordò che mancava solo mezz'ora alla consegna del compito.

 

 

La lavagna trasparente che suo padre gli aveva comprato era più che meravigliosa. Era un modo per non impazzire e mettere su carta quel che gli passava per la testa, senza dover per forza muoversi nella stanza fra i vari fili nello stesso modo in cui uno scassinatore avrebbe dovuto passare fra i raggi laser mentre svaligiava una banca. Aveva suddiviso lo spazio in quattro, da una parte gli scherzi passati, dall'altra quelli che aveva raccolto su internet, il terzo era per le interviste che aveva fatto ai bambini del quartiere, e l'ultimo era per l'idea finale, quella che avrebbe lasciato tutti a bocca aperta. Ed era vuoto.
Stiles lo osservava, imbronciato, prima di andare a scarabocchiare sui postit, spostarli, cancellare, disegnare, aggiungere, sbadigliare, grattarsi la nuca, correggere. Tornò alla sua postazione pensosa di fronte alla lavagna, il mento fra le dita della destra, ma non pareva essere cambiato molto.
Sospirò, affranto, prima che dal piano di sotto arrivasse la voce di suo padre: “Stiles. Cercano te.”
“Se è Scott digli che non ci sono! Sono impegnato!”
“Guarda che ti avrebbe sentito in ogni caso, in questo modo.”
“Non ci sono comunque!”
La porta della camera si spalancò di colpo, facendo saltare sul letto il ragazzo dallo spavento: “Ah! Scott, scusa, non usare i tuoi poteri licantroposi contro di me, scherzavo!”
Chi aveva spalancato la porta però non era Scott. Era sempre un licantropo, ma aveva i capelli più scuri, le sopracciglia più spesse, il mento più dritto, un petto più da sogno, insomma, più tutto, anche più sfiga, del neo True Alpha. In parole povere, era Derek Hale.
Questi rimase sulla soglia per un po', giusto per godersi ancora per qualche istante l'echeggiare dell'entrata a effetto, poi fece due passi avanti e si chiuse la porta alle spalle, lasciando poi uno strano pacchetto appoggiato a essa.
“Derek” squittì Stiles, mettendosi in posizione di difesa sul materasso, pronto a graffiare, se necessario: “Cosa ci fai qui? E in pieno giorno, poi!”
“Cosa si faccio qui?” ripeté accigliato il ventenne, le braccia incrociate -e quando mai- il volto scuro: “Faccio che sono giorni che defili i miei inviti a uscire, mi scacci se provo a passare qualche ora qua con te e oggi Scott mi chiama per dirmi che ti comporti in modo strano persino a scuola. Ora voglio sapere cosa sta succedendo” disse, imperioso, il licantropo, probabilmente nel discorso più lungo della sua vita.
“Sto lavorando a un progetto, che deve rimanere segreto!” protestò il ragazzo, riprendendo un po' di colore, scuotendo la testa da una parte all'altra: “Tornatene nel tuo buco di appartamento!”
Derek parve farsi più grosso e più scuro, Stiles di rimando più piccino e preoccupato. Cocciutamente, però, rimase al suo posto, nonostante la minaccia di morte che l'altro pareva stargli inviando mentalmente.
Poi, d'improvviso, il licantropo gli diede le spalle, per piegarsi a prendere il sacchetto con cui era entrato.
“È per Halloween, vero?”
“Per Halloween?” ripeté il ragazzo, mentre tirava un sospiro di sollievo, prima di capire che il suo piano geniale non ancora nato era già in pericolo: “Ma che dici, figurati se c'entra qualcosa Halloween, ah, sì, che io passerò di certo a casa, a leggere, magari, o studiare, o dipingere i vasi di geranio di mio padre.”
“Tuo padre non ha vasi di geranio” fu la ringhiata risposta del licantropo, che gettò il sacchetto sul letto e poi si mosse in direzione della lavagna trasparente.
“No! Non guardare!” si gettò su questa Stiles, coprendone una parte. Sembrava aver fatto poco caso che le stesse cose le si sarebbe potute leggere dall'altro lato. Derek si limitò a prenderlo per un orecchio e tirarlo via di lì: “Ahi, ahi, ahi, ok, ho capito, ok, hai il permesso per guardare!” concesse, andando poi a massaggiarsi l'orecchio rosso e dolorante, una lacrimuccia al lato dell'occhio.
“Sono scherzi di Halloween, questi?” domandò il licantropo, studiando i vari appunti con sguardo critico e il ragazzo rispose con uno scontroso: “Sì! Ma ora rovinerai tutta la sorpresa, solo perché non sai farti i fatti suoi” incassò la testa fra le spalle, quando l'altro gli rivolse un'occhiata truce.
“Mi pare di capire che tu non sia a buon punto?”
“Come fai a dirlo?” gonfiò le guance Stiles.
“Dal titolo 'Scherzo di quest'anno' e le sottolineature sulla frase ' non mi viene nienteeeeee'.”
“Come sei arguto” borbottò il giovane e il licantropo alzò un grosso sopracciglio scuro. Quindi si avvicinò all'altro, per allungare la mano su letto e cominciare ad armeggiare col sacchetto.
“Ma si può sapere cos'hai lì?” non riuscì più a contenere la curiosità Stiles, che si appollaiò al bicipite del licantropo, sbirciando oltre questi, concedendosi solo qualche palpatina. Derek se lo scrollò di dosso come si fa con un cucciolo, quindi si voltò verso di lui, tirando fuori un pacco: “Ho io l'idea giusta per il tuo scherzo.”
Stiles finì di massaggiarsi il mento che era stato colpito dall'imponente e duro muscolo, prima di osservare cosa gli stava proponendo, quindi un'espressione dubbiosa si fece largo sul suo volto: “Cosa dovrei farci con un kit per fare la perfetta mummia?”

 

 

“Non mi piace.”
“Stiles, sta fermo.”
“Non mi piace per niente, stai andando troppo veloce, mi fa stare male...”
“Stiles, darà fastidio solo all'inizio, poi ti si allenta, diventa più facile muoversi, ti abitui e...”
“Smettila, fermati qui” si agitò sulla sedia il ragazzo, impedendo all'altro di andare avanti con la sua opera. Gli aveva ricoperto di bende già le mani, trovato degli abiti che sembravano i più simili possibile a quelli originali e ora mancava solo il petto e la testa. Poi sarebbero potuti andare alla festa indetta da Lydia.
“Cosa c'è?” sospirò il licantropo, contrariato, come suo solito. Eppure c'era qualcosa che non andava, lo capiva dal cuore dal battito accelerato del ragazzo, il respiro rotto, i movimenti iperattivi molto più dei normali standard dell'altro.
Stiles distolse lo sguardo, e in quel momento Derek vi vide dei demoni, aggirarsi fra i pensieri del giovane. Quindi capì che ritornare nelle vesti del Nogitsune non era qualcosa da poco.
“Non dovrai stare per molto con le bende. E ormai è Halloween, non puoi certo metterti ora a ideare un altro scherzo da zero” sbuffò il licantropo, impacciato.
“Non è il tempo, o cosa... sono le bende. Mi soffocano. Non riesco a vedere, non...”
Derek capì in quel momento cosa intendeva. Quando era stato posseduto dal nogitsune questi l'aveva mosso da dentro, come una marionetta. Era divenuto una sorta d'involucro. E poi era stato il contrario e dal mostro era uscito lui, coperto dalle bende, urlante, disperato e a un passo dall'abisso. Non era lì quando era accaduto, ma lo aveva visto, attraverso i ricordi che Scott gli aveva passato successivamente, artigliarsi il volto, pur di liberarsi dall'ingombro delle bende, artigliarsi il volto pur di tornare a respirare.
Gli posò una mano sulla guancia: era grande e più morbida di quanto ci si potesse aspettare, Stiles glielo faceva sempre notare, ogni qual volta che aveva modo di entrarvi in contatto, e in qualità di suo ragazzo gli accadeva spesso, anche se non tanto quanto gli sarebbe piaciuto. Poi la mano fu seguita da un bacio sulle labbra, che divenne da dolce e apparentemente consolatorio a sempre più passionale e irruento, nello stile del licantropo, prendendo Stiles sempre più, togliendogli il fiato, fino a quando l'altro non si staccò, facendogli accorgere che ormai le bende che gli aveva fatto girare attorno gli arrivavano appunto fino alle labbra. Perse definitivamente il respiro, mentre sgranava gli occhi e il cuore prendeva a battere più forte.
Ancora una volta Derek gli posò una mano sulla guancia, riprendendo ad avvolgerlo, passando ai bordi della bocca, sul naso, arrivando agli occhi, che lo guardavano con quel loro castano quasi dolce, supplicanti, nella richiesta di fermarsi lì. Il ventenne posò sopra le palpebre due baci, uno per occhio.
“Stai tranquillo. Questa è solo una maschera e tutti portiamo delle maschere. Il bello è che possiamo togliercele quando vogliamo. E se per caso non riusciamo più a trovare il bordo possiamo lasciare che siano gli altri a farlo per noi.”
Con una sforbiciata terminò il lavoro, osservando quello che avrebbe potuto essere il Nogitsune a tutti gli effetti, e per un attimo fu preda lui stesso dei tormenti dell'altro.
Quindi si sporse a baciarlo sulle labbra, e il ragazzo si appoggiò a lui, in un gesto delicato, che cercava sicurezza.
“Tu sei solo che Stiles, ora, e ti prometto che lo sarai fino alla fine dei tuoi giorni. E purtroppo, aggiungerei” fece una smorfia Derek, causando un leggero tremore in Stiles che in realtà altro non era che una risata trattenuta.
“Non devi avere paure delle maschere.”
Stiles si portò una mano al volto, scostando le bende quel che basta per rivolgere al mannaro un tenue sorriso: “E allora Halloween a che serve?”

 

 

“Scott. Vorresti dirmi cos'è quello?” alle orecchie del ragazzo arrivò la schizzinosa voce di Lydia. L'alfa si voltò verso di lei, sorridendo, radioso, quasi, anche se molta era apparenza. Ma con Kira di fianco si sforzava di farlo.
“È un cavallo.”
“E tu vieni alla mia festa di Halloween vestito da cavallo?” la padrona di casa gli portò il dito sulle labbra a bloccarlo un istante prima che rispondesse.
“No. Non voglio sapere il perché. Ma va bene così, per un attimo ho temuto volesse essere il costume di una fece” perché la parola cacca era troppo bassa, per Lydia Martin.
In quel momento il campanello suonò, per l'ennesima volta in poco tempo, e la ragazza guardò il piccolo gruppo riunito, i membri del branco, o almeno quelli che rimanevano; avevano deciso di riunirsi in un piccolo brindisi prima della festa ufficiale, rivolto ai mostri di Halloween e a quelli che li perseguitavano tutto l'anno.
“È Stiles” arguì, dato che era l'unico assente, lanciando una veloce occhiata a Derek, che era arrivato praticamente per primo e se ne stava in un angolo, le braccia conserte. Non aveva capito perché non fossero arrivati assieme, i due, dal momento in cui la loro relazione era conosciuta dal branco, benché non fuori da questo, ma non si fece problemi a lasciare il soggiorno e incamminarsi verso il corridoio.
Il gruppetto continuò nelle sue attività per qualche secondo, prima che uno strillo arrivasse dall'ingresso. Non era uno di quelli da banshee, ma fece comunque tirare tutti in piedi, preoccupati. Lydia ricomparve all'improvviso, la corsa dai passi piccoli a causa dei tacchi alti.
“Licantropi in prima linea” ordinò, prima di andare a nascondersi dietro Malia e Kira.
Quindi dal corridoio emerse qualcuno che i ragazzi avevano creduto non avrebbero visto più. Impallidirono, mentre il nogistune si schierava in fronte a loro, nella sua tipica camminata da mummia di Scooby Doo.
Poi, graffiata e gutturale, arrivò la voce: “Dolcetto o sch...” il poveretto non riuscì a finire la frase che Scott gli era saltato addosso ringhiando, gli artigli tirati fuori “No! Scott, fermati!” chiese pietà il mostro, alzando le braccia a difendersi. Il pugno che l'altro però gli stava indirizzando passò fra lo spazio aperto, finendo per colpirlo con forza in viso.

 

 

Stiles si poggiò sull'occhio già nero la borsa del ghiaccio e sobbalzò appena a quel contatto.
“Ouch” si lamentò, spento, mentre Derek gli stava al fianco, un'espressione divertita in viso.
“Hai poco da ridere, tu, avevi detto che li avresti fermati nel caso mi avessero attaccato. O comunque assicurato che sarebbero stati troppo spaventati per muoversi” borbottò di cattivo umore il ragazzo, mentre osservava la saletta che piano piano si riempiva. Scott gli aveva fatto più volte le sue scuse, sparendo comunque con Kira per andare a divertirsi, lasciandolo solo con Derek e la borsa del ghiaccio.
“Perché non hai fatto niente?!” sbottò nuovamente, scostando dal viso la mano e guardando male il mannaro, che sogghignò.
“Potrei essermi dimenticato di intervenire” rispose Derek, con nonchalance.
“Dimenticato? Ci è andata la mia faccia di mezzo, grazie per essertene dimenticato! Lo so io cosa volevi fare, volevi gabbarmi quando io volevo gabbare voi e ci sei riuscito benissimo! Bravo, complimenti, sei proprio un infam...” il bacio focoso del licantropo interruppe qualsiasi altro insulto che stava per fuoriuscire da quella boccaccia, che poteva essere zittita solo da lui a quel modo.
“Felice Halloween, Stiles” disse divertito Derek, prima di tornare a dedicarsi alle labbra del trickster fallito, impegnandosi perché non riprendessero la sequela di insulti.
“Fehithe Hahhowhehen.”

 



 

nda
dedicata a una delle mie madri in particolare, Nemain, con cui condivido la grande passione per le sterek, sfrutto questo spazio per ringraziare di aver letto fin qui. spero di avervi strappato un sorriso, con questa OS leggera ispirata dall'immagine usata come banner. e oltre questo... buon Halloween a tutti!



attenti alle mummie della porta accanto potrebbe essere un nogitsune non desiderato. anche se fosse direttamente Stiles non lo disdegnerei. affatto.


 

   
 
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