Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: narcissus_kiss    17/10/2008    3 recensioni
Senza fiato, strozzato e senza forze riuscirò lo stesso a odiarti
o almeno senza parlare
per poterti vomitare in faccia tutto il mio dolore.

« Hai deciso che non vuoi più rivolgermi la parola, Albus? » e per un attimo tornò il ragazzo biondo che tanto aveva amato. Questa cosa gli fermò il cuore, e allo stesso tempo ne fece accelerare il ritmo. Il suo corpo e la sua mente stavano cedendo.
« Da quanto non pronunciavi il mio nome, Gellert? » e la voce questa volta è solo un soffio. Un sospiro, soffocato dall’orgoglio.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Silente, Gellert Grindelwald
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Titolo:
Genere: sentimentale
Personaggi: Albus Silente, Gellert Grindelwald, Albus/Gellert
Rating: giallo
Avvertimenti: one shot, slash

Disclaimer: I personaggi ovviamente non mi appartengono, ed io non ci scrivo per lucrarci sopra. Sono della Rowling, e tutto ciò che faccio io è ricamarci un po’ su. E senza pretendere soldi in cambio – che generosità, no? XD
Il titolo è il titolo di una canzone dei Placebo, mentre il sottotitolo è Dove sei dei Prozac+. Le parole che introducono la fic invece sono delle PornoRiviste, da Senza fiato.

Avvertimenti: questa fic parla dell’amore – e di quel che è diventato questo amore – fra due uomini. Se l’argomento vi infastidisce non leggete.

E per questa volta non mi sono dilungata troppo in inutili introduzioni…
Solo… buona lettura!








.:Every me and every you:.
Ridi se vuoi, ma non ti voltare
a guardarmi
a guardarmi e a farmi del male.




Giorni amari, vedo un globo coagulato
Tutto intorno un mare d'ombre
E quanta sabbia ho masticato in questi anni
Volti uguali, facce nuove, volti uguali
Occhi tristi come un cane da cortile
in un guinzaglio troppo stretto troppo stretto per campare
Senza fiato, strozzato e senza forze riuscirò lo stesso a odiarti
o almeno senza parlare
per poterti vomitare in faccia tutto il mio dolore.


« Gellert! » gridò con quanto fiato aveva in gola. Eppure la voce suonava incrinata, come fosse sul punto di cedere. Cedere e rompersi in pezzi. « Gellert! » ripeté, e stavolta cercò di non suonare così chiaramente poco convinto. Era la sua missione. Era il compito che il mondo magico si aspettava eseguisse solertemente. Non poteva mostrarsi debole.
« Grindelwald! » ritentò. E gli si spezzò qualcosa dentro quando lui apparve, fra gli alberi. Non aveva risposto quando lo aveva chiamato per nome, quello stesso nome che tante volte aveva sussurrato sulle sue labbra, anni ed anni prima. Ma non aveva esitato ad accorrere quando aveva gridato quel suo cognome terribile, lo stesso che in tutto il mondo dei maghi incuteva un cieco terrore.

« Silente » un saluto brusco, beffardo. Occhi azzurri che scrutano occhi azzurri. Terribilmente freddi.
« Siamo diventati piuttosto formali, vedo » Albus tentò di mantenere quel tono pacato, tranquillo che aveva imparato ad assumere. Così diverso dai toni entusiastici che entrambi usavano quando erano due ragazzini che progettavano, sdraiati sotto lo stesso cielo stellato, i loro piani per il mondo magico. Manie di grandezza che alla fine a cosa avevano portato? Ad un momento che entrambi sapevano sarebbe giunto. Lo scontro finale per ristabilire l’ordine.
Insieme avrebbero potuto fare grandi cose. Divisi, e ora schierati l’uno contro l’altro, avrebbero comunque segnato il destino della comunità magica.
Era il loro destino, probabilmente, finire in questo modo.
« Siamo diventati i salvatori del mondo magico, vedo » gli fece eco Gellert, con lo stesso tono beffardo che aveva usato prima, lo stesso con cui lo apostrofava, giocosamente, un attimo prima di baciarlo, spingendolo divertito contro il muro.
Gellert aveva la bacchetta pronta, sguainata. Albus no. Forse aveva ancora troppa fiducia, malgrado tutta la bile sputata anno dopo anno, rodendosi il fegato per quello a cui tutti i loro progetti avevano portato.

Ed osservare il volto di Gellert era come tornare indietro del tempo. Eppure, per quanto fosse assurdo, allo stesso modo era come guardare una persona sconosciuta. C’era qualcosa di completamente nuovo, di diverso in lui. Di irreparabilmente diverso.
« Che pena, Silente »
E gli occhi di Albus si riempirono d’una tristezza mai provata. Quello sguardo fiero, strafottente, quell’espressione di divertito disprezzo, quelle parole così dure, lo ferirono come mai avrebbe pensato. Era appena stato sconfitto, per l’ennesima volta. E se tante volte si era arreso ed era stato felice di farlo, a quello sguardo, questa volta l’arrendersi avrebbe segnato il suo definitivo fallimento, che già cominciava a delinearsi.
Non rispose. Si sentiva soffocato, senza forze. E cercò di rovesciare i resti di quell’antico amore, di quell’antica amicizia, in odio.
Ma ancora, a distanza di anni, non riusciva a non pensare a quello che fra loro avrebbe potuto essere, a quello che loro avrebbero potuto essere. Decise che era meglio non rispondere. Era l’unico modo per sfogare quel dolore.

« Hai deciso che non vuoi più rivolgermi la parola, Albus? » e per un attimo tornò il ragazzo biondo che tanto aveva amato. Questa cosa gli fermò il cuore, e allo stesso tempo ne fece accelerare il ritmo. Il suo corpo e la sua mente stavano cedendo.
« Da quanto non pronunciavi il mio nome, Gellert? » e la voce questa volta è solo un soffio. Un sospiro, soffocato dall’orgoglio.
Grindelwald rise. E rise come quando aveva ancora diciassette anni, con la stessa intonazione e la stessa espressione. Ma c’era un qualcosa di freddo, gelido in quella risata. E qualcosa di vuoto in quegli occhi. L’odio accumulato in quegli anni, il rancore, la sete di potere avevano spazzato via ogni cosa, avevano derubato quello sguardo di qualcosa di fondamentale, di quella scintilla che Albus aveva amato, ed amato con tutto il cuore, passando oltre alla vergogna e al disprezzo di chi sapeva e faceva finta di niente.

« Credevo fossi qui per batterti, non per fare degli sciocchi sentimentalismi » ribatté, duro.
E faceva male. Faceva un male che toglieva il respiro. Silente si sentì stretto, soffocato in una morsa che non poteva allentare.
Ma ormai la vita l’aveva abituato a mantenere la calma. O a fingere di mantenerla. E a fingere era diventato bravissimo. Anzi, forse aveva sempre e solo finto nella vita. « Non sono qui per battermi » ribatté, pacato. E dentro faceva male non potergli vomitare in faccia tutto il dolore che provava.
« E cosa speri? Che mi consegni spontaneamente solo perché sei te? » Ed impresse in quel te tanto disprezzo da farlo sembrare veleno puro. Un disprezzo esasperato. Un disprezzo per mascherare i veri sentimenti e le emozioni che quel te era in grado di scatenare.
É facile trasformare l’amore in odio. Forse è la cosa più facile del mondo.
E Grindelwald era diventato un maestro in questo, tanto quanto Silente a fingere di essere qualcun altro, qualcuno migliore di lui.
« Spero che tu ti renda conto a cosa andresti incontro duellando con me, e, per questo, sì: spero ti consegnerai spontaneamente » Grindelwald lo guardò duramente, e lui riuscì a malapena a sostenerne lo sguardo. « Ho sempre vinto io, Gellert » gli ricordò, e la voce per un attimo risuonò lontana nella memoria dell’altro, come un’eco di un estate passata, di tanti anni prima. Due ragazzi ed un prato deserto. Una lotta maldestra, e cadere uno sopra l’altro, e forse non per caso. Ho sempre vinto io, Gellert. Albus rideva, sdraiato su di lui.
La bacchetta tremò nelle mani di Grindelwald. Ma fu solo un attimo.
« E allora perché, grande eroe, non hai tentato di fermarmi prima? »
Perché? Già. Bella domanda. Era stata una delle sue tante debolezze. Una delle tante cose che avrebbe potuto smascherarlo e mostrarlo al mondo come ciò che era in realtà. Un cane al guinzaglio. Ed il guinzaglio era tenuto dall’uomo che ora era davanti a lui. Da sempre.
Ma avevano tirato entrambi troppo, e quel legame che era odio ed amore insieme, così confusi da essere indistinguibili, si era spezzato.
Non aveva voluto fermarlo. Ecco qual’era l’amara verità. La verità che conoscevano entrambi.
Una luce divertita attraversò lo sguardo di Grindelwald « Battiti, Silente » sorrise, ed era puro veleno. « Non ho intenzione di rispettare il galateo: ti attaccherò anche se non ti difenderai » continuò, mettendo la bacchetta in posizione. Era il momento di vedere di che pasta era fatto l’altro mago, il suo vecchio compagno. Il suo vecchio amante. Sarebbe riuscito sguainare a sua volta la bacchetta?
Grindelwald lo conosceva abbastanza per poterne essere quasi certo.
« Non voglio battermi con te » ripeté Silente, e l’altro sembrò deluso da quell’affermazione.
« Ma come, Albus? Ci divertivamo tanto a duellare… ti ricordi? »
No, no e no. Non ricordarmelo. Silente strinse i pugni, e tento di scacciare le mille immagini che gli tornavano in mente. Il passato non si può cancellare. Ma non si può vivere di ricordi.
La cosa peggiore è che di rimpianti si può morire.
E lui ne aveva tanti riguardo l’uomo che ora era davanti a lui.
Doveva scacciarli, respingerli, distruggerli, non farne che rimanere che cenere.

« La bacchetta » gli ricordò Grindelwald, e lui la estrasse rabbioso, abbandonando per un attimo quella calma che lo contraddistingueva, sempre e comunque.
« Bene… » il mago biondo sorrise, prima di far schioccare la bacchetta come una frusta, l’espressione concentrata, mentre mormorava appena un incantesimo che Silente non riuscì a cogliere. Ma fu pronto a rispondere.
Lampi di luce bianca si scontrarono con lampi di luce blu, e poi lampi di luce verde andarono a cozzare contro lampi di luce rossa, rimbalzando all’indietro.
Ci stavano riversando dentro tutta la rabbia, tutto il rancore che avevano accumulato in quegli anni. Un duello all’ultimo sangue. Eppure i contendenti sapevano perfettamente quali erano i rischi che effettivamente correvano: quasi nulli. Avevano duellato così tante volte da conoscere alla perfezione le mosse dell’altro. Procedevano in una specie di balletto di incantesimi, perfettamente coordinati. Ed entrambi, sotto sotto, lo sapevano perfettamente, ma fingevano di no.
Ad un tratto, Grindelwald si smaterializzò. Quello non era negli schemi. Silente rimase interdetto, e tanto più vi rimase quando si ritrovò il mago alle spalle, vicinissimo a lui, la bacchetta puntata sulla sua schiena.
« Questo non è leale »
« Mai detto che lo sarei stato » ribatté con voce di colpo dolcissima, forse troppo. Ma era un’eco di quella voce che usava quando gli sussurrava nell’orecchio, abbracciandolo da dietro e tenendolo stretto a sé. La bacchetta scivolò lungo la schiena di Silente, la punta che scorreva sui suoi vestiti, e si trasformò quasi in una carezza.
E ad un certo punto non c’era più niente lì attorno: erano solo loro e non c’era nessun duello in atto. Perché la mano armata di bacchetta di Grindelwald aveva lasciato il posto all’altra mano, che ora scorreva lenta sulla schiena dell’altro mago, mentre lui gli passava un braccio attorno alla vita e lo stringeva di colpo a sé.
Questo senza dubbio era il massimo della slealtà. « Se qui per uccidermi, Albus? » mormorò nel suo orecchio, e Silente si sentì mancare.
« Sei tu che mi stai uccidendo, Gellert » decise di mettere le carte in tavola, una volta per tutte.
Le labbra di Grindelwald si posarono sul collo di Silente, per quello che fu un secondo troppo breve e allo stesso tempo infinito. « Forse ci uccideremo a vicenda, allora » il braccio che lo stringeva, quello armato di bacchetta, tornò lungo il corpo.
Silente sapeva che era una trappola. Percepiva la tensione del mago dietro di lui. Sapeva che aspettava solo il momento giusto per attaccare. Non glielo avrebbe concesso. Mormorò un petrificus totalus impercettibile, volgendo senza farsi notare la bacchetta verso l’altro, che fu forse non fu neanche così sorpreso. Nessuno si sarebbe aspettato un atto tanto sleale da Albus Silente, ma lui sì. Lui era l’unico a conoscerlo davvero.

Silente si voltò, e rimase a fissare il volto di Gellert, immobile, rabbioso. E la sua mano, ancora sollevata in una carezza.
« Mi spiace, Gellert » mormorò « Non sono qui per perdere »
Ho già perso tutto, oggi.
Gli si avvicinò ed accostò il viso al suo « Addio, Gellert » posò le labbra su quelle immobili, paralizzate dell’altro, ed avrebbe voluto morderle a sangue. Lo bacio, e vi riversò dentro tutto il suo dolore, cacciando quella sensazione di soffocamento, tornando a respirare per la prima volta dopo anni, nella sua bocca, che però non poteva rispondergli. Meglio così, forse.

Si separò da lui e fece qualche passo all’indietro. Era il momento di chiamare gli auror: se ne sarebbero occupati loro.
Lo sguardo di Grindelwald, l’unica cosa di lui che potesse muoversi, lo seguivano carichi di una luce che indicava qualcosa chiaramente: Gellert stava sorridendo.
Sapeva già come sarebbe finita.
Ma lui, lui che lo aveva sconfitto, ancora una volta si sentì cedere di fronte al sorriso di quegli occhi.
Non mi guardare.
Mai più.
Si voltò per non guardarlo e tenne gli occhi chiusi mentre arrivavano gli auror a portarlo via.
Compì un solo errore: riaprili un solo attimo. E Gellert era lì, lo sguardo fisso su di lui, ora non più sotto l’effetto dell’incantesimo di Silente. Sorrideva, rideva mentre lo portavano via. Rideva come rideva il ragazzino che era.
Ed il suo sguardo faceva male.








  
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: narcissus_kiss