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Autore: asyouwishmilady    22/10/2014    2 recensioni
«Emma sbuffò. Non riusciva ancora a capirlo completamente, ma era diverso ora: lei importava di lui, per quanto provasse a convincersi del contrario. Non voleva ferirlo, né allontanarlo. Del resto, non l’aveva mai delusa, non l’aveva mai abbandonata, anche quando lei sembrava supplicare di farlo.»
Piccola raccolta di os sui Captain Swan: missing moments, squarci di vita quotidiana, o semplici momenti fluffosi o a rating rosso che un po' tutti speriamo per la season 4.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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«La “prossima volta”?» il suo bellissimo viso s’increspò in un’espressione confusa ma divertita «Non ricordavo di avertelo chiesto».
Strinsi ulteriormente le sue mani e mi assicurai che mi guardasse dritto negli occhi «Perché è mio turno. Vorresti uscire di nuovo con me?».
Ma certo, mi rispose con lo sguardo, facendolo saltellare dai miei occhi alle mie labbra. Quella serata aveva di gran lunga superato anche le rosee aspettative di un pirata fin troppo egocentrico.
Finalmente, Emma aveva smesso di respingermi, di evitarmi, di trattarmi come fossi una specie di pericoloso animale selvatico, pronto ad attaccare quando meno te lo aspetti. E, rendermi conto che la nostra relazione aveva raggiunto un nuovo livello, mi faceva sentire bene. Riusciva a farmi sentire di nuovo il vecchio me: l'uomo che ero prima della morte di mio fratello.
Lentamente, Emma avvicinò il suo viso al mio, socchiudendo gli occhi, ed io lasciai che le nostre labbra s’incontrassero per l’ennesima volta. Come ogni volta, avvertii il mio corpo crollare di fronte a quel contatto, per poi risvegliarsi gradualmente. Lei, come sempre, aveva un buon sapore ed un buon profumo. Le sue labbra, poi, erano più morbide di un petalo di rosa.
L’abitudine e l’emozione mi fecero scordare che finalmente avrei potuto stringerla con entrambe le mani. Con decisione, le avvolsi il corpo con le braccia, andando a posare le mani sul retro di quella nuova giacca che le avevo prestato perché non prendesse freddo.
Non credevo che un gesto così banale potesse scatenare in me – in noi -  così tanta passione. Continuammo a baciarci fino a perdere il fiato, finché, per puro caso, mi ritrovai a fissare quella mano sinistra che sembrava estremamente fuori posto.
Una serie di confusi pensieri prese a bombardarmi.
E se il Signore Oscuro avesse detto la verità?
Perché avevo reagito in quel modo al ristorante?
Era come se qualcun altro avesse preso il controllo del mio corpo.
Quella mano. Possibile che fosse tutta colpa sua?

Nonostante mi fossi irrigidito, Emma non aveva smesso di baciarmi. Provai a chiudere gli occhi per tornare a contraccambiare il bacio, ma il mio corpo fu improvvisamente attraversato da un tremito, che mi portò inspiegabilmente a sollevare la mano incriminata, all’altezza del collo di Emma. E lo afferrai, con tutta la forza che avevo in corpo. Sentivo le punte delle dita affondare nella carne.
No! Che cosa diamine stavo facendo?
Quando provai a staccare la mano, essa si allontanò solo per un istante dal corpo di Emma, per poi afferrarla di nuovo per il collo: da davanti, questa volta.
La mano stringeva, stringeva fino a farle perdere ogni possibilità di respirare. Lei annaspava, si dimenava, cercando disperatamente di divincolarsi da quella presa. La sua espressione era disperata, una maschera di dolore: stava addirittura cambiando colore. Ma io, per quanto ci provassi, non riuscivo a controllare né quella mano, né qualsiasi altra parte del mio corpo.
«K-Killian…» mormorò, con l’ultima goccia di respiro che le rimaneva «Mi stai uccidendo».
Scossi violentemente la testa. No. Non poteva morire per mano mia, non adesso che finalmente potevamo essere felici insieme. Facendo leva su questo pensiero, finalmente riuscii a lasciarla andare.
Sobbalzai, osservando il suo corpo cadere inerme a terra. Aveva persino sbattuto la testa sul pavimento del pianerottolo.
«Emma» mi chinai, preoccupato, su di lei, afferrandole un mano «Emma, mi dispiace. Non è stata colpa mia. E’… E’ la mano che ha preso il controllo».
Quando mi resi conto che non rispondeva e non dava segni di vita, m’inginocchiai ed appoggiai la testa sul suo petto, per controllare il battito del cuore.
Non poteva essere. Con le mani tremolanti, afferrai delicatamente il suo polso. Niente.
Ma sarei riuscito a salvarla, mi convinsi: era stata la magia a farle del male, e la magia l’avrebbe salvata. L’avrei portata da Rumpelstiltskin. Lui sarebbe riuscito a curarla.
«Emma, non preoccuparti» l’afferrai e la sollevai «Andrà tutto bene, te lo pro…»
Quando il mio sguardo si posò sul suo viso, i suoi occhi erano spalancati, fissi nel nulla, privi di emozione, privi di vita.
Sul suo collo candido, spiccavano dei segni rossi, quasi marroni: i segni che le avevo lasciato io, strangolandola.
Ero stato io, non la magia. Niente le avrebbe ridato la vita. Come potevo convivere con questo fardello? Il fardello di aver ucciso l’unica persona che avessi mai amato realmente.
Il mio corpo fu preso da una serie di lunghi ed intensi singhiozzi, che mi facevano mancare il respiro.
D’un tratto, la porta dell’appartamento dei genitori di Emma si spalancò. David e Mary Margaret mi si piazzarono di fronte: i loro volti trasudavano rabbia, dolore e follia.
«Cos’hai fatto a mia figlia?!» strillò lei, accorrendo sul corpo di Emma, stringendolo e baciandolo.
«Mi… Mi dispiace» indietreggiai, fino a trovarmi con le spalle al muro «Non è stata colpa mia».
«Lo sapevo! L’ho sempre saputo che non avrei mai dovuto fidarmi di te» sibilò David, quasi in un ringhio, estraendo la spada dal fodero «Sei solamente un pirata crudele ed egoista».
«Mamma!» il giovane Henry, che nel frattempo ci aveva raggiunti, scoppiò a piangere, vedendo il corpo privo di vita della madre «No, mamma…».
«Mi dispiace tanto, Henry» tentai di consolarlo, ma lui mi interruppe subito.
«No! Stai zitto! Hai già fatto abbastanza: è solo colpa tua se la mia famiglia è andata distrutta, se mio padre è morto».
«Forza, Elsa. E’ arrivato il momento» biascicò Mary Margaret, tra i singhiozzi, indicando alla ragazza di raggiungerci.
Elsa, sollevò entrambe le mani, perforandomi l’anima con lo sguardo «Non so se funzionerà. Nemmeno il ghiacciò può distruggere un cuore di pietra».
Il cuore mi batteva talmente forte che faticavo a respirare. Ero rannicchiato in un angolo, senza alcuna possibilità di scappare. Non volevo scappare: era quello che mi meritavo, in fondo.
«Capitano» quella voce. Ero sicuro di conoscerla.
«Capitano» ma certo, era del Signore Oscuro.
Gliel’avrei fatta pagare. Mi voltai ripetutamente, ma di lui nemmeno l’ombra.
Poi, un fascio di luce, mi accecò. Aprii gli occhi: era stato solo in incubo.
 

Ok, odiatemi pure. A me è venuto un mezzo infarto a scrivere questa cosa, ben sapendo come sarebbe andata a finire. Spero di non avervi uccisi troppo! Perdonatemi. Avevate capito che era un sogno? Vi è piaciuta? Fatemelo sapere, mi raccomando!
A dire la verità, l'idea per questa one shot mi è venuta proprio dalla scena da cui sono partita: quando Hook alza la mano mentre bacia Emma, mi ha fatto un po' paura. E, in più, le parole di Rumple "potresti ferire qualcuno che non ne uscirebbe inerme come me" mi hanno convinta definitivamente a mettere giù questa idea. Spero vi sia piaciuta!
Claudia

 
   
 
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