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Autore: ValentinaRenji    23/10/2014    3 recensioni
(Shizuo x Izaya)
"Maledetto Izaya ... dove sei!"
Si fa largo fra la folla scostandola rudemente, procedendo spedito di vagone in vagone, le iridi caramello oscillanti da un lato all'altro nell'angosciosa ricerca di quell'odiosa pulce sparita alla vista.
E finalmente eccola, seduta in un angolo, il capo chinato di lato, le palpebre serrate, le labbra schiuse appena.
Inizialmente il biondo non riesce a crederci: gli si avvicina cautamente, osando serrarsi a nemmeno mezzo metro di distanza, osservandolo con tanto interesse da consumarlo con gli occhi vitrei per il freddo, allo stesso modo in cui un amante malinconico divora la fotografia sbiadita della persona cullata nel cuore.
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Izaya Orihara, Shizuo Heiwajima | Coppie: Izaya/Shizuo
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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Ciao a tutti! E' la prima volta che scrivo in questo fandom, sono un pò (tanto) emozionata! Questa ff riguarda una coppia che amo, Shizuo/Izaya, spero vi piaccia. Ci vediamo alla fine con qualche nota, buona lettura :) 
NB: Questa storia è R-18, ho messo il rating arancione in quanto la parte lemon è relativamente piccola rispetto le rimanti parti del testo e perchè , a parer mio, non è così tanto dettagliata da meritare un rating rosso. Onde evitare problemi, io vi ho avvisato XD 
 

Like It Loud


Quella sera il vento soffia algido fra le poche foglie scure rimaste aggrappate ai rami scarni degli alberi, scuotendone la chioma filamentosa con un sinuoso fruscio cantilenante dalla nenia autunnale; poche stelle dall'intenso brillio puntellano il cielo ossidiana dalle sfumature bluastre, una cappa avvolta da nubi dense sintomo d'una pioggia alle porte, un mantello senza luna a rischiararne la seta preziosa.
Fasci aure dei lampioni svettanti illuminano placidi le strade vuote, proiettando il loro alone aranciato sull'asfalto grigio dei marciapiedi e delle vie deserte, percorse solamente da qualche foglia passeggera dalla corsa scricchiolante, prima di raggiungere le sue gemelle in un traguardo ammucchiato accanto a qualche cancello. Izaya si stiracchia lentamente, simile ad un gatto appena sveglio, protendendo le braccia magre in avanti e mugolando, oscillando appena il capo quanto basta per far ondeggiare i ciuffi ebano, soffici, morbidi, lisci al tatto; vi passa in mezzo le dita affusolate con gesto abitudinario, scostando una ciocca dispettosa davanti gli occhi attenti, perle incastonate in un viso dai lineamenti dolci e la pelle nivea.
Si stringe nella giacca dal cappuccio adornato da pelo fulvo, sussultando al contatto con il fiato gelido del vento improvvisamente aggressivo, tanto forte da scompigliargli la chioma mora e sollevargli le vesti, il tessuto leggero della maglia nera in balia dell'aria insinuatasi fra il ventre tiepido e l'indumento. 

"Che freddo, dannazione.."

Inclina le labbra sottili in una smorfia contrariata, infilando le mani nelle tasche e proseguendo la camminata, probabilmente diretto verso il proprio appartamento o una meta nota solamente a lui, l'informatore di Ikebukuro, il più scaltro ventenne della città, un lupo solitario nella notte via via più densa ed algida, ghermito dagli aghi di una temperatura rasente lo zero, avvolto da una statica ed umida foschia, brandelli nebbiosi sospesi fra i tronchi ruvidi degli alberi.
Espira con stupore, portando le mani davanti la bocca per scaldarle mentre le iridi ebano assaporano lo spettacolo di quella nuvola consistente creatasi dinanzi a sè, quella magia di cui lui ne l'autore; si sente assorto, come un bimbo che scopre per la prima volta cosa è capace di fare con un pizzico di fantasia in più. Sorride mestamente, voltandosi quanto basta per incrociare uno sguardo truce, accigliato, uno sguardo ben noto che ha sentito gravare sulle proprie spalle innumerevoli volte, così tante non non essere in grado di definirne la quantità esatta. 
Ben presto, quell'espressione angelica ed ingenua si tramuta in una smorfia ironica, coronata da un ghigno beffardo ed arrogante accompagnato da una risatina infida:

"Che combini, Shizu chan? Intendi venire a salutarmi o vuoi rimanere là dietro per tutto il tempo?"

Il biondo grugnisce di rabbia, percependo la poca pazienza che lo contraddistingue assottigliarsi gravosamente, riducendosi ad un filo consumato sospeso sopra un abisso senza fondo. Una vena inizia a pulsare sulla tempia, le sopracciglia si aggrottando conferendo al volto perennemente imbronciato un'aria maggiormente irosa, omicida, terribilmente spietata. Nonostante ciò avanza solamente di qualche passo, a grandi falcate, avvicinandosi all'esile figura del nemico nel lato opposto della strada.

"I ... za ... ya."

Il ragazzo lo ammicca divertito, oscillando su se stesso con quell'andatura buffa e barcollante, ritrovandosi a piroettare fermandosi al punto di partenza, le mani avvinghiate ai bordi della giacca, le labbra incurvate in un sorriso tutt'altro che cordiale. Shizuo Heiwajima è il suo giocattolo, il suo preferito ad essere sinceri ed ogni volta che lo incontra non può evitare di assaporare quel lungo brivido che gli morde la schiena, quella sensazione d'euforia concessagli dagli infiniti inseguimenti, dal fiatone compresso nei polmoni e le corse scalmanate fra le insegne luminose della città, sgusciando fra i passanti come un serpente.
Oggi , però, il suo acerrimo rivale pare essere diverso dal solito: c'è qualcosa, in lui, qualcosa paragonabile ad un retrogusto triste, ad una striata erronea in un dipinto perfetto.
Negli occhi castani aleggia uno spettro malinconico, torvo, la pelle chiara pare lattea, talmente delicata da apparire fragile come un vaso di cristallo.
Izaya lo scruta in silenzio, prima di appellarlo con il suo usuale tono canzonatorio, cercando di punzecchiarlo come farebbe un monello in cerca di guai:

"Siamo cupi oggi, neh Shizu chan? Fammi indovinare, ti hanno licenziato a lavoro perchè hanno capito che sei un animale?"

Nemmeno il tempo di fiatare ulteriori sillabe che un cassonetto gli sfiora un lembo della manica con un fruscio incrinato, passandogli accanto con tale velocità da non essere nemmeno visibile ad occhio nudo. Lo riconosce solamente attraverso il tonfo sordo provocato dallo sfracellarsi dell'arma improvvisata contro un lampione, un frastuono doloroso per i timpani sgomenti. 
L'informatore si crogiola in una risata spontanea, saltellando allegramente:

"Ah ah! Mi hai mancato Shizu c..."

Questa volta a sfiorarlo è un cartello stradale, uno Stop per l'esattezza, lanciato con furia verso di lui; delinea con l'indice il graffio sulla guancia, percependo il calore del sangue color porpora a contatto con il polpastrello delicato. Lo porta sulla punta della lingua, assaggiandolo, fissando il rivale con la determinazione negli occhi ed un ghigno per nulla disposto a lasciare a metà il combattimento. 
Lo sa bene, tra poco salterà come una pulce ed inizierà a scappare voltandosi di tanto in tanto per scrutare sottecchi il suo persecutore senza risparmiarsi alcuna presa in giro, anzi, invitandolo ad inseguirlo ancora e ancora finchè entrambi si sarebbero accasciati esausti contro il muro di un vicolo cieco agli angoli opposti della città. Ed allora, solo allora, avrebbero rimuginato sull'odio che li separa come un precipizio invalicabile, ripromettendosi che la prossima volta sarà quella buona per porre definitivamente la parola fine a questa perpetua contesa.
Allora perchè l' Heiwajima non si muove?
Sinceramente, non lo sa nemmeno lui, esattamente come non sa perchè all'improvviso il suo unico desiderio è andarsene, girarsi e scappare via, lontano da quel diavolo dal volto glabro, lontano da chiunque, da se stesso, nascosto in un frammento di spazio e di tempo dove nessuno può raggiungerlo. 

Cos'è questo nodo nella gola? Cos'è questo odioso calore nel petto? E' forse una malattia?

Sbatte le palpebre perplesso, carezzando il mento liscio con il pollice mentre l'indice sistema gli occhiali da sole posti sul naso dritto cercando di cancellare quelle nauseanti immagini impresse nella mente, vivide, corrosive e brucianti. Lo ammette, ok, lo ammette: ha pedinato Izaya, e allora? Cosa c'è di male?
Si morde la lingua, ripensando a quanto accaduto neanche un'ora prima.

L'ha incontrato casualmente nella stazione metropolitana e ha ben pensato di attaccarlo nel momento più opportuno. Però qualcosa ... è andato storto.
Lo segue in silenzio, distante, confondendosi fra la folla di passanti e passeggeri pronti ad invadere le cabine del treno stretto, stipandosi ed addossandosi senza lasciarsi neppure una bolla per respirare. Lo aveva visto insinuarsi fra le porte aperte del veicolo, domandandosi intimamente dove fosse stato e dove fosse diretto ora, senza distogliere le perle nocciola dalla sua corporatura esile, forse eccessivamente magra per quel metro e settantacinque d'altezza, soffermandosi sulle gambe snelle avvolte da pantaloni aderenti di tessuto nero. 

"Ma ... ma che diavolo sto fissando?"

Si riscuote dallo stato catatonico in cui è precipitato, lo sguardo fisso nel vuoto, il treno in procinto di partire. Ed allora si lancia in una corsa a perdifiato , infilandosi all'ultimo istante fra i sedili zeppi di persone, cercando disperatamente il volto dell'Orihara e quella sua spocchiosa espressione da meschino.

"Maledetto Izaya ... dove sei!"

Si fa largo fra la folla scostandola rudemente, procedendo spedito di vagone in vagone, le iridi caramello oscillanti da un lato all'altro nell'angosciosa ricerca di quell'odiosa pulce sparita alla vista.
E finalmente eccola, seduta in un angolo, il capo chinato di lato, le palpebre serrate, le labbra schiuse appena.
Inizialmente il biondo non riesce a crederci: gli si avvicina cautamente, osando serrarsi a nemmeno mezzo metro di distanza, osservandolo con tanto interesse da consumarlo con gli occhi vitrei per il freddo, allo stesso modo in cui un  amante malinconico divora la fotografia sbiadita della persona cullata nel cuore.
Ne delinea i lineamenti morbidi, le scapole dolcemente sporgenti lasciate scoperte dal collo a V della maglia, le dita affusolate intrecciate ed adagiate sul ventre; respira piano, placido, profondamente assopito, sul viso dipinta un'espressione stranamente serena, abbellita da quei ciuffi ribelli baciati dall'ossidiana.
Se Shizuo avesse dovuto paragonare quell'esatto istante ad un'onomatopea, si sarebbe certamente riferito al suono di un edificio che crolla, scricchiolante, o ad uno specchio ridotto in frantumi proprio come la sua anima in quel momento.
Non ne conosce il motivo, non ne sa le ragioni: è conscio solamente di aver sentito qualcosa incrinarsi dentro di sè, qualcosa d'acuto e grave, talmente doloroso da essere paragonabile ad un pugno dritto nello stomaco.
Deglutisce una manciata di saliva, cercando di ingoiare il fastidioso nodo aggrappato alle pareti della gola arsa, indeciso su come comportarsi: svegliarlo tirandogli un colpo sul naso? O attendere che si svegli per picchiarlo come si deve? E' un attimo, una frazione di secondo, una brusca frenata e si ritrova seduto nel posto vuoto accanto al suo, così vicino da poterlo sfiorare se solo allungasse la mano, già protesa a mezz'aria verso il corpo addormentato, indifeso, minuto.

"Cosa sto facendo?"

Sgrana gli occhi, ritraendo l'arto immediatamente, il cuore palpitante nel petto come un cavallo indomito, talmente feroce da dolore. Un rivolo di sudore gelido scende lungo la fronte, le sopracciglia chiare si aggrottano nell'espressione di chi non ha idea di come comportarsi ed ha la mente divorata da un terribile caos.

"Perchè mi fai sempre incazzare così tanto, Izaya? Anche quando dormi riesci a farmi imbestialire!"

E' tentato di afferrare quel collo pallido e stringerlo, stringerlo forte fino a renderlo paonazzo godendosi la paura di quegli occhi cristallini che mai ne hanno mostrata, pregustando il sapore della vittoria, delle suppliche che uscirebbero da quella bocca deliziosa fin'ora capace solo di tormentarlo con le sue sfacciate ed ipocrite meschinità. Allora per quale motivo non riesce a muoversi? Perchè si sente paralizzato, incapace di qualsiasi movimento?
Uno strano calore gli sfiora la spalla, sulla quale si è appoggiato il capo dell'informatore ancora immerso nella morsa dei sogni. Per poco l'Heiwajima non balza in piedi urlando dallo spavento, trattenendosi a stento dallo sbraitare ogni improperio possibile nel trovarsi addosso quella fastidiosa pulce dalle sembianze umane.
E deve ammettere che, queste sembianze, non sono affatto ... spiacevoli.
Cosa potrebbe dire a se stesso ,ora? Ora che il suo peggior nemico è adagiato a lui senza alcun riguardo? 
Come può ancora mentire alla propria anima biascicando ancora che quel ragazzo è la fonte del suo odio? Come può ripeterlo ancora se il suo cuore batte all'impazzata e le mani gli sudano dall'emozione?

"Ti odio ... Izaya..."

Lo sibila fra i denti stretti, digrignati, accorgendosi intimamente di averlo sputato con decisamente poca convinzione, quasi più per ricordarselo che per insultarlo per davvero. Ma non ha importanza, perchè Izaya è lì, aderente a lui e probabilmente non lo verrà mai a sapere.
Quando si sveglierà, infatti, tutto ciò che gli rimarrà sarà solamente una strana sensazione di intorpidimento, il capo pesante ed uno strano seppur famigliare profumo addosso.


Shizuo si morde nuovamente il labbro inferiore, distogliendosi da quei pensieri fastidiosi rimbombanti come un tuono nella mente. Osserva corrucciato le superficie increspata delle pozzanghere sulla strada scura, pizzicate dal vento gelido e famelico che avviluppa ogni cosa nella sua morsa gravida d'aghi algidi.
Alza le perle castane: l'Orihara è ancora lì, di fronte a lui, sembra aspettarlo.
Lo vede ghignare ridacchiando, pare dirgli qualcosa ma le sue parole gli giungono lontane e si infrangono nell'ululato dell'aria affamata che le divora portandole via con sè.
Ma non gli importa, la sola vista del suo viso è abbastanza per farlo trasalire di rabbia ed allora gli scaraventa addosso un distributore di bibite senza nemmeno rendersene conto: quando si tratta di quel demone moro il suo controllo scivola via, dissolvendosi come gocce di pioggia a contatto con il terreno, le medesime che cadono ora dal cielo cupo e tetro delle nove di sera in una giornata di fine autunno.
Non si accorge subito del ticchettio via via più forte di quel pianto delle nubi dense, nè si capacita immediatamente di quello che è successo: sa solo che è stato un attimo, un istante, ed ora Izaya è a terra e non si muove.

"L'ho colpito? Ci sono riuscito?"

Una risata gutturale ed aspra gli risale la gola, scuotendogli il petto violentemente, invadendolo d'una sensazione d'onnipotenza mai provata in precedenza: ha vinto! Per una volta ce l'ha fatta! Ha schiacciato quella maledettessima pulce! Poco importa se ora si rialzerà e lo prenderà di nuovo per i fondelli, zampettando di via in via canzonandolo: lo ha preso in pieno sfruttando un momento di distrazione provocato dall'inciampare incauto in una crepa sibillina del marciapiede.

"Dovevi stare più attento, Izaya kun! Ah! Non ridi più, ora?"

Ma il giovane rimane inerme, fermo, riverso su quell'asfalto dissestato e grigio, umido, le vesti zuppe di pioggia, il corpo gelido scolpito dalle gocce insistenti e fredde.
Shizuo impallidisce, cercando all'istante di darsi un contegno perchè no, ne è certo, quel bastardo sta sicuramente giocando una carte delle sue , non deve lasciarsi ingannare. 
Gli si avvicina ugualmente, titubante, raggiungendo in pochi secondi la sua esile figura accasciata al suolo, gli occhi chiusi, le mani protese in avanti, il pelo della felpa interamente bagnato.
Gli tira un calcetto con il piede destro, cercando di smuoverlo, di farlo reagire, ma non un suono esce da quella bocca dalle labbra schiuse nè un movimento affiora in quel fisico gracile.
Un gelo improvviso gli ghermisce il petto, il fiato sembra mancare nei polmoni, un senso di vertigine gli fa vorticare la testa costringendolo a tenerla salda fra i palmi tremanti.
Prova a parlare, umettandosi le labbra con la lingua, ma la voce esce incrinata ed acuta, talmente sgomenta da risultare irriconoscibile perfino a se stesso:

"I... Izaya! Giuro che se è uno scherzo dei tuoi ti ammazzo sul serio! Alzati pulce o tra tre secondi ti prendo a calci!"

Il corvino non si muove.
Gli ricorda un fiore meraviglioso strappato troppo presto dal presto, gettato poi in un angolo per destinarlo a marcire. A dire la verità, lo avrebbe lasciato appassire volentieri, perchè lo odia.  Esatto, lui odia Izaya.
Però , in questo istante, il solo pensiero di averlo finalmente ammazzato con le sue stesse mani lo colma di un panico talmente forte e suadente da fargli mancare la terra sotto ai piedi.

"Ok Izaya lo hai voluto tu! Tre ... due ... uno."

Solleva la gamba pronto a sferrargli un calcio nelle costole, cosa che in passato lo avrebbe corroso con una tripudiante soddisfazione, facendogli scorrere il sangue nelle vene ad una velocità tale da annebbiargli la vista ed indurlo ad inseguirlo ancora e ancora, fino a sopprimerlo e farlo sparire del tutto da Ikebukuro, cancellando per sempre quel tormento quotidiano che con la sua mera esistenza gli ha causato perennemente un guaio dopo l'altro.
Ma l'informatore non reagisce ed il biondo non può fare altro che riporre l'arto ed inginocchiarsi, osservando lo spettro sotto ai suoi occhi; ne scruta il coltello a serramanico scivolato ad un metro di distanza, la superficie liscia e metallica illuminata dal riflesso scintillante del fascio dorato dei lampioni.

"Izaya non abbandonerebbe mai il suo coltello. Questo vuol dire che .."

Non riesce a respirare, non riesce a deglutire, non riesce a chiudere gli occhi sbarrati.
Gli posa una mano sul fianco, cercando di scuoterlo con inaspettata dolcezza, nonostante i modi rudi e il palmo tremulo. 

"E.. ehi Izaya ... Izaya svegliati."

L'acqua continua a cadere sotto quel cielo privo di stelle, riversandosi copiosamente sul suolo lucido, sulle chiome zuppe e gocciolanti, sui tetti dei grattacieli, sui rami scarni degli alberi spogli. Cade sul corpo dell'Orihara sollevato dalle braccia del rivale, precipita sui loro passi lenti e barcollanti, scroscia su un marciapiede che forse non è bagnato solo di pioggia.

* * *

Quando riapre gli occhi non riesce a capacitarsi immediatamente di quanto accaduto, nè di dove si trovi esattamente; sa solo che la testa gli duole terribilmente e che gli sembra di avere una lama conficcata nelle costole talmente dolorosa da rendergli faticoso perfino respirare. Eccetto questo, fortunatamente, si sente bene.
Sbadiglia silenziosamente, mugolando appena nel distendere le braccia nude fuori dall'ammasso di lenzuola avvolte sul suo corpo tiepido, coperto da una maglia un pò troppo grande per lui e, se vogliamo dirla tutta, di gusto discutibile. 
Si stropiccia le palpebre con lentezza, strusciando le dita sulla pelle svogliatamente, soffermandosi a fissare gli anelli argentei sui due indici , ruotandoli appena, assorto, ancora intorpidito dal sonno e dal senso di vertigine che pare non volerlo abbandonare.

Poco importa, sto bene anche così.

Si rifugia nuovamente nel piumino confortevole, tralasciando momentaneamente la sensazione di non riconoscere quella stanza spoglia, di non ricordare di avere quella maglia orrenda, di non sapere per quale assurdo motivo si senta così tremendamente stanco e privo di energie. E soprattutto ... si domanda perchè mai una voce a lui familiare gli riecheggia nelle orecchie.
Forse non è un semplice eco, forse ...

"Ahh! Merda! Scotta!"

"Shizu chan?"

Sobbalza, tirandosi a sedere talmente veloce da offuscare la vista per qualche istante, gli arti spogli ghermiti dall'aria fredda della camera, percorsi da lunghi brividi.
Sbatte le palpebre di quegli occhi scuri come la notte ancora annacquati, assottigliandoli appena per distinguere il mobilio scarno illuminato dalla luce effimera di un malato sole novembrino, pallido come il cielo perlaceo che lo accoglie.
Non riesce a distinguere ancora le figure davanti a sè, per nulla nitide, ma ascolta chiaramente dei passi sempre più vicini al suo corpo scosso da fremiti e fitte di dolore , proprio come ode il tonfo di un peso lasciato cadere su quella che pare essere una sedia.
Una sedia dove è seduto ...

"Shizu chan?"

Il ragazzo dalla chioma bionda risponde con un grugnito stizzito, accompagnato dal rumore della tazza di ceramica che cozza contro la superficie liscia del comodino bianco, come il resto della stanza: le pareti, l'armadio a muro, le tende, il tappeto.

"Sei sveglio."

Cerca di affermarlo con convinzione, con durezza, ma quello che traspare dalla sua voce è solamente un palpabile sospiro di sollievo; le iridi castane scorrono sul rivale steso sul SUO letto, avvolto nelle SUE coperte da ben due giorni , insieme di ore che parevano non scorrere mai, sospese in un ritaglio di tempo dove tutto rimane immobile come quel corpo che non si era mosso d'una virgola da quando l'aveva spogliato con una punta d'imbarazzo, arrossendo nello sfiorare la sua pelle gelata dalla pioggia, asciugandolo successivamente per poi rivestirlo con le prime cose pulite rovistate fra gli scaffali dei vestiti buoni, seppur dimenticati.
Allora l'aveva infilato fra le lenzuola, facendo capolino nella stanza ogni mezz'ora vinto da un'ansia implacabile che lo costringeva a tastargli il polso e accertarsi che respirasse ancora.
Rimaneva quindi lì, seduto sulla sedia traballante a fissarlo in silenzio, la testa fra le mani, le perle nocciola puntate sull'esile figura stravolta da brividi e scossoni che lo facevano sobbalzare di spavento ogni volta, impedendogli di dormire anche un solo secondo.
Gli posava il palmo sulla fronte, controllando la temperatura, maledicendosi copiosamente per prestare tante vane attenzioni alla creatura che più odia al mondo, ingiuriandosi intimamente per non riuscire a negare l'apprensione e la sofferenza suscitate nel mero osservarlo disteso inerme, privo del suo consueto sorrisetto beffardo.
Volete sapere la verità? Diverse volte in quei giorni  ha assaggiato la paura di non poter più ascoltare quella voce melliflua che solitamente gli dà i nervi ma che, ora più che mai, ha bisogno di sentire.

"Bevi."

Gli indica la tazza fumante con un cenno del capo, i ciuffi chiari oscillano soffici a quel gesto inconsueto, le guance leggermente imporporate lo sguardo libero dal consueto paio d'occhiali da sole che Izaya spesso e volentieri si diletta a rubargli, indossandoli e canzonandolo per poi rilanciarglieli indietro e fuggire a gambe levate.

"Ahh, Shizu chan mi ha rapito e ora mi vuole avvelenare!"

Gli lancia un'occhiata divertita, inarcando un sopracciglio nell'attesa di una reazione da parte del rivale che, nel tentativo di placare la rabbia crescente, inspira profondamente.
Lo fissa mentre abbassa le lenzuola, mostrando le gambe nude, nivee, lisce, coperte fino un quarto di coscia dalla maglia decisamente larga per il suo fisico magro. Senza rendersene conto deglutisce, gli occhi fissi su quella carne invitante, calda, distesa sul materasso dove ha trascorso notti insonni morso dal pensiero di quelle pulce e delle sue snervanti apparizioni. 
Il moro si solleva ulteriormente, afferrando la tazza ed ingerendo un sorso di the caldo, soffiandovi sopra con leggerezza ma le mani tremano ed inevitabilmente una goccia di quel liquido bollente cola sulle lenzuola candide.

"I... za ... ya! Sparisci immediatamente dalla mia vista! E vedi di farti un bagno, puzzi. Ora devo cambiare tutto. Vattene prima che cambi idea e ti ammazzi con le mie mani."

Solo in quel momento l'Orihara pare accorgersi di non trovarsi nel suo appartamento in quell'altro grattacielo dalle ampie vetrate, solo ora nota la propria giacca appesa accanto al termosifone, del fedele coltello stretto fra le dita affusolate del nemico dal papillon perfettamente avvolto al collo roseo. 
Si tasta i fianchi colto di sorpresa, ricercando la sua arma, accompagnato dalla risata sadica dell'Heiwajima , tronfio di orgoglio e voglia di rivalsa:

"Cosa sei senza il tuo coltello, Izaya? Cosa pensavi di fare eh ... Izaya??"

"Perchè sono qui? Deduco sia il tuo appartamento. Perchè non mi hai ammazzato, qualsiasi cosa sia successa?"

Un attimo di silenzio, la tensione sospesa come il loro fiato, come la curiosità di conoscere cosa si cela dietro quei comportamenti insoliti per entrambi.

"Non ricordi nulla?"

Il corvino scuota la testa in segno di diniego, sorseggiando un altro pò di thè per poi riporre definitivamente la tazza sul mobile adiacente. Si scopre del tutto, le gambe penzoloni dal materasso, i piedi nudi a contatto con il legno del pavimento di parquet. Balza sulle proprie gambe, alzando le mani in segno di resa, oscillando in quella buffa maniera che assume anche quando cammina attirando l'attenzione dei passanti e dei ragazzini.

"Beh ... allora ci vediamo Shizu chan! Grazie del thè!"

"O.. oi! Dove pensi di andare tu! Ti spezzo le ossa dannato Izaya!"

Il fuoco già arde nei suoi occhi, le nocche già sbiancano in quel pugno che sta per essere tirato quando si ritrova nuovamente il giovane fra le braccia, accasciato mollemente, privo di forze; per un attimo si spaventa, quel corpo nuovamente freddo in balia delle sue cure , le sue dita strette al tessuto della camicia bianca, le gambe cedevoli incapaci di sostenerlo. Cosa dovrebbe fare? Rompergli il collo o riporlo nel letto?

"Idiota, dove volevi sparire? Non riesci nemmeno a camminare. Dai fastidi in ogni caso, è un vizio!"

"Suvvia suvvia Shizu chan ... non serve essere sempre così brutali e rozzi ..."

Glielo sussurra malevolo mentre due braccia forti lo sollevano da terra constatando la sua incredibile leggerezza, salvandolo dalla caduta imminente e sistemandolo di nuovo sul materasso disfatto, ancora tiepido nel punto in cui l'avevo lasciato. Izaya osserva i suoi capi appesi lontano, si sente improvvisamente nudo, spogliato più dallo sguardo indagatore del biondo che dalle sue effettive condizioni; vorrebbe coprirsi, indossare la sua giacca nera, eccentrica, e sgusciare via correndo fra le vie della città e ritornando alla vita di tutti i giorni.
Ed invece si trova esattamente lì, nella casa dell'individuo che odia con tutto se stesso, i polsi stretti dalle sue mani e la testa tanto confusa da non concedergli d'allontanarsi neanche d'un passo.

"Dì un pò Shizu chan ... perc..."

"Smettila di chiamarmi in quel modo! Sbaglio o ti avevo detto di non farti rivedere? Ed invece eccoti con quel brutto muso di nuovo! Quanto ti odio ..."

"Se mi odi così tanto perchè sono qui ora?"

"Tsk, mi pare abbastanza chiaro: non sono un codardo come te, voglio ammazzarti nel pieno delle tue forze!"

Il moro inarca un sorriso , stringendosi nelle spalle:

"D'accordo."

"Come?"

"Ho detto: d'accordo."

Shizuo sbatte le palpebre incredulo, fissandolo impudentemente: possibile che stiano avendo una conversazione quasi normale in cui entrambi sono seri e non cercando di mettersi le mani addosso?
Non riesce a crederci, eppure è reale.
E gli duole ammetterlo ma in questa circostanza ... se escludiamo lo sguardo ferino e l'atteggiamento ambiguo .. quell'informatore non è poi tanto terribile. Certo, basti che non inizi a filosofeggiare con i suoi meccanicismi contorti, altrimenti lo lancia dal balcone e nulla lo dissuaderà da tale proposito.
Distrattamente afferra la tazza risposta sul mobile, portandola alle labbra e bevendone il thè rimanente, sovrastato dalla fastidiosa sensazione d'essere trafitto da quelle perle scure del giovane disteso poco lontano da lui.

"Che hai da fissare? Vuoi farmi innervosire?"

"Hai bevuto dalla mia tazza."

"Cosa...?"

Scruta l'oggetto capiente, poi Izaya, poi di nuovo l'oggetto, inclinando la bocca disgustato.

"Innanzitutto non è tua, sei a casa MIA, e mia è anche la tazza. E comunque ... che merda."

"Wow wow, quello era un bacio indiretto! Se vuoi darmene uno basta chiederlo Shizu c..."

"Taci! taci taci taci! Smettila di sparare idiozie!"

"Mollami il polso, allora ... Shi .. zu .. chan..."

Sillaba il suo nome mellifluamente, lisciando le labbra con la punta della lingua, godendosi l'espressione imbarazzata sul suo viso arrossato, la tempia pulsante sintomo di una sfuriata ormai prossima, le iridi marroni sgranate e sorprese, soprattutto quando la mano libera dell'Orihara lo afferra per il papillon nero, tirandolo verso di sè tanto da farlo stendere sopra il suo corpo minuto. 
Lo fissa intensamente, i volti talmente vicini da sfiorarsi concedendo ad entrambi d'inspirare l'aria l'uno dell'altro; mantiene solida la stretta, indifferente alla tazza rovinosamente caduta sul pavimento, alzandosi appena, il necessario per incontrare le soffici labbra del biondo e catturarle in un bacio inizialmente casto, ben presto violato e corrotto dalla lingua insidiosa, madre di quelle frasi che hanno sempre fatto scaturire le loro lotte, ed ora fonte di un gioco inusuale, umido, piacevole, un gioco che mette a repentaglio l'anima d'entrambi rischiando di travolgerli in un vortice da cui è impossibile evadere.
Lo assaggia a lungo, assaporando il retrogusto di thè e sigarette, domandandosi quante ne abbia fumate in quei giorni trascorsi a sorvegliarlo; lo percepisce ansimare, incapace di controllarsi, facendosi maggiormente presente sopra di lui, quasi come a possederlo con la sua sola figura slanciata, impedendogli di scappare perchè no, questa volta non glielo avrebbe concesso.
Si separano un istante, accolto dall'ex castano con un mugolio di dissenso, concedendo loro di riprendere fiato mentre i dubbi si affollano nella mente come spettri famelici sorti dall'oblio.

Cosa sto combinando? Io odio Izaya. Allora perchè stiamo facendo tutto questo, perchè non riesco a smettere?

In effetti baciarlo, oltre che piacevole, è stato veramente strano. Strano perchè è un uomo come lui, poichè per anni si è sentito una semplice marionetta governata dai suoi fili in una recita perversa il cui solo fine era un egoistico divertimento, pena il destino altrui.
Possibile che si stia scordando come fare ad odiarlo?
Preso dalla foga, ed incapace di attendere oltre, gli solleva la maglia troppo grande avventandosi sulla pelle liscia, abbruttita da un ematoma bluastro lungo le costole colpite dal distributore lanciatogli addosso: per un istante ciò che Shizuo prova nel petto, quella strana morsa formicolante, pare essere senso di colpa.
Lo morde affamato, succhiandolo avidamente, percorrendo il ventre bollente con scie di baci terribilmente caldi, risalendo su fino alle clavicole invitanti, al collo, pervadendolo ben presto di inconfondibili segni rossicci ed umidi, accompagnati da sospiri bisognosi e lascivi.
Con rudezza lo strattona verso di sè, facendo aderire i bacini fino a sfiorarsi reciprocamente, fingendo di ignorare il palese apprezzamento di ognuno verso le cure di quegli istanti.
Ad ogni movimento, ad ogni mugolio del giovane corvino, il più grande pare ringhiare di soddisfazione, consumandolo con maggior forza e violenza, maltrattando quel corpo che in fondo desidera davvero, forse come mezzo per poter anche solo sfiorare parte della sua anima.

"P.. piano Shizu chan ..."

"Stai zitto."

"A quanto pare non perdi la testa solo quando cerchi di picchiarmi vero Sh... Ah!"

Un altro morso, questa volta sull'inguine, prima di sentirsi avvolgere dalle lappate volutamente feroci del compagno, che con foga lo trascina in quel fuoco di passione che lo corrode dentro, fino le viscere, carpendo ogni brandello di spirito e di sanità mentale. Le dita affusolate del moro s'insinuano fra le ciocche dell'altro, cogliendone l'inaspettata morbidezza piacevole al tatto, beandosene a tal punto da inarcare la schiena senza contegno abbandonandosi ai vezzi e ai capricci di uno Shizuo non più in grado d'intendere e di volere.
Magari di volere si, ma di ragionare ... non di certo.
Quasi a fargli un dispetto si separa da lui, sfilandogli i boxer neri ormai inutili e lanciandoli lontano, in un angolo remoto della stanza madida del loro sudore, cullata dalle ultime note di quel thè sparso sul parquet.
Solo in quell'istante Izaya si accorge di essere interamente nudo, mentre il rivale è ancora completamente vestito di tutto punto.

"Male male Shizu chan. queste cose non si fanno."

Inizia a sbottonare il gilet, divertito, pronto a dedicarsi anche a quella noiosa camicia, quando la mano dell'altro sul proprio piacere lo induce ad abbandonare ogni determinazione, avvinghiandosi alle sue spalle ed infischiandosene di ogni tentativo di ricambiare quelle attenzioni, poichè l'Heiwajima non intende concederci alcuna possibilità di scelta, eccetto farsi divorare di baci e morsi, sciogliendosi fra le sue mani. In effetti, non ci vuole molto tempo prima che accada, inducendolo a liberarsi con un urlo mozzato nella gola imbrattando le vesti dell'altro, pronto a subire un pugno dritto sulla faccia per il danno commesso.
Pugno che non arriverà mai.
Shizuo gli si avventa addosso, slacciando la fibbia della cintura e sbottonando i pantaloni, calandoli con malcelata urgenza fino a liberarsene del tutto, eliminandoli con un mesto fruscio che precede un suono ben diverso, quello di due corpi che cozzano l'uno contro l'altro come in una lotta, uno scontro senza vincitori nè vinti.
Lo possiede senza nemmeno prepararlo, invadendolo con foga, vinto dal bisogno di farlo suo in quell'istante e di non potere nè volere aspettare oltre. Lo viola rudemente, come la sua stessa essenza, catturando le sue labbra ansimanti dal dolore in un bacio appassionato, uno di quelli che ti lasciano senza fiato solo a vederli.

"Tu sei solo mio Izaya ... ficcatelo in quella testa ... "

"E' per questo che mi dai la caccia, Shizu chan?"

"Nessun altro può cercare di ammazzarti ... ficcati in testa anche questo ..."

"Ah , ah capisco ... mi farò colpire più spesso , allora."


Non sanno per quanto tempo si sono consumati fra quelle lenzuola umide, pelle contro pelle, uniti carnalmente fino a toccare l'apice della lussuria e del piacere più volte, come chi ha cercato da sempre quelle sensazioni ed ora che le ha trovate non intende abbandonarle mai più. Sanno solo che rimanere in silenzio, abbracciati e madidi di sudore, non è forse poi così male. Anzi, magari qualche volta ...

"Izaya ... vatti a fare una doccia, puzzi."

"No no Shizu chan, sei tu che ti devi lavare."

"Ma che problemi hai, Izaya?"

L'informatore ridacchia, cingendogli la vita con un braccio, sprofondando la fronte nell'incavo della sua spalla per addormentarsi finalmente empio, colmando quel vuoto di chi vive da solo alla costante ricerca di qualcuno che spossa scaldare l'inverno nel proprio petto.
Effettivamente, il suo problema era proprio quello, ma Shizuo lo avrebbe scoperto solo in seguito: talvolta gli esseri umani sono creature talmente fragili da rincorrere chiunque appaia loro come ancora di salvezza, come linfa vitale, fiammella tremula nella notte che li estirpa dall'oscurità degli incubi. 
A volte, un amore può essere talmente grande da vestirsi con maschere d'odio per renderci meno deboli, per colmare le nostre paura latenti ed infonderci coraggio, inducendoci ad affrontare contro ciò che ci spaventa e guardarlo negli occhi, domandandoci se realmente ha senso continuare a sfuggirgli.
Forse non lo ammetteranno mai, forse continueranno a rincorrersi giurandosi a vicenda le peggiori vendette, eppure è sicuro che, quando accadrà, Shizuo Heiwajima starà un pò più attento a non colpire Izaya Orihara, che a sua volta si premurerà di farsi acciuffare per poter intrecciare di nuovo quelle dita che ora si stringono delicatamente, mentre la pioggia ha iniziato a cadere dal cielo perlaceo della città di Ikebukuro.



Note dell'autrice:
Innanzitutto GRAZIE a chiunque è arrivato fin qui e grazie a chiunque mi farà sapere la sua opinione, ne sarò felice :) Purtroppo, per quanto mi piacciano le lemon, non sono molto pratica a scriverne perchè temo sempre di cadere nella volgarità, speriamo sia uscito qualcosa di leggibile XD Mi è venuta l'ispirazione questa mattina quando sono uscita alle 6 di mattina per andare in stazione e faceva un freddo assurdo e ho pensato che sarebbe stata una bella ambientazione. Poi , mentre il treno cullava le mie ansie pre-esame mi sono domandata: e se a volte l'amore fosse così forte da tramutarsi in odio? E' possibile? Ecco qui la rispostaXD 
Grazie di nuovo a tutti, un saluto 
Valentina :)

PS: Qualcuno regali una saponetta a Shizuo, è fissato diamine, povero Izaya XD

 
   
 
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