Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: ENS 2    23/10/2014    1 recensioni
E' giorno di licenza per la Polizia Mlitare. Cioè ancora più del solito. Hitch secca Annie al punto da convincerla ad andare a far compere con lei. Accadono robeh.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Annie Leonhardt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In Licenza con Delirio


Venne svegliata da un tonfo pesante e da gemiti acuti e squillanti. Annie si scoprì istintivamente delle coperte e balzò fuori dal letto portando la destra alla lama dell’attrezzatura per la manovra tridimensionale che teneva accanto al letto.
I gemiti divennero risatine: “Dovresti guardarti, sei tutta tirata!” le disse Hitch, la sua compagna di stanza. Si stava rialzando con l’espressione irritante che spesso le rivolgeva.
Annie non capiva: “Cos’è successo?”
“Sono inciampata nella coperta, tonta” ed indicò le coperte del suo letto, sparse per mezza stanza.
“E c’era bisogno di mettersi a ridere così forte?” chiese Annie seccata.
L’altra sembrò ancora più divertita “Ho fatto un bel tonfo, ho sbattuto entrambe le ginocchia!” disse come se stesse annunciando chissà che sorpresa.
Annie era perplessa. E seccata. E la seccatura stava rapidamente crescendo in rabbia mentre la sonnolenza le passava via.
“Però non mi sono fatta male.” Sembrava importante, a giudicare da come Hitch lo diceva “Ho tonfato, ma non è successo nulla.”
Annie si rese conto di essere stata svegliata di mattina presto, a giudicare dalla luce che filtrava dalla finestra chiusa. Nella giornata di licenza.
“Capisci? Entrambe le ginocchia.” alzò le braccia “e niente. Sto bene.”
Hitch ed Annie si fissarono in silenzio negli occhi.
“Ridi. Devi ridere: è divertente.”
“Mi prendi per il culo?”
“Sì.”
Il primo impulso di Annie fu di mirare al bel collo della sua compagna di stanza, aveva una bella lama in mano. Ma purtroppo questo avrebbe portato anche ad una serie di affari sgradevoli. Disse: “Vaffanculo” quasi stancamente, poggiò l’arma sul comodino e stava per rimettersi sotto le coperte, quando Hitch le chiese: “Adesso che ti ho svegliata, perché non vieni con me?”
Annie represse un moto di rabbia: come faceva quella ragazza ad essere così irritante? Fin da quando erano diventate compagne di stanza trovava sempre un modo per tormentarla!
“A fare cosa?”
“Compere.”
Annie si girò verso il muro, sperando che Hitch se ne andasse.
“Eddai, tanto sei sveglia: non ti riaddormenti, lo so come dormi.”
Merda, la stronza l’aveva anche studiata per colpirla più efficacemente. Però rimase in silenzio.
Hitch prese a darle colpetti con l’indice sulla spalla. “Sarà divertente, dai. Passi tutti i giorni di servizio a pattugliare o pulire l’equipaggiamento, non fai mai qualcosa di divertente.”
Annie continuò a fingere di dormire, girata dall’altro lato, ma rispose: “Che strano.”
“Che rottura che sei” disse la ragazza seccata. “Parli sempre di lavoro.”
“Non ti ho mai vista fare un’esercitazione.”
“Perché” chiese Hitch sorpresa “hai mai visto qualcuno farla? Od allenarsi? Marlo non vale, eh.”
Annie rimase in silenzio.
Hitch ghignò malevola: “Appunto. Allora, vieni? Tu credi che questo sia un lavoro vero e fatichi ogni giorno, vuoi passare una giornata di licenza a non fare nulla?”
L’altra si girò per guardarla in faccia: era arrabbiata: “E se ti prendessi a cuscinate?” Serrò le labbra.
 
La via commerciale del loro distretto non era molto affollata, quella mattina. Annie non poteva parlare per gli altri, ma la mattina presto nella loro zona di Mura pochi pensavano a fare compere.
“Perfetto, abbiamo i negozi tutti per noi!” esultò Hitch. Si era vestita per bene, portava un abito viola decorato con… quelle rose rosse avevano la forma della rosa della Polizia Militare? Si era persino truccata. Lei invece preferiva andare in giro in uniforme: era molto comoda e la gente la trattava con deferenza. Spesso aveva persino l’impressione che i commercianti le facessero sconti. Non sapeva come reagire a quello.
“Vieni!” Hitch le aveva afferrato il braccio! E la stava trascinando! “Conosco un negozio proprio carino!” L’avrebbe uccisa per quello.
Il negozio proprio carino ad Annie non sembrava niente di ché. Tranne per l’insegna dipinta che diceva poeticamente “Alla Rosa Scarlatta” nel resto sembrava parecchio sciatto. In esposizione aveva un paio di manichini che indossavano vestiti di dubbio gusto. Uno sembrava anche vecchio. Ma cosa, stava giudicando la moda dei vestiti, oggi? L’influenza di Hitch le faceva male.
Quella la trascinò dentro, dove l’impressione non migliorò. Alla vista della sua torturatrice la proprietaria del negozio cambiò espressione, facendosi seria.
“Tuono”disse.
“Lampo” rispose Hitch.
“Bene, vi stavamo aspettando.” La proprietaria andò nel retrobottega, facendo cenno alle due ragazze di seguirla. Ma il retro non sembrava avere nulla di speciale.
Ad Annie dava fastidio il poco spazio lì dietro e disse ad Hitch: “Ma che cavolo stai facendo? Andiamocene.”
Lei le mise un dito sulla bocca. Se la toccava un’altra volta le avrebbe tagliato le mani. Anzi, no, i capelli.
La bottegaia tirò una leva nascosta  dietro una scatola, ed il pavimento su cui stavano si mosse, degli ingranaggi iniziarono a girare e partì il rumore della catena di un montacarichi.
“Che cazzo” si chiese Annie sconvolta mentre scendevano. Hitch le sorrise maliziosamente.
Dopo pochi secondi di discesa si fermarono in una cabina. C’era giusto lo spazio per scendere dalla pedana e stare un po’ stretti tra il muro ed il cancelletto di sicurezza attorno all’elevatore.
Hitch ed Annie aprirono il cancelletto e scesero, mentre la bottegaia disse: “Buoni acquisti, signorine, e ricordate di prendere i depliant all’uscita.” Sorrise e tornò di sopra.
“Annie, stai per vedere il paradiso” disse Hitch. Ed aprì la porta. Oltre la cabina c’era un’enorme stanza piena di vestiti, accessori ed in generale roba che ad Hitch doveva piacere molto.
Tra gli scaffali ed i manichini clienti e commessi controllavano la merce, parlavano e giravano per gli spazi infiniti dei sotterranei. Annie sapeva che sotto alla città c’erano grandi gallerie, ma questo era troppo! Hitch neanche l’aspettò che si fiondò a guardare un vestito dall’aspetto estremamente costoso, mentre cercava di toccarlo senza farsi vedere dai commessi.
Annie invece era frastornata. Non sapeva che fare, e comunque dubitava di avere abbastanza soldi per permettersi qualcosa, anche se avesse voluto spendere così tanto in abiti. Tutto lì sembrava parecchio costoso.
“Signorina, non si tocca!” Nel frattempo Hitch si era fatta beccare. Il commesso la redarguì seccato, ma poi la lasciò stare. Quella si inoltrò nel fitto di abiti, facendo cenno ad Annie di seguirla.
Non sapeva se seguirla o no. Magari era ancora in tempo per fuggire. Tanto lì non poteva prendere nulla, e la segretezza della situazione iniziava a turbarla. Bastarono pochi attimi di riflessione ad Annie e si rese contro di aver perso Hitch: dov’era andata? La cercò con lo sguardo, ma non riuscì a trovarla. Ecco una buona scusa per tornare indietro. Eppure la curiosità di vedere meglio quel posto era forte. Troppo. Annie si inoltrò nei vestiti, sperando di tornarne illesa.
 
Dopo quelle che sembravano ore, finalmente emerse in un piccolo spiazzo tra quella massa di vestiti. Tutti quei colori, aiutati dall’illuminazione fioca delle torce sul soffitto, iniziavano quasi a farle male. Prese un attimo di respiro, ringraziando che la pulizia fosse efficiente: non c’era un granello di polvere.
Si guardò attorno, per spezzare la monotonia dell’arrancare senza meta in un mare di moda, e notò un cestone pieno di vestiti ammucchiati. Forse erano le offerte. Ormai che c’era poteva anche vedere se ci fosse qualcosa d’interessante a basso prezzo: aveva bisogno di un paio di guanti, da quando era venuta nelle Mura Sina si era accorta che lì faceva un po’ più freddo, e l’Inverno stava arrivando.
Andò alla cesta e si mise a frugare: il cartellino del prezzo accanto era davvero basso, dunque lì non vendevano solo per ricconi con la mania per la segretezza. Frugando tra un maglione ed un paio di pantaloni, li vide: tenuti assieme da una corda, un paio di guanti neri, pesanti e perfetti per l’inverno. Ne indossò uno: le stava alla perfezione. Ora Annie doveva soltanto trovare la via del ritorno verso il bancone. Si voltò soddisfatta per rimmergersi nel mare di stoffa ma venne tirata all’improvviso dalla mano con il guanto. Si girò: una signora sorpresa quanto lei la guardava. Aveva l’altro guanto indosso.
Calò il silenzio per un attimo.
“L’avrei visto prima io” disse imbarazzata.
Annie la colpì violentemente sul naso con il palmo aperto, mandandola ad accasciarsi trattenuta a mezz’aria dalla corda dei guanti. Le tolse il guanto e quella cadde al suolo in silenzio, svenuta.
Guardò il corpo immobile. “Avresti fatto la stessa cosa” disse. Se ne andò, soddisfatta dalle prestazioni dei suoi nuovi guanti.
 
Hitch era in guerra. Un tizio aveva preso il vestito su cui aveva messo gli occhi.
“Sa, domani è il nostro anniversario, e non so se potrebbe piacerle” disse quello amabilmente ad una commessa. Falso. Era palese che stesse mentendo.
“Mi scusi, ma se non mi dice i gusti della sua ragazza come posso saperlo?” chiese lei sorridente. Sciocca vacca.
“Oh, scusi.” Ridacchiò in modo palesemente disturbato. “Questo è il suo colore preferito.” Era anche il suo colore preferito! Il viola le donava particolarmente.
“Nessuna decorazione?” chiese la commessa.
“No, a lei piace così il viola, tutto viola.” La faceva anche sentire birichina.
Quei due continuavano a parlare inutilmente e a fingere di essere brave persone e membri produttivi della società, ma Hitch capì che doveva sfruttare quel tempo per trovare il modo di avere il vestito prima che l’uomo se ne andasse. Poteva ancora prenderlo finché restava dentro, ma fuori…
“Grazie di tutto, ho scelto questo. Vado a pagarlo. Buona giornata!”
“Anche a lei” e lo salutò. Pazza! Non capiva che con la sua incompetenza stava permettendo a quell’uomo di portarsi via il vestito? Chissà per quali malefatte lo avrebbe usato.
Hitch lo seguì mantenendosi mimetizzata nella massa di manichini, studiando il suo bersaglio. Portava l’oggetto incriminato, il vestito, sotto braccio, mentre fischiettava allegramente camminando. Si stava dirigendo verso l’uscita, ma non ci sarebbe arrivato, parola di modaiola imbizzarrita.
Lei si spostò lievemente verso di lui, senza farsi sentire o notare. L’uomo era completamente ignaro. Infine, proprio mentre potevano vedere l’uscita gli balzò addosso.
“Cosa?!” urlò lui.
“Dammelo, è mio!” disse Hitch mentre tirava il vestito.
L’altro mantenne la presa forte deciso a non mollare.
“Ma chi cazzo sei?”
“Non è importante il mio nome!”
Nonostante la brama per quell’abito Hitch non riusciva a strapparglielo dalle mani. Tirava sempre di più, ma quello non cedeva. Dunque cedette il vestito: con un sonoro strappo si aprì in due pezzi, gettando Hitch contro un paio di manichini.
L’uomo guardò il pezzo di stoffa tra le sue mani, spaventato: “Ma che pazza sei?” chiese a nessuno in particolare, gettò la stoffa a terra e corse verso l’uscita.
Hitch, invece, non aveva la forza di muoversi. Aveva fallito. L’abito tanto agognato, di quell’irresistibile viola era andato, perduto, caduto in azione contro un malvagio strappatore di bei vestiti alla moda. Un vero mostro. Tentò di dire qualcosa, di rialzarsi, ma era troppo dipserata.
 
In questo stato la ritrovò Annie, dopo parecchio tempo che aveva passato a cercare l’uscita, vagando in quel mare di stoffa.
“Per le Mura, la cazzo di uscita” disse con un’espressione stanca. Poi notò la compagna. “Che ti è successo?”
Hitch volse gli occhi umidi verso di lei, con uno sguardo vuoto: “E’ finita. Ho perso ciò che volevo. Ho tradito tutto ciò per cui ho vissuto. Non mi resta che l’agonia.”
“Significa che diventerai un buon militare?”
“Cazzo, no” e si alzò. “Se questa è l’alternativa, preferisco vivere.”
 
Dopo essere uscite, ed aver finto con un commesso di non sapere nulla riguardo a quell’abito viola strappato in due pezzi, le due ragazze notarono di aver passato nei sotterranei l’intera giornata, e che si stava facendo scuro. Decisero di tornare nella loro stanza all’accademia, anche perché erano molto stanche.
Annie si buttò sul suo letto, sgranchendosi e disse: “Oggi ho visto troppo per una giornata sola. Almeno ho trovato dei buoni guanti.”
L’altra ragazza si mise sotto le coperte e si coprì la testa: “Non ho voglia di parlarne.”
Passarono qualche minuto così, per i fatti loro in silenzio. Accadeva molto spesso tra loro due, non avevano mai molto da dirsi. In effetti, si rese conto Annie, oggi era stata la prima volta che avevano passato del tempo assieme senza essere costrette e divertendosi. Beh, circa, pensò guardando come si era ridotta Hitch.
“Sai, oggi non è stato male, per essere stato del tempo passato con te.”
Hitch si scoprì e disse: “Anche tu non sei stata male, non come al solito. Certo, sei ancora incredibilmente pesante.”
Annie la guardò male.
“Ma sei stata meglio del solito.”
“Già, anche tu.”
Silenzio.
“Quindi…” si chiese Hitch “forse dovremmo farlo più spesso?”
“Già, non sei solo la rompicoglioni che ho sempre pensato. Forse dovremmo passare più tempo insieme?”
“Diventare amiche?” chiese esitante Hitch.
“… Cazzo, no” dissero entrambe, e si misero a dormire.
  
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