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Autore: Ashura_exarch    23/10/2014    5 recensioni
Darwin aveva ragione, solo il più forte sopravvive. E, diciamoci la verità, i pokemon sono molto più forti degli umani, è naturale che alla fine li abbiano soverchiati. Non li hanno assoggettati o cose del genere, ma li hanno proprio portati all'estinzione. O quasi. L'ultimo esponente di questa antica razza sa di avere i giorni contati, ma non ha intenzione di finire dimenticato come milioni di altri individui prima di lui.
Genere: Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga
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Chapter 8: Escaping

Quando erano scappati da quella casa gli ultimi raggi di sole faticavano ancora a morire, mentre in quel momento l'astro era definitivamente tramontato, lasciando spazio al buio della notte. Nonostante l'oscurità stesse man mano facendosi più intensa, i quattro continuavano a correre, imperterriti. Lo stavano facendo oramai da diversi minuti, e dall'evasione non si erano mai fermati.
Lloyd era quello più lento, al punto di rimanere diversi metri indietro rispetto agli altri, nonostante le sue quattro zampe e quindi la (teorica) maggiore propulsione. Era probabilmente colpa della stanchezza accumulata durante i giorni di prigionia, anche se forse il senso di colpa per aver abbandonato Gregory lo stava facendo frenare un po'. E sicuramente il fatto di essersi ferito una zampa con una scheggia di vetro mentre usciva dalla cella non aiutava. Ogni tanto si voltava e vedeva delle piccole macchie di sangue sull'erba lucente di rugiada mattutina. Il suo sangue.
Il Deino comunque ce la stava mettendo tutta, avanzando a testa bassa per le collinette brulle. Riusciva a malapena a tenere gli occhi aperti, e il vento gli sferzava la faccia, facendolo lacrimare. Ma le lacrime scendevano anche per la sofferta decisione di poco prima. Erano un misto insomma. Il pokemon era anche confuso. Non riusciva ad articolare nemmeno una semplice parola nella sua testa, la sua concentrazione era totalmente dedita verso un unico impulso: correre. Si può dire che Lloyd era in preda ad un turbine di emozioni. Un turbine vorticoso ed intricato. Un turbine potenzialmente pericoloso, sia per lui che per gli altri.
La distanza tra di lui e i compagni stava man mano aumentando, esattamente come l'oscurità attorno a lui. Chiuse gli occhi con maggior forza e provò ad avanzare più velocemente, senza tuttavia ottenere risultati significativi. Gli prese il fiatone, e cominciò a respirare a grandi boccate. Presto però cominciò ad avvertire un dolore lancinante al fianco, un dolore che cominciò a stremarlo, ed anche la ferita alla zampa si fece sentire.
Ad un certo punto le ultime forze residue sembrarono abbandonarlo definitivamente. Le gambe si rifiutarono di fare altri passi, bloccandosi quasi come se fossero indipendenti da lui. Per un attimo il pokemon restò impietrito sul posto, respirando affannosamente. Rovinò poi di lato con un tonfo sordo, continuando ad ansimare, e ripiegandosi su sé stesso nel vano tentativo di alleviare il dolore. Con un filo di voce provò a chiedere aiuto, ma essendo appunto un filo nessuno lo udì. Poi svenne.

 

***

 

Anche Finley provava le stesse sensazioni di Lloyd. Con le zampe che si ritrovava riusciva a malapena a camminare in maniera stentata, e a correre poi era impedito, per cui alternava una corsa traballante a dei brevi battiti di ali. Non aveva forza né per l'uno né per l'altro, per cui, quando sentì che stava per collassare, si fermò, appoggiandosi ad un albero per riprendere fiato.
- A-aspettate... - chiese, quasi implorando.
Gli altri non erano certo messi poi tanto meglio di lui, per cui alla sua richiesta acconsentirono di buon grado. Quando il Rufflet si fu ristabilito un po', si guardò attorno, tenendosi comunque un'ala al petto poiché respirare gli costava ancora un po' di fatica. Erano giunti sul limitare di una foresta a prima vista molto estesa. Alla sua destra un monte, alto all'incirca cinquecento metri, sulla cui cima si poteva intravedere qualche abbozzo di neve (ed un lago, tanto per cambiare). Alla sua sinistra invece il lago Benan Rahm, le cui acque parevano gelide anche ad occhio.
- State tutti bene? - chiese il Rufflet agli altri. Nellie annuì tra un rantolo e l'altro, mentre Irving, anch'esso piegato in due dalla fatica, si limitò ad emettere un grugnito.
- Dove credete che siamo?
Fu Irving a rispondere, anche se con un po' di ritardo - Forse... questa è la foresta... di Ellok, a giudicare... dalla posizione... ma potrebbe anche... non essere... - .
"Potrebbe." pensò Finley amareggiato.
- Tanto che alternative abbiamo? - disse con un tomo più affermativo che interrogativo - Dobbiamo provare ad orientarci da qui. Come facciamo per tornare a casa?
- Dopo questa foresta - rispose il Sableye - ci dovrebbe essere il passo tra il Surrac e il Sanclagel... e dopo di quello il lago del Barone e la strada che riporta a casa...
- Quindi bisogna entrare in questa foresta? - chiese Nellie.
- Pare proprio di sì.
- Tanto che scelte abbiamo? - disse Irving - Non ce la faremmo mai ad arrampicarci su quel monte, e di sicuro non mi va di fare una nuotata al chiaro di luna. Qui il rischio al massimo è di prendersi un po' di aghi di pino in testa.
"Sì" concordò mentalmente il pokemon Aquilotto "Decisamente non voglio scalare nessun monte, e non sono nemmeno capace di nuotare".
- Allora è deciso, entriamo. Tutti d'accordo? Nellie, tu sì? Bene, Lloyd... Lloyd?
E solo in quel momento si accorsero che all'appello mancava il Deino.
- Lloyd? - domandò intimorito Finley - Lloyd?!? Dove sei?!?

 

Si spinsero a cercare fino a parecchie decine di metri di distanza, ma del Deino nessuna traccia. Sembrava svanito nel nulla.
"Eppure" continuava a ripetersi mentalmente Finey "Eppure ero sicuro che fosse con noi, appena dietro. Ero sicuro. Era appena dietro, ne ero sicuro. Ne ero sicuro. Era appena dietro, ne ero sicuro.". Continuava a pensare e ripensare quelle frasi in un loop continuo, come se quella specie di rito potesse far magicamente riapparire il suo amico.
- Finley... - cominciò a dire Nellie con un tono di voce che al Rufflet non piacque per niente - forse... dovremmo...
- No. - rispose seccamente lui - Deve per forza essere qui vicino, dobbiamo continuare a cercare. Dobbiamo continuare...
In quel momento si sentì poggiare una mano sulla spalla. Sussultò, leggermente spaventato, e si girò verso l'autore del gesto, che incredibilmente era Irving. Ma la sua espressione non lasciava possibilità di fraintendimento. A giudicare dalla forma che avevano assunto i diamanti voleva dire qualcosa. Qualcosa di molto importante.
- Qui non c'è. Non è qui né da nessun'altra parte. L'abbiamo perso.
- Grazie, c'ero arrivato anch'io. Ma se continuiamo...
- No, non possiamo continuare.
- C-che...
- Quello che vuole dire... - intervenne Nellie - è che... sì, insomma... non possiamo fermarci a cercare Lloyd...
- Cos-
- Esatto. Saranno ore che corriamo, ma siamo ancora dannatamente vicini a quella sottospecie di prigione, e non ho intenzione di farmi riprendere solo per trovare quel Deino.
Finley provò ad interrompere il suo sproloquio, fallendo miseramente.
- Non fraintendermi, non ho nulla contro di lui, ma se vogliamo riuscire a tornare a casa la soluzione non è certo quella di restare qui a fare da bersaglio mobile. Per cui diamoci una mossa e andiamocene.
Una lacrima era scappata fuori da uno degli occhi del Rufflet. Non voleva abbandonare il suo migliore amico, ma una parte di lui doveva ammettere che il Sableye aveva ragione. Se fosse restato a cercare Lloyd sicuramente sarebbe stato ricatturato dall'umano (sicuramente poiché quello si era di certo accorto della loro fuga e senza dubbio li stava cacciando, e con tutta probabilità Finley non avrebbe avuto la forza di affrontarlo), e non voleva di certo questo. Ma allo stesso tempo rivoleva indietro Lloyd.
Erano pensieri decisamente troppo complicati per lui. Si accasciò a terra e cominciò a singhiozzare. Come Lloyd un paio di giorni prima, anche Finley aveva raggiunto il punto di rottura, faendo un urlo di dolore liberatorio. Immediatamente Irving gli strinse il becco con una mano per farlo zittire.
- Idiota! - sibilò - Vuoi farci scoprire subito?!?
Nonostante la costrizione, delle grosse lacrime continuavano a scorrere dai suoi occhi. Irving mollò la presa, mormorando un "che schifo" forse riferito al fatto che si era bagnato il pelo con le lacrime. Finley si coprì la faccia con le ali. Non voleva che nessuno lo vedesse in quelle condizioni.
All'improvviso però sentì qualcosa di caldo affiancarglisi e accostarglisi alle piume. Era qualcosa che infondeva molto calore, quasi come un fuoco contenuto. Fuoco. Fuoco...

 

- Finley...
Le parole di Nellie, seppur appena sussurrate, furono sufficienti per richiamare l'attenzione del Rufflet. Quello si asciugò, seppur con molta fatica, le lacrime, e cercò di assumere l'espressione più calma che gli riusciva avere.
La Torchic lo guardò in faccia. Evidentemente non la convinceva molto quell'espressione, visto che l'angolo del becco assunse una piega che indicava perplessità. Essa però svanì quasi subito, poiché la piccola pokemon Pulcino sapeva esattamente cosa dire. Non avrebbe lasciato in quelle condizioni il suo amico, e allo stesso tempo doveva convincerlo sul fatto che abbandonare Lloyd sarebbe stato un male necessario. Lei stessa aberrava quelle conclusioni, ma purtroppo era questa la realtà.
Ma aspettò ancora un poco prima di parlare. Doveva calibrare bene le parole, per evitare di ferire l'amico. E date le sue (e loro) condizioni, ciò poteva accadere molto facilmente. Pensò per alcuni secondi al da farsi, finché decise che cosa dire.
- Magari io non sono la persona giusta per dire queste cose... ma...
Finalmente ebbe catalizzata su di sé tutta la concentrazione del Rufflet.
- ...anche io non riesco a convincermi del fatto che dobbiamo farlo. Però è proprio questo il punto, dobbiamo farlo. Se non andiamo avanti rischiamo di essere di nuovo catturati. E di sicuro non lo vogliamo. Per quanto mi dispiace dirlo, dobbiamo rinunciare alla ricerca di Lloyd.
A sentire l'ultima frase Finley si fece scuro in volto e riprese a piangere, anche se silenziosamente stavolta. A Nellie duoleva il cuore a vederlo così. Era un suo caro amico (oltre che simile) e non sopportava vedere qualcuno soffrire in quel modo. "No" pensò "Non devo permettere che riprenda a piangere".
- Finley, ascoltami. - gli chiese, anche se più che una richiesta era un ordine malcelato. Fortunatamente il pokemon Aquilotto parve capirla, poiché alzò leggermente la testa.
- Adesso dobbiamo pensare solo a ritornare a casa. Torneremo a cercare Lloyd una volta che ci saremo rimessi. Forse anche qualcuno di Algish Inn ci potrà dare una mano. Adesso però dobbiamo tornare a casa. Dobbiamo farlo. Torneremo a cercarlo. Lui e Gregory.
Ancora Finley non sembrava tanto convinto. "Ah, non capisce. Dannazione, non mi resta che una sola cosa...".
- Finley... - lo richiamò. Lui alzò appena la testa per vedere cosa voleva la Torchic, e quasi gli venne un colpo quando lei avvicinò il suo becco al suo. Diede un leggero ma prolungato cozzo, e subito dopo lo appoggiò sopra quello di Finley. Questa strana procedura era quella che usavano i pokemon dotati di becco come dimostrazione di affetto. Era un bacio, insomma.
Finley rimase scioccato, al punto che non seppe cosa dire. Anche perché non poteva aprire il becco, poiché era considerata maleducazione farlo proprio in quel momento. L'unica cosa che poté fare fu arrossire vistosamente. E il freddo della notte acuì di molto il colore purpureo, facendolo diventare quasi violaceo.
Ma nemmeno mentalmente riusciva a trovare le parole. Il suo sogno segreto si era finalmente realizzato, Nellie aveva alla fine ricambiato il suo affetto. Era felice all'inverosimile. Anche se purtroppo tale contentezza era smorzata dalla confusione e dal dolore per la perdita di Lloyd.
Dopo alcuni minuti Nellie si staccò. Finley non aprì ugualmente il becco. Lei lo fissò per alcuni secondi, finché si decise a finirla.
- Fin, mi sei stato di grande aiuto in questo ultimo periodo. - disse. Aveva usato il diminutivo "Fin". E lui permetteva solo agli amici più cari (ovvero solamente Lloyd) di chiamarlo in quel modo. Ma non gli era dispiaciuto affatto che anche lei avesse fatto così.
- E per questo ti ringrazio molto. Adesso è venuto il momento di ricambiare. Torneremo a casa. Insieme. E insieme torneremo per Lloyd. Te lo prometto.
Il Rufflet tentennò per un momento, solo per prendere poi l'iniziativa. Questa volta fu lui a baciare lei. Certo, trovò qualche difficoltà dato che era la prima volta che lo faceva, ma il risultato non fu comunque malaccio. Mentre lei appoggiava il suo becco sul suo, si fissarono negli occhi. E dentro il duo cuore Finley avvertì che aveva ragione.
Una volta che ebbero finito, si rivolsero ad Irving.
- Ah, finalmente, piccioncini. Avete finito? No, lo dico perché, sapete com'è, avremmo un bosco da attraversare.
"E attraversiamolo" pensò risoluto Finley.
Si inoltrarono tutti nelle frasche. O almeno tutti tranne Finley, che indugiò per alcuni istanti. Si voltò verso le oscure colline che avevano appena attraversato. "Te lo prometto" pensò, rivolgendosi mentalmente all'amico disperso "Tornerò".

 

***

 

Dopo circa una decina di minuti di corsa ininterrotta, Neville finalmente arrivò alla sua casa. Aveva il fiatone, e faticava a far funzionare il diaframma. Decisamente l'atletica leggera non faceva per lui, stava indubbiamente diventando troppo vecchio per questo.
La prima cosa che aveva intravisto era stato un sottile filo di fumo che si allungava verso il cielo quando ancora era distante circa un chilometro. Si era subito spaventato, e nonostante stesse provando una fatica immane aveva aumentato il passo. Aveva avuto timore che fosse scoppiato il generatore elettrico, o peggio la bombola del gas, e che fosse esploso tutto. Era arrivato di corsa, solo per scoprire che non c'era nulla di cui preoccuparsi. A parte ovviamente l'enorme buco nella parete sud.
Restò impietrito. "No" pensò "Non è possibile. Non può essere successo davvero. Non può...". E quando si sporse per guardare all'interno della casa, tutte le sue paure si concretizzarono. I mostri erano scappati, tranne uno. La caldaia però era ancora integra, ma questo al momento non gli importava minimamente.
Si guardò immediatamente intorno. Dappertutto c'erano mattoni spezzati, cocci di vetro, polvere di calce, e Dio sa cos'altro materiale di cui era fatto il muro. C'erano perfino alcune macchie di sangue; ciò voleva dire che qualcuno di quelli là si era ferito. La confusione regnava totale.
Neville cercò comunque di ragionare a mente fredda. "Uno non mi basta, devo riprenderli. Ma come? Aspetta, magari quel sangue..." e si diresse subito ad esaminare le vivide tracce di liquido. Esso stava cominciando a raggrumarsi, ma al tatto era ancora un poco tiepido, e questo poteva significare solo che non erano scappati da molto tempo, e che quindi non potevano trovarsi lontano.
Decise quasi subito il da farsi. Entrò in cantina dal comodo buco, si prese sulle spalle l'esemplare di Dewott e lo portò su in casa sua, in attesa di sistemarlo. Lo posizionò in cucina, la stanza più spaziosa che al momento aveva, e per sicurezza lo legò con qualche metro di corda, così che non scappasse casomai si fosse svegliato. Fu bene attento ad immobilizzargli bene le braccia, di modo che non potesse armeggiare con nulla.
Andò quindi in camera sua, aprì il cassetto del comodino e tirò fuori la pistola. Rimosse il caricatore inserito nel meccanismo e solo allora tolse la sicura. Non voleva di certo far del male ai fuggiaschi, il suo obbiettivo era solo recuperarli. Gli sembrava di ricordare di avere dei proiettili tranquillanti da qualche parte, così si mise a frugare nell'armadio. Dopo vari minuti di ricerca finalmente li trovò. Tre lisci e perfetti proiettili tranquillanti, dal retro che presentava delle variegate piume colorate.
"Merda" pensò "Non mi basteranno. L'unica speranza è che il ferito stramazzi, così non avrò bisogno di sprecarne uno.". Pensato questo, scese le scale, aprì la porta di casa e uscì.
Proprio allora udì un verso in lontananza. Era però un verso strano, quasi di dolore. Era proprio quello di cui aveva bisogno. Sforzandosi al massimo di mantenere sempre la stessa direzione si incamminò verso la fonte di quel suono.

 

***

Lloyd rinvenne. Dapprima non vide nulla, solo oscurità, al punto che pensò di essere ancora incosciente. Solo dopo un po' realizzò che era piena notte. Provò ad aguzzare la vista, ma non vi riuscì. Il che era strano, dato che essendo un tipo Buio sarebbe dovuto esser capace di vedere anche di notte. Forse non ci riusciva a causa dello stress e della stanchezza accumulati, e anche del suo stato fisico fortemente debilitato.
Provò faticosamente a rialzarsi. Si sentiva tutto un dolore, in particolare la zampa era per lui l'inferno sceso in terra. Gli bruciava come non mai, un po' come se fosse stato scottato. Tentò di muovere qualche passo in avanti, ma cadde subito dopo. Appoggiare la zampa a terra gli provocava un dolore immenso. Cercò però di sforzarsi a resistere, e stringendo i denti si mise in un equilibrio precario.
"Dove sono gli altri?". Questo fu il suo primo pensiero, formulato all'incirca alcuni minuti dopo dal momento in cui si era svegliato.
Attorno a lui non vedeva nessuno, per cui tentò di captare qualche odore con il naso. Dopo aver saggiato e scandagliato un po' l'aria attorno a sé riuscì a fiutare una debole traccia. L'odore che aveva captato apparteneva principalmente a Finley, dato che con lui aveva più familiarità, ma riusciva a sentire anche altre due parti diverse, appartenenti probabilmente a Irving e Nellie.
Si mise, anche se molto faticosamente, in cammino. Adesso che si era un po' stabilizzato riusciva anche a vedere meglio, e così cominciò a seguire le tracce di odore. Mente camminava (o meglio, zoppicava), si mise a pensare al motivo per cui era stato abbandonato dai compagni. Magari non si erano accorti della sua caduta, oppure avevano fatto come con Gregory. Ma Lloyd si rifiutò categoricamente di dare anche solo credito alla seconda ipotesi. "Li raggiungerò" si ripromise "Li raggiungerò".


***

 

Essendo in piena notte l'ambiente selvatico non doveva essere certo molto accogliente, anzi si rivelò piuttosto tetro ed oscuro. Gli alberi frinivano mossi dalla brezza notturna, il vento sussurrava ancestrali vocaboli incomprensibili all'udito e le foglie degli arbusti scricchiolavano senza un apparente motivo. I tre pokemon avanzavano con circospezione all'interno del bosco, con una sorta di timore reverenziale verso ciò che li circondava, quasi come se avessero paura di qualche nemico teso in agguato ad aspettarli. Finley in particolare si guardava spesso attorno, ansioso. Non sapeva nemmeno lui che cosa precisamente gli metteva paura.
Era ormai diverso tempo che si erano inoltrati nell'oscuro bosco, e da allora non avevano fatto altro che camminare. All'inizio pensavano di poter continuare prendendo come punto di riferimento la cresta del Sanclagel, svettante in lontananza, per orientarsi. Ma tale piano si era rivelato inefficace quasi fin da subito, in quanto le cime degli alberi oscuravano il cielo notturno, e lasciavano filtrare ben poca luce.
Alla fine comunque una cosa risultò abbastanza chiara: si erano persi. Senza nessuna possibilità di verificare se quella che stavano seguendo era effettivamente la giusta direzione, avevano presto smarrito la retta via.
- AAAAAAAAAAAHHHHH!!!
Quell'urlo fece fare letteralmente un balzo di un metro e mezzo a Finley e Nellie. Lui immediatamente si girò per vedere cos'era stata la fonte di quell'urlo, anche se già dalla voce aveva capito che ad Irving doveva essere successo qualcosa.
Lo spettacolo che videro non fu certo rassicurante. Irving era caduto a terra, e si stava fissando la gamba destra con i diamanti sgranati. Era caduto in una specie di trappola di ferro, la quale gli aveva completamente serrato l'arto, dalle cui estremità usciva copioso del sangue. Doveva sicuramente essere un marchingegno umano, solo loro potevano essere capaci di progettare una cosa del genere. E a giudicare dalla ruggine doveva trovarsi lì da un bel po' di tempo.
- Aiutatemi! Cazzo, la gamba! Aiuto! - gemeva il Sableye.
Nellie fece per avvicinarglisi, ma venne bloccata da Finley, che le mise un'ala davanti. Lei gli rivolse uno sguardo interrogativo, ma dalla sua espressione decisa capì immediatamente cosa le voleva dire. Ma tanto per essere sicuro il Rufflet le si rivolse lo stesso.
- Non possiamo fare niente per lui. Forza, andiamo.
Detto questo si girò, e riprese a camminare.
- No! Fermi! Non andate! Porca troia, aiutatemi!
Finley si era fermato un attimo. Solo per riprendere a camminare subito dopo.
- FERMI!!! Cazzo, non andatevene!
Anche Nellie, seppur dubbiosa, gli diede le spalle.

 

***

 

Lloyd giunse all'entrata di una foresta. Aveva seguito l'odore fin lì, e la vista di quegli alberi fitti gli suggeriva che avrebbe dovuto per forza di cose continuare a farlo.
Proprio in quel momento sentì un urlo, e riconobbe la voce di Irving. "Devo sbrigarmi". Senza pensarci due volte vi fece il proprio ingresso.

 

***

 

- Finley?
Erano ormai una decina di minuti che si erano lasciati alle spalle Irving, e da allora Finley era diventato schivo e taciturno. Nellie aveva cominciato seriamente a preoccuparsi per lui. Temeva che lo sfogo di poco tempo prima potesse aver influito in maniera più che negativa sulla sua psiche, e forse aveva ragione.
Il Rufflet si portò un ala alla faccia. "Sta di nuovo piangendo" realizzò la Torchic, dopo che il pokemon Aquilotto fece il gesto di asciugarsi gli occhi. Nonostante fosse dietro di lui Nellie lo capì lo stesso, e fece per avvicinarglisi.
- Fin...
- No!
Quello, spaventato, si voltò e fece un balzo all'indietro... finendo con una zampa dritto in una trappola. Immediatamente venne trascinato verso l'alto a peso morto, come se fosse stato un sacco di patate. La Torchic sentì anche uno schiocco che la turbò non poco.
Il Rufflet ci mise alcuni secondi per realizzare cosa gli era successo, per poi cominciare ad agitarsi come un ossesso. Solo che più si muoveva e più la corda gli si stringeva alla caviglia, ma non sembrava rendersene conto.
- FINLEY!!!
- Scappa Nellie! - le urlò lui - Io mi libero e ti raggiungo! Vai!
La Torchic tentennò.
- VAI!!!
Nellie si mise a correre, spaventata. Le vennero le lacrime agli occhi al pensiero di essere rimasta l'unica del suo gruppo. Corse a più non posso, corse per quanto i polmoni glie lo permettevano. Non guardò nemmeno dove andava, e fu questo ad essergli fatale.
All'improvviso sentì il vuoto sotto di se, e cadde all'interno di una buca. Una buca artificiale. Presa dal panico provò ad uscire. Provò persino a volare. Ma le ali di un Torchic non sono fatte per volare.

 

***

 

Neville, fiducioso della sua memoria, si era diretto verso la direzione da cui proveniva il verso e dai cui ne era arrivato da poco un altro. Per sicurezza ogni tanto osservava anche le macchie di sangue sul manto verde dell'erba per verificare di star prendendo la direzione giusta.
Arrivò anche lui al limitare della foresta, e quasi gli prese un colpo. "No..." pensò turbato "Non può essere successo davvero. Cazzo, di tutti i posti dove potevano andare proprio qui dovevano venire?!?". L'uomo, armato di una pistola tranquillante e di una torcia, si fiondò di corsa all'interno della macchia boschiva. "Presto, li devo trovare prima che... no, non devo pensarci. Spero solo che non ne incontrino nemmeno una.".

 

***

 

- Ragazzi! - urlava Lloyd con il poco fiato che gli era rimasto - Dove siete? Ragazzi! - . Ma nessuno rispondeva. Il silenzio più totale regnava nel bosco. Aveva anche perso l'odore di Finley.
Il Deino procedeva spedito, per quanto la zampa lo impedisse non poco, in mezzo agli alberi, gettando frettolose occhiate ai suoi lati.
- Ragazzi! Ra-
All'improvviso sotto di sé percepì il nulla, e cominciò a cadere. Durante quel secondo in cui rimase sospeso in aria Lloyd fu capace solamente di sgranare gli occhi. L'impatto col terreno fu abbastanza violento, e il pokemon sentì anche un dolore acuto alla zampa sinistra posteriore. Rialzò il capo da terra e provò a girarlo, nonostante gli facesse male il collo.
Rimase scioccato da ciò che vide. Un bastone insanguinato spuntava dalla sua coscia, e dalla sua base stava sgorgando sangue a mo' di cascata. Lloyd spalancò la bocca, incredulo. Fissò quello spettacolo per alcuni secondi, e non fu in grado di fare altro.
"Mi ha... trapassato... la... l-la... la c... la c...".
Ebbe un mancamento. La testa gli cadde di lato, e le palpebre cominciarono a chiuderglisi. Roteò gli occhi verso l'alto, e l'unica cosa che riuscì a vedere fu una sagoma umanoide che lo osservava dal bordo della buca.

  
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