Chapter 8: Escaping
Quando
erano scappati da quella
casa gli ultimi raggi di sole faticavano ancora a morire, mentre in
quel
momento l'astro era definitivamente tramontato, lasciando spazio al
buio della
notte. Nonostante l'oscurità stesse man mano facendosi
più intensa, i quattro
continuavano a correre, imperterriti. Lo stavano facendo oramai da
diversi
minuti, e dall'evasione non si erano mai fermati.
Lloyd era quello più lento, al
punto di rimanere diversi metri indietro rispetto agli altri,
nonostante le sue
quattro zampe e quindi la (teorica) maggiore propulsione. Era
probabilmente
colpa della stanchezza accumulata durante i giorni di prigionia, anche
se forse
il senso di colpa per aver abbandonato Gregory lo stava facendo frenare
un po'.
E sicuramente il fatto di essersi ferito una zampa con una scheggia di
vetro
mentre usciva dalla cella non aiutava. Ogni tanto si voltava e vedeva
delle
piccole macchie di sangue sull'erba lucente di rugiada mattutina. Il
suo
sangue.
Il Deino comunque ce la stava
mettendo tutta, avanzando a testa bassa per le collinette brulle.
Riusciva a
malapena a tenere gli occhi aperti, e il vento gli sferzava la faccia,
facendolo lacrimare. Ma le lacrime scendevano anche per la sofferta
decisione
di poco prima. Erano un misto insomma. Il pokemon era anche confuso.
Non
riusciva ad articolare nemmeno una semplice parola nella sua testa, la
sua
concentrazione era totalmente dedita verso un unico impulso: correre.
Si può
dire che Lloyd era in preda ad un turbine di emozioni. Un turbine
vorticoso ed
intricato. Un turbine potenzialmente pericoloso, sia per lui che per
gli altri.
La distanza tra di lui e i
compagni stava man mano aumentando, esattamente come
l'oscurità attorno a lui.
Chiuse gli occhi con maggior forza e provò ad avanzare
più velocemente, senza tuttavia
ottenere risultati significativi. Gli prese il fiatone, e
cominciò a respirare
a grandi boccate. Presto però cominciò ad
avvertire un dolore lancinante al
fianco, un dolore che cominciò a stremarlo, ed anche la
ferita alla zampa si
fece sentire.
Ad un certo punto le ultime forze
residue sembrarono abbandonarlo definitivamente. Le gambe si
rifiutarono di
fare altri passi, bloccandosi quasi come se fossero indipendenti da
lui. Per un
attimo il pokemon restò impietrito sul posto, respirando
affannosamente. Rovinò
poi di lato con un tonfo sordo, continuando ad ansimare, e ripiegandosi
su sé
stesso nel vano tentativo di alleviare il dolore. Con un filo di voce
provò a
chiedere aiuto, ma essendo appunto un filo nessuno lo udì.
Poi svenne.
***
Anche
Finley provava le stesse
sensazioni di Lloyd. Con le zampe che si ritrovava riusciva a malapena
a
camminare in maniera stentata, e a correre poi era impedito, per cui
alternava
una corsa traballante a dei brevi battiti di ali. Non aveva forza
né per l'uno
né per l'altro, per cui, quando sentì che stava
per collassare, si fermò,
appoggiandosi ad un albero per riprendere fiato.
- A-aspettate... - chiese, quasi
implorando.
Gli altri non erano certo messi
poi tanto meglio di lui, per cui alla sua richiesta acconsentirono di
buon
grado. Quando il Rufflet si fu ristabilito un po', si guardò
attorno, tenendosi
comunque un'ala al petto poiché respirare gli costava ancora
un po' di fatica.
Erano giunti sul limitare di una foresta a prima vista molto estesa.
Alla sua
destra un monte, alto all'incirca cinquecento metri, sulla cui cima si
poteva
intravedere qualche abbozzo di neve (ed un lago, tanto per cambiare).
Alla sua
sinistra invece il lago Benan Rahm, le cui acque parevano gelide anche
ad
occhio.
- State tutti bene? - chiese il
Rufflet agli altri. Nellie annuì tra un rantolo e l'altro,
mentre Irving,
anch'esso piegato in due dalla fatica, si limitò ad emettere
un grugnito.
- Dove credete che siamo?
Fu Irving a rispondere, anche se
con un po' di ritardo - Forse... questa è la foresta... di
Ellok, a
giudicare... dalla posizione... ma potrebbe anche... non essere... - .
"Potrebbe." pensò
Finley amareggiato.
- Tanto che alternative abbiamo?
- disse con un tomo più affermativo che interrogativo -
Dobbiamo provare ad
orientarci da qui. Come facciamo per tornare a casa?
- Dopo questa foresta - rispose
il Sableye - ci dovrebbe essere il passo tra il Surrac e il
Sanclagel... e dopo
di quello il lago del Barone e la strada che riporta a casa...
- Quindi bisogna entrare in
questa foresta? - chiese Nellie.
- Pare proprio di sì.
- Tanto che scelte abbiamo? -
disse Irving - Non ce la faremmo mai ad arrampicarci su quel monte, e
di sicuro
non mi va di fare una nuotata al chiaro di luna. Qui il rischio al
massimo è di
prendersi un po' di aghi di pino in testa.
"Sì" concordò
mentalmente il pokemon Aquilotto "Decisamente non voglio scalare nessun
monte, e non sono nemmeno capace di nuotare".
- Allora è deciso, entriamo.
Tutti d'accordo? Nellie, tu sì? Bene, Lloyd... Lloyd?
E solo in quel momento si
accorsero che all'appello mancava il Deino.
- Lloyd? - domandò intimorito
Finley - Lloyd?!? Dove sei?!?
Si
spinsero a cercare fino a
parecchie decine di metri di distanza, ma del Deino nessuna traccia.
Sembrava
svanito nel nulla.
"Eppure" continuava a
ripetersi mentalmente Finey "Eppure ero sicuro che fosse con noi,
appena
dietro. Ero sicuro. Era appena dietro, ne ero sicuro. Ne ero sicuro.
Era appena
dietro, ne ero sicuro.". Continuava a pensare e ripensare quelle frasi
in
un loop continuo, come se quella specie di rito potesse far magicamente
riapparire il suo amico.
- Finley... - cominciò a dire
Nellie con un tono di voce che al Rufflet non piacque per niente -
forse...
dovremmo...
- No. - rispose seccamente lui -
Deve per forza essere qui vicino, dobbiamo continuare a cercare.
Dobbiamo
continuare...
In quel momento si sentì poggiare
una mano sulla spalla. Sussultò, leggermente spaventato, e
si girò verso
l'autore del gesto, che incredibilmente era Irving. Ma la sua
espressione non
lasciava possibilità di fraintendimento. A giudicare dalla
forma che avevano
assunto i diamanti voleva dire qualcosa. Qualcosa di molto importante.
- Qui non c'è. Non è qui né da
nessun'altra parte. L'abbiamo perso.
- Grazie, c'ero arrivato anch'io.
Ma se continuiamo...
- No, non possiamo continuare.
- C-che...
- Quello che vuole dire... -
intervenne Nellie - è che... sì, insomma... non
possiamo fermarci a cercare
Lloyd...
- Cos-
- Esatto. Saranno ore che
corriamo, ma siamo ancora dannatamente vicini a quella sottospecie di
prigione,
e non ho intenzione di farmi riprendere solo per trovare quel Deino.
Finley provò ad interrompere il
suo sproloquio, fallendo miseramente.
- Non fraintendermi, non ho nulla
contro di lui, ma se vogliamo riuscire a tornare a casa la soluzione
non è
certo quella di restare qui a fare da bersaglio mobile. Per cui diamoci
una
mossa e andiamocene.
Una lacrima era scappata fuori da
uno degli occhi del Rufflet. Non voleva abbandonare il suo migliore
amico, ma
una parte di lui doveva ammettere che il Sableye aveva ragione. Se
fosse
restato a cercare Lloyd sicuramente sarebbe stato ricatturato
dall'umano
(sicuramente poiché quello si era di certo accorto della
loro fuga e senza
dubbio li stava cacciando, e con tutta probabilità Finley
non avrebbe avuto la
forza di affrontarlo), e non voleva di certo questo. Ma allo stesso
tempo
rivoleva indietro Lloyd.
Erano pensieri decisamente troppo
complicati per lui. Si accasciò a terra e
cominciò a singhiozzare. Come Lloyd
un paio di giorni prima, anche Finley aveva raggiunto il punto di
rottura,
faendo un urlo di dolore liberatorio. Immediatamente Irving gli strinse
il
becco con una mano per farlo zittire.
- Idiota! - sibilò - Vuoi farci
scoprire subito?!?
Nonostante la costrizione, delle
grosse lacrime continuavano a scorrere dai suoi occhi. Irving
mollò la presa,
mormorando un "che schifo" forse riferito al fatto che si era bagnato
il pelo con le lacrime. Finley si coprì la faccia con le
ali. Non voleva che
nessuno lo vedesse in quelle condizioni.
All'improvviso però sentì
qualcosa di caldo affiancarglisi e accostarglisi alle piume. Era
qualcosa che
infondeva molto calore, quasi come un fuoco contenuto. Fuoco. Fuoco...
-
Finley...
Le parole di Nellie, seppur
appena sussurrate, furono sufficienti per richiamare l'attenzione del
Rufflet.
Quello si asciugò, seppur con molta fatica, le lacrime, e
cercò di assumere
l'espressione più calma che gli riusciva avere.
La Torchic lo guardò in faccia.
Evidentemente non la convinceva molto quell'espressione, visto che
l'angolo del
becco assunse una piega che indicava perplessità. Essa
però svanì quasi subito,
poiché la piccola pokemon Pulcino sapeva esattamente cosa
dire. Non avrebbe
lasciato in quelle condizioni il suo amico, e allo stesso tempo doveva
convincerlo sul fatto che abbandonare Lloyd sarebbe stato un male
necessario.
Lei stessa aberrava quelle conclusioni, ma purtroppo era questa la
realtà.
Ma aspettò ancora un poco prima
di parlare. Doveva calibrare bene le parole, per evitare di ferire
l'amico. E
date le sue (e loro) condizioni, ciò poteva accadere molto
facilmente. Pensò
per alcuni secondi al da farsi, finché decise che cosa dire.
- Magari io non sono la persona
giusta per dire queste cose... ma...
Finalmente ebbe catalizzata su di
sé tutta la concentrazione del Rufflet.
- ...anche io non riesco a
convincermi del fatto che dobbiamo farlo. Però è
proprio questo il punto,
dobbiamo farlo. Se non andiamo avanti rischiamo di essere di nuovo
catturati. E
di sicuro non lo vogliamo. Per quanto mi dispiace dirlo, dobbiamo
rinunciare
alla ricerca di Lloyd.
A sentire l'ultima frase Finley
si fece scuro in volto e riprese a piangere, anche se silenziosamente
stavolta.
A Nellie duoleva il cuore a vederlo così. Era un suo caro
amico (oltre che
simile) e non sopportava vedere qualcuno soffrire in quel modo. "No"
pensò "Non devo permettere che riprenda a piangere".
- Finley, ascoltami. - gli
chiese, anche se più che una richiesta era un ordine
malcelato. Fortunatamente
il pokemon Aquilotto parve capirla, poiché alzò
leggermente la testa.
- Adesso dobbiamo pensare solo a
ritornare a casa. Torneremo a cercare Lloyd una volta che ci saremo
rimessi.
Forse anche qualcuno di Algish Inn ci potrà dare una mano.
Adesso però dobbiamo
tornare a casa. Dobbiamo farlo. Torneremo a cercarlo. Lui e Gregory.
Ancora Finley non sembrava tanto
convinto. "Ah, non capisce. Dannazione, non mi resta che una sola
cosa...".
Finley rimase scioccato, al punto
che non seppe cosa dire. Anche perché non poteva aprire il
becco, poiché era
considerata maleducazione farlo proprio in quel momento. L'unica cosa
che poté
fare fu arrossire vistosamente. E il freddo della notte acuì
di molto il colore
purpureo, facendolo diventare quasi violaceo.
Ma nemmeno mentalmente riusciva a
trovare le parole. Il suo sogno segreto si era finalmente realizzato,
Nellie
aveva alla fine ricambiato il suo affetto. Era felice all'inverosimile.
Anche
se purtroppo tale contentezza era smorzata dalla confusione e dal
dolore per la
perdita di Lloyd.
Dopo alcuni minuti Nellie si
staccò. Finley non aprì ugualmente il becco. Lei
lo fissò per alcuni secondi,
finché si decise a finirla.
- Fin, mi sei stato di grande
aiuto in questo ultimo periodo. - disse. Aveva usato il diminutivo
"Fin". E lui permetteva solo agli amici più cari (ovvero
solamente
Lloyd) di chiamarlo in quel modo. Ma non gli era dispiaciuto affatto
che anche
lei avesse fatto così.
- E per questo ti ringrazio
molto. Adesso è venuto il momento di ricambiare. Torneremo a
casa. Insieme. E
insieme torneremo per Lloyd. Te lo prometto.
Il Rufflet tentennò per un
momento, solo per prendere poi l'iniziativa. Questa volta fu lui a
baciare lei.
Certo, trovò qualche difficoltà dato che era la
prima volta che lo faceva, ma
il risultato non fu comunque malaccio. Mentre lei appoggiava il suo
becco sul
suo, si fissarono negli occhi. E dentro il duo cuore Finley
avvertì che aveva
ragione.
Una volta che ebbero finito, si
rivolsero ad Irving.
- Ah, finalmente, piccioncini.
Avete finito? No, lo dico perché, sapete com'è,
avremmo un bosco da
attraversare.
"E attraversiamolo"
pensò risoluto Finley.
Si inoltrarono tutti nelle
frasche. O almeno tutti tranne Finley, che indugiò per
alcuni istanti. Si voltò
verso le oscure colline che avevano appena attraversato. "Te lo
prometto" pensò, rivolgendosi mentalmente all'amico disperso
"Tornerò".
***
Dopo
circa una decina di minuti
di corsa ininterrotta, Neville finalmente arrivò alla sua
casa. Aveva il fiatone,
e faticava a far funzionare il diaframma. Decisamente l'atletica
leggera non
faceva per lui, stava indubbiamente diventando troppo vecchio per
questo.
La prima cosa che aveva
intravisto era stato un sottile filo di fumo che si allungava verso il
cielo
quando ancora era distante circa un chilometro. Si era subito
spaventato, e
nonostante stesse provando una fatica immane aveva aumentato il passo.
Aveva
avuto timore che fosse scoppiato il generatore elettrico, o peggio la
bombola
del gas, e che fosse esploso tutto. Era arrivato di corsa, solo per
scoprire
che non c'era nulla di cui preoccuparsi. A parte ovviamente l'enorme
buco nella
parete sud.
Restò impietrito. "No"
pensò "Non è possibile. Non può essere
successo davvero. Non può...".
E quando si sporse per guardare all'interno della casa, tutte le sue
paure si
concretizzarono. I mostri erano scappati, tranne uno. La caldaia
però era
ancora integra, ma questo al momento non gli importava minimamente.
Si guardò immediatamente intorno.
Dappertutto c'erano mattoni spezzati, cocci di vetro, polvere di calce,
e Dio
sa cos'altro materiale di cui era fatto il muro. C'erano perfino alcune
macchie
di sangue; ciò voleva dire che qualcuno di quelli
là si era ferito. La
confusione regnava totale.
Neville cercò comunque di
ragionare a mente fredda. "Uno non mi basta, devo riprenderli. Ma come?
Aspetta, magari quel sangue..." e si diresse subito ad esaminare le
vivide
tracce di liquido. Esso stava cominciando a raggrumarsi, ma al tatto
era ancora
un poco tiepido, e questo poteva significare solo che non erano
scappati da
molto tempo, e che quindi non potevano trovarsi lontano.
Decise quasi subito il da farsi.
Entrò in cantina dal comodo buco, si prese sulle spalle
l'esemplare di Dewott e
lo portò su in casa sua, in attesa di sistemarlo. Lo
posizionò in cucina, la
stanza più spaziosa che al momento aveva, e per sicurezza lo
legò con qualche
metro di corda, così che non scappasse casomai si fosse
svegliato. Fu bene
attento ad immobilizzargli bene le braccia, di modo che non potesse
armeggiare
con nulla.
Andò quindi in camera sua, aprì
il cassetto del comodino e tirò fuori la pistola. Rimosse il
caricatore
inserito nel meccanismo e solo allora tolse la sicura. Non voleva di
certo far
del male ai fuggiaschi, il suo obbiettivo era solo recuperarli. Gli
sembrava di
ricordare di avere dei proiettili tranquillanti da qualche parte,
così si mise
a frugare nell'armadio. Dopo vari minuti di ricerca finalmente li
trovò. Tre
lisci e perfetti proiettili tranquillanti, dal retro che presentava
delle
variegate piume colorate.
"Merda" pensò "Non
mi basteranno. L'unica speranza è che il ferito stramazzi,
così non avrò
bisogno di sprecarne uno.". Pensato questo, scese le scale,
aprì la porta
di casa e uscì.
Proprio allora udì un verso in
lontananza. Era però un verso strano, quasi di dolore. Era
proprio quello di
cui aveva bisogno. Sforzandosi al massimo di mantenere sempre la stessa
direzione si incamminò verso la fonte di quel suono.
***
Lloyd
rinvenne. Dapprima non vide
nulla, solo oscurità, al punto che pensò di
essere ancora incosciente. Solo
dopo un po' realizzò che era piena notte. Provò
ad aguzzare la vista, ma non vi
riuscì. Il che era strano, dato che essendo un tipo Buio
sarebbe dovuto esser
capace di vedere anche di notte. Forse non ci riusciva a causa dello
stress e
della stanchezza accumulati, e anche del suo stato fisico fortemente
debilitato.
Provò faticosamente a rialzarsi.
Si sentiva tutto un dolore, in particolare la zampa era per lui
l'inferno sceso
in terra. Gli bruciava come non mai, un po' come se fosse stato
scottato. Tentò
di muovere qualche passo in avanti, ma cadde subito dopo. Appoggiare la
zampa a
terra gli provocava un dolore immenso. Cercò però
di sforzarsi a resistere, e
stringendo i denti si mise in un equilibrio precario.
"Dove sono gli altri?".
Questo fu il suo primo pensiero, formulato all'incirca alcuni minuti
dopo dal
momento in cui si era svegliato.
Attorno a lui non vedeva nessuno,
per cui tentò di captare qualche odore con il naso. Dopo
aver saggiato e scandagliato
un po' l'aria attorno a sé riuscì a fiutare una
debole traccia. L'odore che
aveva captato apparteneva principalmente a Finley, dato che con lui
aveva più
familiarità, ma riusciva a sentire anche altre due parti
diverse, appartenenti
probabilmente a Irving e Nellie.
Si mise, anche se molto
faticosamente, in cammino. Adesso che si era un po' stabilizzato
riusciva anche
a vedere meglio, e così cominciò a seguire le
tracce di odore. Mente camminava
(o meglio, zoppicava), si mise a pensare al motivo per cui era stato
abbandonato dai compagni. Magari non si erano accorti della sua caduta,
oppure
avevano fatto come con Gregory. Ma Lloyd si rifiutò
categoricamente di dare
anche solo credito alla seconda ipotesi. "Li raggiungerò" si
ripromise "Li raggiungerò".
***
Essendo
in piena notte l'ambiente
selvatico non doveva essere certo molto accogliente, anzi si
rivelò piuttosto
tetro ed oscuro. Gli alberi frinivano mossi dalla brezza notturna, il
vento
sussurrava ancestrali vocaboli incomprensibili all'udito e le foglie
degli
arbusti scricchiolavano senza un apparente motivo. I tre pokemon
avanzavano con
circospezione all'interno del bosco, con una sorta di timore
reverenziale verso
ciò che li circondava, quasi come se avessero paura di
qualche nemico teso in agguato
ad aspettarli. Finley in particolare si guardava spesso attorno,
ansioso. Non
sapeva nemmeno lui che cosa precisamente gli metteva paura.
Era ormai diverso tempo che si
erano inoltrati nell'oscuro bosco, e da allora non avevano fatto altro
che camminare.
All'inizio pensavano di poter continuare prendendo come punto di
riferimento la
cresta del Sanclagel, svettante in lontananza, per orientarsi. Ma tale
piano si
era rivelato inefficace quasi fin da subito, in quanto le cime degli
alberi
oscuravano il cielo notturno, e lasciavano filtrare ben poca luce.
Alla fine comunque una cosa
risultò abbastanza chiara: si erano persi. Senza nessuna
possibilità di
verificare se quella che stavano seguendo era effettivamente la giusta
direzione, avevano presto smarrito la retta via.
- AAAAAAAAAAAHHHHH!!!
Quell'urlo fece fare
letteralmente un balzo di un metro e mezzo a Finley e Nellie. Lui
immediatamente si girò per vedere cos'era stata la fonte di
quell'urlo, anche
se già dalla voce aveva capito che ad Irving doveva essere
successo qualcosa.
Lo spettacolo che videro non fu
certo rassicurante. Irving era caduto a terra, e si stava fissando la
gamba
destra con i diamanti sgranati. Era caduto in una specie di trappola di
ferro,
la quale gli aveva completamente serrato l'arto, dalle cui
estremità usciva
copioso del sangue. Doveva sicuramente essere un marchingegno umano,
solo loro
potevano essere capaci di progettare una cosa del genere. E a giudicare
dalla
ruggine doveva trovarsi lì da un bel po' di tempo.
- Aiutatemi! Cazzo, la gamba!
Aiuto! - gemeva il Sableye.
Nellie fece per avvicinarglisi,
ma venne bloccata da Finley, che le mise un'ala davanti. Lei gli
rivolse uno
sguardo interrogativo, ma dalla sua espressione decisa capì
immediatamente cosa
le voleva dire. Ma tanto per essere sicuro il Rufflet le si rivolse lo
stesso.
- Non possiamo fare niente per
lui. Forza, andiamo.
Detto questo si girò, e riprese a
camminare.
- No! Fermi! Non andate! Porca
troia, aiutatemi!
Finley si era fermato un attimo.
Solo per riprendere a camminare subito dopo.
- FERMI!!! Cazzo, non andatevene!
Anche Nellie, seppur dubbiosa,
gli diede le spalle.
***
Lloyd
giunse all'entrata di una
foresta. Aveva seguito l'odore fin lì, e la vista di quegli
alberi fitti gli
suggeriva che avrebbe dovuto per forza di cose continuare a farlo.
Proprio in quel momento sentì un
urlo, e riconobbe la voce di Irving. "Devo sbrigarmi". Senza pensarci
due volte vi fece il proprio ingresso.
***
-
Finley?
Erano ormai una decina di minuti
che si erano lasciati alle spalle Irving, e da allora Finley era
diventato
schivo e taciturno. Nellie aveva cominciato seriamente a preoccuparsi
per lui.
Temeva che lo sfogo di poco tempo prima potesse aver influito in
maniera più
che negativa sulla sua psiche, e forse aveva ragione.
Il Rufflet si portò un ala alla
faccia. "Sta di nuovo piangendo" realizzò la Torchic, dopo
che il
pokemon Aquilotto fece il gesto di asciugarsi gli occhi. Nonostante
fosse
dietro di lui Nellie lo capì lo stesso, e fece per
avvicinarglisi.
- Fin...
- No!
Quello, spaventato, si voltò e
fece un balzo all'indietro... finendo con una zampa dritto in una
trappola.
Immediatamente venne trascinato verso l'alto a peso morto, come se
fosse stato
un sacco di patate. La Torchic sentì anche uno schiocco che
la turbò non poco.
Il Rufflet ci mise alcuni secondi
per realizzare cosa gli era successo, per poi cominciare ad agitarsi
come un
ossesso. Solo che più si muoveva e più la corda
gli si stringeva alla caviglia,
ma non sembrava rendersene conto.
- FINLEY!!!
- Scappa Nellie! - le urlò lui -
Io mi libero e ti raggiungo! Vai!
La Torchic tentennò.
- VAI!!!
Nellie si mise a correre,
spaventata. Le vennero le lacrime agli occhi al pensiero di essere
rimasta
l'unica del suo gruppo. Corse a più non posso, corse per
quanto i polmoni glie
lo permettevano. Non guardò nemmeno dove andava, e fu questo
ad essergli
fatale.
All'improvviso sentì il vuoto
sotto di se, e cadde all'interno di una buca. Una buca artificiale.
Presa dal
panico provò ad uscire. Provò persino a volare.
Ma le ali di un Torchic non
sono fatte per volare.
***
Neville,
fiducioso della sua
memoria, si era diretto verso la direzione da cui proveniva il verso e
dai cui
ne era arrivato da poco un altro. Per sicurezza ogni tanto osservava
anche le
macchie di sangue sul manto verde dell'erba per verificare di star
prendendo la
direzione giusta.
Arrivò anche lui al limitare
della foresta, e quasi gli prese un colpo. "No..." pensò
turbato
"Non può essere successo davvero. Cazzo, di tutti i posti
dove potevano
andare proprio qui dovevano venire?!?". L'uomo, armato di una pistola
tranquillante e di una torcia, si fiondò di corsa
all'interno della macchia
boschiva. "Presto, li devo trovare prima che... no, non devo pensarci.
Spero solo che non ne incontrino nemmeno una.".
***
-
Ragazzi! - urlava Lloyd con il
poco fiato che gli era rimasto - Dove siete? Ragazzi! - . Ma nessuno
rispondeva. Il silenzio più totale regnava nel bosco. Aveva
anche perso l'odore
di Finley.
Il Deino procedeva spedito, per
quanto la zampa lo impedisse non poco, in mezzo agli alberi, gettando
frettolose occhiate ai suoi lati.
- Ragazzi! Ra-
All'improvviso sotto di sé
percepì il nulla, e cominciò a cadere. Durante
quel secondo in cui rimase
sospeso in aria Lloyd fu capace solamente di sgranare gli occhi.
L'impatto col
terreno fu abbastanza violento, e il pokemon sentì anche un
dolore acuto alla
zampa sinistra posteriore. Rialzò il capo da terra e
provò a girarlo,
nonostante gli facesse male il collo.
Rimase scioccato da ciò che vide.
Un bastone insanguinato spuntava dalla sua coscia, e dalla sua base
stava
sgorgando sangue a mo' di cascata. Lloyd spalancò la bocca,
incredulo. Fissò
quello spettacolo per alcuni secondi, e non fu in grado di fare altro.
"Mi ha... trapassato...
la... l-la... la c... la c...".
Ebbe un mancamento. La testa gli
cadde di lato, e le palpebre cominciarono a chiuderglisi.
Roteò gli occhi verso
l'alto, e l'unica cosa che riuscì a vedere fu una sagoma
umanoide che lo
osservava dal bordo della buca.