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Autore: Elvish    23/10/2014    1 recensioni
questo è uno dei primi testi che ho scritto: rimestando in soffitta, trovai un paio di vecchissime scarpe e mi domandai cosa avrebbero detto se avessero potuto parlare. Immaginai così la storia di due impavidi scarponcini che, dopo anni rinchiusi in uno stanzino, vengono finalmente acquistati. Ma il nuovo proprietario li tratta in una maniera così brutta e svogliata che le due scarpe decidono per la fuga. Si troveranno per la prima volta da sole e affronteranno piccoli grandi imprevisti (una gomma da masticare sotto la suola, un cane) ammirando piccole grandi meraviglie, e, finalmente "autonome" decideranno il loro destino.
Genere: Comico, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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AVVENTURA DÌ UN PAIO DÌ SCARPE
Nelle città possono esistere stradine eccezionalmente piene di fango; è un mistero se siano sempre state lì, è un mistero perché si creino,è un mistero perché una volta sistemate si riformino, è un mistero perché migliaia di bambini desiderosi di giocare organzizzino là  interminabili partite di calcio per la gioia di migliaia di madri così disperate che quando abbracciano i propri pargoli vedono direttamente enormi ceste di bucato. A nulla sono valse le raccomandazioni, le suppliche, le minacce e le punizioni: giacche, pantaloni, camicie, calzini, scarpe appena usciti dai negozi  vengono completamente distrutti. Ma le madri di tutto il mondo non devono pensare di essere sole nella loro disperazione: infatti ci sono delle voci che vogliono protestare, le voci delle scarpe di tutti quei bambini che fiere delle loro firme e dei loro materiali si sentono degradate e avvilite in immani pozze di acqua terra e non meglio identificati prodotti chimici e naturali.
Ma scarpe di tutto il mondo, non avvilitevi! C’è chi si è ribellato a tutto questo, e questa è la loro storia, la storia di due scarponcini da passeggio che hanno detto basta allo sporco e sono andate per la loro strada, la storia di Right e Left.

 
Gennaio. Sabato. Pomeriggio. Momento atteso con ansia da madri e teenager impazienti. I saldi di inizio stagione. La strada è completamente invasa da donne, uomini, bambini e anziano disposti a qualunque cosa per avere il prezzo migliore. Volantini dei negozi e dei prodotti più assurdi creano un tappeto per la sfilata di persone che tentano di trovare un vestito che non l’ingrassi: ma in questa atmosfera di confusione dobbiamo entrare in un piccolo negozietto all’angolo il cui ingresso è spesso confuso con quello della macelleria lì accanto. Dentro il locale ci sono uno specchio, tre poltrone (di cui una sfondata) dove si possono provare le calzature desiderate, una cassa e un bagno adibito a magazzino: in questo ripostiglio ci sono delle scatole da scarpe. Nell’angolo a sinistra c’è una scatola. Nella scatola ci sono i mattoncini di lego che appartenevano al proprietario. Nella scatola accanto a questa ci sono un paio di scarponcini da passeggio fuori moda da ormai 10 anni.
“Io lo sapevo Right. Rimarremo qui dentro fino alla fine del mondo”.
“Come sei negativo oggi. Ieri non dicevi che saremmo rimasti qui fino al passaggio della cometa di Halley? Comunque sento che oggi è la fine della nostra reclusione. Fidati di me Left”.
“l’hai detto anche ieri, e il giorno prima, e quello prima ancora, e quello prima. Guarda in faccia la realtà: non usciremo mai da qui”
“un momento, hai sentito quel suono? Sembrava una campanella. Dove l’ho già sentito?”.
“Lo sapevo, è il suono della campana celestiale che ci avverte che stiamo per raggiungere il Grande Calzolaio”.
“incredibile, è la campanella dell’ ingresso. È entrato un cliente”.
Ebbene si, cosa che non si pensava possibile era entrata una donna con quello che doveva essere il figlio per comprare delle scarpe.
“Hai capito cosa vuole? Io non sento niente” chiese Left.
“Non ho capito cosa vuole, ma aspetta sembra che il commesso stia venendo qui nel magazzino”
-Mi faccia controllare se c’è ancora il numero signora. Sa, è un modello molto richiesto-
“ma chi vuoi che ci creda se qui non viene mai nessuno. Ehi che succede, Left?”
“Santo cielo ci stiamo sollevando Right”
“Ecco hanno aperto la scatola.”
“Ehi mi hanno preso, mi sta calzando. Ragazzo mio, ma di quando sono questi calzini? Possono essere usati come arma chimica lo sai?”
“Sempre a lamentarti tu. Abbiamo la nostra occasione. Allora come stai?”
“Abbastanza bene, poi si tratta di fare l’abitudine”.
-Allora tesoro le senti comode?- chiese la madre- sì, abbastanza, comunque credo che dovrei farci l’abitudine- E quel colore marroncino  nero grigio può andare con ogni abito. D’accordo le prendiamo-
“Hai sentito Left? Ce l’abbiamo fatta, siamo finalmente fuori. Senti questo profumo? È la libertà!”
“meno male che me l’hai detto tu, avrei detto piede sudato. Comunque sono molto contento. È un nuovo inizio”.
E così, sotto il braccio del loro nuovo padrone Right e Left andavano verso la loro nuova casa immaginando passeggiate sui prati e calzini di puro cotone, ignari del futuro che li aspettava in realtà.           
 
 
 
 
 
 
 
 
 
CAPITOLO 2: LA FUGA
 Il quartiere di Pretty Zone era uno dei più carini della città: schiere di villette erano disposte lungo vie così pulite che sembrava che nessuno ci avesse mai camminato; i prati che accompagnavano erano tutti pieni di splendidi fiori e circondati da bianchi steccati.
Questo paesaggio così tranquillo è improvvisamente rotto dal rombare di un piccolo taxi nero, che ospita una signora che poteva avere 30 anni come poteva averne 55, un bambino biondo vestito con una giacchetta marrone, un cappello beige e affiancato da una logora scatola da scarpe che conteneva i nostri protagonisti, Right e Left.

“Visto che posto Left? Certo che ci è andata bene, sarà bellissimo: è tutto così carino, ordinato, pulito, tranquillo e..”
“Si ho capito il posto ti piace. Effettivamente è molto bello, piace anche a me. Faremo una gran vita!”
“Già, e poi… ehi ma eccoci alla fine del quartiere, certo che abitano proprio lontano. Un momento, autista, si deve fermare. Noi dobbiamo abitare in quel bel quartiere, quello elegante, raffinato. Dove sta andando?”
“Ha sentito il mio collega? Dove ci porta, guardi che questo è rapimento di calzatura”
“Ma che razza di posto è questo?”
I nostri eroi erano infatti arrivati alla loro vera abitazione, un quartiere così triste da non avere neanche un nome. Le strade erano disconnesse e in molti punti c’era direttamente il terreno fangoso, le case erano condomini storti e con le pareti scrostate. E la camera del loro nuovo padrone non era da meno: la stanzetta era piccola e gialla, con un lettino troppo piccolo, e un mobile in un angolo. E basta.
“Ragazzi che squallore” esclamò  sconsolato Left.
“Concordo pienamente Left. Certo ci poteva mettere in un altro posto invece che sotto il letto. Qua sotto c’è un mondo”.
“Poteva almeno lasciarci nella scatola per protezione. Right ho viso qualcosa che strisciava là in fondo. Proteggimi!”
“Su, un po’ di coraggio. Ma adesso zitto che sta ritornando”
“Beh, almeno si è cambiato i calzini. Chissà dove stiamo andando”
-Mamma io vado al campetto giocare con i miei amici. Torno stasera- -Va bene, ma mi raccomando non farti male  non danneggiare le scarpe nuove-
“Santa donna, non trovi Left?”
“Già, speriamo che le dia ascolto. Eccoci fuori. Ragazzino attento alla pozzanghera. Attento.” Splah.
“Splut,  fortuna siamo anfibie. Comunque eccoci siamo arrivati”.
“Questo campo è un’altra opera d’arte: ma dove sono le reti Right?”  “Credo che siano quei pali laggiù. Vedi quel muretto scalcinato? Proprio là davanti.”
“vicino quella montagna di terra troneggiata da un tasso? Si, l’ho visto”
“Ecco inizia la partita. Che classe quello lì, hai visto come ha passato la palla?”
“Io tifo per quel ragazzo là, l’ha presa col tacco, la manda avanti, tenta il tiro…”  “anche il portiere è molto bravo. Che presa al volo. Sta passando la palla al nostro proprietario. Pronto alla botta, Left?”
“No, ma non credo che la mia opinione valga molto. Questa è la volta buone che conosciamo il grande calzolaio. È stato un piacere Right.”
“Ecco che la prende. Ouch, ahi, ma la prende malissimo. Stai dritto, così ti sbilanci.”
“Vediamo così, off, ahio, non c’è verso. Attento al tiro, ed è gol, no quasi, si, no è finita sulla strada”
“Lo fischiano, beh hanno ragione. Finalmente ce ne andiamo. Mi fanno male i lacci”
“A che lo dici. Hai sentito cosa hanno detto? Ci vediamo domani. Non credo di poter giocare in questo modo tutti i giorni. Forse quel magazzino non era poi così male.”
“Se penso a tutti i posti dove potremmo andare, intanto eccoci di nuovo nella sua piccola stanzetta. Senti, mentre loro cenano, ti propongo un piano: questa notte quando tutti quanti dormiranno io e te scapperemo. Abbiamo passato troppo tempo in quel negozio e non possiamo passare le nostre giornate ad assistere a terribili partite di calcio.”
“già, non possiamo sporcarci di fango continuamente. Non è dignitoso. E poi fa schifo.”
“Allora siamo d’accordo. Dobbiamo essere rapidi come sneakers e silenziosi come ballerine”
“Non vedo l’ora, fremo come un decolté alla prima festa.”
Le due scarpe non dovettero aspettare molto, poiché il “grande calciatore” era esausto dalla partita. Quando il silenzio fu assoluto, lentamente zampettarono verso la porta lasciata semiaperta e si avviarono verso le scale. Il primo a scendere fu Right poi Left, poi di nuovo Right e ancora Left: ma allora Right si incespicò nei lacci di Left e ruzzolarono giù dagli scalini, facendo un gran frastuono.
“Ma vuoi fare attenzione, razza di ciabatta? Per fortuna non ci hanno sentito”
“Scusa ero emozionato, dai che ce l’abbiamo quasi fatta” ed uscirono dalla casa e si ritrovarono sulla strada.
Iniziarono allora a camminare senza meta, spensierati e felici per quella libertà conquistata così eroicamente. Ma allora che accadde davvero l’irreparabile: Left schiacciò qualcosa.
“Ehm, Right?”
“Dimmi mio caro Left”
“Penso di aver schiacciato qualcosa”
“cosa? Che schifo! Dovrebbero tenerli meglio questi cani”
“no, è peggio, è qualcosa di gommoso e appiccicoso” 
“Non dirmi che hai colpito…” 
“Si ho colpito un chewing-gum. Adesso che cosa faccio?”
Le due scarpe si trovavano in una seria difficoltà: come avrebbe fatto Left ad andare avanti bloccato com’era in questa situazione vischiosa? Ma per fortuna Right era uno scarponcino pieno di risorse: fece spostare l’amico su un lato, prese la rincorsa, spiccò un salto e …
“Ahio” mugugnò Left.
“Quante storie, ti ho liberato almeno”
“già, comunque questo è proprio un bell’inizio d’avventura”.
“Beh andiamo avanti, no? Verso l’infinito e oltre. Non avrai mica paura vero?”
“Chi io, no assolutamente. Andiamo forza”
Bauuu, bauuu. “Ti ho detto che non ho paura non fare il verso del cane”. disse Left.
“Io non ho detto niente.”
“Ma allora vuol dire che c’è un cane che ci segue”
“Scappiamo Left. Eccolo. È enorme e peloso”
“È uno spinone?!?”
“Non lo so ma se vuoi puoi andare a chiederglielo”. Ormai era troppo tardi: il bestione li aveva raggiunti e aveva azzannato Right. Lo iniziò a sbatacchiare a destra e a sinistra, lo lanciava e lo riprendeva. In una parola, giocava, ma forse Right non si stava divertendo molto.
Ma anche lui aveva qualcuno su cui contare: il suo amico Left. Questi non visto dal cane, gli andò dietro, si sistemò e stomp!, un  calcione ben assestato fece scappare l’animale.
“Ci è mancato poco! Grazie Left.”
“Di niente socio, ma adesso continuiamo a camminare prima che torni a cercarci”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
EPILOGO
I due continuarono a girare per ore osservando meravigliati la città di notte e pensando a tutto quello che avevano visto e fatto in solo 2 giorni. Dopo tanto tempo chiusi una scatola su uno scaffale ogni piccola cosa li riempiva di stupore: il riflesso di un lampione in un tappo di bottiglia, il volo di un foglio di giornale, le lotte dei gatti dietro un bidone, il veloce affaccendarsi di piccoli  insetti, il suono di pneumatici sull’asfalto umido della notte, l’odore del pane appena sfornato. Continuarono a scoprire i misteri della strada e della notte finché non capitarono in una zona che ormai conoscevano molto bene. Si guardarono e capirono che l’avventura non era fatta per loro. Passarono attraverso un buco della saracinesca e si accomodarono sotto il bancone di quel negozio di scarpe dove erano stati tanto tempo. Lì finalmente al sicuro si addormentarono.
In fondo che cos’è una  casa se non quel posto dove cresci desiderando con tutte le tue forze di andartene, e dove desideri altrettanto fortemente di ritornare quando hai vissuto? 
   
 
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