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Autore: RedRaven    23/10/2014    3 recensioni
Tratto dal primo capitolo:
"- Guertena – rispose Garry, dopo aver addentato il croissant. Lo sguardo della ragazza sembrava chiedere di più, così egli continuò – E’ abbastanza sconosciuto, però i suoi quadri... non so. Non saprei definire. Mi sento legato a loro, in qualche modo. E’ una cosa assurda, stupida oserei dire –
- Oh no. Non lo è. Piace anche a me – i loro sguardi sembravano illuminati, come se il discorso toccasse profondamente entrambi, come se capissero entrambi – Molti quadri li sento quasi miei – disse l’ultima volta, prima di riprendere a bere la cioccolata nera."
Avvertimento: questa fanfiction NON verrà aggiornata regolarmente, causa impegni personali
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Garry, Ib, Mary, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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1. Il museo chiuderà fra dieci minuti
La leggera brezza del mattino autunnale pervadeva le strade, ed il vento faceva calare ogni foglia dal proprio albero. Il viale sembrava interminabile come ogni mattina, dalla prima volta che lo aveva percorso, all’ultima che si ritrovava ad affrontare. Proprio oggi.
La nebbia che ogni mattina dominava la città era sparita: solo nuvole grigie portatrici di pensieri di pioggia, accompagnate dal rumore dei binari in lontananza. I passi erano forti e chiari nell’aria, udibili da nessuno. La loro causa? Troppo distratta nel ripassare la sua tesi di laurea.
Una bicicletta gli sfrecciò accanto, facendolo tornare alla realtà. La sciarpa rigata che pendeva da un lato aveva perso il suo portamento; con un gesto fu facile rimetterla subito al suo posto, e riprendere il lungo cammino.
Al primo bivio svoltò a destra, infilandosi in un vicolo, e tutto ciò mantenendo ancora i suoi fogli e ripassando quelle informazioni. Qualcosa di più gradito, come l’odore dei cornetti del suo bar usuale, fu a svegliarlo questa volta. Spostandosi il ciuffo viola dal viso con un movimento leggiadro quanto delicato, spinse la porta della piccola caffetteria. Si avvicinò al solito tavolo, con la mente indaffarata, senza notare che fosse occupato.
- Mi scusi, non l’avevo notata – esclamò il ragazzo, scusandosi immediatamente con la ragazza girata di spalle. - Non si preoccupi, può sedersi di fronte a me se lo desidera – disse ella, e poi si voltò.
Il viso pallido era illuminato da occhi color zaffiro, e sottili labbra rosate si aggiungevano ad un viso che sembrava quello di una ragazzina. I capelli biondi la adornavano, rendendola simile ad una bambola un po’ troppo cresciuta, e l’abbigliamento della stessa richiamava quell’immagine.
Portava una cravatta color azzurro, in perfetto tema con i suoi occhi, che era annodata in modo disinvolto sulla camicia bianca. La giacca stazionava sulla panca dell’invito, così la giovane si alzò leggermente per riprenderla con sé e ripetere – Prego, si accomodi -
- La ringrazio, ma non ho alcun problema a trovare un'altra sedia. Non si preoccupi – il tempo necessario di dire queste parole che il cameriere li osservava con l’ordine della bionda, assieme a quello del ragazzo dai capelli viola, nelle mani – Hai compagnia oggi? Meglio così. Sa, - accennò alla ragazza – è sempre lì a studiare i suoi appunti universitari. E poi ordina croissant e cappuccino ogni giorno lavorativo. Immancabile da tre anni questo giovanotto! –
- Interessante – rispose l’interpellata, facendo ancora una volta segno con gli occhi per il posto. Il cameriere posò gli ordini, mentre il ragazzo rimuoveva sciarpa e soprabito, posandoli accanto, esattamente sotto la valigetta da studente. Ringraziò con un sorriso, e pose le sue attenzioni alla persona di fronte. Sembrava uno scambio di sorrisi fra due soggetti che si erano già incontrati, eppure entrambi erano consapevoli fosse la prima volta.
- Io sono Mary – parlò senza troppa esitazione la bambola, avvicinando la tazza di cioccolata alle proprie labbra.
- Garry. Lo studente universitario – rispose egli, versando la prima bustina di zucchero nella tazza.
- Mh mh – annuì Mary, prima di chiedere – E cosa studia? Se posso... –
- Oh, stia tranquilla. Ogni mattina c’è almeno un cliente diverso che è interessato ai miei appunti, prima di scoprire di cosa si tratta. Studio storia dell’arte, precisamente mi interesso ai dipinti. Ah, può anche darmi del tu –
Osservandola meglio si rese conto di quanto fosse giovane, paragonato al suo modo di interloquire. Ne fu sorpreso, ma non si lasciò influenzare più di tanto e sorvolò sulla questione. Sorseggiando ciascuno la propria colazione, un’altra domanda si interpose fra i due:
- Interessato a qualcuno in particolare? –
- Guertena – rispose Garry, dopo aver addentato il croissant. Lo sguardo della ragazza sembrava chiedere di più, così egli continuò – E’ abbastanza sconosciuto, però i suoi quadri... non so. Non saprei definire. Mi sento legato a loro, in qualche modo. E’ una cosa assurda, stupida oserei dire –
- Oh no. Non lo è. Piace anche a me – i loro sguardi sembravano illuminati, come se il discorso toccasse profondamente entrambi, come se capissero entrambi – Molti quadri li sento quasi miei – disse l’ultima volta, prima di riprendere a bere la cioccolata nera.
Il resto della colazione proseguì senza troppi sguardi né troppe parole, a dire il vero più nessuna. Quando Garry voltò lo sguardo sull’orologio da parete, sgranò gli occhi.
- Sono in ritardo! – esclamò a sé stesso, come se potesse fermare il tempo ed essere puntuale.
- E’ stato un piacere conoscerla, cioè conoscerti! Ahh, scusa, è che non mi ero reso conto... –
- C’è una mostra di Guertena oggi, al vecchio museo. Ci sono più lavori del solito in mostra, perché il museo non ha abbastanza soldi e sta per essere chiuso. Io sarò lì prima di pranzo, prima che chiuda all’una – lo interruppe Mary - Sì, lo sapevo. Ma non posso, oggi mi laureo ed ho la giornata fitta di impegni –
- Auguri, – sorrise e curvò la testa – allora ci vediamo in giro –
- Sì. Grazie – disse Garry, tenendo la borsa per una mano ed il cappotto per l’altra. Uscì di fretta, rischiando quasi di inciampare sul marciapiede, e si infilò il soprabito correndo verso l’università.
Mary restò a fissare le tazze vuote. Sospirò, lasciando quel tavolo e quella caffetteria con aria triste.
 
***

- Ce l’hai fatta, finalmente! Dopo questi tre anni sudati, hai raggiunto il tuo obiettivo – la voce del professore di Storia dell’Arte era udibile a malapena nella stanza. – Due anni e mezzo – precisò il ragazzo, pur non essendo preso in considerazione. C’era troppo parentame di vario tipo e a Garry la cosa infastidiva: non gli erano mai piaciute le famiglie troppo numerose. Molti dei ragazzi erano circondati dai diversi gradi di parentela, mentre lui stava ricevendo le congratulazioni dal suo professore e da qualche suo compagno di corso.
 
Lei mi ha chiamato, ieri sera.
- Sei sicuro che non vuoi la nostra presenza? Sai, siamo pur sempre i tuoi genitori... ti vogliamo bene –
- Me la cavo. Non è poi così importante –
- Non mentire Garry. Lo sappiamo tutti che è ciò che per te conta di più attualmente –
- Hai iniziato tu, con quel “ti vogliamo bene” –
 
- Certo che potevi vestirti in altro modo, il giorno della tua laurea! – il professore alludeva ai classici vestiti disordinati che quel ragazzo indossava. Pantaloni lunghi color fango, canotta verde e scarpe nere. Per non parlare dell’orrido cappotto viola trasandato! Garry rise, ed entrambi si salutarono con una stretta di mano.
- Fatti vedere in giro, qualche volta. Mi mancherà il mio studente migliore –
 
- Non ti interessa sapere come sta tua sorella? Aspetta; non me lo dire. Vi siete sentiti un’altra volta senza dircelo, non è così? –
- Non vi riguarda quello che faccio. Ormai sono abbastanza adulto per le mie scelte –
- Sì, ma lei non è nemmeno maggiorenne –
 
- Ci può contare –
 
- Se lo fosse probabilmente adesso starebbe con me e non con voi –
- Avere quasi ventidue anni non ti dà il diritto di... –
 poi lui ha iniziato ad urlare. L’ho sentito. “Perché perdi ancora tempo con quel rincoglionito?” sono state le sue parole, più o meno. Ed è iniziata una conversazione, fra lui e mia madre, che ho preferito non sentire.
- Non sprecatevi più a telefonarmi. Grazie. Ciao  –
 
Era impressionante il modo in cui riusciva a nascondere il suo turbamento. La conversazione con i suoi, avuta la sera precedente, l’aveva portato a ripensare alla sua vita e alle sue scelte passate. Non era facile ricordarsi del passato per Garry, anche perché molte cose non riusciva a ricordarle. Ci provava, ma aveva la sensazione che fossero più sogni che realtà.
Dopo aver ritirato ogni attestato fu pronto ad uscire; si fermò un attimo sull’uscio della porta.
Ricordo ancora il giorno in cui ho varcato questa soglia pensò, e immediatamente un dubbio lo sopraggiunse ma cosa ho fatto il giorno prima? E quello prima ancora? La sensazione di non saper nulla sul suo passato lo pervase, innervosendolo. Cercò di calmarsi accendendosi una sigaretta e iniziando a camminare. Perché più si avvicinava ai suoi ricordi, più questi sfumavano.
Le gambe si muovevano ad un ritmo sempre più veloce, sempre più coordinato con il suo stato. E dopo la prima sigaretta, arrivò la seconda. Aspirando ad un ritmo quasi preoccupante, aveva preso vie di cui non si era reso conto, ritrovandosi a costeggiare un edificio di dimensioni modeste e piuttosto isolato.
Il museo di Guertena non sembrava diverso da ciò che ricordasse. I gradini in pietra che congiungevano il marciapiede all’entrata sembravano come nuovi. Difficile capacitarsi del fatto che quella struttura esistesse ormai da diversi anni. Difficile era, anche, credere che quella fosse solo una coincidenza.
Ma Garry era semplicemente troppo confuso e ingenuo per rendersi conto di ciò che non fossero i suoi problemi familiari o il suo studio.
Finì di fumare, camminando avanti e indietro per l’atrio esterno del museo, come se ne avesse fretta. La nicotina delle sigarette doveva aver fatto effetto un po’ in ritardo, perché solo al momento di entrare si rilassò completamente.
Nulla era cambiato: pavimento chiaro di marmo e ampie sale completamente bianche, dalle mura al soffitto, strutturate in maniera da far rimbombare ogni passo in tutta la stanza. L’unica differenza erano i rumori. Questa volta il museo sembrava molto più silenzioso, e le persone erano concentrate su ogni singolo dettaglio di ogni singola opera. Persino l’ometto anziano al bancone d’ingresso, che ricordava vagamente il classico maggiordomo, pareva troppo silenzioso nel parlare con una giovane coppia ed il loro bambino.
Conosceva quel luogo come le sue tasche, quindi il ragazzo non perse tempo e provò a mettere in pratica i suoi studi. Riconobbe ogni opera, dalle meno considerate a quelle circondate da curiosi. Adesso riusciva ad intenderle meglio, quasi avesse conosciuto l’artista o fosse entrato in contatto con lui. Questo lo rese fiero di sé, a tal punto che solo dopo diversi minuti di autoesaltazione si rese conto di una strana presenza accanto a lui. Sostava di fronte al quadro “Fabricated World”, accanto ad una ragazzina che era intenta nel fissarlo senza esprimere alcuna emozione.
Era molto più bassa di lui e avrebbe potuto avere non più di dodici anni, si disse. Portava dei capelli castani veramente lunghi, ma ciò che catturò la sua attenzione furono i suoi occhi. Occhi di color rosso sangue, situati su una carnagione fin troppo chiara. Anche lei indossava una camicia bianca ed una cravatta intonata agli iridi, proprio come Mary. In più, però, ebbe modo di notare la gonna a plissé rossa, come le ballerine, e dei calzettoni doppi color nero. D’istinto si chiese Ma le bambine di questa città non vanno più a scuola?, venendo brutalmente interrotto dalla sua visuale.
La bambina stava allungando la sua mano, sempre più vicino al dipinto.
- E’ ancora qui... è lo stesso... – sussurrò, in una maniera talmente impercettibile da non essere udita nemmeno da Garry. Quando avvicinò l’arto maggiormente, egli sussultò, richiamando la sua attenzione.
- Cosa stai facendo? Capisco che tu possa essere curiosa ma non si toccano i dipinti. Dovresti saperlo, se sei qui – disse il ragazzo dai capelli viola, cercando di essere il più cordiale possibile. Voleva impartirle una lezione senza sembrare troppo crudele, infondo sembrava ancora una bambina.
Ella sobbalzò di conseguenza, spostando lo sguardo verso colui che le aveva appena rivolto la parola. Restò a fissarlo immobile, senza proferir parola, al che Garry ruotò la testa con fare confuso come fosse un animale domestico. Ad un certo punto la ragazza cambiò sguardo, socchiudendo leggermente le palpebre per focalizzare meglio, e proprio quando stava per parlare, venne strattonata per un braccio.
- IB! Quante volte ti ho detto che non devi staccarti dal gruppo? Se farvi venire qui è stata una tua idea, non mi farò scrupoli nel riportarvi tutti in istituto. Sono stato abbastanza chiaro? – l’uomo non ben definito si rivolse presto al neolaureato – Mi scusi. Sono bambini disturbati, non capiscono molto quello che fanno. Se l’ha importunata me lo dica e la punirò a dovere –
Punire? evidenziò nella sua mente Come si permette quest’uomo ad alzare le mani su dei semplici bambini?. Senza indugio rispose secco – No. E non credo l’avrebbe fatto. Sono bambini. Sono innocenti –
- Col mio lavoro si impara che non lo sono tutti. Anzi, in fondo non lo è nessuno
Finì di parlare tirando la ragazzina, Ib, per un braccio, la quale restò a fissare Garry in cerca di qualcosa. Non era un aiuto, anche se quello fu il suo primo pensiero.
- Il museo chiuderà in dieci minuti. Si ringraziano i visitatori per questi calorosi tre anni di affetto, e si spera abbiate avuto una buona permanenza qui con noi – pronunciarono gli altoparlanti.
Dieci minuti. Gli balzò alla mente di Mary, che sarebbe stata lì prima della chiusura: si mise a cercarla. Nulla. La ragazza che gli aveva dato un appuntamento non era lì in quel momento; Sarà tornata a casa prima, non avendo qualcuno con cui restare.
Fu questione di secondi.
Le luci si spensero e qualcuno urtò Garry.
- Ib torna qui immediatamente! – urlò una voce, la stessa con cui aveva conversato meno di dieci minuti prima. Ib aveva colpito Garry per sbaglio, senza nemmeno scusarsi, e poi era corsa nell’altra direzione, su per le scale. L’uomo la inseguiva con fare piuttosto nervoso suscitando in Garry una preoccupazione non minima. E se le avesse fatto del male una volta ritrovata? Non poteva accettarlo.
Si diresse subito verso le scale, potendo osservare di sfuggita i movimenti dell’uomo.
- Dannazione, non vedo nulla. Dove diamine è andata? –
Il ragazzo sorrise. La bambina si era salvata, per il momento. Però lui era stanco, assurdamente stanco. Ma probabilmente erano state le scale. Probabilmente.
Sorriso stampato in faccia, braccio poggiato al muro e poi più niente.
Solo una sensazione di vuoto, nausea, e mal di testa.
Tutto oscuro.
  
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