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Autore: Letty Cullen    23/10/2014    2 recensioni
Isabella è una ragazza 17 enne che si appresta a partire per le vacanze estive insieme ai suoi genitori. Passera' tre divertenti settimane, fara' nuove conoscenze e forse trovera' anche l'amore...
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Buonasera ragazzi! Questa sera per farmi perdonare dell'immenso ritardo ho pensato di postare un mega capitolo! Spero di farvi felici. Un bacioneee

Bella
Data l'alta temperatura decidemmo per un'insalatona all'italiana preparata con tonno, olive, scaglie di formaggio, pomodori, rucola e altre due varieta' di insalata, il tutto accompagnato da acqua fresca.
Dal nostro tavolo potevo osservare l'oceano, con le sue onde azzurre infrangersi sugli scogli, ritrarsi e poi tornare a scontrarsi con loro.
Ma il mio pensiero era per LUI. Mi era accanto ma era come non ci fosse. Silenzioso, pensieroso e teso.
Edward mangio' senza aprire bocca, nonostante il suo viso fosse piu' rilassato di prima, mentre gli altri scherzavano e facevano battute immaginandosi a svolgere le attivita' che avevano scelto. Io non sapevo come comportarmi, cosa dire, fino a quando Edward si alzo' in piedi e rivolgendo lo sguardo verso di me disse:
"Bella, ti va di fare una passeggiata, prima di andare alla nostra prima lezione?"
"Volentieri, ho proprio voglia di sgranchirmi un po' le gambe!"
"Bene, andiamo allora!"
"Ciao ragazzi, noi facciamo un giretto, ci vediamo piu' tardi!" dissi
"Ok a dopo allora. Ciao Bella!"
Ci allontanammo lentamente.
Camminavamo fianco a fianco, non prese la mia mano nella sua e io un po' la presi male. Mi spiaceva vederlo cosi ma non sapevo cosa potessi fare anche perchè non sapevo il motivo di quel suo stato d'animo. Mi strinsi le braccia attorno ai fianchi, rammaricata.
E fu allora che LUI parlo'. Si fermo', senza alzare lo sguardo, costringendomi a fermarmi anch'io, in quanto non capii perchè lo avesse fatto, ma subito venni illuminata dalle sue parole.
"Bella ti chiedo scusa, sono un'idiota. Ti sto rovinando la giornata e forse la vacanza a causa dei miei stupidi problemi. Non volevo rattristarti, perdonami se puoi."
Mi aveva chiesto di perdonarlo e per cosa? Perchè mi stava rovinando la giornata? Ma che rovinando, io volevo solo aiutarlo ma per aiutarlo avevo bisogno di capire perchè faceva cosi. Dovevo parlargli. Stavo cercando le parole, quelle piu' adatte e ci misi un po' per farle uscire. Vedendo il mio tentennamento, m'incalzo'.
"Ti capisco se non vorrai piu' parlarmi o se mi terrai compagnia solo per cortesia o educazione ma...
" Ehi ehi ferma un attimo.. "non vorrai piu' parlarmi ? - mi terrai compagnia solo per cortesia o educazione?" Dovevo intervenire al piu' presto, la situazione stava precipitando inesorabilmente.
"Ehi ehi ferma un attimo! Io non voglio e non vorro' mai smettere di parlarti e non ti terro' compagnia per cortesia o per educazione ma bensi perchè.. è.. cio' che desidero con tutto il cuore, trascorrere del tempo con te. Vorrei aiutarti ma non so' cosa ti rattrista, cosa ti fa' stare cosi. Ma se ti va di parlarne, io saro' qui, per te."
Avevamo ripreso a camminare e senza accorgercene eravamo giunti di fronte ad un enorme lago di forma rotonda tutto attorniato da un verde prato. Si fermo' di nuovo e questa volta si volto' a guardarmi, negli occhi. Oddio quanto era bello, sotto i raggi del sole che gli illuminavano la pelle, risplendevano fra i suoi capelli e accarezzavano lievi quelle rosse labbra che avrei voluto fare mie ancora una volta.
"Oh Bella, nessuna ragazza al mondo mi ha mai rivolto delle parole cosi affettuose e premurose, ti ringrazio, ho sempre pensato che tu fossi speciale e questa ne è la conferma. Grazie."
Ora ero io quella "in imbarazzo" percio' mi limitai a sorridergli e a prendergli una mano tra le mie accarezzandola, senza staccare gli occhi dai suoi. Ci sedemmo sul morbido prato, profumava di buono, all'ombra di un florido salice piangente. Avevo lasciato la sua mano e staccato gli occhi dai suoi. Guardavo il lago e sul pelo dell'acqua alcune anatre nuotavano in fila indiana. Forse non voleva confidarsi, forse non era il momento, forse non lo riteneva necessario. Le ginocchia piegate e le braccia attorno ad esse, mi persi in questi pensieri vagliando ogni possibilita', dimenticandomi quasi di chi mi stava accanto. Il sole splendeva alto su di noi e il cielo era sgombro da nubi. Una giornata perfetta, almeno all'apparenza.
"Bella.." la sua voce mi fece voltare
"Dimmi Edward..."
"Vedi il motivo per cui sto cosi non è uno solo. Sono tante cause a concorrere in questo mio stato di "tristezza"."
"Edward se ti senti di confidarti io ti ascolto o se non te la senti possiamo restare qui, uno accanto all'altro in silenzio, senza parlare, ma tu hai la certezza che io ci sono."
"Sai da una parte avrei bisogno di sfogarmi ma poi mi sento cosi stupido, in fondo i miei sono futili problemi pero'.."
"Edward, nessun problema è futile se è ritenuto un problema. Io non voglio forzarti, sai che ci sono, sono qui, quando vuoi."
Mi sorrise e piano piano inizio' a comporre le frasi, esternandomi le sue infelicita'.
"Tutto è cominciato quando ci siamo trasferiti, due mesi fa, a causa del lavoro di mio padre. Lui è un bravo chirurgo, ha avuto una buona offerta da un altrettanto importante ospedale e in fretta e furia abbiamo fatto i bagagli e siamo partiti. Ho lasciato scuola, amici, parenti, cugini e ci sono stato male da morire, ci sto male da morire. E' come se mi avessero strappato qualcosa dal petto ma questo succede a me. Ad Alice, Emmett e ai miei genitori tutto cio' non è accaduto, per loro è come se non fosse cambiato nulla. Io invece mi sento morire, ogni giorno che passa il dolore pulsa nelle vene come in una ferita, una ferita che non si rimarginera' mai, per quanto ne sappia io. Poi sono venuto qui, ancora qui in vacanza, come negli ultimi anni, prima di traslocare e non volevo, mi sono opposto, speravo di poter trascorrere le vacanze per conto mio, magari tornare "a casa" mia, quella che porteo' sempre nel cuore. Ma non mi è stato concesso. Ho pensato -la solita vacanza pallosa con la famiglia- ma poi ho incontrato te e ho pensato che sarebbe stato diverso fino a quando ho rivisto lui!"
"Per lui intendi Jacob vero?" chiesi
"Si Jacob, quel damerino. E questo è un altro motivo. Non ci sopportiamo, non possiamo proprio vederci. In tutti gli anni che sono venuto qui, me ne ha sempre combinate di tutti i colori. Ha iniziato lui la nostra silenziosa lotta, fatta di sguardi e gesti. E' geloso, invidioso di cio' che ho io, di come sono io, di come appaio io alla gente. E la cosa che piu' mi da' fastidio, che piu' mi irrita e mi fa andare in bestia è che abbia messo gli occhi su di te!"
Non potevo credere a quello che avevano appena udito le mie orecchie, la causa di quello stato, indirettamente, ero anche io!
"No Edward mi dispiace, è anche colpa mia, mi dispiace..." Continuavo a ripetere mi dispiace. Edward mi si avvicino' e mi zitti poggiandomi una mano sulla guancia.
"Non devi dispiacerti, non è colpa tua, e poi mi sembra di aver capito che non gradisci molto la sua compagnia, invece a me.. beh non dici mai di no!"
"Mmm beh si hai ragione! Uh hei Edward che dici, mi fai arrossire!"
Scoppiammo a ridere, come spesso ci era capitato in quella giornata e ci tuffammo all'indietro fino a ritrovarci completamente distesi su di un immenso mare verde.

Edward
Dalla terrazza si vedeva l'oceano. Si sentiva il rumore violento delle onde infrangersi sugli scogli, l'odore dell'acqua salata e pareva che qualche spruzzo giungesse fino a noi. Quello fu cio' che vidi e sentii a parte il mio pranzo, quello fu cio' che vidi e sentii attorno a me. Come chiuso in una stanza con pareti di vetro e insonorizzate, entrava poco e ne usciva ancora meno. Mangiai solo per mangiare, piu' per abitudine, consapevole che il mio stomaco non avrebbe retto una volte risvegliatosi da quell'intorpidimento. Ero silenzioso, quasi inesistente (o almeno cosi dovevo apparire in quanto non proferivo parola nè ridevo nè svolgevo altro al di fuori del muovere le mandibole) , pensieroso e... teso. Mangiai senza parlare, grazie al cielo il cibo me lo impedi', mentre gli altri attorno si divertivano. Solo Bella era all'incirca nel mio stato. La potevo osservare con la coda dell'occhio, composta al mio fianco, quasi immobile. I ragazzi non si erano accorti del mio malumore, troppo presi a fare battutine e a schernirsi tra loro. Mi stavo rendendo conto che Bella doveva sentirsi davvero in imbarazzo, quindi decisi di fare una cosa: chiederle se le andava di passeggiare. Acconsenti'. Salutammo gli altri e iniziammo a camminare verso il parco. Ricaddi ancora nel mio errore di prima: restare distaccato da lei e potei giurare che se la prese un po' male. Di solito quando passeggiavamo la sua mano era sempre nella mia. Sicuramente anche lei stava male a vedermi cosi. Avrei voluto parlarle ma non mi sentivo pronto, qualcosa mi bloccava.
Ad un tratto mi bloccai, sempre tenendo lo sguardo basso, e parlai.
"Bella ti chiedo scusa, sono un'idiota. Ti sto rovinando la giornata e forse la vacanza a causa dei miei stupidi problemi. Non volevo rattristarti, perdonami se puoi." Era un inizio anche se debolmente sostenuto da un altrettanto debole scusa: i miei stupidi problemi. Mi fissava. Non rispondeva. Decisi di proseguire. "Ti capisco se non vorrai piu' parlarmi o se mi terrai compagnia solo per cortesia o educazione ma..." a quelle parole qualcosa in lei si risveglio'...
"Ehi ehi ferma un attimo! Io non voglio e non vorro' mai smettere di parlarti e non ti terro' compagnia per cortesia o per educazione ma bensi perchè.. è.. cio' che desidero con tutto il cuore, trascorrere del tempo con te. Vorrei aiutarti ma non so' cosa ti rattrista, cosa ti fa' stare cosi. Ma se ti va di parlarne, io saro' qui, per te."
Le sue parole mi lasciarono basito. Preso da tanto stordimento e stupore non mi ero accorto che avevamo ripreso a camminare e ancora senza accorgermene eravamo giunti in prossimita' di un laghetto. Mi fermai e la guardai negli occhi: era splendida, il viso accaldato per l'alta temperatura, i raggi del sole le accarezzavano la pelle candida e le labbra brillavano di un rosa acceso. Ora dovevo parlare collegando cuore e cervello.
"Oh Bella, nessuna ragazza al mondo mi ha mai rivolto delle parole cosi affettuose e premurose, ti ringrazio, ho sempre pensato che tu fossi speciale e questa ne è la conferma. Grazie."
Era in visibile imbarazzo ma nonostante cio' mi sorrise e mi prese una mano tra le sue: amavo quanto lei o forse piu' quel contatto tra noi. Il prato ci accolse tra i suoi fili d'erba, regalandoci un gradevole profumo; un grande salice piangente ci riparava un poco dai raggi del sole. Quel luogo era davvero rilassante e se possibile romantico. Non mi aiutava in quel senso. Era ancora piu' difficile aprirsi con lei in quel posto. Nonostante sentissi di poter riporre anche il mio cuore nelle sue mani, venivo frenato da qualcosa. Quel mio comportamento feriva me e ancor di piu' lei. Ma per che cavolo non riuscivo a sbloccarmi, perchè non riuscivo a fare quel passo in piu'. Forse perchè non sono mai stato un tipo estroverso o forse perchè avevo paura che aprendomi e confidandomi cosi con lei poi le sarei stato talmente legato da non poter piu' tornare indietro. Si, era cosi. E avevo deciso che volevo fosse cosi'. "Bella.." la mia voce la fece voltare "Dimmi Edward..."
"Vedi il motivo per cui sto cosi non è uno solo. Sono tante cause a concorrere in questo mio stato di "tristezza"." le iniziai a spiegare.
"Edward se ti senti di confidarti io ti ascolto o se non te la senti possiamo restare qui, uno accanto all'altro in silenzio, senza parlare, ma tu hai la certezza che io ci sono." Com'era dolce e comprensiva la mia piccolina.
"Sai da una parte avrei bisogno di sfogarmi ma poi mi sento cosi stupido, in fondo i miei sono futili problemi pero'.." non riuscii a finire la frase perchè lei mi interruppe..
"Edward, nessun problema è futile se è ritenuto un problema. Io non voglio forzarti, sai che ci sono, sono qui, quando vuoi." Lei era un angelo, sceso dal cielo per me. Non avevo piu' dubbi, le avrei raccontato cosa i faceva stare cosi. Iniziai il racconto. Le parlai del trasloco, di come solo io mi sentissi cosi male, della vacanza ancora qui e .. di lui!
"Per lui intendi Jacob vero?" mi chiese con un filo di voce. Le risposi di si e continuai a spiegarle della nostra "rivalita'", piu' sua che mia, del fatto che mi mandava in bestia vederlo accanto a lei. A quelle parole sembro' meravigliata e non perse tempo a scusarsi.
"No Edward mi dispiace, è anche colpa mia, mi dispiace..."
Non doveva credersi causa dei miei dispiaceri perchè non lo era, anzi!
"Non devi dispiacerti, non è colpa tua, e poi mi sembra di aver capito che non gradisci molto la sua compagnia, invece a me.. beh non dici mai di no!" risposi provocandola.
"Mmm beh si hai ragione! Uh hei Edward che dici, mi fai arrossire!"
Non potemmo evitare di ridere e ci buttammo a sdraiarsi su quel morbidissimo prato verde.

Bella
"Ti va di ascoltare un po' di musica?" mi chiese nello stesso istante in cui estrasse un luccicante mp4 dalla tasca dei pantaloni.
"Wow cavolo Edward questo -aggeggio- è una favola!". Era di colore nero con le parti laterali grige lucide; aveva 4 tasti quadrati sotto lo schermo e uno da parte per il volume. Mi porse una cuffia e subito la musica si diffuse negli auricolari.
"Che musica ascolti?"
"Oh io spazio da un genere all'altro, tutto tranne quella musica che per me è solo rumore! E a te Edward, cosa piace?"
"Beh direi che i miei gusti si accompagnano bene coi tuoi!"
Sentimmo alcuni brani di Madonna, Bon Jovi, Celine Dion e tra una canzone e l'altra ridevamo e scherzavamo. Ridevo talmente tanto che avevo perfino le lacrime agli occhi fino a quando... la canzone I'm alive di Celine Dion suonava le ultime note, due secondi di stacco e partirono lente e delicate le note della canzone successiva. Mi misi seduta scattando come una molla. Il mio viso passo' da un'espressione rilassata ad una stupita per finire con un'espressione di dolore.
Immobile, mentre la musica continuava, immobile come in aeroporto il giorno prima, immobilizzata nel mio dolore, incapace anche di sbattere le ciglia. Di nuovo sentii le lacrime raggiungere gli occhi e spingere per uscire. No non potevo, non dovevo, non di nuovo. Quella melodia cosi dolce era per me fonte di sofferenza. Le lacrime felici si trasformarono in lacrime di disperazione. Era piu' forte di me. Riportava a galla ogni attimo trascorso ad ascoltarla con lei, a provare a suonarla col piano accanto a lei, ai momenti in cui, costretta a letto per la malattia, mi chiedeva di fargliela ascoltare. Una lacrima sgorgo' prepotente e scese lenta ma inesorabile sulle mie gote arrossate dal sole. Ero immobile e in silenzio gia' da un po', avevo escluso tutto e tutti dal mio mondo momentaneo. Mi sentii sfiorare una mano, chiusa a pugno sul prato e mi ricordai di Edward.
"Bella Bella tutto bene? Perchè piangi?" mi chiese mettendosi anche lui seduto e togliendo l'auricolare.
"Niente niente, scusami Edward, è solo un momento cosi, ti ringrazio" risposi mentre col dorso della mano scacciavo via quella lacrima traditrice.
"Bella non puo' essere NIENTE, conosco quel niente. Quando si risponde con -niente- significa che c'è qualcosa invece. Dimmi che è successo, con me puoi parlare, lo abbiamo fatto anche prima."
"Vedi si tratta di questa canzone, con lei mi porto dietro tanti ricordi della mia povera nonna materna che non c'è piu'. Lei adorava questa musica."
Forte del sentimento che provavo per Edward e per la fiducia che avevo in lui, mi aprii e gli parlai a cuore aperto.
"Tutto è iniziato circa un anno fa. Nonna era gia' avanti di eta' e certo non potevamo pretendere che fosse arzilla come una ragazzina, ma non aveva mai avuto problemi a camminare e a svolgere le normali azioni quotidiane. Era sempre stata una donna attiva e anche col passare degli anni, non si era mai negata una passeggiata al giorno. Da qualche giorno lamentava dei dolori alla parte superiore dell'addome, con un costante senso di nausea e diceva di sentirsi stanca. Mia nonna? Stanca? In altre occasioni non l'avrebbe mai detto! Fatto sta che non si sentiva bene. Passarono alcuni giorni, pensammo fosse un po' di indigestione o comunque che la causa fosse l'eta' ma la situazione invece di migliorare ando' peggiorando."
Edward mi ascoltava attento, senza fiatare, ogni tanto corrugava la fronte forse per cercare di capire qualcosa di piu'. Ripresi.
"A quei disturbi si unirono anche la perdita di appetito, altro aspetto molto strano, con il conseguente calo di peso. Diceva di sentirsi sazia, pur mangiando pochissimo. Non era mai stata una mangiona ma neanche il pasto di un uccellino le si addiceva! Una sera, mentre sedeva accanto al camino spento, notammo che il suo ventre si era -come dire- ingrossato. Avevamo paura fosse davvero qualcosa di brutto ma l'unica soluzione era consultare il dottore. Quella notte a nonna sali' la febbre, fino a 40 e vomito' quel poco che aveva mangiato. Decidemmo di chiamare un ambulanza e quando questa arrivo', il paramedico che la vide rimase pietrificato: nonna aveva assunto una colorazione giallastra, su tutto il corpo visibile. Arrivo' in ospedale, con mio padre in auto dietro l'ambulanza. Iniziarono a farle prelievi, visite, esami vari, non tralasciarono niente. Mio padre si assicuro' che mia nonna si sentisse un po' meglio e nell'attesa dei risultati degli esami, venne a casa a prendere mia madre e me per raggiungere nonna. Una volta giunti nel pronto soccorso, speranzosi che non fosse nulla di grave, cio' che ci aspettava non era cosi florido. Venimmo avvicinati da un dottore alto e moro. Ci disse di seguirlo e ci accompagno' nel suo studio. Io dovetti aspettare fuori. Questa cosa non mi piacque. Mi sedetti su di una sedia in corridoio e iniziai a torturarmi le mani. Non uscivano piu'. Il tempo mi sembrava essersi fermato. Fino a quando, dall'interno della stanza, sentii provenire dei lamenti, come di pianto. Li riconobbi in quelli di mia madre... Li' capii che era davvero qualcosa di grave." In quel momento, senza rendermene conto, le lacrime iniziarono a sgorgare malefiche facendomi bruciare gli occhi. Edward mi guardava, tenero, sentendosi impossibilitato a fare qualcosa. Mi abbraccio' stringendomi a se e le lacrime, se possibile, scesero ancora piu' copiosamente offuscandomi la vista.
"No Edward ti prego, lasciami terminare, non riuscirei a sopportare tutto questo un'altra volta!", singhiozzai. Mi annui' con la testa, invitandomi a proseguire! "Finalmente la porta si apri' mostrando mamma aggrappata al corpo di papa' in una intensa crisi di pianto. Rimasi seduta, incapace di alzarmi, le gambe non rispondevano piu' ai comandi che arrivavano dal mio cervello. E capii che da li in poi non sarebbe piu' stato come prima."
"I giorni passavano, passavano i mesi e tra chemioterapia, radioterapia e cure varie la salute di nonna invece di migliorare peggiorava. Era straziante vedere con quanta dignita' e quanta forza tentava di andare avanti nonostante anche in cuor suo sapesse che non le restava molto. Passavo i pomeriggi, dopo la scuola e i compiti, accanto al suo letto. Avevamo deciso, insieme con lei, di curarla, se cosi si poteva dire, a casa nostra, in modo tale da rendere tutta la situazione meno dolorosa per tutti. Suonavo il piano per lei, cantavamo insieme, le raccontavo delle mie giornate di scuola e... ascoltavamo Clair de Lune." Riuscii a mala pena a pronunciare quelle tre parole cosi dolorose che il respiro mi si mozzo' in gola e le lacrime mi uscirono senza controllo. Di nuovo. Edward mi si fece ancora piu' vicino e mi accarezzo' una guancia con un dito, sorridendomi.
"Non ho potuto passare con lei tutto il tempo che avrei voluto, me l'ha portata via cosi in fretta! Non ho potuto fare niente se non cercare di rendere accettabili gli ultimi mesi di vita. Credo comunque di esserci riuscita. Il dottore le aveva dato circa cinque mesi di vita... invece ha passato con noi quasi nove mesi. Grazie al nostro affetto, il tumore si era diffuso piu' lentamente."
Respirai credendo di non riuscire a terminare. Edward strinse la mia mano tra le sue. Le lacrime scendevano e scendevano... fino al mio cuore.
"Il funerale si è svolto in una chiesetta di campagna, molto riservato, come voleva nonna. La bara di cipresso, come quella di Papa Giovanni Paolo II, come la voleva lei, semplice, con un piccolo crocifisso sopra. Anche quel giorno mi sembro' passare in fretta ma nel dolore piu' profondo."
Edward mi ascoltava e mi osservava, forse piu' addolorato di me. Ero ancora scossa da tremori nonostante fosse agosto e nel cielo brillasse un sole caldissimo.
"Bella" mi sentii chiamare, ritornando al presente dal mio personale flashback, "Non devi rattristarti ancora cosi, lei non lo vorrebbe. Porta con te i ricordi piu' belli di lei, quelli felici, la nostra vita su questa terra è un passaggio, un passaggio che ha delle regole purtroppo, a cui dobbiamo sottostare. Lei ora è felice e sta bene. Fa' che quella canzone che ti lega tanto a lei sia ancora un legame forte per voi e non una causa di dolore e di pianto. Sara' come se nel sentire quella melodia, vi poteste sentire e comunicare, unite da un filo invisibile che vi lega e che mai si potra' spezzare."
Rimasi a fissare Edward dopo aver ascoltato quelle parole. Nessuno mi aveva mai parlato in quel modo. Nessuno. Nemmeno mamma, con la sua infinita dolcezza era riuscita a concepire delle parole cosi tenere e... perfette. Mi sorrise e gli sorrisi di rimando. Esitai.. poi gli saltai con le braccia al collo.
"Ti ringrazio Edward, ti ringrazio per le belle parole... Forse tu sei stato mandato da nonna per vegliare su di me."
"Forse.. e comunque lo farei anche se nonna non me lo avesse chiesto!" Mi strinsi di nuovo a lui, sorridendo. E lo sentii baciarmi i capelli. Perfetto. Non c'erano altre parole. Perfetto. Tutto.

Edward

Per passare un po' il tempo decisi di chiederle se le andava di ascoltare un po' di musica. Sarebbe stato un modo anche per conoscerci meglio, anche se con quello che gia' sapevo avrei potuto indovinare i suoi gusti. Presi il mio mp4 nuovo di zecca dai pantaloni suscitando la meraviglia di Bella. Le piaceva e pensai che avrei anche potuto regalarglielo una volta trascorse le tre settimane.
Le chiesi che musica ascoltasse e come gia' avevo pensato, mi rispose che ascoltava di tutto tranne il tunz tunz metallico! Mi rigiro' la domanda e non persi tempo ad elencare i miei artisti preferiti. Ridevamo e scherzavamo felici tanto da avere perfino le lacrime agli occhi il tempo scorreva veloce ma stavamo bene, io e lei, tranquilli fino a quando... Le note di Clair de Lune di Debussy si diffusero negli auricolari. Era una melodia dolce ma altrettanto triste,sembrava una ninna-nanna.
Mi accorsi che Bella si era messa a sedere sul prato. In viso l'espressione di chi soffriva profondamente e una lacrima che le aveva appena rigato una guancia. Era immobile, in silenzio, scossa soltanto da brevi singhiozzi. Sembrava persa in un ricordo che le provocava dolore, persa in qualche emozione gia' vissuta. Le sfiorai una mano, cercando di essere il piu' delicato possibile. Non volevo crearle un altro trauma. Volto' il viso verso di me e sembro' ricordarsi della mia presenza.
"Bella Bella tutto bene? Perchè piangi?" le chiesi un po' preoccupato. Era visibile il suo stato di infelicita' ma conoscendola abbastanza, mi aspettavo una risposta che doveva servire piu' a tranquillizzare me.. e infatti..
"Niente niente, scusami Edward, è solo un momento cosi, ti ringrazio" mi rispose mentre col dorso della mano scacciava via una lacrima. Non poteva liquidarmi cosi, non poteva dopo tutte le cose che le avevo detto di me, non poteva per tutto l'amore che gia' provavo per lei.
"Bella non puo' essere NIENTE, conosco quel niente. Quando si risponde con -niente- significa che c'è qualcosa invece. Dimmi che è successo, con me puoi parlare, lo abbiamo fatto anche prima." Presa alla sprovvista dalla mia dolce insistenza, prosegui' nella spiegazione.
"Vedi si tratta di questa canzone, con lei mi porto dietro tanti ricordi della mia povera nonna materna che non c'è piu'. Lei adorava questa musica." mi disse Bella singhiozzando. Ora iniziavo a capire un po' di cose. La incoraggiai con lo sguardo e lei riprese a confidarsi. Mi racconto' dall'inizio l'evolversi della malattia, di come non capissero cosa fosse mentre lei peggiorava. L'ascoltavo attento e soffrivo con Bella pur non conoscendo la nonna. Era impossibile non soffrire all'ascolto di quelle parole pronunciate con tanto amore insieme a tanto dolore. Mi racconto' della febbre e della corsa in ospedale e della triste scoperta. A quel punto Bella non riusci' piu' a trattenere le lacrime Io la osservavo, impotente. Cio' che potevo fare era abbracciarla e stringerla al mio cuore. Non smise di piangere anzi le lacrime aumentarono. Non era questo il mio scopo, volevo che stesse meglio ma forse aveva bisogno di terminare il suo racconto prima di essere rassicurata. Infatti...
"No Edward ti prego, lasciami terminare, non riuscirei a sopportare tutto questo un'altra volta!", singhiozzai. Annuii e lei pote' proseguire. Cantava per lei, suonava per le e ascoltava Clair de Lune... con lei. Ora capisco tutto, ora capisco quanto dolore provava nel riascoltarla.. senza avere lei al suo fianco. Riusci appena a finire la frase che venne interrotta dalle lacrime e rimase senza fiato. Povera la mia Bella, cosi piccina che gia' aveva sofferto tanto. Mi avvicinai a lei e l'accarezzai sorridendole.
"Non ho potuto passare con lei tutto il tempo che avrei voluto, me l'ha portata via cosi in fretta! Non ho potuto fare niente se non cercare di rendere accettabili gli ultimi mesi di vita. Credo comunque di esserci riuscita. Il dottore le aveva dato circa cinque mesi di vita... invece ha passato con noi quasi nove mesi. Grazie al nostro affetto, il tumore si era diffuso piu' lentamente." continuo' lei. Le stringevo la mano, ma avrei voluto fare di piu'. La nonna grazie al loro amore, aveva passato piu' tempo insieme a loro. Questa è una cosa bellissima: in fondo l'amore puo' tutto!
"Il funerale si è svolto in una chiesetta di campagna, molto riservato, come voleva nonna. La bara di cipresso, come quella di Papa Giovanni Paolo II, come la voleva lei, semplice, con un piccolo crocifisso sopra. Anche quel giorno mi sembro' passare in fretta ma nel dolore piu' profondo."
L'ascoltavo attentamente dalla prima parola che aveva pronunciato e non potevo fare a meno di osservarla Il mio tesoro, ancora scosso dai tremori, era li' accanto a me con il cuore straziato dal dolore, come se avesse rivissuto il dramma di quasi un anno in pochi minuti ma ero certo che il dolore provato oggi fosse cento volte superiore a quello del passato. Non ero mai stato un gran oratore nè tanto meno un consolatore ma sentivo di dover parlare, sentivo di dover dirle qualcosa per farla calmare e farle capire che anche nella disgrazia c'è sempre un raggio di sole.. si un raggio di sole, quello che ora lei era per me.
"Bella" la chiamai "Non devi rattristarti ancora cosi, lei non lo vorrebbe. Porta con te i ricordi piu' belli di lei, quelli felici, la nostra vita su questa terra è un passaggio, un passaggio che ha delle regole purtroppo, a cui dobbiamo sottostare. Lei ora è felice e sta bene. Fa' che quella canzone che ti lega tanto a lei sia ancora un legame forte per voi e non una causa di dolore e di pianto. Sara' come se nel sentire quella melodia, vi poteste sentire e comunicare, unite da un filo invisibile che vi lega e che mai si potra' spezzare."
Mi guardava ma dalle sue labbra non usciva nessun suono. Forse non se lo aspettava, forse l'avevo spaventata per la mia urgenza di dirle quelle cose, per il modo in cui mi erano uscite di bocca, veloci, scorrevoli ma altrettanto amorevoli. La vidi sorridermi e contraccambia. Forse ci ero riuscito, forse ero riuscito nel mio intento. E poi fece una cosa che proprio non mi sarei aspettato, almeno non in quell'occasione: mi salto' con le braccia al collo! E accompagno il gesto con la frase:
"Ti ringrazio Edward, ti ringrazio per le belle parole... Forse tu sei stato mandato da nonna per vegliare su di me."
"Forse.. e comunque lo farei anche se nonna non me lo avesse chiesto!" La sentii stringermi a lei nuovamente e sorridente. E io le baciai i morbidi riccioli che le ricadevano sulle spalle.
   
 
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