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Autore: Eco_90    24/10/2014    1 recensioni
Seguito di "Mo anam cara" Storie di spiriti, amori perduti e sogni infranti poi ricostruiti.
Dal testo:
"Aveva del lavoro da fare, lavoro normale: era la segretaria di una dottoressa. Ormai era quella la sua vita, non c'era più spazio per le nottate insonni al freddo solo per convincere un paio di presenze a sloggiare. Già, non c'era più tempo per quelle cavolate."
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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–Billy?-
La sagoma tremò un po’, per poi irrigidirsi. Il ragazzo, sconvolto, si girò verso di lei, sembrava un altro. Il volto era segnato dalla stanchezza, gli occhi erano profondi pozzi di tristezza. Vederlo in quello stato le fece male, lui era sempre allegro, sempre sorridente, di solito tra i due era lei quella cui far tornare il sorriso.
-Perché sei qui?- la voce era fredda, una lama tagliente che si puntò dritta nel suo petto. –Mi... Mi ha chiamata mio nonno, mi ha detto che c’erano dei problemi qui. Pensavo si riferisse a qualche fantasma, non mi ha detto che c’eri tu.-
Lui la guardò con occhi cattivi, era rabbioso e sembrava pronto ad attaccarla in qualsiasi momento: un animale messo in un angolo, pieno di astio, di paura, tradito dalla persona a cui teneva di più.
-Forse non hai capito bene.- riprese lui. – Che cosa sei tornata a fare?-
Uno schiaffo sarebbe stato meno doloroso. Deglutì a vuoto e ricacciò dentro quelle quattro lacrime che avevano deciso di fare capolino dai suoi occhi. –Mi mancava questo posto. Mi mancava casa mia.- disse. Lui rise sguaiatamente, una risata senza gioia, senza allegria. Era solo odio. –Casa tua? Casa tua non è qui, qui non c’è la tua famiglia. Casa tua è dove sei rimasta per più di un anno. Casa tua è il posto in cui ti sei nascosta come una codarda.-
Aveva centrato il punto: lei si era nascosta. Aveva messo scuse su scuse, cercato giustificazioni alla sua lunga permanenza lì, ma la verità era che era rimasta per fuggire alla paura. Aveva avuto paura di cominciare qualcosa con lui, qualcosa di serio. Aveva paura di mandare tutto a puttane come faceva sempre. La paura di farlo soffrire, o di poter soffrire le aveva suggerito di restare con i suoi, di scomparire e non farsi più sentire da lui. Si era detta che lei per lui non andava bene, che meritava di più. Così l’aveva evitato per più di un anno, continuando a ripetersi che era la cosa giusta, come sempre. Però per chi era la cosa giusta? Per Billy no, e quello era ovvio, ma neanche per lei. S’imponeva di credere in quella cosa, si era condannata a soffrire solo per il timore di poter provare dolore. Che ragazzina codarda.
-Hai ragione, ma sai ho capito che non è così. Questa è casa mia. - la voce le tremava terribilmente, ma fece finta di nulla. –Non credo. Questa avrebbe potuto essere casa tua. - disse il ragazzo afferrando un portagioie in cristallo che si trovava sul comodino vicino al letto. –Ma tu ci hai lasciati, ci hai abbandonati per andare a fare la bella vita. – lanciò il portagioie con tutta la rabbia che aveva in corpo. Prese la mira e lo scagliò contro il muro dietro la ragazza. Le schegge schizzarono in tutte le direzioni, finendo anche per incastrarsi nei capelli di Kelly.
 Lei non si mosse, non aveva paura di lui, sapeva che le avrebbe fatto del male solo a parole. –Ma ovviamente non ti bastava stare in città e spassartela, no. Sei dovuta venire qua e sbattercelo in faccia.- usava il plurale, quando alla fine solo lui era rimasto scosso dal suo ritorno. Non voleva ammetterlo, e quello gli era sembrato il modo più semplice per nascondere la rabbia di essere stato l’unico di cui lei si fosse dimenticata. L’unico che aveva lasciato indietro, qualcosa che apparteneva alla sua vecchia vita, inutile nella nuova, sostituibile.
-Io sono qui da quasi due mesi, da sola, e non faccio la bella vita come dici tu. - marcò volontariamente sul fatto che fosse sola, sapeva che il comportamento di Liam aveva influito sullo stato attuale del ragazzo e voleva fargli capire che era stato tutto un grande malinteso. –Ah. Ti riferisci a quella mezza tacca che ti porti dietro? Non è un po’ piccolo per te? Che c’è ora ti servono i giocattolini per lenire i tuoi pruriti?-.
Sputò tutto con più veleno possibile, e rise vedendo la smorfia di dolore che si faceva largo sul viso della ragazza.
Kelly aveva iniziato a tremare e a respirare a fatica, una cosa del genere non se la meritava. Quelle allusioni così spregevoli, basse e volgari erano qualcosa che non si sarebbe mai aspettata da Billy. Riusciva a giustificare la sua rabbia e il suo disprezzo, riusciva anche a capire qualche insulto, ma lui la conosceva e forse era proprio questo a farle più male.
–Già, a me basta essere scopata per stare bene. - quella risposta lo colse alla sprovvista, rimase spiazzato dalle parole della ragazza, ma comunque cercò di non dimostrarlo.
-Dillo su! Dillo anche tu che mi basta essere sbattuta addosso a un muro per stare bene. Perché è questo che pensi, e magari l’hai sempre pensato. - stava perdendo il controllo delle sue parole, ma non poteva farci nulla, era riuscito a ferirla, come se già non si facesse abbastanza schifo da sola. –Ho sbagliato a lasciarti qui, a non scriverti a fare finta che tu non esistessi, ma avevo paura: paura di farti soffrire, di soffrire, di sputtanare tutto. Mi sono rifugiata nel mio cantuccio caldo, nascosto da tutto e tutti. Nascosta da te, perché sei sempre stato tu a farmi perdere il controllo e allo stesso tempo a far si che ti facessi soffrire.  E’ colpa mia, ho sbagliato ma almeno evita di sparare sentenze.- aveva urlato, senza accorgersene il suo tono si era alzato parecchio e adesso anche le lacrime avevano trovato libera uscita verso l’esterno.
-Spero tu possa sentirti meglio adesso. - disse lui, ma ora non lo guardava più, preferiva fissare i suoi piedi. –Non credi sia tardi per queste illuminanti spiegazioni?- la voce di Billy poteva sembrare calma, ma lei sentiva quella punta di rammarico, riusciva quasi a vedere il dispiacere sul suo viso, nonostante i suoi occhi fossero saldamente piantati a terra.
-Si.-
-Dovresti tornare dal tuo fidanzatino.-
Kelly, come piena di nuovo furore alzò il viso e lo guardò con sprezzo. –Ancora? Smettila ok? Io e Liam non siamo niente, siamo amici, ma di sicuro al momento sto meglio con lui che con te. -
-E di chi è la colpa?- anche lui ora gridava, in fin dei conti era inutile trattenersi. Erano uno davanti all’altra. Furiosi e fuori controllo. –Te l’ho già detto che è mia la colpa, che altro vuoi?-.
La ragazza era sfiancata da quello scontro, ma non si sarebbe tirata indietro.
-Io ti amavo, tu te ne sei andata. Io ti ho detto che ti amavo e tu sei sparita per un anno e mezzo. Non ti sei neanche sprecata a rispondermi, e ora capisco il perché. - detto questo, il ragazzo lasciò la camera. Lei lasciò libero sfogo alle sue emozioni, franando a terra senza più un filo di forza in corpo. Aveva fallito su tutta la linea e poteva soltanto ringraziare se stessa. –Stupido idiota... non hai capito nulla, io ti amavo. Io ti amo. – fu un sospiro, uscito insieme a uno dei tanti singhiozzi che accompagnavano il suo pianto isterico. Ovviamente Billy non la sentì, uscì di casa trovando fuori dall’ingresso Liam, che era appena arrivato. Aveva seguito Kelly di nascosto, preoccupato per la sua salute e alla fine sentendo quelle grida poteva dire di aver fatto bene. I due si lanciarono uno sguardo assassino, poi continuarono per la loro strada.
- Kelly? Kelly stai bene?- sentì dei rumori al piano di sopra e la trovò a terra in lacrime. –Andiamo a casa, ok?- la prese di peso e la portò via da quel posto.
 
A casa la situazione non cambiò molto, aveva lasciato la porta della camera della ragazza accostata così da poterla controllare. Kelly dal canto suo aveva passato il resto della giornata rannicchiata in posizione fetale a piangere.
-Quel pezzo di merda.- sibilò amaramente il ragazzo, i pugni serrati all’inverosimile.
La porta dell’appartamento si aprì, e un gioviale Senan fece il suo ingresso trionfale con un sorriso brillante stampato in faccia.
- Kelly?- la domanda gli era uscita spontanea guardando il suo amico in faccia. Era nero, sembrava circondato da un fumo tossico.
Liam non disse nulla, si limitò a indicare con fare furioso la camera della ragazza.
Senan entrò preoccupato e la trovò lì rannicchiata, a disperarsi per chissà cosa.
Cercò di farla parlare, ma inutilmente. Le uniche cose che lasciavano le sue labbra erano i singhiozzi incontrollati che la squassavano. Il ragazzo preoccupato uscì dalla camera, accostando la porta. Sospirò profondamente, poi rivolse la sua attenzione all’amico in piedi davanti a lui. 
–Chiama Moira. – fu l’unico pensiero di senso compiuto che riuscì a esprimere.
 
***
 
La rossa si precipitò a casa loro come una furia. Una massa di fiamme ricciolute passò velocemente dall’ingresso fino alla camera di Kelly, sbattendo forte la porta senza troppi riguardi.
Lei non aveva bisogno di chiedere spiegazioni, sapeva tutto senza bisogno di farla parlare.
Si limitò a sdraiarsi vicino a Kelly, carezzandole piano i capelli. Passarono gran parte della notte così, finché verso le tre la ragazza, sfinita dai singhiozzi, si addormentò.
Moira uscì dalla stanza, trovando i due amici ancora svegli e con delle facce da funerale.
-Sta bene, sarebbe successo in ogni caso. – era stranamente serena, e i ragazzi non riuscivano a capacitarsene.
-è stato quel ragazzo, è tutta colpa sua. - il tono gelido di Liam lasciò di stucco Moira, che non si aspettava un attaccamento simile da parte sua alla ragazza.
-Questo è indiscutibile, ma la colpa non è solo sua. Kelly è colpevole tanto quanto lui, a dire il vero ha dato inizio lei a tutto questo. - rispose amaramente la rossa.
I due non indagarono oltre, avrebbero preteso delle spiegazioni dalla ragazza non appena si fosse svegliata.
***
 
La luce del giorno la colpì in pieno volto, infastidendola. Aveva ancora gli occhi gonfi per le troppe lacrime.
Era stata una sciocca, non sarebbe dovuta tornare. Lui aveva ragione, quella non era casa sua,
però le erano mancati tutti, troppo, non aveva potuto fare altrimenti. Tornare era l’unica soluzione. Aveva già messo in conto gli insulti, le cattiverie da parte sua, perché sapeva che solo lui avrebbe reagito male. Aveva tutte le ragioni per farlo, quello era indubbio, ma lei aveva il diritto, se voleva, di tornare in quella che riteneva la sua casa.
Con questa consapevolezza si alzò sentendosi un pochino meglio. Si sedette sul letto, guardandosi nello specchio. La figura che rimandava quella superficie così liscia non era la sua, quella non era lei. Prese i suoi occhiali da sole e un vecchio zuccotto di cotone e senza cambiarsi uscì di corsa da casa, cercando di non svegliare i tre amici che dormivano l’uno appiccicato all’altro sul divano.
Al suo ritorno li trovò svegli e completamente nel panico.
 Quando la videro, le si avventarono addosso ricoprendola di domande e insulti. –Kelly, ma sei cretina? Dove sei andata?- Moira le stringeva le braccia facendole male.
 –La macchina sparita, tu idem... potevi avvisare non credi? Stavo per chiamare mamma e papà, ti rendi conto?- Senan sembrava spiritato, ma lei ancora non capiva perché tutta quell’apprensione nei suoi confronti, era solo uscita da casa.
Poi i suoi occhi andarono a posarsi sull’unico abitante della casa che non le era corso incontro, l’unico rimasto sul divano, che per evitare di ascoltare quelle chiacchiere inutili aveva acceso la televisione.
 
Gli si avvicinò, buttandosi con poca grazia accanto a lui. Si tolse gli occhiali, ormai gli occhi si erano sgonfiati, quindi non aveva più bisogno di nasconderli dietro un paio di lenti scure
-Che guardi di bello?- provò lei, anche se con poca convinzione.
A quel punto lui alzò di poco la mano che stringeva il telecomando e spense il televisore, per poi alzarsi e uscire dall’appartamento senza proferir parola.
Kelly, spiazzata, guardò gli altri due come per chiedere spiegazioni.
-Era preoccupato, e pure tanto. - si limitò a dire il fratello.
La ragazza decise che era meglio seguire l’amico e chiedere scusa, alla fine era sparita per una mattinata intera senza dire nulla, era normale che si fosse preoccupato.
Corse fuori dal portone cercando il ragazzo nei dintorni, senza trovarlo.
Non sapendo né come né perchè le venne in mente un’idea strana: corse nel bosco fino a trovarsi davanti ad un vialetto sterrato, poi corse ancora.
Quella strada l’aveva percorsa solo un paio di volte, ma la ricordava perfettamente.
Gli alberi erano fitti, così come la vegetazione più bassa. Ogni tanto i piedi le rimanevano incastrati in radici sporgenti o rami pieni di spine, ma lei sembrava non farci molto caso. Non era la fretta, o la paura per qualcosa a non farle sentire il dolore, voleva solo chiarire con lui.
Era da sempre così con Liam, se litigavano, o lei si comportava male aveva subito l’impulso di chiedergli scusa, o comunque di spiegare le sue ragioni. Ne avevano avute di brutte litigate, settimane passate a non parlarsi per sciocchezze di cui ora neanche ricordava l’origine, ma poi erano passate, così come sarebbe passata anche questa. Nonostante tutto Liam era un suo caro amico.
Volente o nolente era cresciuta assieme a lui, se lo trovava sempre in mezzo ai piedi, in giro per casa con quel pazzo di suo fratello a ordire piani inutili, beccandosi sempre punizioni terribili che accettavano col sorriso.
Le venne da sorridere a quel pensiero. Quei due la facevano sempre sorridere, era stata una fortuna averli ritrovati.
Vide il tetto della casa comparire tra le chiome degli alberi. Aveva il fiato corto per lo sforzo, e qualche gocciolina di sudore era scesa da sotto lo zuccotto a imperlarle la fronte.
Lui era lì, davanti alla porta della vecchia casa della Fitzpatrick. Non sapeva perché ci fosse andato, ma era sicura che l’avrebbe trovato. Arrestò la sua corse, per avvicinarsi a Liam con passi studiati e silenziosi, nonostante le foglie e i rametti che scricchiolavano sotto le sue scarpe.
-Che ci fai qui?- chiese sorridendogli.
Lui la guardò un po’ stralunato, ma poi si riprese subito voltandole le spalle.
-Mi piace questa casa, sembra tranquilla. -
Kelly non riuscì a trattenersi, sbottò a ridere senza ritegno. La casa in se era tranquillissima, ma tutto quello che aveva dovuto passare per colpa della proprietaria era stato un incubo.
-Che hai da ridere?- chiese il ragazzo, con tono scontroso.
-Niente, figurati. Diciamo che la proprietaria non era proprio una persona tranquilla, e che in generale questa casa è appartenuta a una famiglia non proprio fortunata. -
-Sono morti tutti per colpa di un assassino psicopatico?- chiese lui con fare ingenuo.
-No.- rispose Kelly tranquillamente. –Ma sia la proprietaria sia il figlio sono morti. Il piccolo ucciso, lei suicidandosi. Comunque entrambi hanno perso la vita nel grande parcheggio all’aperto vicino casa. -
La ragazza vide i lineamenti di Liam indurirsi, come per cercare di reprimere un brivido di angoscia.
Si avvicinò al ragazzo, posando una mano sulla sua spalla. –Stanno bene adesso, te lo giuro!-
-Come... ? Ah, lasciamo stare. - disse scuotendo stancamente la testa.
-Non volevo farti preoccupare, né te, né nessun altro. C’era una cosa importante che doveva fare assolutamente. -
A quel punto Liam si alzò, sovrastandola, era parecchi centimetri più alto di lei e la stava studiando con quel suo sguardo sempre troppo limpido per i suoi gusti; poi la sorprese, tirò via il cappello che indossava da ormai due ore, scoprendo così una massa lunga e liscia di capelli fucsia, che caddero ordinati sulle spalle della ragazza.
-Cioè io sono morto di paura per questi?-
Lei gli lanciò uno sguardo al vetriolo. –Questi, come li chiami tu, sono la mia essenza. –
Si vantò un po’ del suo ritorno alle origini. –Fino a un anno e mezzo fa erano così. Disse rabbuiandosi. –Poi è cambiato tutto. - il ragazzo, accortosi del suo cambio repentino d’umore, cercò di rimediare in qualche modo. –Sai che somigli a quegli unicorni dei cartoni per bambini? Quelli con i capelli colorati e gli occhi enormi.-
-Quindi sembro un mostro deforme?- chiese lei leggermente piccata.
-Naa, alla fine stai anche bene.-
-Davvero, mi dispiace se ti sei preoccupato.-
Lui si sedette sugli scalini mezzi rotti della casa e fece cenno a lei di imitarlo. –Ero spaventato. Ieri eri in condizioni pessime, avevo paura che potessi fare qualche sciocchezza come correre da quell’idiota.-
Kelly aveva iniziato a tormentarsi le mani, non voleva parlare di Billy, era troppo presto. –Non è un’idiota, ma per favore non nominarlo più.- sussurrò il tutto, come a non voler sentire le parole che uscivano dalla sua bocca.
Lui la prese, stringendola a se e scompigliandole i capelli. –No! Mi sono costati un occhio della testa.-
-Dovevo battezzarli, è la regola.- lei sbuffò infastidita e lui rise di cuore.
Finalmente la tensione era svanita e loro tornarono tranquilli a casa.





Scrivere questo capitolo mi è dispiaciuto molto. E' stato pesante  far confrontare Billy e Kelly, soprattutto per lo scambio infelice di complimenti che hanno avuto, ma ho pensato che fosse il minimo. Chi ha letto Mo Anam Cara sa benissimo che tutti e due sono dei testoni orgogliosi, ma questo non vuol dire che non si vogliano più bene. Non sono così cattiva, ve lo giuro! Forse alla fine tutto volgerà per il meglio, ma sinceramente non lo so... la fine è così lontana che ancora non è stata scritta!
Tornando seri per un secondo, spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Per me è ora di dormire quindi buonanotte!! :3
  
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