Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: Aru_chan98    24/10/2014    1 recensioni
Quale prezzo si è disposti a pagare per diventare padre? Arthur è solo un giovane universitario che sogna di diventare padre in una società distopica in cui anche una cosa bella come un figlio è negata a chi non possiede un particolare DNA. Ma un incontro cambierà la sua vita e il suo destino per sempre.
Tratto dal testo:
"Adoravo le storie che tuo nonno raccontava sulla sua infanzia. Tutte quelle storie sul correre nei prati, giocare con gli animali e gli altri bambini. Per non parlare poi del poter avere una famiglia come e quando si voleva. Sarebbe stato bellissimo se tutto questo fosse durato fino ad oggi..." disse Francis, passando da un tono sognante ad uno che non tradiva una nota di amarezza. Ormai, nella loro società bisognava avere una dote speciale a livello genetico per avere una prole.
Genere: Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Francia/Francis Bonnefoy, Giappone/Kiku Honda, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Quel giorno Arthur e Alfred erano andati in riva al mare per passare un bel finesettimana da soli. Ormai vivevano a Terenzi da quasi un anno e si erano ben ambientati, quasi abbattendo pure il muro della lingua dopo un po’ di studio. Adoravano vivere lì, era tutto fantastico e la loro felicità cresceva ogni giorno un po’ di più, soprattutto in quegli ultimi due mesi, visto che presto sarebbero diventati papà. Stesero una tovaglia sulla sabbia calda, sotto un albero che offriva riparo dal sole cocente e, dopo averci appoggiato sopra le loro cose, si tolsero i vestiti e andarono a nuotare. Ian aveva parlato loro di quel tratto di spiaggia che era spesso deserto e in pochi lo conoscevano. La mattinata volò in fretta tra Alfred che cercava d’insegnare al suo amato a nuotare, schizzi, gare di apnea, ricerca di conchiglie e qualche occasionale gara di nuoto (in cui una ciambella celeste aiutava l’inglese a stare a galla) e verso l’una, i due decisero di pranzare e riposarsi all’ombra dell’albero. Alfred stava dormendo con la testa sulle gambe dell’altro ragazzo mentre quest’ultimo era immerso in un libro che lo stava appassionando sin dalle prime righe. La sua attenzione fu attirata da uno strano rumore proveniente dalle fronde della foresta vicina. Si mise sull’attenti e svegliò il compagno. “È già ora di andare?” gli chiese l’americano ancora assonnato “Ho sentito dei rumori provenire dal bosco” gli rispose l’inglese con una leggera agitazione: e se le autorità di Darfel li avessero trovati? Non ci avevano mai pensato, ma era comunque una possibilità. “Rimani qui, vado a vedere” disse l’americano, alzatosi in piedi, dirigendosi verso l’origine del rumore. Dopo pochi attimi di silenzio, nei quali l’americano era sparito oltre le fronde, Arthur lo sentì gridare il suo nome, più di una volta, chiedendogli di accorrere da lui. L’inglese impallidì di colpo, pensando che fosse accaduto qualcosa al suo amato, così si precipitò subito da lui, per poi rimanere molto più sbalordito di quanto potesse aspettarsi: il suo amato ragazzo era in compagnia di Kiku e Francis. Quest’ultimo teneva in braccio un bambino dai capelli biondo miele e dagli occhi violacei, che stava attaccato forte al suo papà per l’imbarazzo di stare con persone che non conosceva. I quattro furono felicissimi di rincontrarsi dopo tanto tempo. I due innamorati li condussero verso il loro posto sotto l’albero e dopo che tutti si furono seduti, cominciarono a far loro domande come com’erano arrivati fin lì e cose simili. “Dobbiamo ammettere che non è stata un’impresa facile” ammise Kiku “Ma tramite alcune vecchie apparecchiature del nonno di Arthur siamo riusciti a trovare le coordinate di questa città”. “La parte più difficile è stata raggiungerla. Mais abbiamo avuto la fortuna di trovare un vecchio motoscafo in un porto abbandonato lungo la costa. Così abbiamo fatto le valigie e abbiamo pensato di passare per un salutino” continuò il francese, che non riusciva a smettere di sorridere. “Ma adesso diteci, come avete vissuto questi ultimi mesi” chiese loro Alfred con tono allegro. “Beh, non male a dire il vero. Arthur aveva ragione, suo nonno era davvero organizzato. C’erano per davvero alcuni macchinari che pulivano gli spazi del laboratorio, che raccoglievano frutta e verdura o che si occupavano di proteggere la casa. C’erano anche una serra, qualche cisterna per l’acqua pluviale e una biblioteca immensa. Per non parlare del laboratorio poi: semplicemente stupendo” disse Kiku “Ma diciamo che non siamo rimasti con le mani in mano per molto però. Ogni tanto andavamo in esplorazione all’esterno dell’edificio per vedere se non c’erano altri villaggi o animali feroci. Purtroppo non abbiamo mai trovato niente, solo città abbandonate. Erano davvero delle visioni tristi” “Però, il piccolo Matthew si divertiva a giocare con i robot che pulivano la casa. Pensate che ha imparato a camminare inseguendo uno di loro. Però, è un bambino estremamente timido. Non capisco proprio da chi abbia preso” disse il francese, ridendo, mentre il piccolo si nascondeva dietro la sua schiena, gettando qualche occhiata ai due estranei ogni tanto. Francis lo acchiappò e, facendolo sedere sulle sue ginocchia, gli presentò i suoi amici. “Il ragazzo con in capelli biondi e gli occhi verdi è il migliore amico di papà. Si chiama Arthur. Mentre il ragazzo con gli occhiali è il suo ragazzo. Si chiama Alfred. Mathieu, mi aspetto che li chiamerai zii, va bene?”. Il bambino aveva appena un anno e tre mesi, ma sembrò capire le parole del padre. “E voi due invece? Che avete fatto?” chiese loro il giapponese. “Beh, in quasi nove mesi ci sono successe un sacco di cose. Abbiamo imparato la lingua locale per esempio e stretto un po’ di amicizie sia col capo della città sia con altre persone. Abitiamo in una bella casa sul versante ad ovest della collina che si trova all’entrata della città, dovreste vederla, è enorme. Sia io che Arthur andiamo a scuola al momento” disse l’americano agli altri due “Io ho cominciato a studiare per diventare uno scienziato come mio padre, mentre Arthur è al suo ultimo anno per diventare uno storico”. “E che ci dite del vostro bambino, sta bene?” chiese Kiku “Si, quando siamo arrivati era in pericolo di vita, però adesso sta bene. Però non sappiamo se sia un maschio o una femmina: in questa civiltà non scoprire il sesso del nascituro prima della nascita è considerato un gesto di buona fortuna” gli rispose l’americano. “Ma non è solo questa la notizia più bella” s’intromise Arthur “Dovete sapere che… beh… ecco… noi… noi ci sposeremo la prossima settimana” disse loro, arrossendo più di quanto avesse mai fatto in vita sua. Fu solo allora che i due notarono l’anello con un piccolo zaffiro e uno smeraldo all’anulare sinistro dell’inglese. Pure l’altro era in imbarazzo, anche se si vedeva di meno. Sia Kiku che Francis non poterono non esprimere una grande sorpresa. “Mais c’est magnifique!” esclamò il francese, mentre Kiku fece loro delle calorose congratulazioni: erano sinceramente contenti della notizia. Matthew guardò sia il suo papà sia il giapponese e, vedendoli entrambi felici, fece una risata timida e batté un paio di volte le sue piccole manine paffute.

Era quasi il tramonto quando i due innamorati condussero i loro amici da Ian, per informarlo dei due nuovi arrivati e chiedergli se potevano restare. Mediarono tra le due parti finché non raggiunsero un accordo: l’anziano fu più che felice di ospitare due cari amici del nipote di Alibert. Nonostante le difficoltà iniziali, i tre nuovi arrivati riuscirono ad ambientarsi alquanto in fretta, anche se le differenze linguistiche erano una sorta di ostacolo. Kiku riuscì a trovare impiego come medico nell’ospedale principale e anche una bella casa vicino al suo posto di lavoro. Francis invece tornò a studiare, alla stessa università di Arthur, ma per diventare un professore di lettere. S’incontravano solo durante le lezioni condivise. A volte l’inglese e il suo compagno aiutavano Francis a prendersi cura di Matthew facendogli da baby-sitter ogni volta che ne aveva bisogno. Il piccolo si era affezionato incredibilmente ad Alfred e i due giocavano molto spesso insieme. Sia lui che suo padre abitavano verso la periferia della città, un posto calmo pieno di piante e fiori meravigliosi. Nonostante vivessero un po’ lontani, i quattro cercavano d’incontrarsi più spesso che potevano. Una sera, mentre stavano cenando tutti e cinque a casa del francese, Alfred fece una richiesta ai due amici: “Beh, è una cosa che riguarda il nostro matrimonio. Io e Arthur ne abbiamo parlato e abbiamo deciso quasi subito. Vorreste farci da testimoni ragazzi?”. I due non ci pensarono due volte e accettarono.

Le nozze furono celebrate quattro giorni dopo, di mercoledì, lo stesso giorno in cui si erano conosciuti per la prima volta. Entrambi indossavano uno smoking bianco, con l’unica differenza che Alfred aveva una rosa rossa all’occhiello mentre Arthur aveva un bouquet di rose rosse. Il luogo della cerimonia era una chiesetta di campagna, che le piante rampicanti avevano reso ancora più bella. Al suo interno, sotto il maestoso crocifisso di legno che stava leggermente più indietro e in alto rispetto all’altare, c’erano dei cespugli di roselline selvatiche. Ad abbellire l’atmosfera c’era anche la luce del sole: l’interno della chiesa era ben illuminato e i due giovani sposi avevano scelto il tramonto per la celebrazione. I cori dei bambini erano magnifici e la musica fu la più adatta che avessero mai potuto sognarsi. Sull’altare, scambiarono i loro voti e, dopo aver scambiato gli anelli e firmato le carte per ufficializzare il tutto, la cerimonia finì. Entrambi gli sposi scoppiarono in lacrime per la gioia e si abbracciarono stretti. “Bacio! Bacio! Bacio!” il pubblico fece un’ovazione nella loro lingua esprimendo queste parole, alle quali gli sposi non si ritrassero. Quello che si scambiarono su quell’altare fu, con molta probabilità, il loro bacio più dolce. Quando tornarono a casa, Alfred insistette per prendere il suo novello sposo in braccio per poi portarlo in braccio oltre la soglia di casa. Alla fine l’inglese cedette e l’americano lo prese in braccio. Oltrepassò la soglia di casa ma, invece di metterlo subito giù, lo lasciò andare solo sul letto della loro camera, per consumare quel fresco matrimonio.
 

Erano sposati da due settimane e la loro vita non poteva essere più felice. Era una giornata particolarmente calda e i due sposi novelli non avevano molta voglia di stare in casa, così decisero di uscire. Scelsero di andare nel parco vicino alla casa di Francis e magari fargli una visita prima di tornare a casa. I due si tenevano per mano mentre camminavano per i sentieri del parco. Sentire le risate dei bambini o il cinguettio degli uccelli, una volta così surreale per loro, erano diventati alcuni dei rumori che amavano di più. Oltre a loro c’erano anche altre coppiette, composte da ogni tipo di coppia che aveva in comune solo l’amore che si rifletteva nei loro occhi. Dopo un po’, tra risate e chiacchiere varie, i due decidettero di sedersi su una panchina, all’ombra di una grossa quercia. La situazione sembrò incredibilmente familiare all’inglese, che ammutolì all’istante: all’improvviso glie era tornato in mente il suo famoso sogno ricorrente, che era identico alla situazione che stava vivendo attualmente. E se anche quello fosse stato solo un sogno? Chiuse forte gli occhi mentre l’ansia gli attanagliava lo stomaco. Riaprì gli occhi lentamente, timoroso di quello che avrebbe potuto vedere. Quando i suoi occhi misero a fuoco l’ambiente, una sconcertante consapevolezza gli attanagliò il cuore: era nel suo appartamento di Darfel, solo, esattamente come nei giorni prima del suo incontro con Alfred. Girò la testa verso la sveglia: segnava le 8 del mattino del 19 Giugno 21xx. “Quindi… quindi era tutto un sogno…?” si chiese l’inglese, colto dal dolore più forte che avesse mai potuto provare. Le sue gambe cedettero e si ritrovò a piangere tutte le sue lacrime sul freddo pavimento di legno. “Ehy, my love, wake up. Arthur, did you fall asleep?” gli sembrò la voce del suo amato americano, ma com’era possibile se era sveglio nella realtà? Pensò si trattasse solo di un’allucinazione. Pianse finché non si addormentò per la stanchezza.

Quando si svegliò, sentì di avere la testa appoggiata a qualcosa. Pensò si trattasse del pavimento, visto che vi si era addormentato sopra, ma, quando riaprì gli occhi, le lacrime accorsero nuovamente ai suoi occhi: in realtà non si era mai svegliato a Darfel. Era ancora a Terenzi e la prova era il fatto che il suo amato era lì accanto a lui, seduto sulla stessa panchina. “Ehy, perché piangi? Non preoccuparti, sono almeno due giorno che non dormi per lo studio, non mi sono arrabbiato per il fatto che ti sei addormentato qualche minuto fa” gli disse l’americano, con un sorriso consolatorio. Arthur gli si gettò al collo, abbracciandolo così forte che a momenti l’altro ragazzo non provava dolore. Non smise di piangere finché non fu abbracciato forte a sua volta. “Ma che è successo?” gli chiese. “Niente, niente. Ho fatto un brutto sogno” gli rispose l’inglese, asciugandosi le ultime lacrime. Gli raccontò tutto e lo sguardo dell’americano si fece molto più dolce. “Non accadrà mai che al tuo risveglio tu possa ritrovarti là tutto solo. Non importa cosa, ti avrei trovato comunque e in ogni caso mi sarei innamorato di te. E anche se dovesse accadere, ti troverò ancora e per ogni volta che sarà necessario. Tu mi salverai ogni volta e ogni volta io ce la metterò tutta per fa si che il tuo sogno si realizzi e portarti qui in salvo. Quindi, my love, non piangere più, alright?” gli disse Alfred, accarezzandogli una guancia che, da candida divenne di un rosso acceso. L’inglese annuì e tra i due calò il silenzio, mentre si guardavano negli occhi. Lentamente, i due cominciarono ad azzerare la distanza tra le loro bocche, ma ebbero appena il tempo di sfiorarsele che un rumore intenso e fastidioso disturbò i ragazzi: era il cellulare di Arthur. Il ragazzo rispose al volo. A chiamarlo con tanta urgenza era l’ospedale: ormai il bambino stava per nascere. Per poco non lasciò cadere il telefono. “Alfred, sbrigati, dobbiamo correre! Il bambino sta per nascere!” esclamò, alche anche suo marito scattò in piedi. Corsero a rotta di collo fino all’ospedale dove il loro bambino era ricoverato fin dal loro arrivo nella città. Un’infermiera li accolse e capì con un po’ di difficoltà perché i due ragazzi erano lì, soprattutto perché per la fretta, i due parlavano fittamente la loro lingua d’origine. Calmandosi un po’ riuscirono a farsi capire e la ragazza li accompagnò velocemente al reparto di maternità. Il dottore gli fece indossare un paio di camici sterili, ma poterono assistere all’apertura dell’incubatrice (che ormai era diventata bella grossa) solo da lontano, in modo da non ostacolare il lavoro del dottore e delle infermiere. A maggior ragione nel loro caso, perché non avevano mai tirato fuori un bambino da un’incubatrice come quella. A momenti Alfred non sveniva per l’emozione. “Congratulazioni! Sono due bellissime gemelle!” disse loro il medico. Dopo essere state separate dal cordone ombelicale, lavate e avvolte con degli asciugamani, le infermiere le diedero in braccio ai loro papà. “Come le chiamiamo?” chiese Alfred al marito. “Che ne pensi se quella tranquilla la chiamiamo Alice?” propose l’inglese, mentre la bambina che teneva in braccio scalpitava. “Alice è un bel nome. E per l’altro nome… che ne pensi se la chiamiamo Amelia?”. Arthur concordò. Alice e Amelia Kirkland Jones sarebbero stati i nomi delle due bambine, una che riposava tranquilla tra le braccia di papà Alfred mentre l’altra sembrava voler già giocare con papà Arthur. Qualche giorno dopo fu loro concesso di portare a casa le due bambine. Gli altri due loro amici andarono a trovarli non appena seppero della grandiosa notizia: festeggiarono per gran parte del pomeriggio. Infine, quella notte, i due innamorati, finalmente rimasti soli con la loro famiglia appena formata, furono liberi di sentirsi stanchi per tutte le emozioni provate in quei pochi giorni. Le bambine piangevano, così l’inglese le mise sul loro letto, tra di loro e insieme a suo marito cantarono una ninna nanna alle bambine finché non si addormentarono. I due si diedero la mano prima di addormentarsi a loro volta. Non erano mai stati così felici in vita loro e le cose non avrebbero potuto andare meglio.



Piccolo Angolo dell'Autrice
E alla fine siamo arrivati alla fine XD Mi spiace che sia il capitolo più breve di tutta la storia, ma spero comunque che possa piacere comunque. Piccole precisazioni sulla storia ehehehe Avevo finito di scrivere il capitolo già ieri pomeriggio ma ho deciso di pubblicarlo oggi perchè è passato un mese esatto dalla pubblicazione del primo capitolo \(^w^)/ In più, se volete notarlo, il giorno in questione era un mercoledì (esattamente il giorno del primo incontro dei due protagonisti) (A cuccia Adam, non è una coincidenza XD) Per il resto, beh, volevo ringraziare chi mi ha seguita e incoraggiata e alcune mie amiche in particolare per avermi sopportata mentre scrivevo ahahahahah Si, lo so, è un pò lungo, ma stavolta posso dire che mentre scrivevo molto spesso mi sono trovata più come lettrice che come scrittrice XD Che altro potrei dire? Beh, grazie mille ^w^ e alla prossima <3 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Aru_chan98