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Autore: Nicky Rising    24/10/2014    1 recensioni
Quando intervistai la prima formazione dei Guns N' Roses, feci a tutti la stessa domanda. Le risposte non furono totalmente uguali, complici l'alcool e Dio sa solo cos'altro, ma l'importante fu che tutti si ricordavano di me.
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Duff

Certo, so di cosa vuoi parlare.. Ti dirò, non era una serata particolare, o un avvenimento importante, non avevamo neanche delle esibizioni in programma nelle settimane successive, in realtà eravamo solo noi, soliti 5, a bere e a sputare contemporaneamente dalle e nelle bottiglie degli altri. Un paio di strisce in giro e i pensieri soffocati dall’alcool e dalla musica. Avevamo scelto di andare al Raimbow perché alla fine andavamo sempre lì, non avevamo voglia di cambiare, le uniche nuove esperienze che avevamo voglia di provare erano i tipi di droga che Slash mi proponeva: i barman ci conoscevano, avevano smesso di stupirsi quando ordinavamo due bottiglie a testa della solita merda poco costosa, la musica che davano era decente e alla fine c’era quasi sempre la possibilità di portarsi a letto qualcuna. Alle ragazze piacevamo: la carta del “Siamo cinque rockstar, abbiamo una band, sfonderemo nel mondo dello spettacolo” non avrebbe mai funzionato con delle ragazze qualsiasi, ma con quelle di Los Angeles, perennemente deluse da sogni infranti o da compagni violenti, andava bene qualsiasi cosa. E poi, ammettiamolo, non eravamo particolarmente belli, ma insieme, forse condizionati dal carattere di personaggi come Slash o Axl, eravamo tremendamente sexy.
Non ero abituato ad essere così, ero un ragazzo normale anche io, un tempo, uno studente modello di Seattle con i capelli corti e una famiglia convenzionale, poi non so quale meccanismo  si attivò, ma improvvisamente tutto mi divenne troppo stretto (compresi i vestiti dato che crebbi di trenta centimetri in due anni), e decisi di voler essere qualcosa di più. Non era facile cambiare così radicalmente, ecco perché puntai sull’apparenza: mi lasciai crescere i capelli, poi me li tagliai da solo e li tinsi di blu, di rosso e di biondo.  Fatto. A mamma non fregava niente, ai miei fratelli neppure, mio padre, dunque, era una testa di cazzo, e io me ne andai. E poi chiamai Slash pensando che cercassero un bassista punk e mi presero tutti per omosessuale, perché poi non l’ho mai capito. Ma l’ho detto che la gente di Los Angeles è strana.  Sto divagando, dicevo, eravamo sexy e alle ragazze piacevamo. Ma quella sera, a un’ora tarda, arrivò lei, e tutto divenne un casino. Perché lei non voleva uno di noi né nessuno, lei voleva tutti. E tutti volevamo lei.

Steven

Non ricordo un cazzo di quella sera. Ammettiamolo, non ricordo un cazzo praticamente di tutto il periodo che va dall’85 all’88, poi dopo ricordo il dolore.. Ma non ha importanza, ora.
Eravamo al Roxy comunque. Noi cinque, forse qualcuno in più, e c’era un gran casino. La musica era assordante e Axl non la smetteva più di parlare: quando sono ubriaco o fatto io rido, lui parla. E scopa anche. Ma diciamo che quello lo facevamo tutti. In fondo un ragazzo come me, che la sua prima botta l’ha data a undici anni, non si stupisce più di nulla.
Eppure quella sera, accadde qualcosa di diverso, qualcosa che, nonostante tutto, ricordo anche io.
Di esperienza, come ho detto ne avevo: fin da piccolo mi facevo, fumavo, scopavo e di certo non avevo gli interessi che avevano gli altri ragazzini della mia età, ma che ci potevo fare, rockstar si nasce. Mia madre, ovviamente, non la pensava al mio stesso modo, lei poi era più concentrata su suo marito, lo stesso stronzo che mi cacciò di casa. Mi fece un favore, è vero, ma dovetti andare a rompere dai miei nonni per un po’, e, dopo un paio di vomitate in casa e di cazzate in giro, anche loro non ne poterono più. Di nuovo per strada, ma, almeno, ero abbastanza grande per iniziare ad avere un minimo di indipendenza. Ecco perché andai da Slash. Lui era un gran coglione, bisogna dirlo, ma almeno aveva un limite, io no.
 Ricordo che una volta mi chiese cosa volevo fare da grande, io risposi: “La Rockstar!” e guardate un po’ dove sono adesso! O dov’ero per lo meno..
Comunque quella sera al Troubadour era pieno di belle ragazze, ma non me le ricordo tutte.. No, mi ricordo solo lei. Quella sì, che era pazza.

Izzy

Perché vogliamo parlare di questo? Sì, certo che me la ricordo, ma il problema è che la prima cosa che collego all’86 è l’eroina: è stato il primo anno in cui ho iniziato a farmi di quella merda, e ne sono uscito solo quattro anni e mezzo dopo. Che cazzo, odio parlarne, odio parlare di quel periodo, davvero. 
Cosa? La domanda non era questa? Lo so, scusami.
Ad ogni modo, era un gran freddo fuori, ci eravamo infilati nel primo buco che avevamo trovato, un locale a cazzo, solo perché ci eravamo stufati di stare nel solito appartamento tappezzato di vomito e di birra che condividevamo. La chiamavamo Hell House non perché fosse un nome particolarmente Rock N’ Roll, ma proprio perché era un inferno, il girone dei lussuriosi, direi.
Non è che fosse una gran serata, ci stavamo annoiando, credo: mi ero portato la chitarra per cazzeggiare un po’, ma c’era la musica troppo alta e non potevo fare niente. Non era come i locali di Lafayette in cui c’erano i soliti sei pensionati che bevevano la solita birra vecchia. Io e Bill.. Cioè Axl, allora, ci sentivamo proprio dei duri ad andare in posti come quelli.. Ma, in realtà, facevano schifo e servivano solo per sfuggire dalle nostre famiglie, dalla sua soprattutto, la mia è sempre stata abbastanza comprensiva, forse solo perché non gliene fregava un cazzo della mia esistenza. Ad ogni modo non ruppero troppo le palle quando me ne andai.
L’unico avvenimento degno di nota, quella serata, fu la sua conclusione: lei. Non era come le altre ragazze, lei era strana forte. Non che fosse bella, cioè aveva due tette da paura, ma niente di particolare. Però.. Me la ricordo. Lei era affamata di noi. Era un fuoco.  Il fuoco che mancava nel nostro inferno.

Slash

Sul serio? Nessuno mi aveva mai fatto questa domanda. Voi giornaliste di oggi vi state aggiornando, eh?
Te l’ho detto che sei anche carina? Perdonami, ormai è finita l’era di queste cose.. Giusto per rimanere in tema con la domanda..
Dunque da dove iniziare, era un venerdì..? Che cazzo ne so, non prendiamoci per il culo, non lo so che giorno era, non so neanche il mese.. So che era freddo fuori, ecco perché siamo andati al Whisky a Go-Go.. E..niente, lei è entrata poco dopo, quando eravamo tutti un po’ troppo ubriachi.  Ma il Jack era sempre al centro dei nostri tavolini, per quanto fossimo poveri in canna, preferivamo indebitarci con il barman che rinunciare al mio Jack.
La prima volta che lo bevvi fu amore a prima vista, amore e odio. Odio quando mi massacrò il cuore. Diciamo. Non ricordo quando lo bevvi la prima volta in realtà, ma i miei genitori erano persone abbastanza aperte a certe esperienze, soprattutto mia madre e i suoi compagni, mio padre lo persi di vista a 8/9 anni..
Ma per fortuna avevo questi hobby che mi distraevano: la bici, la roba, le ragazze e quel pazzo di Steven.
Comunque.. Dicevamo? Ah, la ragazza, sì. Era carina, non ricordo come si chiamasse.. Con le tette grosse, come piacciono a me. E.. beh sembrava assatanata. Sì, davvero. Non era una di quelle ragazzine sante che si ritrovano a Los Angeles per caso e che non sono pronte a niente di quello che le avrebbe colpite, no, lei sapeva esattamente cosa voleva. Ma lo sapevamo anche noi.. Eravamo cinque deficienti, ma non eravamo ingenui.. Non lo eravamo affatto..

Axl

So dove vuoi andare a finire.. Strano, di solito domande del genere le fanno gli uomini, le donne si scandalizzano.. Ma come vuoi... Dunque erano tutti strafatti, non dico eravamo perché io con la roba ci sono sempre andato piano, due grammi di coca e non cantavo per un mese, ti giuro, era un casino. Non è un’idea brillante fare il cantante quando le tue corde vocali sono già un casino di loro.. Ma ho sempre avuto il bisogno di dimostrare qualcosa al mondo che voleva tradirmi sin dal momento in cui sono nato, mio padre ne è la prova, il mio patrigno pure.. Ma non importa.
All’epoca potevo ancora vantarmi di scopare la musica che facevo, e la gente che mi guardava se ne accorgeva.. Forse anche lei era una di quelle prime fan che mi avevano sentito cantare.. Eppure di solito le ragazze che ci ascoltavano pensavano solo a quanto fossimo sexy, e non si accorgevano del nostro essere soltanto dei disadattati sociali.
Lei però sembrava saperlo, e sembrava che questo la eccitasse ancora di più.
L’avevo conosciuta qualche sera prima e avevo deciso di presentarla ai ragazzi.
La sera stabilita eravamo al Raimbow, ne sono certo, andavamo sempre lì.: Duff era l’unico con cui si poteva ancora tenere una conversazione, Slash si era appisolato, Steven sbuffava e rideva contemporaneamente e Izzy sembrava non vedesse l’ora di farsi un’altra dose, era nella fase “Che palle è tutto una merda”, ma diciamo che è sempre stato abbastanza critico sulla vita e su tutto, ecco perché lei gli piaceva così tanto.. Ma a chi non piaceva.  Si chiamava Lena, e aveva i capelli rossi, come i miei. Anzi in un primo momento mi dissi che era la  mia esatta versione femminile.. Ecco perché cazzo mi piaceva così tanto.
Non tentennò un secondo, venne da noi con il sorriso sulle labbra e disse solo “Andiamo di là?”
Ci svegliammo tutti dai nostri pensieri, e ci guardammo negli occhi per capire con chi cazzo stesse parlando. Poi capimmo. Parlava con tutti e cinque.

Lena

16 Dicembre, 1986, Los Angles, Roxy Bar
I ragazzi erano nel loro habitat naturale: un bar, un paio di bottiglie vuote e altrettante piene sul tavolo, qualche dose sparsa in giro e le solite tre o quattro ragazzine in braccio a qualcuno di loro, intente ad attirare la loro attenzione, che nessuno sembrava dargli: erano maschilisti e tremendamente superficiali, sentivano il bisogno di una compagnia femminile solo per poterla trattare di merda e sentirsi degli dei in terra, soprattutto Axl. Ero perfettamente lucida quella sera, ricordo che avevo incontrato il cantante qualche sera prima, mi ero infilata nel suo camerino dopo un concerto: mi piaceva quel ragazzo, mi sembrava abbastanza odioso per essere interessante. Axl era anche l’unico a non essere fatto, stava chiacchierando con un Duff mezzo ubriaco che, però, reggeva l’alcool meglio degli altri: Slash era addormentato sulle tette di una ragazza, Izzy era in stato catatonico su un divanetto e Steven ondeggiava pericolosamente sulla sedia, indeciso se dire ad Axl di smetterla di parlare o se continuare a ridere fregandosene della vita. Optò per la seconda scelta.
Quando arrivai vicino a loro, gli occhi dei due ancora lucidi si posarono sulle mie tette, e Slash sembrò risvegliarsi. Gli dissi solo:
“Andiamo di là?”
Ero piuttosto diretta quando parlavo, non mi piacevano i giri di parole, le bugie e le stronzate. Io volevo farmeli, e non ci sarebbero state altre complicazioni. Fine.
Andammo sul retro del locale, nel giro di due minuti, tutti sembrarono ripartire ai duecento orari, uomini. Mi presero tutti, almeno una volta, ognuno si concentrò su di me a suo modo, e rimasi spogliata di ogni dolore, dopo quella notte. Mi sentii leggera, svuotata, libera. Come se nella vita non avessi avuto più bisogno di fare la groupie, come se quello fosse stato l’apice della mia carriera.
Infatti, dopo quella sera, mi rimisi in carreggiata, ricominciai a studiare e divenni la giornalista che sono oggi.
Ora mi ritrovo qui, a riassumere le versioni che ho ottenuto ponendo la stessa domanda ai cinque ragazzacci che, in un certo senso, senza nemmeno volerlo, mi hanno salvata:
“Mi sai dire qualcosa sulla ragazza dai capelli rossi, che vi incontrò nel 1986?”

Ora vi chiederete perché diamine, dopo anni dall’avvenimento mi è venuto il desiderio irrefrenabile di sapere se quegli stessi ragazzacci si ricordavano di me.
In effetti, non me ne dovrebbe importare più nulla, ora sono sposata, ho avuto due bambini con mio marito, e sono fiera di aver sposato un uomo talmente in gamba da crescere come figlio suo anche il mio ragazzo, nato nell’agosto del 1987, di cui ancora, non conosco il padre.
A chiedermi di contattarli, è stato proprio lui,
 Anthony Rose Guns.
  
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