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Autore: Anne Elliot    25/10/2014    6 recensioni
"John aprì loro la porta del salotto ma si bloccò non appena vide che la persona intenta a suonare il violino, non era Sherlock Holmes."
Nell'ultima puntata della terza stagione, Mycroft fa riferimento ad un terzo Holmes.
Questa è la mia interpretazione della faccenda
Spero vogliate farmi sapere cosa ne pensate. Mi raccomando, voglio le critiche! ^^
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Molly Hooper, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The third brother'
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Note autore: Ed ancora salve a tutte/i! ^^
Per prima cosa, come sempre, grazie per i commenti. Sono veramente felice che gli “anedotti sherlockiani” siano piaciuti perché li ho pensati accuratamente e sono contenta che abbiano trovato i vostri apprezzamenti.
Questo capitolo è stato il più complicato. Credo di aver scritto e riscritto ogni parte almeno una decina di volte, l’ho allungato ed accorciato all’infinito ed ora ha una forma più o meno logica. Il tutto nella mia testa era molto più semplice e lineare ma purtroppo ne è venuto qualcosa di contorto anche se spero sia comprensibile. Spero anche non risulti troppo un “capitolo di spiegazione” per quanto lo sia e che il tutto non vi deluda. Il mio livello d’ansia è indescrivibile.
Spero non ci siano errori, mi impegno ma mi scappano sempre e se li notate continuate a dirmelo: lo apprezzo, veramente!
Bene, come sempre, a voi l’ardua sentenza e soprattutto le critiche! ^^
A presto,
Anne







The third brother


“Qualche esperimento sul congelamento, Sherry?”

Una leggera folata di vento gelido scosse i capelli delle due donne. Molly percepì un odore leggero provenire dalla casa rossa. Si voltò verso di essa. Era solo un macchia nera da cui si intravedevano le luci delle finestre come piccole lucciole immobili.
«Galanthus reginae-olgae»
Molly si girò verso la donna che aveva appena parlato.
«Come?»
Sherry osservava casa Holmes con uno sguardo serio e profondo. Le mani incrociate duramente sul petto. Un’altra folata di vento attaccò i loro volti ma mentre Molly si nascose al riparo della propria sciarpa, Sherry rimase immobile. La patologa la vide rimanere fiera ed impassibile. I capelli spinti indietro dal vento, il volto duro e indifferente all’affronto di quell’aria gelida che osava attaccarla. Per un momento ma solo per un momento, Molly vide in Sherry uno sguardo carico di un odio quasi disumano; non era rivolto a lei, non era rivolto a casa Holmes ma c’era, era lì e Molly lo percepiva come una presenza. Per un momento ma solo per un momento Molly Hooper ebbe paura di quella donna.
Non appena Sherrinford Holmes chiuse gli occhi inspirando quella leggera fragranza, Molly sentì il suo timore sparire. Quel qualcosa che lei aveva sentito come reale e vivo era svanito.
Sherry si voltò verso di lei e le sorrise tornando a dare le spalle alla casa e la sua attenzione al cielo.
«Galanthus reginae-olgae….sono bucaneve. A quanto pare stanno fiorendo prima del previsto.» disse la donna con un sorriso.
La patologa sorrise di rimando sentendo la tensione allontanarsi.
«Non sapevo avessero un nome così complesso»
L’altra continuò a guardare il cielo. La voce era più un pensiero scappato che qualcosa di affermato realmente.
«Tutto è più complesso di quanto possa sembrare»
Molly la guardò cercando di carpire dal suo silenzio qualcosa in più ma Sherry percepì il suo tentativo e scosse la testa lentamente riportando il suo sguardo in quello di lei.
«Perdonami, sto divagando…è che stavo cercando di capire come rispondere alle tue domande»
Molly scosse la testa.
«Se non vuoi…»
Sherry sciolse le braccia alzando un dito per fermarla. Rimise le mani in tasca e respirò a fondo.
«La verità è che sono stata un banale cliché da film di serie B.» sorrise «Avevo 22 anni quando lo vidi per la prima volta. Erano ormai 4 anni che non facevo altro che lavorare in giro per il mondo per le più disparate organizzazioni. Questo mio cambiare, lasciare, vagabondare mi aveva creato non pochi problemi, non solo con persone importanti ma anche con Mycroft. Mi accusava di essere un’irresponsabile, di non avere una morale, di non amare la mia patria.»
La donna ricominciò a camminare e Molly la seguì in silenzio.
«Il vero problema, per me, era la mia paura di diventare come lui. All’epoca era già diventato rigido, inflessibile verso tutto e tutti, era diventato una persona che non mi piaceva e io non volevo finire per essere come lui. “Se vuoi donare il tuo affetto a qualcuno devi esser sicura che non ti tradisca, che non ti usi e che poi non ti getti! Noi siamo differenti, Sherrinford”. Come poteva parlare dei sentimenti, delle sensazioni, a quel modo? Per quanto diversi siamo comunque essere umani, mio Dio! Non potevo calcolare e studiare a chi dare il mio affetto o le mie attenzioni.»
La voce di Sherry era quasi strozzata.
«La mia paura era che quello stesso pensiero, quella stessa visione dei sentimenti come un qualcosa di pericoloso e superfluo, potesse penetrare anche in Sherlock.» scosse leggermente la testa «ma invece di restare a casa, invece di far capire a Sherlock che poteva essere diverso, che poteva aprirsi con il mondo io, io me ne andai. Pensai a me, solo e soltanto a me. A ciò che volevo, a quello che mi faceva stare bene e a chi mi faceva stare bene.»
Molly tirò fuori le mani dalle tasche per l’irrefrenabile istinto di darle un segno di conforto o di affetto ma la Holmes riprese a parlare.
«Il suo nome, il suo ruolo e tutto ciò che riguarda la persona di cui mi fidai ciecamente non ha importanza, in questo momento» Molly avrebbe voluto dirle di parlarne e di sfogarsi ma Sherry le regalò un sorriso e scosse la testa. «No Molly, non è importante ora, veramente!»
La patologa annuì con poca convinzione.
«Ciò che è importante è che mi sbagliai! Avevo fatto ciò che Mycroft temeva: affidato il mio affetto, il mio amore a qualcuno di sbagliato, assolutamente sbagliato.»
Sherry si bloccò ed osservò gli alberi di fronte a loro. Ascoltò il frusciare delle foglie, lo scricchiolio del legno.
«Lui era furbo, era intelligente…era come noi e per questo io mi fidai. Non potevo immaginare che una persona così simile a me, con così tante sofferenze simili alle mie potesse giocare con queste nostre somiglianze per usarmi. Ma fu così. Aveva usato la mia sete di novità, la mia sete di affetto, la mia sete di appartenenza e comprensione per raggirarmi e portarmi a fare le cose peggiori. La cosa più orribile: io gli credetti, gli credetti fino all’ultimo.»
Sherrinford nascose il naso nella sciarpa e chiuse gli occhi. Poi riemerse dal tessuto di lana e tornò a guardare casa Holmes ancora più distante di prima.
«Ed ora, Sherlock» Molly seguì lo sguardo triste della Holmes sino all’edificio rosso per poi riportarlo su di lei.
La vide ricominciare a camminare riavvicinandosi verso casa.
«Non riuscivo a sentirlo quasi mai. Spesso Mycroft mi impediva di parlargli» sospirò «come dargli torto, ero già una traditrice della sua nazione, non avrebbe mai permesso che tradissi anche tutti loro!»
Molly le si avvicinò di qualche passo, i gomiti a sfiorarsi. Non era un abbraccio ma era sicuramente meglio di nulla.
Sherry le sorrise delicatamente.
«Sentivo che stava cambiando. L’unico suo affetto stava diventando Barbarossa, oltre alla famiglia. Era sempre più rigido, scontroso, arrogante, saccente. Stava cambiando, si stava chiudendo in sé stesso ed io lo avevo permesso. In cuor mio sapevo che Mycroft lo stava influenzando ma sapevo anche che non lo faceva a fin di male, tutt’altro!»
Continuarono a camminare in silenzio per qualche minuto. Sherry alzò le sopracciglia per poi corrugarle nuovamente.
«Era il natale del ’97 quando mi trovarono ed arrestarono. Anzi, ad esser sincera, quando decisi di farmi trovare. Ero in Kossovo da mesi ormai. L’ultima settimana di novembre mi accorsi che lui aveva usato il mio nome e quello di Mycroft per dirottare degli aiuti militari che lo MI6 aveva inviato. Quando lo scoprì e lo accusai del tutto, in principio, negò poi tentò di convincermi a collaborare con altri mezzi.» La mandibola della donna si serrò con forza. «Scappai e mi rifugiai all’interno di un edificio ormai fatiscente dove una volta c’era non ricordo bene quale consolato. Non ero sola, con me c’erano le persone più disparate. Persone che come me erano abbandonate a sé stesse e ferite. Li pagai e ricucirono pezzi del mio corpo ma non poterono fare molto per la mia mente.» Sherry scosse leggermente la testa ed inspirò forte. «Non ci volle molto prima che la ferita sull’addome si infettasse. Era quella più delicata e  le condizioni igieniche erano a dir poco pessime. Io ero in uno stanzone con altre 15 persone, con materassi buttati per terra e sporcizia ovunque. Ne morirono tanti intorno a me. La viglia di Natale la mia condizione era veramente grave. La ferita era in uno stato pietoso e non riuscivo a rimanere lucida per più di due ore consecutive, il resto del tempo deliravo; la febbre si era alzata e le poche persone che mi avevano aiutato erano fuggite oppure morte. Ero sola!»
Chiuse gli occhi e poi li riaprì.
«Fu allora che cedetti e trovai un modo per contattare Mycroft. Il mio orgoglio era stato umiliato in mille modi ma ora rischiavo molto di più, rischiavo che la mia famiglia pensasse che avessi tradito anche loro, che avessi venduto io quelle informazioni portando anche Mycroft alla rovina.»
Molly non sapeva come impedire alle lacrime di Sherry di scendere. Non era un pianto rumoroso e disperato; il volto di Sherry era composto e serio, se non fosse stato per la luce della luna, la patologa non avrebbe visto le lacrime e non avrebbe potuto percepire in alcun modo che stesse piangendo.
«La mattina di Natale sentì del trambusto venire dal piano di sotto di quella palazzina. Dopo qualche minuto vidi entrare Mycroft con dietro di sé agenti in tenuta antisommossa e…e Sherlock!» Un singhiozzo, dalle labbra di Sherry uscì solo un singhiozzo ma quando riprese a parlare la sua voce era tornata seria e pacata. «Avevo detto a Mycroft di tenergli nascosta la cosa, di non farlo venire, non volevo che mi vedesse in quello stato, che vedesse il mio fallimento, che capisse che li avevo abbandonati per nulla. Ma Sherlock aveva fatto di testa sua e Mycroft aveva dovuto portarlo con sé.»

Sherry si fermò e sorrise guardandosi in giro senza cercare realmente qualcosa.
«Ogni volta che vedo dei film, affrontare i rapimenti e i ritrovamenti delle persone mi viene sempre da sorridere. Gli attori sono identici, qualche graffio qua e là, i capelli un po’ scompigliati  ed il trucco colato. Beh, la realtà è ben diversa.» Tirò fuori le mani dalle tasche e le sfregò fra loro. «La realtà è che sei qualcosa di molto peggio. Io avevo perso almeno 10 chili, avevo piaghe da decubito, il mio odore era a dir poco nauseante ed ero completamente irrazionale. Urlavo maledicendo l’uomo che mi aveva tradito, rinnegando ciò che avevo fatto, rinnegando la mia scelta di essermi affidata a qualcuno e giurando che non lo avrei mai più fatto in tutta la mia vita. Riuscirono a portarmi via solo perché Mycroft mi sedò a forza.»
Sherry incrociò le braccia e lanciò uno sguardo verso Molly. La patologa la guardava con un espressione seria e composta, i suoi occhi erano lucidi e forse avrebbe voluto piangere ma si stava trattenendo.
«Tutto quello che avvenne dopo è un ricordo confuso. Quello che però non mi scorderò mai è l’espressione di Sherlock: era spaventato! Non lo avevo mai visto provare paura o timore verso qualcosa ed il fatto che fossi io a provocargli quella sensazione mi annientò.»
Sherry tornò a dare le spalle alla casa con un’espressione colpevole e triste sul volto.
«I giorni successivi al mio ritrovamento fui curata e messa in una struttura sicura. Mycorft riuscì a salvarmi dalla pena di morte e mi mandò in un ospedale psichiatrico. Rapidamente ritrovai me stessa. Ogni settimana Mycroft veniva a trovarmi ed ogni settimana ricevevo una telefonata di mia madre e mio padre ma…Sherlock non venne e non si fece sentire mai. Ogni volta che c’era il giorno per le visite speravo che venisse ed ogni volta Mycroft mi diceva che non era venuto per chissà quale motivo. Entrambi sapevamo che facevamo finta di credere che quelle bugie fossero reali.»
Un ululare lontano fece sobbalzare la patologa. Sherry sorrise.
«Non preoccuparti sono lontani ed innocui.»
Molly annuì anche se continuò a guardarsi intorno con aria preoccupata.
«E poi cosa è successo?»
Sherry guardò con tristezza il cielo.
«E poi Barbarossa se ne è andato»

 
 

«E se le trovano i lupi?»
Sherlock era ancora intento ad infilarsi il cappotto. Lo sguardo preoccupato del dottore e l’aria di velato rimprovero di Mary lo avevano convinto ad andarle a cercare.
«Non me ne preoccuperei, John. Sherry è decisamente troppo acida perché possano ritenerla commestibile!»
Il dottore rabbrividì al sarcasmo dell’uomo. Mary scosse leggermente la testa anche se un sorriso accennato le increspò le labbra.
Il detective, il sorriso sarcastico ancora sul volto, uscì dalla porta di legno scuro.

 

Molly abbassò lo guardo.
«Fu in quel periodo che…?»
Sherry la guardò con aria malinconica.
«Intendi la droga?» La patologa annuì. Sherry fece un respiro profondo. «In realtà fu qualche tempo dopo. Quando Mycroft mi disse di Barbarossa ne rimasi sconvolta. Era ormai anziano quel cucciolone ma non pensavo che…comunque, Mycroft mi disse che si era ammalato all’improvviso e che Sherlock era con lui quando se ne è andato. Chiesi a Mycroft di trovare un modo per far venire Sherlock da me. Non intendevo consolarlo o farlo sfogare, Sherlock queste cose non le vuole. Volevo solo vederlo, mi bastava vederlo per capire come stesse realmente. La settimana successiva mi venne a trovare.»
Molly guardò Sherry con aria speranzosa ma l’espressione malinconica della donna non andò via.
«Provai a chiedergli come stava ma rispondeva a monosillabi o non mi degnava di una risposta. Percepivo l’odio che provava per me e per l’essermene andata, per averli lasciati per qualcuno di così indegno.» Sherry alzò lo sguardo seguendo una nuvola scura che si muoveva lentamente. «Gli chiesi come andassero le cose a casa, come andasse il college, se avesse trovato qualche persona con cui confrontarsi…non usai mai la parola amico. Mi rispose che non c’era nessuna persona degna di nota e che la polizia stava ignorando i suoi consigli su non mi ricordo quale caso.»
Molly sbatté le palpebre.
«E non parlaste di quello che ti era accaduto o della morte di Barbarossa?»
Sherry scosse lentamente la testa mordendosi il labbro inferiore.
«Provai a dirgli che ciò che era accaduto a me non aveva nulla a che vedere con lui, che io e lui eravamo diversi e che se io ero stata tratta in inganno lui non doveva pensare che tutto il mondo fosse pronto ad usare i suoi sentimenti contro di lui ma fu inutile. Non era più interessato a me e non voleva condividere più nulla con me. S ne andò senza neanche salutarmi.»
Molly intravide le lacrime fare capolino dagli occhi di Sherry ma la donna passò le dita sotto le ciglia inferiori per impedire loro di uscire.
«Passò del tempo. Io iniziai a collaborare con Mycroft su alcuni casi che doveva risolvere. Per lo meno stavo riallacciando i rapporti con il mio fratellone!» Un sorriso le increspò le labbra. «Mi sono comportata in maniera crudele con lui ma, al contrario, lui per me c’è sempre stato. So che il mio comportamento lo aveva turbato. Pensava che le scelte che avevo fatto erano dovute alla sua incapacità di farmi capire quanto mi voleva bene e quanto le sue preoccupazioni fossero per me e non per salvaguardare sé stesso ed il suo lavoro. E’ per questo che adesso si comporta così!»
Molly sorrise.
«Intendi il pianoforte ed il farsi abbracciare senza contraccambiare?»
Sherry la guardò con gli occhi spalancati ed un’espressione divertita.
«Ma certo! Per lui sono dimostrazioni d’affetto enormi e probabilmente eccessive.» Sorrisero entrambe. «Comunque, si, è per questo che si comporta così con me ed anche con Sherlock. Ha riversato su di lui tutte le attenzioni e le preoccupazioni che non ha avuto per me. In un certo senso, mi piace pensare, che la mia assenza li abbia avvicinati e resi molto più complici di quanto lo erano prima…per quanto Sherlock mi rinfacci che è colpa mia se adesso Mycroft gli da il tormento!»
Nonostante le lacrime e la situazione, le due donne risero a crepapelle.

 

 
Un fischio. Un fischio basso e continuo.
Sherry si voltò di scatto verso la casa rossa.
«Che cos’era?» chiese Molly.
L’altra fece un suono simile e si incamminò per tornare indietro.
«E’ Sherlock. Probabilmente non riesce a vederci per via della differenza di luce fra dentro casa e fuori» Molly alzò le sopracciglia con aria dubbiosa. «Lo facevamo da piccoli. Il fischio si propaga maggiormente della voce e se si è attenti si riesce meglio a percepirne la provenienza e la distanza.»
Molly sorrise camminando di fianco a Sherry. Quanto avrebbe voluto avere anche lei dei fratelli ed un rapporto così forte come il loro!
Sherry scosse la testa.
«Comunque, la sto facendo troppo lunga. Qualche tempo dopo venni a sapere da mia madre della storia della droga. Ne chiesi conferma a Mycroft e lui mi disse che non me l’aveva detto perché avrei potuto fare ben poco. Gli dissi, di nuovo, che volevo che Sherlock venisse da me.»
Molly la guardò con fare incuriosito.
«E venne al giorno di visita?»
Sherry fece stridere leggermente i denti.
«Non esattamente.» Molly la guardò con aria dubbiosa. «In realtà si intrufolò la notte stessa. Mi svegliai nel cuore della notte perché avevo percepito qualcosa e lui era lì, seduto alla mia scrivania a sfogliare le pagine di un vecchio giornale. Mi alzai di botto e gli chiesi spiegazioni, non di come fosse entrato, si poteva entrare ed uscire da lì in 15 modi diversi senza essere notati, era ovvio!» Molly alzò gli occhi al cielo per una frazione di secondo: quella donna, per quanto differente dai due fratelli, era decisamente una Holmes! « No, gli chiesi della storia della droga e lui» un sorriso nervoso si fece largo sul volto della donna «lui mi disse che non mi riguardava, che aveva tutto sotto controllo, che ne aveva bisogno e di non impicciarmi. Il problema è che era palesemente fatto mentre mi diceva tutto questo: uno spettacolo indecente.»
Molly le si avvicinò di qualche centimetro. Gli occhi spalancati per la curiosità.
«E com’è finita?»
Sherry si fermò di botto ed iniziò a sorridere. Poi scoppiò a ridere di fronte ad un’allibita Molly.
«Finì che gli diedi un cazzotto così forte da spaccargli un labbro!»
Molly rimase stupita da quella risata liberatoria di Sherry. La gioviale Holmes si ricompose e spalancò le braccia.
«Perdonami, devo sembrarti un mostro!» Molly scosse leggermente la testa. Più che altro era sorpresa che Sherry riuscisse a ridere di una situazione così difficile.
Sherry ricominciò a camminare.
«Dopo quel cazzotto lui mi guardò con aria sorpresa, ovviamente, ed io lo rimproverai come non facevo da anni. Gli dissi che quello era un comportamento infantile, che i malesseri che provava lui li avevamo provati anche io e Mycroft e che i suoi problemi mi riguardavano eccome, anche se lui pensava che non fosse così. Cercò di rispondere alle mie parole ma non ci riuscì. Dopo qualche minuto di silenzio gli lanciai un asciugamano per togliersi il sangue dal volto e  lo feci sdraiare sul letto mettendomi accanto a lui. Riuscivamo a vedere le stelle dalla finestra. Iniziai a chiedergli i nomi delle varie costellazioni e ad ogni suo “non lo so” per tutta risposta gli davo dell’ignorante.» La donna sorrise di nuovo. «Passammo tutta la notte a parlare. Di Barbarossa, di ciò che provava, di quello che mi era successo, del fatto che non dovesse pensare che il mondo si comportasse con lui come aveva fatto con me.» Sherry tornò a sorridere. «Diciamo che da lì abbiano ricominciato ad essere quelli che eravamo un tempo!»
Molly sorrise e guardò di fronte a sé. Ormai si intuiva la figura di Sherlock che le aspettava di fronte il cancello.
Anche Sherry se ne accorse e si fermò prendendo la patologa per un braccio e costringendo anche lei ad interrompere la sua marcia.
«Molly avrei voluto essere più chiara ma a quanto pare non ne sono in grado! Però voglio rispondere alle tue domande. Perché Sherlock non vi ha mai parlato di me? Beh, come puoi ben vedere non sono una gran persona e sicuramente non sono facile da “raccontare”.»
Molly scosse la testa.
«Forse non sei facile da raccontare ma credo che nessuno lo sia e soprattutto non è vero che tu non sei una grande persona, tutt’altro!»
Sherry le sorrise.
«Molly, ti ringrazio per le tue parole ma io so cosa ho fatto e…»
La patologa la guardò con aria seria e decisa.
«Quello che hai fatto lo hai fatto pensando di farlo per qualcuno che amavi. Hai sbagliato? Si. Hai fatto cose orribili? Probabile. Ma lo hai fatto solo perché ti sei fidata di una persona sbagliata. Capita a chiunque, solo che per voi Holmes è tutto più complicato.»
Le due donne sorrisero complici. Poi Sherry continuò.
«Perché mi sono arrabbiata con lui prima? E’ per via di Miss Adler? Si!» sospirò. «Quella donna poteva essere per Sherlock ciò che quell’uomo è stato per me. Sherlock è stato affascinato dalla mente e dall’intelligenza di quella donna, l’ha percepita come qualcosa di simile a lui ma lei era esattamente come il mio lui. Forse non l’avrebbe tradito ma non è ciò di cui lui ha bisogno. Sherlock non è come me e Mycroft.»
Sherry sorrise con aria infantile.
«Hai presente prima, quando ho detto ad Anthea che ci saremmo riviste martedì?» Molly annuì con fare divertito «Beh, spero di sapere se c’è qualche cosa in ballo, se mi capisci?!» Molly sorrise comprensiva e Sherry continuo. «Insomma, per Mycroft una donna come Anthea sarebbe perfetta. Lui ha bisogno di qualcuno che abbia la sua stessa serietà, il suo alto senso dell’onore e delle istituzioni. Per Sherlock no e non andrebbe bene neanche una donna come Miss Adler. Lui ha bisogno di qualcuno che lo renda parte del mondo e non che lo faccia rinchiudere nel suo. E’ questo è lampante dal fatto che ci siate tutti voi.»
Molly arrossì allo sguardo di ringraziamento che le regalò Sherry.
«Quando ha iniziato a parlarmi di John, di Lestrade, di Mrs Hudson e di te, ho capito che stava iniziando ad essere migliore. E questo solo grazie a voi. Per questo dico che ha bisogno di qualcuno di voi accanto a lui.»
Molly la guardò con aria dubbiosa.
«Qualcuno di noi?»
Sherry le lanciò uno sguardo malizioso e divertito.
«Beh, per un po’ ho pensato che fra lui e John ci fosse qualcosa. Non che per me ci fosse qualche problema, per carità, ma io e la mamma puntavamo su di te…e poi ormai John è impegnato!»
Molly arrossì maggiormente mentre Sherry scoppiava nuovamente a ridere.
Un nuovo fischio attirò l’attenzione delle due donne. Sherry tirò su col naso.
«Meglio sbrigarsi, non è mai stato paziente…ma questa è tutta colpa della mamma, se l’è troppo coccolato il “suo ragazzo”!»
Le due donne sorrisero nuovamente e ricominciarono a camminare a passo svelto verso casa.
 

 

«Qualche esperimento sul congelamento, Sherry?» chiese in tono sarcastico l’uomo non appena furono vicine al cancello dove lui le aspettava.
La donna gli rispose mimando la sua espressione innervosita che, per tutta risposta, l’uomo rimarcò.
«Sei pregata di tenere Molly fuori da queste sperimentazioni illogiche».
La donna lo sorpassò lanciandogli uno sguardo malizioso ed incamminandosi verso la porta di casa.
«Stai tranquillo, nessuno te la tocca la tua Molly!»
Detto questo entrò lasciando i due dietro di lei nel più completo imbarazzo.
L’uomo si riprese, sbatté le palpebre e lanciò un’occhiata a Molly.
«Di cosa stavate parlando con così tanta confidenza?»
Molly continuò a camminare a testa bassa.
«Niente di importante…Mi ha affidato qualche suo pensiero»
Lui rimase in silenzio per qualche istante poi, una volta arrivato sulla soglia, si girò verso di lei. Un sorriso accennato.
«A quanto pare, è un vizio degli Holmes affidarsi a te, Molly Hooper»

 

 

Note autore: Beh, che dire spero che il tutto non risulti troppo irreale!
Volevo dirvi che siamo quasi in dirittura di arrivo, credo che in un paio di capitoli la storia troverà la sua (degna?) conclusione.
A presto,
Anne

 

 

  
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