Note autore: Ed ancora salve a tutte/i!
^^
Per prima cosa, come
sempre, grazie per i commenti. Sono veramente
felice che gli “anedotti sherlockiani” siano
piaciuti perché li ho pensati
accuratamente e sono contenta che abbiano trovato i vostri
apprezzamenti.
Questo capitolo
è stato il più complicato. Credo di aver scritto
e
riscritto ogni parte almeno una decina di volte, l’ho
allungato ed accorciato
all’infinito ed ora ha una forma più o meno
logica. Il tutto nella mia testa
era molto più semplice e lineare ma purtroppo ne
è venuto qualcosa di contorto
anche se spero sia comprensibile. Spero anche non risulti troppo un
“capitolo
di spiegazione” per quanto lo sia e che il tutto non vi
deluda. Il mio livello
d’ansia è indescrivibile.
Spero non ci siano
errori, mi impegno ma mi scappano sempre e se
li notate continuate a dirmelo: lo apprezzo, veramente!
Bene, come sempre, a
voi l’ardua sentenza e soprattutto le
critiche! ^^
A presto,
Anne
The third brother
“Qualche esperimento sul congelamento, Sherry?”
Una leggera
folata di vento gelido scosse i capelli delle due donne.
Molly percepì un odore leggero provenire dalla casa rossa.
Si voltò verso di
essa. Era solo un macchia nera da cui si intravedevano le luci delle
finestre
come piccole lucciole immobili.
«Galanthus reginae-olgae»
Molly si girò verso la donna che aveva appena parlato.
«Come?»
Sherry osservava casa Holmes con uno sguardo serio e profondo. Le
mani incrociate duramente sul petto. Un’altra folata di vento
attaccò i loro
volti ma mentre Molly si nascose al riparo della propria sciarpa,
Sherry rimase
immobile. La patologa la vide rimanere fiera ed impassibile. I capelli
spinti
indietro dal vento, il volto duro e indifferente all’affronto
di quell’aria
gelida che osava attaccarla. Per un momento ma solo per un momento,
Molly vide
in Sherry uno sguardo carico di un odio quasi disumano; non era rivolto
a lei,
non era rivolto a casa Holmes ma c’era, era lì e
Molly lo percepiva come una
presenza. Per un momento ma solo per un momento Molly Hooper ebbe paura
di
quella donna.
Non appena Sherrinford Holmes chiuse gli occhi inspirando quella
leggera fragranza, Molly sentì il suo timore sparire. Quel
qualcosa che lei
aveva sentito come reale e vivo era svanito.
Sherry si voltò verso di lei e le sorrise tornando a dare le
spalle
alla casa e la sua attenzione al cielo.
«Galanthus reginae-olgae….sono bucaneve. A quanto
pare stanno
fiorendo prima del previsto.» disse la donna con un sorriso.
La patologa sorrise di rimando sentendo la tensione allontanarsi.
«Non sapevo avessero un nome così
complesso»
L’altra continuò a guardare il cielo. La voce era
più un pensiero
scappato che qualcosa di affermato realmente.
«Tutto è più complesso di quanto possa
sembrare»
Molly la guardò cercando di carpire dal suo silenzio
qualcosa in più
ma Sherry percepì il suo tentativo e scosse la testa
lentamente riportando il
suo sguardo in quello di lei.
«Perdonami, sto divagando…è che stavo
cercando di capire come
rispondere alle tue domande»
Molly scosse la testa.
«Se non vuoi…»
Sherry sciolse le braccia alzando un dito per fermarla. Rimise le
mani in tasca e respirò a fondo.
«La verità è che sono stata un banale
cliché da film di serie B.»
sorrise «Avevo 22 anni quando lo vidi per la prima volta.
Erano ormai 4 anni
che non facevo altro che lavorare in giro per il mondo per le
più disparate organizzazioni.
Questo mio cambiare, lasciare, vagabondare mi aveva creato non pochi
problemi,
non solo con persone importanti ma anche con Mycroft. Mi accusava di
essere
un’irresponsabile, di non avere una morale, di non amare la
mia patria.»
La donna ricominciò a camminare e Molly la seguì
in silenzio.
«Il vero problema, per me, era la mia paura di diventare come
lui. All’epoca
era già diventato rigido, inflessibile verso tutto e tutti,
era diventato una
persona che non mi piaceva e io non volevo finire per essere come lui.
“Se vuoi
donare il tuo affetto a qualcuno devi esser sicura che non ti tradisca,
che non
ti usi e che poi non ti getti! Noi siamo differenti,
Sherrinford”. Come poteva
parlare dei sentimenti, delle sensazioni, a quel modo? Per quanto
diversi siamo
comunque essere umani, mio Dio! Non potevo calcolare e studiare a chi
dare il
mio affetto o le mie attenzioni.»
La voce di Sherry era quasi strozzata.
«La mia paura era che quello stesso pensiero, quella stessa
visione
dei sentimenti come un qualcosa di pericoloso e superfluo, potesse
penetrare
anche in Sherlock.» scosse leggermente la testa «ma
invece di restare a casa,
invece di far capire a Sherlock che poteva essere diverso, che poteva
aprirsi
con il mondo io, io me ne andai. Pensai a me, solo e soltanto a me. A
ciò che
volevo, a quello che mi faceva stare bene e a chi mi faceva stare
bene.»
Molly tirò fuori le mani dalle tasche per
l’irrefrenabile istinto di
darle un segno di conforto o di affetto ma la Holmes riprese a parlare.
«Il suo nome, il suo ruolo e tutto ciò che
riguarda la persona di cui
mi fidai ciecamente non ha importanza, in questo momento»
Molly avrebbe voluto
dirle di parlarne e di sfogarsi ma Sherry le regalò un
sorriso e scosse la
testa. «No Molly, non è importante ora,
veramente!»
La patologa annuì con poca convinzione.
«Ciò che è importante è che
mi sbagliai! Avevo fatto ciò che Mycroft
temeva: affidato il mio affetto, il mio amore a qualcuno di sbagliato,
assolutamente sbagliato.»
Sherry si bloccò ed osservò gli alberi di fronte
a loro. Ascoltò il
frusciare delle foglie, lo scricchiolio del legno.
«Lui era furbo, era
intelligente…era come noi e per questo io mi fidai. Non
potevo immaginare che
una persona così simile a me, con così tante
sofferenze simili alle mie potesse
giocare con queste nostre somiglianze per usarmi. Ma fu
così. Aveva usato la
mia sete di novità, la mia sete di affetto, la mia sete di
appartenenza e
comprensione per raggirarmi e portarmi a fare le cose peggiori. La cosa
più
orribile: io gli credetti, gli credetti fino
all’ultimo.»
Sherrinford nascose il naso nella sciarpa e chiuse gli occhi. Poi
riemerse dal tessuto di lana e tornò a guardare casa Holmes
ancora più distante
di prima.
«Ed ora, Sherlock» Molly seguì lo
sguardo triste della Holmes sino
all’edificio rosso per poi riportarlo su di lei.
La vide ricominciare a camminare riavvicinandosi verso casa.
«Non riuscivo a sentirlo quasi mai. Spesso Mycroft mi
impediva di
parlargli» sospirò «come dargli torto,
ero già una traditrice della sua
nazione, non avrebbe mai permesso che tradissi anche tutti
loro!»
Molly le si avvicinò di qualche passo, i gomiti a sfiorarsi.
Non era
un abbraccio ma era sicuramente meglio di nulla.
Sherry le sorrise delicatamente.
«Sentivo che stava cambiando. L’unico suo affetto
stava diventando
Barbarossa, oltre alla famiglia. Era sempre più rigido,
scontroso, arrogante,
saccente. Stava cambiando, si stava chiudendo in sé stesso
ed io lo avevo
permesso. In cuor mio sapevo che Mycroft lo stava influenzando ma
sapevo anche che
non lo faceva a fin di male, tutt’altro!»
Continuarono a camminare in silenzio per qualche minuto. Sherry
alzò
le sopracciglia per poi corrugarle nuovamente.
«Era il natale del ’97 quando mi trovarono ed
arrestarono. Anzi, ad
esser sincera, quando decisi di farmi trovare. Ero in Kossovo da mesi
ormai. L’ultima
settimana di novembre mi accorsi che lui
aveva usato il mio nome e quello di Mycroft per dirottare degli aiuti
militari
che lo MI6 aveva inviato. Quando lo scoprì e lo accusai del
tutto, in principio,
negò poi tentò di convincermi a collaborare con
altri mezzi.» La mandibola
della donna si serrò con forza. «Scappai e mi
rifugiai all’interno di un
edificio ormai fatiscente dove una volta c’era non ricordo
bene quale
consolato. Non ero sola, con me c’erano le persone
più disparate. Persone che come
me erano abbandonate a sé stesse e ferite. Li pagai e
ricucirono pezzi del mio
corpo ma non poterono fare molto per la mia mente.» Sherry
scosse leggermente
la testa ed inspirò forte. «Non ci volle molto
prima che la ferita sull’addome si
infettasse. Era quella più delicata e le
condizioni igieniche erano a dir poco pessime. Io ero in uno stanzone
con altre
15 persone, con materassi buttati per terra e sporcizia ovunque. Ne
morirono
tanti intorno a me. La viglia di Natale la mia condizione era veramente
grave.
La ferita era in uno stato pietoso e non riuscivo a rimanere lucida per
più di
due ore consecutive, il resto del tempo deliravo; la febbre si era
alzata e le
poche persone che mi avevano aiutato erano fuggite oppure morte. Ero
sola!»
Chiuse gli occhi e poi li riaprì.
«Fu allora che cedetti e trovai un modo per contattare
Mycroft. Il
mio orgoglio era stato umiliato in mille modi ma ora rischiavo molto di
più,
rischiavo che la mia famiglia pensasse che avessi tradito anche loro,
che
avessi venduto io quelle informazioni portando anche Mycroft alla
rovina.»
Molly non sapeva come impedire alle lacrime di Sherry di scendere.
Non era un pianto rumoroso e disperato; il volto di Sherry era composto
e
serio, se non fosse stato per la luce della luna, la patologa non
avrebbe visto
le lacrime e non avrebbe potuto percepire in alcun modo che stesse
piangendo.
«La mattina di Natale sentì del trambusto venire
dal piano di sotto
di quella palazzina. Dopo qualche minuto vidi entrare Mycroft con
dietro di sé agenti
in tenuta antisommossa e…e Sherlock!» Un
singhiozzo, dalle labbra di Sherry
uscì solo un singhiozzo ma quando riprese a parlare la sua
voce era tornata
seria e pacata. «Avevo detto a Mycroft di tenergli nascosta
la cosa, di non
farlo venire, non volevo che mi vedesse in quello stato, che vedesse il
mio
fallimento, che capisse che li avevo abbandonati per nulla. Ma Sherlock
aveva
fatto di testa sua e Mycroft aveva dovuto portarlo con
sé.»
Sherry
si fermò e sorrise guardandosi in giro senza cercare
realmente
qualcosa.
«Ogni volta che vedo dei film, affrontare i rapimenti e i
ritrovamenti delle persone mi viene sempre da sorridere. Gli attori
sono
identici, qualche graffio qua e là, i capelli un
po’ scompigliati ed
il trucco colato. Beh, la realtà è ben
diversa.» Tirò fuori le mani dalle tasche e le
sfregò fra loro. «La realtà
è
che sei qualcosa di molto peggio. Io avevo perso almeno 10 chili, avevo
piaghe
da decubito, il mio odore era a dir poco nauseante ed ero completamente
irrazionale.
Urlavo maledicendo l’uomo che mi aveva tradito, rinnegando
ciò che avevo fatto,
rinnegando la mia scelta di essermi affidata a qualcuno e giurando che
non lo
avrei mai più fatto in tutta la mia vita. Riuscirono a
portarmi via solo perché
Mycroft mi sedò a forza.»
Sherry incrociò le braccia e lanciò uno sguardo
verso Molly. La
patologa la guardava con un espressione seria e composta, i suoi occhi
erano
lucidi e forse avrebbe voluto piangere ma si stava trattenendo.
«Tutto quello che avvenne dopo è un ricordo
confuso. Quello che però
non mi scorderò mai è l’espressione di
Sherlock: era spaventato! Non lo avevo
mai visto provare paura o timore verso qualcosa ed il fatto che fossi
io a
provocargli quella sensazione mi annientò.»
Sherry tornò a dare le spalle alla casa con
un’espressione colpevole
e triste sul volto.
«I giorni successivi al mio ritrovamento fui curata e messa
in una struttura
sicura. Mycorft riuscì a salvarmi dalla pena di morte e mi
mandò in un ospedale
psichiatrico. Rapidamente ritrovai me stessa. Ogni settimana Mycroft
veniva a
trovarmi ed ogni settimana ricevevo una telefonata di mia madre e mio
padre ma…Sherlock
non venne e non si fece sentire mai. Ogni volta che c’era il
giorno per le
visite speravo che venisse ed ogni volta Mycroft mi diceva che non era
venuto
per chissà quale motivo. Entrambi sapevamo che facevamo
finta di credere che
quelle bugie fossero reali.»
Un ululare lontano fece sobbalzare la patologa. Sherry sorrise.
«Non preoccuparti sono lontani ed innocui.»
Molly annuì anche se continuò a guardarsi intorno
con aria
preoccupata.
«E poi cosa è successo?»
Sherry guardò con tristezza il cielo.
«E poi Barbarossa se ne è andato»
«E
se le trovano i lupi?»
Sherlock era ancora intento ad infilarsi il cappotto. Lo sguardo
preoccupato del dottore e l’aria di velato rimprovero di Mary
lo avevano
convinto ad andarle a cercare.
«Non me ne preoccuperei, John. Sherry è
decisamente troppo acida
perché possano ritenerla commestibile!»
Il dottore rabbrividì al sarcasmo dell’uomo. Mary
scosse leggermente
la testa anche se un sorriso accennato le increspò le labbra.
Il detective, il sorriso sarcastico ancora sul volto, uscì
dalla
porta di legno scuro.
Molly
abbassò lo guardo.
«Fu in quel periodo che…?»
Sherry la guardò con aria malinconica.
«Intendi la droga?» La patologa annuì.
Sherry fece un respiro
profondo. «In realtà fu qualche tempo dopo. Quando
Mycroft mi disse di
Barbarossa ne rimasi sconvolta. Era ormai anziano quel cucciolone ma
non
pensavo che…comunque, Mycroft mi disse che si era ammalato
all’improvviso e che
Sherlock era con lui quando se ne è andato. Chiesi a Mycroft
di trovare un modo
per far venire Sherlock da me. Non intendevo consolarlo o farlo
sfogare,
Sherlock queste cose non le vuole. Volevo solo vederlo, mi bastava
vederlo per
capire come stesse realmente. La settimana successiva mi venne a
trovare.»
Molly guardò Sherry con aria speranzosa ma
l’espressione malinconica
della donna non andò via.
«Provai a chiedergli come stava ma rispondeva a monosillabi o
non mi
degnava di una risposta. Percepivo l’odio che provava per me
e per l’essermene
andata, per averli lasciati per qualcuno di così
indegno.» Sherry alzò lo
sguardo seguendo una nuvola scura che si muoveva lentamente.
«Gli chiesi come
andassero le cose a casa, come andasse il college, se avesse trovato
qualche
persona con cui confrontarsi…non usai mai la parola amico.
Mi rispose che non c’era
nessuna persona degna di nota e che la polizia stava ignorando i suoi
consigli
su non mi ricordo quale caso.»
Molly sbatté le palpebre.
«E non parlaste di quello che ti era accaduto o della morte
di
Barbarossa?»
Sherry scosse lentamente la testa mordendosi il labbro inferiore.
«Provai a dirgli che ciò che era accaduto a me non
aveva nulla a che
vedere con lui, che io e lui eravamo diversi e che se io ero stata
tratta in
inganno lui non doveva pensare che tutto il mondo fosse pronto ad usare
i suoi
sentimenti contro di lui ma fu inutile. Non era più
interessato a me e non
voleva condividere più nulla con me. S ne andò
senza neanche salutarmi.»
Molly intravide le lacrime fare capolino dagli occhi di Sherry ma la
donna passò le dita sotto le ciglia inferiori per impedire
loro di uscire.
«Passò del tempo. Io iniziai a collaborare con
Mycroft su alcuni casi
che doveva risolvere. Per lo meno stavo riallacciando i rapporti con il
mio
fratellone!» Un sorriso le increspò le labbra.
«Mi sono comportata in maniera
crudele con lui ma, al contrario, lui per me c’è
sempre stato. So che il mio
comportamento lo aveva turbato. Pensava che le scelte che avevo fatto
erano
dovute alla sua incapacità di farmi capire quanto mi voleva
bene e quanto le
sue preoccupazioni fossero per me e non per salvaguardare sé
stesso ed il suo
lavoro. E’ per questo che adesso si comporta
così!»
Molly sorrise.
«Intendi il pianoforte ed il farsi abbracciare senza
contraccambiare?»
Sherry la guardò con gli occhi spalancati ed
un’espressione
divertita.
«Ma certo! Per lui sono dimostrazioni d’affetto
enormi e
probabilmente eccessive.» Sorrisero entrambe.
«Comunque, si, è per questo che
si comporta così con me ed anche con Sherlock. Ha riversato
su di lui tutte le
attenzioni e le preoccupazioni che non ha avuto per me. In un certo
senso, mi
piace pensare, che la mia assenza li abbia avvicinati e resi molto
più complici
di quanto lo erano prima…per quanto Sherlock mi rinfacci che
è colpa mia se adesso
Mycroft gli da il tormento!»
Nonostante le lacrime e la situazione, le due donne risero a
crepapelle.
Un fischio. Un fischio basso e continuo.
Sherry si voltò di scatto verso la casa rossa.
«Che cos’era?» chiese Molly.
L’altra fece un suono simile e si incamminò per
tornare indietro.
«E’ Sherlock. Probabilmente non riesce a vederci
per via della
differenza di luce fra dentro casa e fuori» Molly
alzò le sopracciglia con aria
dubbiosa. «Lo facevamo da piccoli. Il fischio si propaga
maggiormente della
voce e se si è attenti si riesce meglio a percepirne la
provenienza e la
distanza.»
Molly sorrise camminando di fianco a Sherry. Quanto avrebbe voluto
avere anche lei dei fratelli ed un rapporto così forte come
il loro!
Sherry scosse la testa.
«Comunque, la sto facendo troppo lunga. Qualche tempo dopo
venni a
sapere da mia madre della storia della droga. Ne chiesi conferma a
Mycroft e
lui mi disse che non me l’aveva detto perché avrei
potuto fare ben poco. Gli
dissi, di nuovo, che volevo che Sherlock venisse da me.»
Molly la guardò con fare incuriosito.
«E venne al giorno di visita?»
Sherry fece stridere leggermente i denti.
«Non esattamente.» Molly la guardò con
aria dubbiosa. «In realtà si
intrufolò la notte stessa. Mi svegliai nel cuore della notte
perché avevo
percepito qualcosa e lui era lì, seduto alla mia scrivania a
sfogliare le
pagine di un vecchio giornale. Mi alzai di botto e gli chiesi
spiegazioni, non
di come fosse entrato, si poteva entrare ed uscire da lì in
15 modi diversi
senza essere notati, era ovvio!» Molly alzò gli
occhi al cielo per una frazione
di secondo: quella donna, per quanto differente dai due fratelli, era
decisamente una Holmes! « No, gli chiesi della storia della
droga e lui» un
sorriso nervoso si fece largo sul volto della donna «lui mi
disse che non mi
riguardava, che aveva tutto sotto controllo, che ne aveva bisogno e di
non
impicciarmi. Il problema è che era palesemente fatto mentre
mi diceva tutto questo:
uno spettacolo indecente.»
Molly le si avvicinò di qualche centimetro. Gli occhi
spalancati per
la curiosità.
«E com’è finita?»
Sherry si fermò di botto ed iniziò a sorridere.
Poi scoppiò a ridere
di fronte ad un’allibita Molly.
«Finì che gli diedi un cazzotto così
forte da spaccargli un labbro!»
Molly rimase stupita da quella risata liberatoria di Sherry. La
gioviale Holmes si ricompose e spalancò le braccia.
«Perdonami, devo sembrarti un mostro!» Molly scosse
leggermente la
testa. Più che altro era sorpresa che Sherry riuscisse a
ridere di una
situazione così difficile.
Sherry ricominciò a camminare.
«Dopo quel cazzotto lui mi guardò con aria
sorpresa, ovviamente, ed
io lo rimproverai come non facevo da anni. Gli dissi che quello era un
comportamento infantile, che i malesseri che provava lui li avevamo
provati
anche io e Mycroft e che i suoi problemi mi riguardavano eccome, anche
se lui
pensava che non fosse così. Cercò di rispondere
alle mie parole ma non ci
riuscì. Dopo qualche minuto di silenzio gli lanciai un
asciugamano per
togliersi il sangue dal volto e lo
feci sdraiare
sul letto mettendomi accanto a lui. Riuscivamo a vedere le stelle dalla
finestra. Iniziai a chiedergli i nomi delle varie costellazioni e ad
ogni suo “non
lo so” per tutta risposta gli davo
dell’ignorante.» La donna sorrise di nuovo.
«Passammo tutta la notte a parlare. Di Barbarossa, di
ciò che provava, di
quello che mi era successo, del fatto che non dovesse pensare che il
mondo si
comportasse con lui come aveva fatto con me.» Sherry
tornò a sorridere.
«Diciamo che da lì abbiano ricominciato ad essere
quelli che eravamo un tempo!»
Molly sorrise e guardò di fronte a sé. Ormai si
intuiva la figura di
Sherlock che le aspettava di fronte il cancello.
Anche Sherry se ne accorse e si fermò prendendo la patologa
per un
braccio e costringendo anche lei ad interrompere la sua marcia.
«Molly avrei voluto essere più chiara ma a quanto
pare non ne sono in
grado! Però voglio rispondere alle tue domande.
Perché Sherlock non vi ha mai
parlato di me? Beh, come puoi ben vedere non sono una gran persona e
sicuramente non sono facile da
“raccontare”.»
Molly scosse la testa.
«Forse non sei facile da raccontare ma credo che nessuno lo
sia e
soprattutto non è vero che tu non sei una grande persona,
tutt’altro!»
Sherry le sorrise.
«Molly, ti ringrazio per le tue parole ma io so cosa ho fatto
e…»
La patologa la guardò con aria seria e decisa.
«Quello che hai fatto lo hai fatto pensando di farlo per
qualcuno che
amavi. Hai sbagliato? Si. Hai fatto cose orribili? Probabile. Ma lo hai
fatto
solo perché ti sei fidata di una persona sbagliata. Capita a
chiunque, solo che
per voi Holmes è tutto più complicato.»
Le due donne sorrisero complici. Poi Sherry continuò.
«Perché mi sono arrabbiata con lui prima?
E’ per via di Miss Adler?
Si!» sospirò. «Quella donna poteva
essere per Sherlock ciò che quell’uomo
è
stato per me. Sherlock è stato affascinato dalla mente e
dall’intelligenza di
quella donna, l’ha percepita come qualcosa di simile a lui ma
lei era
esattamente come il mio lui. Forse
non l’avrebbe tradito ma non è ciò di
cui lui ha bisogno. Sherlock non è come
me e Mycroft.»
Sherry sorrise con aria infantile.
«Hai presente prima, quando ho detto ad Anthea che ci saremmo
riviste
martedì?» Molly annuì con fare
divertito «Beh, spero di sapere se c’è
qualche
cosa in ballo, se mi capisci?!» Molly sorrise comprensiva e
Sherry continuo.
«Insomma, per Mycroft una donna come Anthea sarebbe perfetta.
Lui ha bisogno di
qualcuno che abbia la sua stessa serietà, il suo alto senso
dell’onore e delle istituzioni.
Per Sherlock no e non andrebbe bene neanche una donna come Miss Adler.
Lui ha
bisogno di qualcuno che lo renda parte del mondo e non che lo faccia
rinchiudere nel suo. E’ questo è lampante dal
fatto che ci siate tutti voi.»
Molly arrossì allo sguardo di ringraziamento che le
regalò Sherry.
«Quando ha iniziato a parlarmi di John, di Lestrade, di Mrs
Hudson e
di te, ho capito che stava iniziando ad essere migliore. E questo solo
grazie a
voi. Per questo dico che ha bisogno di qualcuno di voi accanto a
lui.»
Molly la guardò con aria dubbiosa.
«Qualcuno di noi?»
Sherry le lanciò uno sguardo malizioso e divertito.
«Beh, per un po’ ho pensato che fra lui e John ci
fosse qualcosa. Non
che per me ci fosse qualche problema, per carità, ma io e la
mamma puntavamo su
di te…e poi ormai John è impegnato!»
Molly arrossì maggiormente mentre Sherry scoppiava
nuovamente a ridere.
Un nuovo fischio attirò l’attenzione delle due
donne. Sherry tirò su
col naso.
«Meglio sbrigarsi, non è mai stato
paziente…ma questa è tutta colpa
della mamma, se l’è troppo coccolato il
“suo ragazzo”!»
Le due donne sorrisero nuovamente e ricominciarono a camminare a
passo svelto verso casa.
«Qualche
esperimento sul congelamento, Sherry?» chiese in tono
sarcastico l’uomo non appena furono vicine al cancello dove
lui le aspettava.
La donna gli rispose mimando la sua espressione innervosita che, per
tutta risposta, l’uomo rimarcò.
«Sei pregata di tenere Molly fuori da queste sperimentazioni
illogiche».
La donna lo sorpassò lanciandogli uno sguardo malizioso ed
incamminandosi verso la porta di casa.
«Stai tranquillo, nessuno te la tocca la tua
Molly!»
Detto questo entrò lasciando i due dietro di lei nel
più completo
imbarazzo.
L’uomo si riprese, sbatté le palpebre e
lanciò un’occhiata a Molly.
«Di cosa stavate parlando con così tanta
confidenza?»
Molly continuò a camminare a testa bassa.
«Niente di importante…Mi ha affidato qualche suo
pensiero»
Lui rimase in silenzio per qualche istante poi, una volta arrivato
sulla soglia, si girò verso di lei. Un sorriso accennato.
«A quanto pare, è un vizio degli Holmes affidarsi
a te, Molly Hooper»
Note autore: Beh, che dire spero che il
tutto non risulti troppo irreale!
Volevo dirvi che
siamo quasi in dirittura di arrivo, credo che in
un paio di capitoli la storia troverà la sua (degna?)
conclusione.
A presto,
Anne