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Autore: Xandalphon    25/10/2014    6 recensioni
Una cosa che mi ha sempre incuriosito, forse perché sono 'bastian contrario' per natura e i personaggi un po' reietti dai gusti generali mi affascinano, è come Danzo sia diventato quello che è, ovvero il personaggio più odiato del fumetto! Beh, ecco a voi una storia sull'infanzia e la giovinezza dei due amici nemici, in lotta per il titolo di Sandaime: Danzo e Hiruzen.
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Danzo Shimura, Hiruzen Sarutobi, Kagami Uchiha, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Prima dell'inizio
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7)Biwako Sarutobi

 

Danzo, per una volta, era sulla via di casa da solo. Era da un po' che non succedeva. Le due zecche gli erano sempre tra i piedi, ma siccome gli dei lo avevano creato con la genetica incapacità di dire di no di fronte alle insistenze, non era mai capace di scrollarsele di dosso.

 

Solo con i suoi pensieri finalmente... Bella sensazione, no? Eppure, pur maledicendosi per la propria idiozia, dopo cinque minuti cominciò a sentire la mancanza dell'incessante cicaleccio delle sue compagne. Non che fosse diventato frivolo tutto a un tratto, quello no. Ma aveva scoperto di gradire la compagnia delle persone, in senso generale, più di quanto non credesse. Aveva sempre fatto per conto suo, qualsiasi cosa, sempre. Ma avere qualcuno al proprio fianco, qualcuno che ti stima, che crede in te... Beh, non era una sensazione così brutta. Inoltre, aveva scoperto che era una cosa che rendeva più forte.

Lui era sempre stato un codardo o, almeno, così credeva. Appena una situazione si faceva troppo brutta, troppo stressante, scappava. Non materialmente, ma con la testa. Indossava una maschera per non dover comunicare cosa lo turbasse, si costruiva mille illusioni per non doverci pensare, si inventava cose da fare, anche stupide...

Ma essere consci che la propria fuga significava mettere in pericolo altre due vite, altri due esseri umani che da te dipendevano, era come un incentivo a non arrendersi, a guardare in faccia al pericolo, comunque e nonostante tutto. Era qualcosa che non riusciva ancora a spiegarsi bene, ma che non gli dispiaceva affatto.

 

 

Cominciava a capire perché il sogno di Hiruzen fosse quello di diventare hokage. L'uomo più stimato e amato del villaggio, quello su cui tutti potevano contare e di cui tutti si fidavano... Rimaneva convinto che tutto quello non fosse roba per lui, certo... Ma capiva.

 

Mentre era assorto in tali ordini di pensiero, una voce lo riscosse, costringendolo a voltarsi.

 

“Ehi, Shimura-san? Come va?”

 

Era Biwako, l'oggetto di massima attrazione di tutti i suoi coetanei di sesso maschile, in particolare di Hiruzen. Francamente, a lui non stava esageratamente simpatica. Ma si costrinse a supporre che forse la colpa era sua. Forse a lui Biwako non piaceva proprio perché piaceva a tutti. Tra le altre cose, nemmeno ricordava di aver imbastito con lei un discorso più complesso di un banale “Ciao, come stai? Bene, grazie!”

 

“Bene, grazie!” Ecco, appunto. Ragazzina sistemata e dialogo finito. E invece, con suo sommo disappunto, la biondina non parve intenzionata a lasciar cadere la conversazione.

 

Sempre gentile, cortese e distaccato, il nostro Shimura-san... Sai, a volte dimentico persino che anche tu sei un ragazzino della mia età!

 

“In che senso?”

 

“Veramente non capisci?”

 

“Ahem... No, Sarutobi-sama, veramente no...”

 

“Sarutobi-sama?” A quel modo tanto formale di rivolgersi a lei, Biwako scoppiò a ridere, di fronte alla faccia stranita di Danzo. Appena si riprese un attimo, gli disse: “Per favore, Danzo-san! Era esattamente quello il punto cui volevo arrivare. Sono una normale ragazzina come te, della tua eta! Chiamami Biwako-chan, andiamo...”

 

“Normali? Secondo te, Biwako-chan, siamo davvero dei normali ragazzini, di quelli che possono correre, ridere e scherzare?”

 

“Assolutamente sì, perché non dovremmo esserlo?”

 

“Beh, perché siamo ninja, ora. Siamo armi, in fondo.” Come non poteva, quella ragazza, capire quella verità così semplice?

 

“Mmm... Sì, può darsi. Quando mi ordineranno di esserlo. Ma fuori da quei momenti, sarò semplicemente Biwako Sarutobi e tu semplicemente Danzo Shimura. E credo vorrò esserlo per tutto il resto della mia vita!”

 

Dopo quell'uscita, quella bisbetica riprese a ridere gioiosa. Però forse era quella la chiave di tutto. Essere contenti per quel che si aveva, quando lo si aveva. Anni luce da uno come lui, sempre e perennemente insoddisfatto, sempre e perennemente inquieto...

 

“Stai pensando a quanto poco ti piaccia, vero Danzo-San?”, interloquì quella, senza smettere di sorridere.

 

“Veramente non è che non mi piaci, Biwako-chan... E' che... insomma... Abbiamo caratteri diametralmente opposti... Insomma, tu sei l'oca giuliva che ride sempre, io quello sempre incazzoso. Siamo su piatti opposti della bilancia, non credi?”

 

“Ehi! - Fece lei, fingendo di essersela presa per quell'oca giuliva – Guarda che non sono stupida. Stupido è chi ride senza motivo. Io rido quando trovo una cosa bella e divertente! E poi, scusa, se anche avessimo caratteri opposti, nulla ci impedisce di essere amici, non credi?” Dopo quella frase, si mise di nuovo a ridacchiare, contenta, facendo sorgere seri dubbi, in Danzo, sulla sua sanità mentale.

 

“E adesso perché staresti ghignando in quel modo così inquietante?”

 

“Semplice, perché ti ho tolto la maschera, Danzo-san!”

 

“Cosa intendi, di preciso?”

 

“Intendo dire che quando parli con noi indossi sempre una maschera, non dici mai a nessuno quello che pensi in modo spontaneo, uffa!”

 

“E tu sei venuta qui a rompere solo per questo?”

 

“Beh, meglio il Danzo-san infastidito che il Danzo-san pacato e impassibile, a mio giudizio! E poi, così ti posso anche ricordare che non sei da solo e che hai gente disposta a stare con te volentieri lo stesso anche se non fingi di fare il bravo soldatino a tutti i costi!”

 

“E chi ha mai finto di fare il bravo soldatino?”

 

“Eddài, Danzo... Sii onesto. L'unica persona con cui riesci a ridere e scherzare senza farti problemi è Kanaki!” E mentre lo diceva, Biwako sfoggiava un sorrisetto malizioso, che non passò inosservato al ragazzo. Con uno sbuffo di disappunto, quello rispose:

 

“Guarda che l'unico motivo per cui passo più tempo con lei è perché è una mia compagna di team... E poi ha parlato quella che si fa sbavare dietro praticamente da tutti...”

 

“Mpf... Che sbavino. Tanto a me non è che interessa più di tanto...”

 

“Nemmeno tuo cugino di secondo grado?” Questa volta fu il turno di Danzo sfoggiare un sorriso malizioso. Suo malgrado, Biwako rise di nuovo, all'insinuazione. Divertita, replicò:

 

Specialmente mio cugino di secondo grado, brutto impertinente! Danzo-san, se stare troppo con Kanaki-chan ti fa questi effetti, stalle lontano, per tutti gli dei! Ora, però, mi sa che ti devo lasciare, sto facendo veramente troppo tardi e casa mia è da tutt'altra parte! Ciaooo!”

 

Detto questo, il piccolo terremoto, sparì, sbracciandosi per salutarlo da lontano per almeno un buon cento metri.

 

Che pazza. Aveva sempre pensato che tutti le andassero dietro perché era quella sempre dolce e gentile e pacata. Ma probabilmente si sbagliava. Forse tutti la apprezzavano perché era sempre, maledettamente, sfacciatamente spontanea. E felice. Un vecchio proverbio diceva “Guardati dalle persone tristi, che la tristezza può celar rabbia.” Vero che fosse, o meno, era istintivamente più rasserenante stare con una persona come Biwako rispetto a... rispetto una come Kanaki. Con lei era tutto contorto, pieno di ombre, di doppi sensi, di saliscendi e di sfide... A doverle confrontare, erano proprio come la notte ed il giorno.

 

Tornò a casa. Invece di prepararsi un piatto di zuppa calda, come faceva di solito, si stese nel piccolo giardino di casa sua, inspirando intensamente l'odore dell'erba al crepuscolo. Non era solo eh? Biwako si sbagliava. Quando tornava a casa lei, la attendevano i suoi genitori e un intero clan pronto a chiederle questo o quello dei suoi allenamenti. Quando tornava a casa lui, dopo essersi fatto massacrare per tutta la giornata da Rajin e il suo maledetto taijutsu, lo aspettava la preparazione di un pasto decente. L'avrebbe consumato su un piccolo tavolino, accompagnato solo dal suono delle foglie che risuonavano nel vento. Questa era la differenza. Poteva pensare o credere che la sensazione di fugace calore che provava durante il giorno, per brevi istanti fosse la realtà, e quella serale fosse un'illusione, un breve intermezzo... Ma la verità era che era esattamente il contrario. Era il giorno l'illusione e la sera la realtà. La bellezza, la felicità... Lui sapeva che erano qualcosa di fugace, qualcosa che poteva sparire da un momento all'altro. Tutti gli altri, nelle loro comode e spensierate vite, no. Se l'avevano scelto come genin, l'avevano reputato in grado di togliere la vita a qualcun altro. Togliere ogni speranza di un futuro ad un'altra vita, spezzandola. E se era stato reputato buono per questo, per spezzare sogni ed illusioni agli altri, allora non c'era più spazio per essere bambini, per ridere e divertirsi, come diceva Biwako.

 

O forse...

  
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