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Autore: _juliet    25/10/2014    2 recensioni
{pre!Game Of Thrones | one-sided Jaime/Rhaegar}
Una reinterpretazione degli eventi che hanno portato Jaime Lannister a diventare lo Sterminatore di Re.
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Quinta classificata al contest "La verità è che mi piaci", indetto da AmahyP sul forum di EFP.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jaime Lannister, Rhaegar Targaryen
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Genesi di uno Sterminatore di Re

 

Approdo del Re, 281 AC
Fortezza Rossa



Jaime respirò la brezza salmastra e strinse fra le dita un lembo del suo mantello. Era un'abitudine che aveva preso fin dal momento in cui gli era stato messo sulle spalle; lo aiutava a ricordarsi che era tutto vero, che aveva fatto un giuramento, che la sua vita era cambiata per sempre.
L'idea era stata di Cersei. Tramite i suoi informatori, era venuta a sapere che il Lord loro padre aveva intenzione di maritarlo a quella sciacquetta di Lysa Tully. Jaime non poté fare a meno di sorridere, ricordando il fuoco che incendiava gli occhi di lei quando gliene aveva parlato. Cersei, la sua splendida Cersei... sapeva essere molto persuasiva, pensò Jaime, mentre un brivido caldo gli infiammava il bassoventre.
Lui aveva accettato con entusiasmo. Dopo essere stati lontani per tanti, troppi anni, avevano sperato di aver trovato un modo per poter stare insieme, come gli dei avevano stabilito ancora prima della loro nascita.
La realtà, però, aveva sbriciolato i loro sogni e le loro aspettative.
Al torneo di Harrenhal Re Aerys aveva accettato di buon grado la nomina di Jaime; ne era stato tanto soddisfatto da stabilire di mandarlo indietro, ad Approdo del Re, perché sua moglie e suo figlio¹ potessero godere immediatamente della protezione di un cavaliere così valoroso.
Jaime era un uomo d'azione e non nutriva alcun interesse per la politica e gli intrighi di corte. Ma persino lui si era reso conto che quella del re era una menzogna: l'unico intento di Sua Maestà era quello di insultare Tywin Lannister, privandolo del suo erede.
Il Lord di Castel Granito, già oltraggiato in passato dalle decisioni di Re Aerys², aveva reagito al secondo affronto lasciando il suo incarico di Primo Cavaliere del Re ed era rientrato a Lannisport, portando Cersei con sé.
Che gli fosse concesso di indossare il mantello bianco della Guardia Reale, specialmente alla sua giovane età, era un grande onore. Chiunque non faceva altro che ripeterglielo – chi con rispetto, chi con malcelato disprezzo – e Jaime stesso ne era consapevole. Ma quell'onore aveva un gusto amaro.
Il giovane cavaliere sbuffò, infastidito dagli schiamazzi che provenivano dall'interno della sala dei banchetti e udì una voce resa grottesca dal vino pronunciare il suo nome. Che gli Estranei li portassero alla dannazione! Aveva trascorso tutta la serata in piedi, alle spalle della famiglia reale, e aveva diritto ad avere un momento per sé.
«Ser Jaime» un'altra voce, calma e limpida, lo chiamò. Jaime non aveva bisogno di voltarsi per capire a chi appartenesse, lo sapeva bene. E sapeva anche di essere nei guai.
«Perché sei qui?» chiese Rhaegar Targaryen, il principe ereditario. «Perché hai lasciato il tuo posto?»
Il giovane non rispose, sapendo che nessuna motivazione avrebbe potuto giustificare il fatto che aveva lasciato la sua postazione, perdendo di vista i reali ed esponendoli a ogni potenziale pericolo. Sarebbe stato rimproverato e punito e, forse, qualcuno ai piani alti avrebbe approfittato dell'occasione per revocare la sua nomina. Non era mai accaduto prima di allora, ma Sua Maestà il Re tendeva ad essere... imprevedibile.
Con sua grande sorpresa, il principe si posizionò accanto a lui, gli occhi viola accesi solo da una sincera curiosità. «La compagnia non ti aggrada?» domandò, indicando con un cenno della testa la sala dei banchetti.
Ora che erano così vicini, Jaime si rese conto che Sua Altezza lo superava di quasi tutta la testa. Un particolare che non aveva mai notato e che lo infastidì.
«Perdonami» rispose, inchinandosi in segno di rispetto. «I miei compiti sono ancora una novità per me e sentivo il bisogno di riflettere.»
Rhaegar scoppiò a ridere, lasciando il giovane cavaliere senza parole. «Suppongo che il giuramento della Guardia Reale possa essere molto difficile da assimilare» commentò. «Specialmente per un ragazzo così giovane.»
Ragazzo. Quella parola sembrò echeggiare in modo innaturale nello spazio che li separava.
La pazienza di Jaime, già provata dalla stanchezza, dalla noia e dalla nostalgia, minacciò pericolosamente di vacillare. Fu facendo ricorso a tutta la sua calma che riuscì a non prendere a pugni Sua Altezza il principe ereditario.
Gli mancava giusto questo nella sua nuova vita: essere deriso da un damerino che preferiva l'arpa alla spada, che abbandonava periodicamente la corte per rinchiudersi fra rovine incenerite, sopravvalutato da tutti e da tutte.
Oh, sì. Le donne cadevano ai suoi piedi. Persino Cersei – la sua indomabile Cersei – aveva pianto ascoltandolo suonare, e lei non era certo una donna come le altre. E quando Lord Tywin aveva proposto che fossero uniti in matrimonio, aveva persino disegnato se stessa e Rhaegar che volavano insieme sul dorso di un drago.
Il pensiero di lei e la consapevolezza che si trovava di fronte all'unico rivale che avesse mai avuto in amore fecero definitivamente precipitare il suo umore. Jaime si esibì nel suo miglior sorriso tirato e si voltò, intenzionato ad andarsene. Che gli Estranei portassero tutto quanto alla dannazione.
«Chi è lei?» la voce del principe lo trattenne.
Jaime lo fissò. Non aveva alcuna intenzione di offrirgli nuovamente il fianco ma, ancora una volta, Rhaegar sembrava semplicemente curioso.
Gli aveva parlato, ma gli dava le spalle e la sua postura era completamente rilassata. Era una dimostrazione di fiducia?, si chiese il cavaliere. Oppure era scherno? La sua presenza dietro di sé sembrava non impensierirlo affatto, eppure Jaime avrebbe potuto facilmente estrarre la spada e aprirgli la gola, facendone sgorgare il sangue reale.
In attesa di una risposta, Rhaegar si voltò e lo incitò con un cenno della testa.
Infine, Jaime domandò «Cosa intendi?»
Il principe sorrise, guardando verso Nord, i capelli chiari frustati dal vento. «È la nostalgia dell'amore che ci ha spinti a rifugiarci qui, nell'ombra. Chi è la donna che rimpiangi di aver abbandonato?»
Elia Martell non aveva mai lasciato Approdo del Re e, in quel momento, si trovava nella sala dei banchetti, ad appena qualche metro di distanza. Era ovvio che Rhaegar non stesse parlando di lei, ma Jaime decise che non erano affari suoi.
«Nessuna donna mi è più cara di mia sorella» confessò, cautamente.
«La tua devozione verso la famiglia è ammirevole» commentò il principe.
Per un momento, Jaime fu certo che quegli occhi color ametista lo avessero perforato e stessero scavando nei suoi segreti più intimi.
«Il mio voto mi vieta ogni devozione che non sia verso la mia famiglia e il mio re» si affrettò ad aggiungere. «Ho l'onore di aver giurato questo.»
«I giuramenti sono complicati, Ser Jaime» rispose il principe, il volto adombrato da un sorriso triste. «Preferirei sapere di avere il tuo affetto, piuttosto che una fedeltà obbligata. La lealtà è onorevole, ma solo quando nasce da un sentimento sincero.»
Ignorando il proprio orgoglio, Jaime dovette ammettere che l'uomo che aveva di fronte sembrava essere molto di ciò che Sua Maestà il Re non era più.
Entrambi tacquero a lungo, lasciando che il vento scompigliasse i loro capelli.
Finalmente, Rhaegar ruppe il silenzio. «Torneresti in quell'inferno con me, Ser Jaime?» chiese, alludendo alla sala dei banchetti. «Per affetto e non per dovere?»
Jaime annuì, riflettendo sulla conversazione appena avvenuta. Era vero, la sua nomina nella Guardia Reale aveva avuto un retrogusto amaro, e ben poco onore gli sarebbe derivato dal servire Aerys, il Re Folle. Ma forse non importava.
«Altezza?» Jaime attese di avere l'attenzione di Rhaegar, poi continuò. «Sono migliore di te, Altezza, e te lo dimostrerò. Aspetta e vedrai.»
Il principe sorrise e i suoi occhi si accesero di un bagliore divertito. «Non vedo l'ora, Lannister.»
Mentre osservava Rhaegar dirigersi verso l'interno della fortezza, l'amarezza che Jaime provava per la sua nuova vita ed il torto che gli era stato fatto scemò fino a scomparire. Forse aveva trovato un uomo da poter servire con onore.

 

***

 

Approdo del Re, 283 AC
Giardino della Fortezza Rossa



«Portami con te, Altezza» la sue voce era roca e il suo corpo era scosso da tremiti di rabbia.
«No, Ser. Il tuo posto è qui» rispose Rhaegar, stancamente. «Hai giurato di difendere il re.»
Jaime aveva già udito quelle parole, ma questa volta non sarebbe rimasto in silenzio³. «Il mio compito è quello di difendere la famiglia reale, questo è stato il mio giuramento!» ribatté. «Tu stai per andare in guerra. Portami con te!»
Il principe sospirò e gli lanciò uno sguardo triste, gli occhi viola spenti e velati. «Non posso, Jaime» disse. «Temo quello che mio padre potrebbe fare, se quella che crede essere la sua unica difesa contro Tywin Lannister gli fosse portata via.»
L'ultimo cavaliere della Guardia Reale rimasto ad Approdo del Re tacque, incapace di confutare quell'affermazione. Guardò il principe e non poté fare a meno di notare che ora erano alti uguali.
«So di cosa è capace mio padre» continuò Rhaegar. «Lo sai anche tu.»
Jaime annuì, mentre le terribili fiamme verdi, impossibili da estinguere, riapparivano nella sua mente, insieme alle urla disumane di Lord Stark e di suo figlio.
Il principe gli mise una mano sulla spalla e solo allora il suo tremore si interruppe.
«Quando questa battaglia sarà conclusa, intendo convocare il concilio ristretto. Molte cose cambieranno» disse Rhaegar. «Era mia intenzione farlo molto tempo fa, ma...» la sua voce si affievolì, mentre i suoi occhi si velavano di grigio.
Ultimamente, accadeva sempre più spesso, pensò Jaime. Da quando era rientrato da Dorne per prendere in mano le sorti di un regno perduto, il principe non era più lo stesso. Un'aura nera di solitudine era tornata a ghermirlo e lo avvolgeva anche quando era circondato da centinaia di persone.
L'arpa giaceva, impolverata, in un angolo della sua camera da letto. Il Re ne era felice: diceva che Rhaegar l'aveva finalmente messa da parte per occuparsi di cose più importanti. Ma Jaime non ne era convinto.
Si era reso conto che, quando era in compagnia del suo principe, sorrideva sempre, tanto che la mascella gli si indolenziva. In un primo momento, aveva creduto di farlo per mostrargli quanto fosse forte, per fargli capire che le cose terrificanti cui era stato obbligato ad assistere non avevano avuto effetto su di lui; ma non era così.
Jaime sorrideva perché avrebbe voluto che anche Rhaegar sorridesse. Ma lui non lo faceva, lui scompariva, lui sembrava sempre così infelice. Dove si nascondeva, quando i suoi occhi si spegnevano in quel modo? Cosa vedeva, chi vedeva? Il cavaliere lo immaginava e tremava di rabbia: nei sogni in cui il principe si perdeva, lui non poteva raggiungerlo.
«Altezza?» lo chiamò.
Rhaegar si riscosse e gli sorrise. «A volte dimentico che è inutile rimpiangere strade mai imboccate. Parleremo al mio ritorno.»
Jaime annuì, riluttante. L'idea di rimanere solo con Re Aerys lo nauseava e detestava essere considerato un ostaggio, ma avrebbe fatto ciò che il suo principe aveva comandato.

 

***


In fretta, perché Rhaegar non potesse leggere il tumulto sul suo volto, Jaime si inchinò. «Servirti è stato un onore, Altezza.»
Al principe sfuggì una risata, ma Jaime avrebbe potuto scommettere che il suo sorriso si era spento prima di raggiungere gli occhi.
«Che io possa sempre dimostrarmi degno del tuo rispetto, Ser.»
Il giovane cavaliere non sapeva per quanto tempo fosse rimasto immobile, dopo che la porta della stanza era stata chiusa.

 

***


Jaime si precipitò sul balcone che dava sull'ingresso della Fortezza. «Meastà!» gridò. Era consapevole che quello era il titolo di Aerys e non di Rhaegar, ma non importava. Ormai non gli importava più.
Innumerevoli visi – di Lord e scudieri – si voltarono a guardarlo, ma non quello del principe.
«Non capisci che stai andando a morire? Robert Baratheon ti ucciderà! Lo farà!» Jaime stava urlando e chiunque lo poteva sentire, ma il fiume di parole era impossibile da arginare.
Gli uomini lo fissavano, parlottavano fra loro, ridevano, lo indicavano come si indica un guitto che fa scempio della propria dignità durante un banchetto.
«Maestà!» Jaime continuò a gridare, picchiando il pugno chiuso contro la pietra rossa del balcone. «Non capisci che il vero pericolo è dentro questo palazzo?»
La figura di Rhaegar era immobile in groppa al suo cavallo. I capelli chiari erano frustati dal vento. L'armatura nera, invece che renderlo imponente, lo faceva sembrare piccolo e solo.
«Non capisci che stai andando a morire da solo?» Jaime urlò più forte che poté, consapevole che la sua voce era resa grottesca dall'emozione.
Era improbabile che il principe si fermasse o desse segno di stare ascoltando. In quel momento stava ricoprendo un ruolo ben preciso e non poteva permettersi alcun tipo di cedimento. Non avrebbe ceduto, mai.
Jaime sapeva che era ciò che loro si aspettavano da lui e che lui, per un'ultima volta, non li avrebbe delusi. Ma questa consapevolezza non riuscì ad arginare i suoi sentimenti. Ammirato e perfetto, pensò, con rabbia. E così tante cose che io non sono.
Strinse la balaustra tanto forte che le sue nocche sbiancarono. «Non capisci che se muori non potrò mai dimostrarti che sono migliore di te?» gridò. «Non capisci che la mia lealtà non è frutto di mera obbligazione?»
Lentamente, ma senza fermarsi, il gruppo di nobili e scudieri uscì dalle mura della fortezza per attraversare la città e congiungersi con il resto dell'esercito.
Jaime ignorò chi gli intimava di tornare al fianco di Re Aerys e attese finché gli parve di essere in grado di distinguere una figura vestita di nero, con la chioma frustata dal vento.

 

***


Il corvo era arrivato nel momento in cui all'armata Lannister erano state aperte le porte della città. Re Aerys era convinto di aver accolto i suoi alleati ma, in realtà, aveva fatto entrare il nemico.
Ali oscure, oscure parole, aveva pensato Jaime e aveva saputo fin da subito qual era il contenuto del messaggio. Si sentiva quasi sollevato: in precedenza aveva avuto solo un presentimento, ma ora aveva due certezze: la prima era che Rhaegar era caduto nel fango, ucciso da Robert Baratheon; la seconda era che qualcuno avrebbe pagato per questo.
Nonostante si fosse travestito, uccidere Rossart era stato fin troppo semplice. Il sangue che colava dal capo mozzato gocciolava sul pavimento e gli sussurrava che era nel giusto. Jaime pregò che gli desse la forza per fare ciò che andava fatto.
Entrò nella sala del trono senza essere annunciato; Aerys si era barricato nella fortezza con migliaia di sostenitori ma, ora che avevano compreso che le sorti della guerra erano certe, i lealisti più furbi se n'erano andati.
Il Re attendeva ai piedi del trono di spade, tanto pallido da sembrare un cadavere, gli occhi accesi di sinistro lucore. Il suo sguardo allucinato percorse lentamente la lama della spada di Jaime. «Il sangue è di Tywin Lannister?» domandò.
«È di Rossart.»
Il viso di Aerys non tradì alcuna emozione, ma il suo corpo indietreggiò di scatto. Il Re inciampò nelle proprie vesti e cadde a terra, cercando di mettere quanta più distanza poteva fra se stesso e il pericolo, strisciando fino a raggiungere le scale che portavano al trono, mentre il fetore dello svuotarsi delle sue viscere impregnava l'aria.
Jaime lo raggiunse in pochi passi e lo costrinse a girarsi sulla schiena con un calcio. Si specchiò in quegli occhi viola così simili a quelli che aveva imparato ad amare e rise sguaiatamente, sapendo che ciò che stava per fare non gliel'avrebbe restituito. Calò la lama.

 


¹ Viserys Targaryen;
² Tywin sperava di maritare Cersei a Rhaegar Targaryen, ma Re Aerys rise dell'idea, dicendogli che era “il mio servo più fidato, ma un uomo non fa sposare al suo erede la figlia di un servo”;
³ Re Aerys aveva comandato a Jaime e ad uno suo confratello più anziano, Jon Darry, di stare di guardia fuori dagli appartamenti della Regina Rhaella mentre lui rivendicava i suoi diritti di matrimonio. Di fronte alle urla della Regina, Jaime aveva osservato che, diventando Cavalieri della Guardia Reale, avevano giurato di difendere tutta la famiglia reale, Regina compresa. Jon Darry aveva asserito che era loro compito difenderla, ma non da suo marito.

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NdA:

Salve, ecco a voi la mia ultima sciocchezza. Avevo voglia di scrivere qualcosa che fosse crack, ma non in modo eccessivo, e Jaime e Rhaegar mi sembravano le vittime perfette.
Alla fine è risaputo che Jaime ammirava il principe Drago e ho immaginato che quell'ammirazione potesse essere, in realtà, qualcosa di più profondo e tormentato.
Ovviamente, ho dovuto adattare un po' le vicende ai miei interessi: nell'opera originale la notizia della morte di Rhaegar è arrivata ben prima dell'assassinio di Aerys; ma i miei feels hanno comandato e io ho eseguito.
Grazie a chiunque vorrà leggere e lasciarmi un commento.

p.s. Signore e signori, se foste addirittura interessati a leggere un missing moment di questa storia, lo trovereste qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2915726&i=1

  
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