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Autore: yllel    25/10/2014    3 recensioni
Considera la somma di tutte le cose e rifletti: se togli un elemento, quello che rimane e' ancora accettabile?
Questo e' il seguito di "Broken".
Post terza stagione e sherlolly. Di nuovo.
Genere: Angst, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Inutile tergiversare... scusate per l’attesa. Spero che il capitolo vi piaccia... era tanto tempo che volevo scrivere il flashback della prima parte.
Grazie grazie grazie a martiachan e Erule per i loro bei commenti e a chi si è aggiunto nel seguire la storia.

 
LA SOMMA DI TUTTE LE COSE

CAPITOLO 5
 
 
“Oh per la miseria!”
L’esclamazione annoiata di Greg Lestrade accoglie il trambusto che si è venuto a creare fuori dal suo ufficio, e la conseguente apparizione di Sherlock Holmes sulla porta. Lo osserva per qualche secondo, registrando il pallore del viso, i capelli arruffati e la giacca dal taglio impeccabile che però è spiegazzata in più punti.
“Benvenuto” lo accoglie con tono ironico “vedo che come al solito hai fatto in modo di guadagnarti la simpatia di tutti”
Il nuovo arrivato stringe le labbra seccato e fa un gesto nell’aria con la mano, a voler significare che non gli importa proprio nulla di quanto le sue rapide deduzioni abbiano influito sull’umore dei poliziotti nel corridoio.
“Il tuo messaggio dice che finalmente potrò vedere il cadavere di Josh Dummer” si limita invece a replicare, cominciando a battere impaziente le dita della mano contro i pantaloni.
A Lestrade non sfugge quella manifestazione di nervosismo, ma evita di commentarla.
“Si” risponde quindi il poliziotto annuendo e prendendo la sua giacca dalla sedia dove è appoggiata “e ti pregherei di cercare per lo meno di limitarti, questa volta”
Sherlock alza un sopracciglio perplesso e Greg sospira.
“L’unico motivo per cui vieni riammesso all’obitorio è perchè c’è una nuova patologa che non ti conosce e quindi non ha ancora avuto l’occasione di rifiutarsi di lavorare con te, perchè non è ancora stata il bersaglio dei tuoi commenti non proprio sottili e”
“Non è colpa mia se sono tutti degli incompetenti e qualcuno si deve prendere la responsabilità di farlo loro notare” si intromette Sherlock con voce irritata.
Lestrade alza una mano per interromperlo e continua imperterrito la sua tirata.
“...E del tuo comportamento improponibile. La nuova arrivata è giovane ma mi sembra sia in gamba, in effetti è stata lei a richiedere una valutazione,  quindi per favore, per favore contieniti!”
Sherlock rotea gli occhi ma non dice nulla, la sua mente già proiettata verso il cadavere che deve esaminare, quello che gli permetterà di capire se il caso di cui si sta occupando è davvero cosi intrigante come sembra.
Si volta per uscire ma una voce lo trattiene.
“Non stai dimenticando qualcosa?”
Si volta e vede il poliziotto aprire un cassetto della scrivania ed estrarre un oggetto.
“Oh, per favore...” sbuffa impaziente mentre alza la mano per afferrare al volo il contenitore sterile che Lestrade gli ha lanciato.
I due rimangono per qualche attimo a fissarsi, fino a che Greg non fa un cenno.
“Sai bene quali sono le regole” gli dice serio.
“E tu sai bene che io non ne ho bisogno, per quanto ancora vuoi insistere con questa inutile procedura?” è la replica annoiata di Sherlock.
L’altro uomo lo fissa dritto negli occhi prima di rispondergli.
“Fino a quando non sarò convinto che sei definitivamente pulito. Questi erano i patti, lo sai anche tu. Ora... ti accompagno io in bagno o questa volta preferisci avere Anderson come testimone?”
Più tardi, mentre sono in macchina insieme, Lestrade non può fare a meno di rivolgere una silenziosa preghiera perchè anche questa volta il test antidroga di Sherlock sia negativo, come sta succedendo ormai da sei mesi.
Non si illude di essere stato lui con la sua imposizione a convincere quello che pomposamente si definisce l’unico consulente investigativo al mondo a smettere con le droghe, tuttavia vive ogni test con una sorta di senso di responsabilità misto ad apprensione, perchè non può negare che l’investigatore gli è utile, ma che l’uomo gli è egualmente caro, anche se sembra che nulla possa scalfire la corazza di Sherlock , tanto meno il concetto di amicizia.
Ma da quando si sono incontrati otto mesi prima non sono state solo le incredibili capacità di Holmes a colpirlo, ma tutte le sue enormi potenzialità, la brava persona  che potrebbe diventare e per questo spera che il costringerlo a rimanere pulito per poter lavorare con Scotland Yard sia uno stimolo sufficiente.
Scuote la testa leggermente mentre osserva Sherlock uscire a razzo dalla macchina dopo che l’ha parcheggiata e si domanda per l’ennesima volta quali siano le cose, oltre alle droghe e ai crimini, che eccitano quel ragazzo, se qualche volta lascia spazio anche per altro nella sua vita.
Probabilmente no.
Si affretta, non vuole assolutamente che il primo incontro tra la nuova patologa e Sherlock parta con il piede sbagliato, non possono permettersi un altro passo falso perchè è abbastanza sicuro che in tutto il Bart’s non ci sia più nessuno che sia disposto a lavorare con il consulente investigativo.
Mike Stamford è stato abbastanza chiaro su questo punto.
Sherlock irrompe nell’obitorio con sicurezza, come se quel posto gli appartenesse.
La Dottoressa Molly Hooper fa un salto e spalanca gli occhi, Greg ha un moto di pietà nei suoi confronti e le sorride con quella che spera essere un’espressione di incoraggiamento.
“Dottoressa” dice con un cenno del capo “ho ricevuto il suo messaggio e come le avevo accennato ho portato con me un nostro consulente, le presento il Signor Sherlock Holmes”
La patologa, se possibile, spalanca ancora di più gli occhi e stringe a sè  la cartellina che ha tra le mani.
“Oh si, buongiorno Ispettore. P-piacere Signor Holmes, le stringerei la mano ma ho appena finito un’autopsia... non che io non metta i guanti!” si affretta a dire quando si rende conto di ciò che ha detto “li metto. Sempre. Sono molto rispettosa delle procedure. La sicurezza prima di tutto” annuisce convinta, prima di arrossire per il suo discorso alquanto sconclusionato.
Lestrade la osserva mordersi il labbro inferiore e geme internamente, probabilmente Sherlock se la mangerà in un boccone.
Ma lui si sta già muovendo per l’obitorio e neanche l’ha degnata di uno sguardo.
“Si, si... molto piacere. Evitiamo i convenevoli, vedo comunque che non sono il suo forte. Josh Dummer” schiocca le dita della mano destra e l’Ispettore non può evitare di fare una smorfia a quel modo di fare maleducato e pretenzioso mentre Molly Hooper, se possibile, assume un’aria al contempo perplessa e ancora più timida.
“Josh Dummer?” chiede con voce insicura.
Sherlock emette un gemito di impazienza e gira su sè stesso per poi raggiungerla in due rapide falcate, ed è cosi improvviso e veloce nei suoi movimenti che la donna si ritrae come se fosse spaventata.
“Josh Dummer” ripete Sherlock al limite dell’esasperazione alla vista dello sguardo incerto di Molly “devo vedere il suo cadavere”
Lei sembra riscuotersi dal suo torpore.
“Ma certo, se Le serve... però vede io non...”
“Miss...” Sherlock fa scivolare lo sguardo verso il cartellino di riconoscimento appuntato sul camice, evidentemente non si ricorda già più il nome della patologa “...Hooper. Il mio tempo è prezioso. Devo risolvere un crimine e Lei non mi sta aiutando. Forse il fatto di sapere che il pediatra che Le ha chiesto di uscire e con cui deve incontrarsi a pranzo fa scommesse con gli altri interni su quanto tempo gli serve per portarsi a letto le nuove arrivate La aiuterebbe a concentrarsi sui miei bisogni, invece che sulle Sue inutili fantasie romantiche?”
“Sherlock!”
La voce irritata di Lestrade fa stringere la mascella al consulente investigativo.
Le guance di Molly si sono fatte ancora più rosse per l’imbarazzo.
“Io non...” tenta di riprendere a parlare, ma viene di nuovo interrotta.
“Josh Dummer” ripete con una voce ancora più ferma Sherlock, e finalmente la patologa si avvia a testa bassa verso le celle frigorifere ed estrae un cadavere: ancora prima che lei abbia finito di ritirare il lenzuolo, Sherlock sta già esaminandolo con una lente di ingrandimento e una smorfia di disappunto gli appare velocemente sul viso.
“Maledizione!” esclama con rabbia.
Lestrade gli si fa vicino.
“Che succede?”
È un chiaro caso di morte naturale! Qualunque incompetente se ne renderebbe conto!” Sherlock rimette con un gesto di stizza la sua lente in una tasca della giacca e si avvia verso l’uscita, ma una voce lo blocca.
“E infatti io non vi ho chiamati per questo”
Molly Hooper ha parlato in tono basso ma sicuro, le deve essere servito un sacco di coraggio per farlo.
Sherlock Holmes rimane fisso al suo posto davanti alle porte dell’obitorio, fa un profondo sospiro dilatando le narici e raddrizza le spalle.
Poi si volta e a passi lenti raggiunge di nuovo la patologa e la osserva con uno sguardo da predatore.
“No?” chiede avvicinandosi ulteriormente e facendola sussultare.
Lei scuote piano la testa ma questa volta non abbassa il viso, anche se è  di nuovo troppo intimorita per parlare.
Lestrade decide di intervenire.
“Mi perdoni, Dottoressa Hooper. Quando mi ha mandato il messaggio ho automaticamente pensato che si trattasse del cadavere di Dummer che Le avevo chiesto di poter fare esaminare al Signor Holmes... in effetti Lei ha solo detto di avere qualcosa da mostrarmi”
Le parole del poliziotto sembrano sortire il loro effetto, perchè Molly annuisce piano e assume un’aria più decisa mentre si dirige verso un’altra cella frigorifera.
“Maschio, cinquant’anni” comincia a elencare con tono sempre più sicuro “è arrivato stamattina e non ho ancora i risultati degli esami ematici ma la colorazione delle unghie e la sclera degli occhi, insieme al fegato che presentava un aspetto insolito, mi hanno  insospettito. Ho proceduto ad analisi più dettagliate oltre a quelle di routine, sono abbastanza sicura che si tratti di”
“Omicidio per avvelenamento” la precede Sherlock con gli occhi che gli brillano.
Molly annuisce con foga, il suo imbarazzo di poco prima ormai dimenticato a favore dell’entusiasmo per la sua scoperta.
“Si, molto ben elaborato” conferma “causato da qualche sostanza ben nascosta”
“Ma non per te. Davvero brillante”
Lestrade sgrana gli occhi, perchè il commento che Sherlock Holmes ha appena fatto sembra essere davvero un complimento ed è sicuro che sia la prima volta che gli capita di sentirlo dire qualcosa del genere.
Anche Molly deve aver colto la straordinarietà del momento, perchè torna ad arrossire selvaggiamente.
“Lestrade! Dobbiamo indagare su un traffico di animali esotici e sul mercato nero delle medicine alternative! Ah... questo caso sarà spettacolare, me lo sento! Dottoressa Hooper, dai buca a quel pediatra, non vale comunque il tuo prezioso tempo... tornerò nel pomeriggio e potremo condurre delle analisi parallele sul sangue della vittima. E vorrei il suo fegato, quando avremo finito!”
Mentre grida come un bambino la mattina di Natale, Sherlock prende  il suo telefono e inizia a messaggiare velocemente.
Molly Hooper sbatte le palpebre più volte, convinta di non aver sentito bene.
“Il.. il suo fegato?” chiede
Sherlock alza brevemente gli occhi dallo schermo del cellulare e annuisce con veemenza.
“Si. Gli esperimenti che non potrò fare su quell’organo...” dice con voce quasi sognante.
La patologa sgrana gli occhi e cerca con lo sguardo Lestrade, che però è opportunamente perso nella contemplazione di un muro davanti a lui.
“Ma ecco... io... io non so proprio se le regole dell’ospedale consentano di...” comincia a dire esitante: Sherlock smette di usare il telefono e lo rimette in tasca, poi le si avvicina di nuovo e inclina la testa con aria concentrata.
“Non dovresti tagliarli, sai” esclama infine.
“Cosa?”
“I capelli. Stai pensando di cambiare look. Non dovresti, i capelli lunghi ti donano molto”
Molly si porta inconsciamente una mano alla nuca e sorride.
“Oh, grazie” dice facendo vagare gli occhi per la stanza per l’imbarazzo.
Lestrade rotea gli occhi a quel misero tentativo di manipolazione, poi però si deve subito ricredere.
“Io... io suppongo che per quel fegato si possa fare qualcosa” dice infatti la Dottoressa.
Sherlock annuisce soddisfatto e si gira per andarsene, ma poi ci ripensa e le si para di nuovo di fronte.
“Molly Hooper” dice lentamente, questa volta senza bisogno di leggere il nome sul cartellino “credo proprio che io e te lavoreremo molto bene insieme” il suo tono è sincero e soddisfatto e lei gli fa un luminoso sorriso, che lui ricambia con un cenno del capo, prima di avviarsi verso la porta riprendendo a parlare “e quando sarai rapita tra qualche giorno non preoccuparti troppo, di solito le cose non vanno mai molto per le lunghe e la macchina di mio fratello ti riporterà esattamente dove vuoi tu”
Molly spalanca gli occhi e osserva le porte che si richiudono dietro di lui, poi si volta a fissare Lestrade con uno sguardo preoccupato.
Il poliziotto scuote le spalle con noncuranza.
“Sai” comincia passando a darle del tu, convinto che questo sia davvero l’inizio di una collaborazione stabile “sei riuscita dove molti altri hanno fallito”
“E cioè?” gli chiede lei esistante.
“Non l’hai annoiato”
“Ed è una cosa buona?” chiede Molly sempre più confusa, facendo quasi scoppiare a ridere l’uomo.
“Oh cielo, si... non immagini quanto!”
“Ma questa cosa del rapimento...non intendeva letteralmente, vero? Voglio dire... che significa la macchina di suo fratello?”
Greg Lestrade sorride.
“Benvenuta nel mondo di Sherlock Holmes”
 
 
“Nulla. Il cellulare non dà segni di vita”
Sherlock osservò John ricomporre per l’ennesima volta il numero del telefono di Molly e non ottenere risposta.
Mentre i ricordi che l’avevano assalito ritornavano al sicuro nella sua mente, tornò ad osservare la strada dal finestrino della macchina che li stava accompagnando sulla scena del disastro ferroviario. Non era neanche sicuro del perchè, fra tutte le miriadi di memorie che appartenevano al suo rapporto con la patologa, fosse proprio quella che in quel momento si era affacciata e che aveva voluto essere rivissuta.
Il loro primo incontro.
Rammentava ancora bene la profonda soddisfazione che aveva provato quando aveva capito che finalmente avrebbe potuto lavorare insieme a qualcuno di competente.
Qualcuno da manipolare, ma anche di cui fidarsi.
Gli ci era voluto l’arrivo di John Watson per poter avvertire di nuovo quella sensazione e nel frattempo, il suo rapporto con Molly era cresciuto.
Poi era cambiato... era andato avanti fra alti e bassi a volte sconcertanti, e ora non era certo di poter dire a che punto fosse in quel momento.
Forse non era più da nessuna parte perchè, semplicemente, non esisteva più.
Non era vero,  naturalmente, altrimenti come si sarebbero spiegate tutte quelle sensazioni... tutte quelle emozioni che stava vivendo da quando Lestrade gli aveva confermato che Molly era su quel treno?
Strinse i pugni e cercò di bloccare ogni pensiero che non fosse direttamente connesso all’analisi della situazione, ogni pensiero che lo portasse inevitabilmente a pensare che forse lei era...
“Sono sicuro che sta bene” John parlò senza voltarsi verso di lui, lo sguardo fisso in avanti e i lineamenti del viso tesi.
Anche lui era preoccupato.
“Non puoi esserne sicuro, invece” rispose Sherlock tentando di rifugiarsi nella logica “il treno è deragliato dopo poco la partenza, il che significa che non aveva ancora acquisito la velocità massima. Probabilmente è avvenuto in una curva, era un treno nazionale quindi con almeno quindici carrozze, lo sbalzo potrebbe averne fatte distaccare e rovesciare almeno la metà e stiamo comunque parlando  di velocità importanti. Niente cinture di sicurezza, ovviamente, forse alcuni dei passeggeri erano ancora in piedi per raggiungere i loro scompartimenti o sistemare eventuali bagagli e Molly” inspirò a fondo “Molly potrebbe essere semplicemente stata una di loro, sarà stata alla ricerca di una carrozza tranquilla per poter ripassare il suo intervento al convegno. Sai come si agita quando deve parlare in pubblico, diventa ossessiva nel ripassare tutti i suoi appunti anche se li conosce a memoria e poi... e poi ha quell’aria concentrata e al tempo stesso terrorizzata che”
“Sherlock” il tono gentile di John e la sua mano appoggiata sul braccio lo fermarono. Si accorse di avere il respiro corto e i palmi delle mani sudati.
No. Per favore no.
Non Molly.
In quel momento la macchina arrivò a un punto oltre il quale era impossibile andare per via della presenza dei cordoni di sicurezza e dei mezzi di soccorso, John e Sherlock scesero e l’odore acre e pungente del fumo riempì loro le narici.
Lestrade e Donovan fecero segno di avvicinarsi e insieme i quattro si infilarono sotto ad un nastro giallo.
“Misericordia...”
Il tono stupito e incredulo di John riflettè il primo impatto della scena del disastro: lamiere contorte si accartocciavano una sull’altra in posizioni che lasciavano poco spazio al pensiero che qualcuno potesse essere stato li dentro fino solo a qualche ora prima. Medici e personale sanitario si affrettavano lungo il terreno soccorrendo persone ferite, richiedendo a gran voce medicinali e barelle e cercando di dare un po’ di conforto a persone in uno stato tale di shock da non potersi neanche muovere.
Alcuni corpi erano pietosamente coperti da teli gialli e altri probilmente si sarebbero aggiunti non appena i pompieri avessero finito di tagliare l’acciaio delle carrozze.
Sally Donovan si portò una mano alla bocca in un gemito sommesso, ma poi sembrò farsi forza con un cenno deciso del capo.
“Vediamo di capire se il responsabile del treno sia sopravvissuto. Dobbiamo cominciare a farci un’idea di quello che è successo” disse con voce strozzata.
Gli altri non le risposero, troppo impegnati a scandagliare l’ambiente alla ricerca di Molly.
“Oh, grazie al cielo”
L’espressione di sollievo di Lestrade attirò l’attenzione sul punto da lui indicato e anche Sherlock la vide.
La donna era in piedi vicino a un gruppo di persone, qualcuno le aveva dato una giacca arancio da soccorso che ovviamente le stava troppo larga, tanto da coprirla fino quasi alle ginocchia e costringerla a rimboccare le maniche.
Anche da lontano Sherlock potè osservare le sue mani che tremavano leggermente mentre sembrava dare una qualche istruzione a chi la stava ascoltando, i capelli non più raccolti ordinatamente nella sua solita coda di cavallo e i pantaloni strappati in almeno due punti.
E del sangue. C’era del sangue sulla sua fronte.
Lestrade e John faticarono a stargli dietro mentre un impulso improvviso lo costringeva a correrle vicino, ma  i tre arrivarono comunque insieme.
“Allestiamo un altro settore nella zona sud, al di la dei binari... sarà più comodo per le ambulanze” il tono con cui lei stava parlando era fermo.
“Molly”
Il richiamo sommesso di Sherlock la fece voltare.
“Oh” la sua esclamazione fu quasi sorpresa.
Adesso che le era vicino, il consulente investigativo potè registrare anche un’escoriazione sul ginocchio sinistro e sulla mano e naturalmente ci aveva visto giusto, aveva una ferita alla tempia destra.
“Siamo cosi contenti che tu stia bene” disse Lestrade “eravamo preoccupati. Linda ha detto che questo era il tuo treno e non siamo riusciti ad avere notizie sicure. La situazione è ancora troppo caotica”
Molly scosse la testa impercettibilmente.
“Sto... sto bene” disse.
“Magari diamo una controllata giusto per essere sicuri, ok?” John era entrato in modalità medico e si avvicinò con un sorriso, ma lei si ritrasse.
“No, non posso. Non ora” affermò decisa.
“Certo che si, invece. Sei ferita” il tono di Sherlock fu secco e preciso ed entrambi gli amici gli gettarono uno sguardo di biasimo, mentre Molly si limitò ad assumere uno sguardo confuso.
“Ferita?” ripetè sorpresa e la sua mano corse alla tempia, dove si sporcò di sangue che lei rimase a guardare ipnotizzata per qualche secondo prima di scuotere più forte la testa.
“Sto bene” ribadì con convinzione “è solo un graffio. Stiamo organizzando i soccorsi e i recuperi dei corpi, non posso allontanarmi ora”
“Possono fare a meno di te” commentò Sherlock, improvvisamente  irritato dalla sua testardaggine.
Le labbra di Molly si strinsero in una linea sottile.
“No, perchè sono io che sto dirigendo le operazioni e prima che qualcuno possa obiettare, ho un master in gestione delle situazioni di emergenza e sono stata assegnata a questo preciso settore, quindi non andrò da nessuna parte!”
Sul gruppo calò il silenzio e lei sembrò rendersi conto che la sua reazione era stata irruente e fece un profondo sospiro.
“Sto bene” ripetè per l’ennesima volta in tono più tranquillo “grazie di esservi preoccupati, ma ora devo tornare al lavoro e sono sicura che anche voi dovete cercare di capire cosa mai sia successo... John, sono certa che ci sia bisogno di medici nei punti di raccolta dei feriti”
Il Dottor Watson annuì e si voltò verso la direzione indicata da Molly, non prima di aver gettato un’occhiata inquieta a Sherlock per assicurarsi che non volesse discutere oltre con la patologa.
Ma il suo amico si era già allontanato senza un’ulteriore parola.
 
***
 
L’uomo stava guardando il notiziario televisivo e sorseggiava con soddisfazione il liquore nel suo bicchiere.
Sullo schermo passavano immagini della zona del disastro ferroviario e dei parenti che arrivavano per avere notizie dei propri cari e un ghigno gli attraversò il viso nello scorgere Sherlock Holmes sul luogo dell’incidente.
“È andato tutto come avevamo programmato, sarà soddisfatto”
Si prese tempo prima di rispondere all’altro uomo presente nella stanza e si lasciò cadere un generoso sorso di liquido ambrato in gola.
“Oh si. Adesso è davvero arrivato il momento giusto”
 
***
 
“Il responsabile del treno era un certo Ralph Cotter, in servizio da più di vent’anni e con una larga esperienza”
Sally Donovan ripose il cellulare in tasca dopo aver letto le informazioni che le erano state mandate.
“Un errore può sempre capitare a chiunque” commentò dubbioso Lestrade.
“Al giorno d’oggi è praticamente impossibile, i treni sono guidati da un sistema elettronico avanzato che riduce significativamente l’intervento umano” Sherlock parlò senza distogliere gli occhi dal punto in cui poteva vedere Molly Hooper continuare a dirigere le operazioni del suo settore.
L’Ispettore seguì il suo sguardo.
“Sta bene” disse.
“È sotto shock, presto l’adrenalina lascerà il suo corpo e avrà un crollo” Lestrade non riuscì a capire se il tono di Sherlock fosse più scocciato o preoccupato.
“Forse invece no. È forte” gli disse quindi.
Sherlock distolse finalmente lo sguardo e fece un mezzo sorriso.
“Si. Lo è”
“Signori?” un uomo si avvicinò e fece un cenno del capo al consulente investigativo e al poliziotto, poi si accorse di Donovan “e Signora.
Mi hanno chiesto di aggiornarvi sull’indagine... sono il capitano Thompson, responsabile delle operazioni. Come potete immaginare siamo piuttosto presi, ma mi è stato fatto capire che avrei dovuto occuparmi anche di voi e francamente mi chiedo perchè non possiate”
“Il capotreno” lo interruppe Sherlock.
Thompson lo guardò interrogativamente.
“Dovremmo parlare con il Signor Cotter, il capotreno” aggiunse Sally “sappiamo che Lei è molto impegnato, ma ci sarebbe di grande utilità cominciare a capire che cosa sia successo qui e quale può essere stata la causa del deragliamento”
L’uomo aggrottò la fronte.
“Sospettate non si sia trattato di un incidente?”
Lestrade intervenne con un sorriso.
“Noi non sospettiamo niente. Siamo solo incaricati di appurare le circostanze... lei capirà naturalmente come molta gente stia già sollevando ogni tipo di ipotesi. Non vogliamo certo istigare un allarme inutile, giusto?”
Thompson scosse lentamente la testa.
“No... certo che no. Datemi un attimo e controllo”
Si allontanò e Lestrade si voltò veloce verso Sherlock e Donovan.
“Vediamo di non generare troppe domande, almeno per ora... ok?” sibilò.
I due risposero con un silenzio irritato per essere stati ripresi, ma l’Ispettore non se ne curò più di tanto: ci voleva solo che l’ipotesi di un attentato si propagasse con la velocità di un fulmine, prima ancora che avessero qualche risposta a disposizione... inutile scatenare il panico generale all’idea che il ritorno di Moriarty potesse in qualche modo aver portato qualcosa di più che la serie di efferati delitti di qualche settimana prima.
“Mi dispiace” la voce di Thomposon lo richiamò alla realtà “il capotreno Cotter è nella lista dei deceduti già identificati”
Maledizione.
 
***
 
“Sarò a casa al più presto”
“Sei sicuro di stare bene? Non oso immaginare come sia la situazione...”
John si passò una mano sul volto stanco.
“Sto bene, tranquilla Mary. Sono contento di aver potuto dare una mano. È stata una fortuna che il treno non fosse ancora alla velocità massima, o le vittime avrebbero potuto essere molte di più’. È comunque uno scenario terribile”
“Sherlock è riuscito a capirci qualcosa?”
“Lo sto raggiungendo in questo momento, è da qualche ora che non lo vedo... suppongo che lui Donovan e Lestrade abbiano fatto un bel po’ di lavoro investigativo”
“E Molly?”
“L’ho intravista prima, stava ancora lavorando. Vorrei si fosse fatta dare assistenza medica ma da quel che ho visto non era nulla di grave”
“Al telegiornale hanno detto che si esclude un qualche tipo di esplosione... Ma si tratta di un attentato, vero?”
John provò una stretta al cuore nell’udire il tono di Mary: voleva sembrare forte, ma si capiva che era spaventata all’idea che qualcosa di grosso stesse per accadere e che potesse essere orchestrato da un uomo che li avrebbe potuti individuare come bersagli.
“Non lo sappiamo ancora, tesoro. Gli uomini di Mycroft sono li, vero?”
“Si, non preoccuparti. Io sto bene, solo... torna presto ok?”
“Ok. Ti amo”
“Ti amo anche io”
John ripose il cellulare e per un attimo si guardò intorno. La situazione era maggiormente sotto controllo e tutti i feriti erano stati presi in carico e dirottati verso gli ospedali, mentre era stato allestito un obitorio di emergenza per le vittime ed era li che lui si stava dirigendo per incontrare Sherlock.
Lo trovò chino su un microscopio arrivato da chissà dove: sapeva che stava analizzando dei campioni dal corpo di Cotter e si chiese meravigliato come potesse averne avuto l’autorizzazione.
Mycroft.
“Dimmi che il capotreno non è stato ucciso prima dell’incidente per fare in modo che il treno deragliasse” quasi  lo supplicò.
Sherlock non rispose subito, poi finalmente alzò lo sguardo.
“No, non è stato ucciso prima del deragliamento”
Nonostante ci sperasse, John non si era veramente aspettato quella risposta e lo guardò stupito.
“Quindi si è trattato davvero di un incidente?”
Sherlock strinse la mascella.
“Cotter aveva già perso conoscenza prima che il treno uscisse dai binari, è questo che non gli ha permesso di aggiustare la situazione quando il mezzo non ha rallentato alla curva per via di una qualche manomissione. Nel suo sangue è presente un composto chimico che si è attivato poco dopo la partenza dalla stazione e l’ha messo fuori gioco in pochi minuti. C’è stata si una bomba ad orologeria, ma non sui binari... piuttosto dentro il suo corpo”
“I fratelli Kybransky...” mormorò John.
“Già. Sembra proprio che tu ti sia sbagliato, Holmes”
Donovan, che li aveva raggiunti in quel momento insieme a Lestrade,  mostrava un’aria stanca ma non aveva rinunciato a puntualizzare l’inesattezza di ciò che Sherlock aveva detto quella mattina.
“Dacci un taglio, Sally” intervenne Greg con un tono a metà tra l’esasperato e il rassegnato “è tardi. Domani avremo i risultati definitivi, ma è chiaro che si è trattato di un attentato”
Per qualche secondo nessuno parlò, poi Sherlock si alzò dallo sgabello dove era seduto e cominciò ad allontanarsi.
John lo osservò preoccupato e fece per seguirlo.
“Torna a casa da Mary, ha bisogno di te” gli disse l’amico senza voltarsi “io... devo occuparmi di una cosa”
 
***
 
Molly Hooper si accorse di essere rimasta sola.
Le persone che fino a quel momento avevano collaborato con lei per la gestione dell’emergenza se ne erano andate e lei si rese conto che avrebbe dovuto fare lo stesso: stava sopraggiungendo la sera e la situazione era sotto controllo, il suo settore aveva lavorato bene e non c’era più nulla che lei potesse fare.
Improvvisamente, si sentì molto stanca e si accorse che le sue mani tremavano visibilmente.
Lo shock, pensò cercando di fare respiri profondi e regolari... lo shock stava prevalendo su tutto il resto, sulla calma e sulla cieca efficienza con cui aveva lavorato nelle ultime ore e che adesso non erano più necessarie.
Non aveva avuto davvero il tempo di rendersi conto della portata di ciò che aveva vissuto fino a quel momento ma ora, sola e stanca, le immagini e le sensazioni dell’incidente la assalirono di colpo.
Poi vennero le lacrime.
Si sedette su una delle sedie da campeggio lasciate da uno dei soccorritori e lasciò che i singhiozzi si facessero largo senza remore, conscia del fatto che fossero una buona cosa, un modo per scaricare la tensione.
Dopo l’incidente aveva perso conoscenza per qualche attimo e quando si era risvegliata attorno a lei la scena era spaventosa, persone che chiedevano aiuto o erano intrappolate gemevano e si lamentavano ed era impossibile addirittura capire se ci fosse una via d’uscita.
Poi Molly aveva fatto un respiro profondo e aveva cominciato a darsi da fare, continuando a farlo per ore e ore.
E adesso... adesso era finita.
Un rumore vicino a lei le fece alzare la testa di scatto.
“Sei ancora qui...” disse con un filo di voce alla vista di Sherlock.
Lui non rispose.
“Sto bene” ripetè lei quasi automaticamente come gli aveva detto in precedenza.
Lui si avvicinò di un passo.
“Lo so” le disse guardandola intensamente “tu sei forte. Più forte di chiunque altro”
Nonostante le lacrime le stessero ancora solcando le guance, Molly sorrise.
Sherlock si avvicinò ulteriormente e solo allora lei si accorse che aveva una borsa in mano.
“Cosa...” cominciò a chiedergli, ma si interruppe non appena lo vide inginocchiarsi davanti a lei e cominciare a tirare fuori dal contenitore del disinfettante e delle garze.
Senza dire una sola parola, lui cominciò a medicare le sue ferite con una mano sorprendentemente leggera e attenta e anche Molly rimase in silenzio, chiudendo gli occhi e decidendo per un attimo di dimenticare tutto il resto e di lasciare che fosse lui a prendersi cura di lei, per una volta.
Solo per qualche attimo ancora, sono cosi stanca.
Non potè reprimere una lieve smorfia quando il disinfettante cominciò a bruciare sulla ferita alla mano, e fu allora che Sherlock Holmes sorrise leggermente e si avvicinò con le labbra per soffiare leggermente e lenire il fastidio.
Molly inspirò a fondo.
Tra poco sarebbe stato tutto come prima ma in quell’istante, solo per quell’istante, andava tutto bene.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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