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Autore: ClaireTheSnitch    25/10/2014    1 recensioni
Ellie è ordinaria, Ellie non sa cosa l'aspetta. E' come chiunque altro e forse non si presta abbastanza attenzione a chi si concede il rischio della normalità.
"Ellie sbuffò e rigirò tra le mani un braccialetto di stoffa, per poi lanciarlo nel vuoto. Era ora di finirla con i ripensamenti."
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

La luce del sole era ormai un velo rossastro sui tetti. Dalle strade proveniva un borbottio frenetico di bagliori e freni abbassati all’improvviso, e il vento era caldo e pieno.
Ellie non aveva mai avuto paura dell’altezza, ma quella sera lo spazio vuoto e incolmabile tra quel tetto sporco e l’asfalto della strada la faceva sentire scombussolata, formicolante. A dirla tutta, non era neppure sicura che si trattasse veramente di paura.
Stava per lasciare tutto ciò che vedeva. Stava per partire con pochi soldi e troppa rabbia, stava per prendere una strada che nessuno le aveva consigliato e che tutti disapprovavano silenziosamente.
Aveva un lavoro, laggiù dove sarebbe andata, e anche un piccolo appartamento all’ultimo piano di un edificio senza ascensore. Le scale non la preoccupavano, ma il freddo subdolo di una casa vuota era qualcosa che non aveva mai provato in vita sua.
Crescere con cinque fratelli e le sorelle nubili di sua madre, per Ellie, era stata un’esperienza che l’aveva privata della solitudine in favore di una camera condivisa; aveva indossato abiti consumati e fuori misura finché lei stessa non era cresciuta troppo per infilare le camicie delle sue zie bassine e tarchiate.
Ellie inspirò quell’aria viziata. Aveva sperato in un po’ di fresco, lassù, ma stava comunque sudando sotto quel cielo cattivo. Forse la città sapeva che aveva deciso di andarsene e si vendicava nell’unico modo che conosceva; Ellie, da parte sua, aveva preparato le valigie da cinque giorni ed era stanca di sentire le occhiate di rimprovero di sua madre perforarle la nuca ogni volta che lasciava la cucina.
Sua madre era sempre stata la prima ad appoggiarla e non si era arrabbiata troppo neppure quando Ellie aveva deciso di lasciare l’università per lavorare come fotografa in uno studio molto grande e alla moda che poi era fallito. Tuttavia partire non era nel vocabolario della madre di Ellie, né tantomeno riusciva ad abbracciare l’idea che sua figlia potesse trovare occasioni migliori fuori da quella città.
Ellie sbuffò e rigirò tra le mani un braccialetto di stoffa, per poi lanciarlo nel vuoto. Era ora di finirla con i ripensamenti.
 
- La casa è un po’ piccola, papà, ma sono ancora sola. La mia coinquilina arriverà soltanto tra una settimana. Sì, papà. No, inizio a lavorare domattina. Ho comprato qualcosa da un supermercato vicino alla fermata dell’autobus. Credo che farò un abbonamento. Di’ alla mamma che non deve ascoltare dall’altro telefono… ah, grazie, sì, lo scrivo subito…- Ellie aprì la valigia ed estrasse la sua agenda. Non aveva ancora tirato fuori nulla dagli scatoloni e suo padre l’aveva chiamata ancor prima che potesse dare un’occhiata alla casa.
- Petra ha ancora quel dolore allo stomaco? Portala dal dottore. E butta via il pollo, l’ho cucinato troppo tempo fa. Ora vado, sì, devo fare un sacco di cose… Ciao, papà. Saluta le zie.
Ellie chiuse la telefonata e fissò il cellulare qualche secondo. Era sola, per davvero. I suoi piedi calpestavano il pavimento di casa sua. Le tendine alle finestre del salotto erano un po’ annerite, ma si disse che le avrebbe ficcate in lavatrice nei giorni successivi: aprì le finestre e si accese una sigaretta. Non le era permesso fumare in casa, una volta.
Ora non più, pensò con un sorriso un po’ amaro.
Non aveva un brutto rapporto con i suoi genitori, ma non era tranquillo. Era strano da spiegare. Ellie, con loro, aveva la costante sensazione che dessero per scontate le sue scelte, quasi fosse obbligata a fare ciò che loro pensavano avrebbe dovuto fare. Era come se, tra mille porte, loro ne avessero sigillate novecentonovantanove.
La nuova casa aveva tante porte scorrevoli e tre camere separate, arredate quasi allo stesso modo. Ellie aveva deciso di occupare quella che dava sulla strada, nonostante non fosse la più grande, e stava ora svuotando gli scatoloni.
All’ingresso, che si apriva su un breve corridoio un po’ stretto, appese uno specchio leggermente opaco, che aveva vinto ad una pesca di beneficenza tanti anni prima. Il bagno era evidentemente vecchio stampo, di un bianco quasi ospedaliero, con una vasca rettangolare e molto spigolosa incorniciata da una tenda di plastica.
Il salotto, grande abbastanza per contenere un divano, due piccole poltrone, la televisione e una specie di credenza tarmata, si apriva poi sulla cucina: era ordinaria, con un bel tavolo piuttosto grande, ma Ellie aveva il forte sospetto che il frigorifero non funzionasse così bene.
Dopo aver riposto qualche vestito nell’armadio, si sedette di fronte alla televisione e mangiò un po’ della pizza che aveva portato da casa. Si sentiva un’adolescente in gita scolastica, con lo sconfortante dettaglio che era da sola.
Prese il cellulare e lo guardò senza un obiettivo preciso. Una volta avrebbe aspettato con ansia una certa chiamata, proprio a quell’ora, quando era certa che nessuno dei suoi fratelli potesse origliare.
Era buffo, no? Ora avrebbe potuto parlare quando voleva con chi voleva, e nessuno l’avrebbe ascoltata. Solo che non mi chiamerà mai più, pensò con un sospiro Ellie, e si trascinò a letto insieme a un ricordo non voluto.





Note dell'autrice
Salve a tutti, voi pochi lettori. Forse la maggior parte di voi non mi conoscerà - il mio "debutto" su questo sito risale ad una quantità imbarazzante di tempo fa, e nella sezione di Harry Potter - ma conosco EFP meglio delle mie tasche e di certo non sono nuova al mondo della scrittura.
Ho deciso di tornare in questa veste, senza impegno, con tranquillità, sperando di trovare una bella accoglienza come anni fa!

Ellie è un personaggio poco autobiografico e molto particolare, a dispetto della normalità che vanta nell'introduzione della storia. Non voglio mettere in piedi un racconto-cronaca, non voglio annoiarvi con scene pazze di cose assurde che non accadranno mai a nessuno di voi; mi piacerebbe mostrarvi qualcosa di voi stessi che non siete mai riusciti a vedere. E con questo ho detto tutto.

Una recensione è sempre gradita!

C.

 
   
 
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