Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Segui la storia  |       
Autore: Belarus    25/10/2014    4 recensioni
Un Drago Celeste che nobile non è mai voluta essere, una fuga bramata da sempre e un mondo del tutto sconosciuto ad allargarsi ai piedi della Linea Rossa. Speranze e sogni che si accavallano per una vita diversa da quella che gli è da sempre stata destinata. Una storia improbabile su cui la Marina stende il proprio velo di silenzio, navi e un sottomarino che custodiscono un mistero irrivelabile tanto quanto quello del secolo vuoto.
#Cap.LXXXV:" «Certo che ci penso invece! Tornate a Myramera e piantatela con questa storia dello stare insieme! Io devo… non potete restare con me, nessuno di voi può. Sparite! Non vi voglio!» urlò senza riuscire o volere piuttosto trattenersi.
Per un momento interminabile nessuno accennò un movimento in più al semplice respirare e solo quando Aya fu sul punto di voltarsi per andare chissà dove pur di mettere distanza tra loro, Diante si azzardò a farsi avanti.
«Ci hai fatto giurare di non ripetere gli errori passati. I giuramenti sono voti e vanno rispettati.» le rammentò. "
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eustass Kidd, Nuovo personaggio, Trafalgar Law
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Teru-Teru Bouzu '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Titolo: Teru-Teru Bouzu
Genere: Avventura; Romantico; Generale {solo perché c’è davvero di tutto}.
Rating: Arancione {voglio farmi del male, oui.}
Personaggi: Nuovo personaggio; Eustass Capitano Kidd; Pirati di Kidd; Trafalgar Law; Heart pirates; OC; Jimbei; Silvers Rayleigh.
Note: È il mio compleanno e mi auto regalo un attimo di pace per pubblicare questo capitolo, anche se in ritardo come accade ormai da troppo tempo. Inutile che stia qui a chiedervi scusa o a dire che i miei problemi persistono, sarebbero solo chiacchiere, quindi andiamo direttamente al sodo della questione. Il capitolo è quasi interamente dedicato ad Aya e vi assicuro che statico non lo è di certo anche se potrebbe sembrarlo ad una prima occhiata. È l’annuncio di ciò che verrà e credo anche di averci ficcato dentro un po’ della fine di questa epopea che porto avanti da un anno. Il Dr. Torao è di servizio e ne ho approfittato per rimetterlo in movimento, perché la pace diciamo pure che è terminata e ora tutti devono darsi da fare per il futuro; Kidd ancora compare qui e lì come un’ombra, ma il prossimo gli tocca, confidate giovini, confidate!
Ringrazio come sempre quei tantissimi che leggono in silenzio e mi danno la strana soddisfazione di non passare inosservata, i miei fedeli recensori che mi strappano sempre un sorriso, coloro che riemergono dai meandri oscuri della latitanza e ovviamente i nuovi arrivati! Merci, merci!
Alla prossima cari!






CAPITOLO XXXXV






Non si aspettava che avvicinarla sarebbe stato facile né tantomeno che lo salutasse con un sorriso, tuttavia il modo con cui la vide indurire i tratti del volto non appena l’ebbe riconosciuto gli lasciò subito intendere che persuaderla ad ascoltarlo sarebbe stata un’impresa ben più difficile di quanto non avesse immaginato decidendo di raggiungerla su quella nave.
«La prego, mi ascolti, voglio aiutarla! Mi dia solo cinque minuti!» provò tendendole una mano in segno di buona fede, ma si ritrovò immediatamente a ritirarla quando la rabbia in lei parve montare di colpo.
«Non voglio il vostro aiuto, non ne ho bisogno! Dovete lasciarmi in pace!» ringhiò esasperata e Shizaru dovette ricordare a se stesso perché fosse in quella situazione tanto spiacevole.
Aveva tentato in ogni modo di farla sentire a proprio agio durante la breve permanenza a bordo del vascello governativo che avrebbe dovuto ricondurla a Marijoa, ma nulla aveva sortito l’effetto sperato. In quel lasso di tempo non aveva toccato cibo, non aveva parlato e dubitava fortemente persino che avesse chiuso occhio. Si era abbarbicata sulla poltrona davanti alle finestre guardando il mare sino a che non erano salpati dal porto di quell’isola e della finestra non erano rimasti che vetri rotti. Era scappata proprio quando lui e i suoi fratelli avevano creduto d’aver portato a termine la loro missione e se non fosse stato per l’umiliazione di dover far rapporto direttamente ai Cinque, Shizaru non avrebbe potuto dirsi completamente dispiaciuto.
Quella ragazza non aveva alcuna intenzione di tornare alla vita di agi e ricchezze in cui era nata, la prospettiva la terrorizzava a tal punto da spingerla a fuggire, trovando conforto nella compagnia di gente che chiunque altro avrebbe reputato scarti, pur di non accettarla. Era convinto che quello non fosse affatto il modo migliore per vivere una vita diversa e che non sarebbe stato il mare a darle la felicità che sembrava cercare, ma non era nella sua natura causare dolore agli altri e si era sentito in parte rincuorato scoprendo vuota la cabina che avrebbe dovuto custodirla sino alla base della Marina.
«È mia intenzione farlo, ma non prima di averla messa al corrente di tutto! Lei non sa a cosa sta andando in contro, non sarebbe dovuta venire fin qui… non con quell’uomo per di più…» finì per sospirare, mentre alle sue spalle il frastuono del metallo soppiantava persino il rombo del Raikoke che s’increspava in onde cupe a causa della pioggia ormai insistente.
Dall’ultima volta in cui l’aveva vista erano trascorsi parecchi mesi e nel momento in cui era stato trasferito al G-5 non gli erano giunte neanche sue notizie, anche se difficilmente sarebbe potuto accadere il contrario dato che nessun’altro era a conoscenza dell’esistenza di quel Drago fuggitivo. Per qualche strana ragione aveva pensato che mai sarebbe arrivata nel Nuovo Mondo, che probabilmente sarebbe sparita nel nulla esattamente com’era arrivata. L’aveva dimenticata una volta varcata la Linea Rossa, ma vederla a bordo di quella nave lo aveva mandato in confusione, sbriciolando ogni sua remota illusione.
«Non azzardatevi. Non provate a dare la colpa a Kidd davanti a me, non voi marines. Non ne avete il diritto.» fremette subito, squadrandolo con una severità che lo fece retrocedere di un passo sul ponte.
Come fosse possibile che dei pirati meritassero tanta stima da parte di un Nobile mondiale per Shizaru era un mistero che mai sarebbe riuscito a comprendere. Non erano gente cui qualcuno avrebbe voluto avvicinarsi né in cui si sarebbe potuta riporre fiducia, erano farabutti di natura, assassini, ricercati e pericolosi, una minaccia per l’intera società civile, eppure parevano in qualche strano modo aver finito per recitare la parte dei salvatori e per quello poteva rimproverare solo se stesso.
Qualcosa aveva spinto quel Drago Celeste a diffidare dalle buone intenzioni della Marina e della sua stessa gente. Aveva scelto di farsi carico di colpe che non avrebbe mai dovuto avere in quanto discendente dei creatori e lui, con la collaborazione dei suoi fratelli, non aveva fatto altro che peggiorare la situazione sino a procurarle una condanna a morte. Ammetterlo e vederla tanto vicina a criminali di quella risma gli costava, ma si trattava pur sempre di un Nobile e doveva trovare il modo di aiutarla, indipendentemente da ciò che affermava in quel momento, ubriaca di un mondo che avrebbe solo dovuto guardare dall’alto.
«… non sono qui per questo… le chiedo solo di ascoltare ciò che ho da dirle e permettermi di riparare alla mia colpa adesso che c’è ancora una possibilità.» rivelò con tono misurato cercando di essere quanto più rassicurante possibile, ma per l’ennesima volta sortì l’effetto contrario.
«Una possibilità per cosa? Rinchiudermi di nuovo in una cabina e riportarmi a marcire in quella città infernale? Scordatevelo. Non c’è niente che possiate dire per convincermi! Non verrò con voi!» la udì stabilire con gli occhi lucidi per il nervosismo e istintivamente, senza neanche rendersene conto, allungò una mano verso di lei.
La nave tremò sotto i suoi piedi squassata dalle onde cupe del Grande Blu ed ebbe appena il tempo di sfiorarle l’avambraccio scoperto dal giaccone, prima di ricordare che toccare o anche solo guardare un Drago Celeste fosse una violazione alle leggi. Ritirò la mano in fretta rimproverandosi mentalmente per averla avvicinata tanto e in un momento così sbagliato, ma non poté neppure illudersi che quel gesto passasse inosservato. La vide colpire con il dorso della propria mano il suo polso e subito sferrargli un calcio nel bel mezzo del torace sino a fargli perdere l’equilibrio. Spinto dall’urto, volò per qualche metro lungo il corridoio che portava sul retro della nave, finendo per cozzare con un lamento la schiena contro il parapetto umidiccio. Si sollevò a fatica sentendo la respirazione difficile e lo sterno dolorante, mentre rimaneva poggiato alla balaustra e solo dopo qualche lungo secondo provò a rimettersi completamente ritto facendo peso su un fucile finito lì chissà come. L’ennesima sferzata glielo fece sfuggire di mano e la gomitata in pieno stomaco lo ricacciò al suolo, obbligandolo a sputare un grumo di sangue salitogli sino in gola. Ricadde a terra ansimando e decise che la cosa migliore in quel momento fosse rimanere lì. Se avesse mosso soltanto un altro dito quella ragazza lo avrebbe preso per una minaccia ed era quasi certo che ci avrebbe rimesso qualche osso non potendo né evitare i colpi né contrattaccare.
«Si calmi per… piacere…» biascicò, sentendo il sangue impastargli la lingua e colare lungo il collo sino al colletto ormai lercio della divisa.
«L’avete detto anche quella volta e avete finito per darmi un colpo in testa.» ricordò fredda, continuando a squadrarlo dall’alto.
Pensò che quel tentativo di rassicurarla fosse stata un’idea di Iwa – il guaio sapeva già a chi apparteneva –, ma non poté soffermarvisi troppo e rimase a osservare con occhi fradici per la pioggia gli stivali che gli stavano di fronte, dove faceva bella mostra di sé una macchia scura del suo sangue.
«Questa volta è diverso… non potrei portarla nella sacra terra neanche se volessi Signorina, nessuno può più autorizzarla ad entrare lì!» sbottò dopo un po’, quando il respiro cominciò ancora una volta a regolarizzarsi e il frastuono della battaglia s’insinuò nelle sue orecchie nitido come una sveglia nefasta.
Malgrado ne fosse dispiaciuto, non aveva tempo per i convenevoli e le rassicurazioni che la portassero a desistere dal gonfiarlo come mai si sarebbe aspettato. Doveva avvisarla di ciò cui stava andando in contro prima che la battaglia avesse termine e davanti a lui si presentasse quel tipo con la pelliccia rossa, perché sapeva che sarebbe successo.
Con lo sguardo fisso sullo strano gioco della pavimentazione della nave la vide retrocedere di un passo e fu certo che avesse capito ciò che aveva borbottato tra un colpo di tosse e il baccano dei colpi di cannone. Poggiò lentamente le mani al suolo, issandosi a sedere con quanta più cautela fosse in grado di mostrare e continuò a parlare, sentendo gli occhi del Nobile piantati sulla propria nuca.
«Insieme ai miei fratelli ho giurato di non far parola di quello che sto per dirle e probabilmente non avrei mai rotto questa promessa se non l’avessi vista a bordo di questa nave, ma lei adesso è qui e non posso lasciarla all’oscuro di tutto…» confessò con rammarico, portando una mano allo sterno probabilmente incrinato.
«Di che sta parlando?» la sentì chiedere con un filo di voce e soffocò il colpo di tosse che gli era salito al petto.
«So che non si fida di me, ma la supplico di credermi almeno questa volta, io… non ho mai voluto che le venisse fatto del male e accadrà se non la metto in guardia adesso.» confidò con amarezza, percependo il senso di colpa gravare sul giaccone umido su cui svettava l’emblema della giustizia.
Se non si fossero rivisti in quell’occasione probabilmente avrebbe finito per dimenticarla del tutto e lasciare che gli eventi facessero il loro corso, tuttavia non poteva girare le spalle e lasciarla andare proprio adesso che se l’era ritrovata davanti. Sapeva di star trasgredendo agli ordini datigli dai Cinque Astri e che forse in futuro si sarebbe pentito di quella decisione, ma se esisteva davvero una giustizia in quel mondo allora quel Drago meritava almeno di conoscere la propria sorte.



Il gemito del metallo che veniva squarciato da parte a parte aveva colto tutti alla sprovvista, facendoli ricadere nel silenzio più totale, ma la visione di Mugiwara-ya che piombava sulla spiaggia rocciosa dell’isola dopo settimane d’immobilità aveva fatto riporre a Law la kikoku sulla spalla per dargli la certezza tangibile che la sensazione provata al suo risveglio fosse solo un anticipo della sorpresa che avrebbe ricevuto molte ore più tardi.
Aveva controllato i suoi valori all’alba, quando il resto della ciurma sonnecchiava ancora e non c’era stato nulla che fosse variato rispetto alla sera precedente. Era rimasto a vegliarlo finché Jimbei-ya non aveva fatto capolino dal corridoio con la sua massa di bende da cambiare e a lavoro terminato li aveva abbandonati entrambi nel loro limbo di riposo, uscendo a prendere una boccata d’aria salmastra. La giornata era andata avanti come ogni altra, poi però era arrivato il fracasso, il sottomarino aveva preso ad agitarsi senza neanche un motore acceso e Mugiwara no Rufy si era messo a correre nel loro angolo d’isola, indifferente ai tentativi di calmarlo con le buone o cattive maniere, pretendendo che gli venisse ridato suo fratello Ace. Trafalgar era tornato a sedersi e l’aveva studiato con la medesima attenzione che avrebbe concesso a qualsiasi altro disturbo capitatogli tra le mani, stabilendo che se era in grado di far tutto quel chiasso la sua guarigione doveva essere ormai imminente, anche se c’era sempre la possibilità che tutta quella furia lo riducesse in condizioni peggiori delle precedenti e che il suo salvataggio a Marineford risultasse del tutto vano.
«Ehi! Torna indietro!» urlò Penguin, scrutando nel buio della foresta dentro cui era sparito il ragazzo.
«È inutile, tanto non ti sente.» gli fece presente Shachi con un sospiro pesante, scuotendo la testa.
«Finirà per farsi male e non possiamo neanche andare ad aiutarlo!» insistette serio il navigatore e nessuno provò a contraddirlo in quella predizione.
In realtà avrebbero anche potuto varcare la soglia stabilita dall’Imperatrice Kuja, ma si erano convinti da un po’ che qualche essere misterioso nella foresta li avrebbe pietrificati e non osavano neanche spingersi oltre le recinzioni issate dalle donne per tenerli lontani. Trafalgar dal canto suo non aveva alcuna intenzione di dissuaderli da quella convinzione né tantomeno di avventurarsi alla ricerca di Mugiwara-ya per calmarlo.
Non poteva ridargli suo fratello e non era la persona adatta a rincuorarlo, si conoscevano poco in fin dei conti e malgrado vedesse in lui più di quanto aveva visto in molti altri che avevano incrociato il suo cammino, era dell’opinione che dovesse imparare a sopportare il dolore piuttosto che commiserarsi per ciò che aveva perso.
Le cadute facevano parte delle battaglie, nessuno era mai uscito indenne e bisognava sapersi perdonare delle volte per poter andare avanti.
«Vado a riprenderlo.» tonò la voce del Cavaliere del Mare e Law lo seguì con le iridi grigie, mentre si sollevava dal proprio posto per raggiungere il corridoio che Mugiwara aveva creato nella foresta a suon di pugni e calci.
«Ma è pericoloso, non si può entrare nella foresta e quel ragazzo è completamente fuori di testa! Sentite come urla!» strepitò Shachi, cercando inutilmente di dissuaderlo dal proprio proposito.
«Devo calmarlo, non posso permettere che si faccia male da solo, ha già sopportato troppo.» ripeté deciso, superando il piccolo gruppetto che si era raccolto all’imboccatura senza proferir più parola.
«Sta buttando giù gli alberi…» mormorò con dispiacere Bepo quando l’ex Shicibukai fu sparito alla vista di tutti.
Trafalgar tornò a voltarsi verso la baia dove il resto dell’equipaggio aveva terminato di riparare la faglia sul tetto del sottomarino e afferrò il cappello di paglia che giaceva accanto alla sua nodachi, passando impensierito le dita tatuate sugli incroci dell’intreccio.
Quella mattina si era svegliato con una pessima sensazione addosso e la ripresa improvvisa di Mugiwara-ya gli aveva provato che quel giorno avesse qualcosa che non andava. Se fosse stato solo quello tuttavia, il formicolio dei polpastrelli avrebbe dovuto cessare da un po’ e invece non era cambiato proprio nulla da quando si era deciso a scendere dal proprio letto. Doveva esserci qualcos’altro, anche se non sapeva ancora cosa.



Anche in modi decisamente poco gentili, com’era nella sua natura d’altronde, Kidd le aveva dato spesso della credulona e Aya non aveva mai osato ribattere. Malgrado fosse migliorata rispetto ai primi mesi, era ancora una perfetta e consapevole sprovveduta sotto molti aspetti, specie se riguardavano l’andare per mare o il sapersela sbrigare in determinate situazioni critiche, senza parlare poi del fatto che credesse ciecamente a quelle che il Capitano definiva “stronzate da vecchi e mocciosi”. Sebbene fosse del tutto cosciente di certe mancanze, l’istinto non l’aveva mai tradita nel momento di dover distinguere tra una menzogna e una frase detta a fin di bene. Ko-sama le aveva insegnato che bugiardi e onesti non parlavano allo stesso modo, che con un po’ d’attenzione e allenamento si riusciva quasi sempre a distinguere gli uni dagli altri e per sua sfortuna, a Marijoa aveva sin da bambina avuto modo di appurare quanto fosse vero.
Non si fidava completamente di Shizaru – semmai davvero fosse stato quello il suo nome – e di certo non perché avesse la faccia da scimmia o la divisa della Marina. I giorni peggiori dell’anno ormai trascorso li aveva passati a bordo della sua nave o con i suoi fratelli e non rimpiangeva affatto di non avervi avuto più a che fare dall’episodio di Fancytown, ma ricordava ancora il modo con cui lui le si era sempre rivolto, i vassoi che portava e raccoglieva personalmente ad ogni pasto, le coperte che tentava di passarle perché non prendesse freddo davanti alla finestra o le continue domande sulle sue condizioni di salute benché lei non rispondesse mai.
Qualsiasi fosse il motivo che lo spingesse a comportarsi a quel modo, quanto aveva appena detto sul non volerle far male non doveva essere proprio una menzogna e tenendo poi in considerazione l’affermazione fatta su Marijoa, Aya decise che perlomeno valesse la pena di farlo parlare.
«In guardia da cosa?» domandò seria, continuando a squadrarlo dall’alto, mentre se ne stava in ginocchio sul ponte fradicio della nave.
Shizaru si mise con cautela a sedere e Aya non smise neanche per un istante di studiare i movimenti del suo corpo, persino i più innocui, pronta a ricacciarlo a terra semmai gli fosse venuta di nuovo la brillante idea di avvicinarglisi.
«Più di un anno fa all’arcipelago Sabaody ci fu un incidente provocato da un gruppo di schiavi che causò la scomparsa di un Nobile mondiale… la Marina punì i colpevoli, ma il Drago Celeste non venne più ritrovato neanche dopo molte ricerche e quando la famiglia pianse pubblicamente la perdita a Marijoa si sparse la voce che era morto…» raccontò tra un colpo di cannone e l’altro, riprendendo lentamente il proprio tono consueto.
Non le ci volle molto per capire a quale incidente stesse facendo riferimento il marine e si ritrovò a serrare i denti attorno al labbro inferiore sino a sentirlo pulsare dolorante.
Era scappata di sua volontà e senza esser stata costretta da nessuno, eppure in quella circostanza a rimetterci erano stati altri privi di qualsiasi colpa. Era morta Ko in quell’incidente e lei lo aveva saputo troppo tardi, su un giornale che non le aveva dedicato più di mezza colonna, quando persino il suo sangue era stato lavato via dall’erba verdissima dell’arcipelago Sabaody.
«Capisce perché non posso riportarla lì?» chiese Shizaru non vedendola reagire per alcuni interminabili minuti e alle orecchie di Aya giunse come un mormorio disturbato dalle urla della battaglia che continua a consumarsi attorno a loro.
«Credono che io sia stata uccisa.» dedusse fredda, cacciando via il senso di colpa del passato per concentrarsi su ciò che le stava venendo raccontato.
Il resoconto fattole dal marine corrispondeva quasi completamente all’idea che da parecchio aveva preso piede nella sua mente, eppure c’era qualcosa che non le tornava in tutta quella faccenda, puzzava di menzogna anche se era convinta che non fosse stata un’invenzione dell’uomo che stava ai suoi piedi.
«A Marijoa lo credono, il Governo e la sua famiglia sanno perfettamente qual è la verità, ma non si poteva dar scandalo, la gente avrebbe perso la propria stima nella Marina e nella superiorità dei Nobili, così hanno preferito tenere tutto nascosto. Per questo io e i miei fratelli nonostante tutto abbiamo continuato con la nostra missione fino all’incidente con il Chirurgo della morte.» chiarì, facendo sgranare inevitabilmente gli occhi ad Aya.
Pensare che tra familiari si potesse provare tanto odio era orribile, ma vi si era rassegnata da anni ormai e certe notizie non le facevano più effetto, quello che davvero la allarmava era l’ipocrisia della menzogna dietro cui si erano nascosti tutti.
“Tutto ciò che si discosta dall’Ordine è una irregolarità, ogni libertà un’anomalia e non possiamo permettere che nel mondo regni il caos…” era l’unico appunto di cui fosse mai stato capace suo padre quando capitava che Aya combinasse qualche presunto guaio o provasse a far valere le proprie ragioni e solo adesso che quel monito le si ritorceva contro capiva davvero a cosa avesse sempre alluso.
Il mondo che il Governo e i Draghi Celesti mantenevano era costruito su bugie, cattiverie e apparenze, non c’era nulla che fosse davvero come appariva. Avrebbe dovuto confidare nella giustizia della Marina, ma la Marina aveva ricevuto l’ordine di condurla al patibolo; avrebbe dovuto diffidare dai pirati, ma gli unici che le avevano teso una mano erano stati loro; avrebbe dovuto essere libera di vivere la propria vita, ma qualcun altro aveva deciso che quella libertà andasse pagata con la vita. Il resto della gente probabilmente non sarebbe mai riuscita a distinguere la realtà da ciò che veniva spacciato per tale, Aya però aveva definitivamente appurato che quel mondo girava al contrario.
«Ho dovuto fare rapporto su ciò che accadde in quell’occasione e mi è stato tolto l’incarico che la riguardava, ma la faccenda non è chiusa. Sanno che è ancora viva e manderanno qualcun altro ad occuparsi di lei… non so il perché, ma non possono permettere che un Drago Celeste se ne vada in giro per il Grande Blu come nulla fosse.» continuò Shizaru, ignaro di ciò che le frullava per la mente, azzardandosi a rialzarsi per poggiare la schiena alla balaustra.
«Hanno sempre pensato che io fossi una loro proprietà, che dovessi comportarmi come si aspettavano, che dovessi dire ciò che volevano sentire, sin da quando ero bambina il fatto che facessi di testa mia per loro era insopportabile, ecco perchè.» sputò fuori tutto d’un fiato, prima che la massa di metallo che si ergeva sopra la nave piombasse giù come una muraglia, frantumandosi sul vascello marine ormai aperto su un fianco.
Si volsero entrambi a osservare la scena per qualche secondo e Aya dovette coprirsi il volto con un braccio per evitare che l’onda risalita dal parapetto la facesse annegare senza che avesse messo piede in acqua.
«L’albero sta venendo giù, via tutti!» gridò qualcuno, mentre la vela si liberava delle proprie briglie per lacerarsi con un suono secco e il legno si piegava sino a lanciare schegge ovunque.
«Dove sono i rinforzi?! Perché non arrivano? Chiamate la base!» vociò un altro soldato tentando di respingere i colpi di alcuni membri dell’equipaggio, ma fece appena in tempo a terminare la frase prima che una spada lo mettesse al tappeto facendolo tacere per sempre.
La nave della Marina prese a inclinarsi su di un lato inesorabilmente e attorno alla faglia creata dalle prime palle di cannone rimandate indietro da Kidd cominciarono a formarsi gorghi grigiastri, capaci di allargare l’apertura con una velocità che Aya non sarebbe mai riuscita a immaginare. La osservò riempirsi d’acqua salmastra tra le urla di coloro che ancora erano a bordo e quelli che combattevano, finché la voce del marine ancora lì accanto non la richiamò all’attenzione.
«Sono convinti che sia ancora dall’altra parte della Linea Rossa, probabilmente la staranno cercando lì e se resta con quell’uomo non impiegheranno molto a capire di essere sulla rotta sbagliata. Ha ancora una possibilità, deve solo fare un passo indietro.» consigliò frettoloso, ignorando con amarezza il lamento della nave che affondava inesorabilmente.
«Se anche volessi farlo e non voglio, a che servirebbe? Il Governo non smetterebbe di cercarmi solo perché non andrei più per mare e la mia famiglia continuerebbe a odiarmi come fa da anni. Non cambierebbe nulla.» gli fece notare e le parve quasi di vederlo indurire i tratti del volto per qualche secondo.
«Forse se-»
«No. Non chiederò scusa a nessuno, fossero anche i Cinque Astri di saggezza o i miei genitori, non ho colpe e non me ne prenderò. Sono loro che dovrebbero chiedere perdono per aver ucciso l’unica persona che abbia mai voluto il mio bene.» stabilì secca, zittendolo prima che potesse terminare ciò che aveva da dire.
Non si sarebbe nascosta per rimanere a guardare da un’isola la sua vita che scorreva via, avrebbe potuto continuare a farlo dalla finestra della sua camera senza dover correre alcun rischio, ma si era presa le sue responsabilità, aveva osato andare contro quell’assurda idea di ordine ed era pronta ad accettarne le conseguenze. Fosse stato anche per poco tempo e con la Marina a darle la caccia, avrebbe continuato ad andare per mare come e con chi le pareva finché ne avesse avuto la forza.
«Toglieteli di mezzo, tutti quanti!» tonò la voce di Kidd e Aya si volse indietro di colpo, cercando d’individuarlo sul ponte di comando, ma la distanza era troppa e desistette subito, convincendosi che se aveva ancora da sbraitare probabilmente non doveva essergli accaduto nulla.
Una nube di fumo e fuoco investì in pieno due soldati pronti a imbracciare i fucili facendoli cadere con i volti in fiamme oltre il parapetto, mentre Wire continuava a difendere con espressione apatica le scale con l’aiuto del timoniere ancora armato di pistola.
«Maledetti pira-ti…» tossì un marine, prima di stramazzare al suolo davanti a lei con un coltello piantato nel collo e un membro della ciurma ad impugnarlo.
Lo osservò estrarlo con noncuranza e ripulirlo con il bavero della propria maglia lercia di sangue, ma dovette chiudere gli occhi per qualche istante quando un altro soldato già moribondo gli crollò addosso conficcandoglielo involontariamente in pieno stomaco. Tornò a guardarlo con i pugni umidi serrati, mentre si lasciava sfuggire un’ultima bestemmia nella sua direzione e riconobbe il tipo che a Sabaody l’aveva accolta con tanta insofferenza, scoprendosi malgrado tutto dispiaciuta.
Andavano avanti con quella carneficina da un’ora, ma era evidente ormai chi stesse avendo la meglio. La nave della Marina era sprofondata ai piedi della Linea Rossa tra gorghi e onde cupe, lasciando alle proprie spalle solo vele sbrindellate, sartiame annerito, macerie in fiamme e cadaveri.
Tornò a girarsi verso Shizaru e per la prima volta dopo averlo colpito lo vide guardarla in pieno viso con espressione dispiaciuta.
«La supplico Signorina, sia ragionevole…» sussurrò tra gli ultimi lamenti dello scontro, tastandosi dolorante il petto.
«Sono stata ragionevole, se non lo fossi stata sarei rimasta dove sono nata a consumarmi come tutti gli altri.» ribatté convinta, rivolgendogli l’ombra di un sorriso amaro.
Sebbene indossasse ancora il giaccone da capitano di vascello nessuno pareva averlo notato e Aya sapeva che la sua sopravvivenza era dipesa solo dal fatto che lei fosse rimasta involontariamente ferma davanti a lui. Kidd non faceva prigionieri e semmai si fosse svegliato dell’umore adatto ad averne, fatto già improbabile di per sè, di certo non avrebbe scelto un commodoro della Marina. Quando si sarebbero accorti della presenza di Shizaru lo avrebbero tolto di mezzo come stavano già facendo con gli ultimi superstiti senza pensarci due volte.
Si mordicchiò il labbro per qualche istante e sapendo di non aver tempo per le remore, avanzò di un paio di passi sino a che lui non l’ebbe guardata confuso.
«Grazie per avermi avvertita, sayounara.» lo ringraziò rivolgendogli un piccolo cenno del capo, prima di far scivolare lo stivale scuro dietro le sue gambe per fargli perdere l’equilibrio.
Colto alla sprovvista tentò invano di aggrapparsi al parapetto per reggersi, ma il rollio della nave e il colpo che gli aveva rifilato al polso parecchi minuti addietro gli resero la presa impossibile da mantenere e cadde a occhi sgranati, precipitanto con un lamento appena udibile oltre la coda di timone finendo inghiottito dalle acque del Nuovo Mondo.
Non si fidava di lui e malgrado l’avesse messa in guardia dalle intenzioni del Governo continuava a non variare il proprio giudizio, tuttavia le era stato insegnato che certi favori andavano sempre ricambiati e gettarlo in mare, evitandogli la morte per mano della ciurma, era l’unico che le fosse venuto in mente.
Sospirò pesantemente, sentendo il chiacchiericcio dell’equipaggio come il ronzio lontano di un gruppo di mosche e si concesse qualche istante per riprendere fiato dall’inferno a cui era riuscita a scampare. Ispirò a fondo l’odore acre del fumo insieme a quello metallico dei cadaveri e superando marine e pirati riversi a terra senza soffermarsi a guardare le pieghe prese dai loro volti quando erano caduti, tornò verso il ponte.
Wire, ancora accanto alle scale, le lanciò un’occhiata silenziosa vedendola sbucar fuori dopo averla persa di vista per parecchio e per qualche istante Aya ricambiò muta, controllando che anche lui fosse scampato indenne allo scontro.
«Tutto bene?» le chiese dopo un po’, andandole in contro con il tridente ancora sporco di sangue.
«Ho avuto giornate migliori, ma sì.»



Risalì la scaletta sino al ponte di comando con la nodachi dietro la schiena e il cappello a macchie ben fermo sul capo scuro, tallonato dai pochi membri dell’equipaggio ancora in giro, sotto lo sguardo silenzioso del Re oscuro, intento a privare della salsedine in eccesso i pochi indumenti indossati.
Quell’assurda sensazione che l’aveva perseguitato per l’intera giornata sembrava essersi dileguata del tutto con l’arrivo dell’ex vicecapitano della ciurma del Re dei Pirati e con la sua dipartita si era strappato anche quel sottile filo che lo teneva bloccato sull’isola delle donne ad attendere il momento adatto per salpare nuovamente.
Mugiwara-ya era un ragazzo pieno di sorprese e rimanere a vegliarlo ancora sarebbe stato del tutto inutile in fondo. Avrebbe imparato presto a smettere di piangere il passato per farsi carico del futuro, Law non aveva dubbi.
«È sicuro di voler lasciare quel ragazzo da solo?» borbottò Penguin, ancora incerto per la decisione presa da Trafalgar pochi minuti prima.
«Non è solo, se ne occuperà Rayleigh-ya.» osservò con un ghigno, varcando la soglia del portellone senza lanciare un’ultima occhiata alla baia rocciosa che per due settimane li aveva custoditi dalle navi della Marina.
«Ma lui non è un dottore.» insistette il navigatore, serrando le braccia al petto, mentre le luci dei monitor di controllo li accoglievano nella sala comandi.
«Non ha più bisogno di un medico e noi non abbiamo più alcun motivo per rimanere qui.» troncò indifferente, scivolando silenzioso sul divanetto scuro su cui era solito controllare l’andamento della navigazione.
Penguin si abbandonò a un mormorio di consenso e desistette dal convincerlo del contrario, preferendo andare alla propria postazione per occuparsi dei preparativi per la partenza.
«Io ci sarei rimasto… è un così bel posto, con delle ragazze così gentili… già mi mancano.» bisbigliò affranto Shachi, sedendosi accanto a lui per dare una mano.
«Anche a me.» concordò abbattuto il compagno, dando con uno sbuffo indicazioni alla sala macchine.
«Non siamo neanche salpati.» bofonchiò Bepo, fissandoli dubbioso e Trafalgar abbassò il cappello sul viso, ignorando il trambusto sollevato da quella innocua costatazione.



























--------------------------------------------------------
Note dell’autrice:
Vi sarete resi conto da soli che il capitolo non si adattava in nessun modo alle note cui siete abituati, ma ho sempre qualcosa da dire riguardo ciò che scrivo quindi quelli che troverete sotto saranno appunti e precisazioni, che giovano mi sa.

- Shizaru: Giustamente vi sarà parso strano vederlo in qualche modo dalla parte di Aya, qualora tuttavia l’abbiate dimenticato vi ricordo che nel suo nome si nasconde la spiegazione a questo atteggiamento. “Shizaru” è il nome della quarta scimmia saggia e rappresenta il “non compiere il male”, per questo si sente in dovere di avvertire la protagonista pur mantenendo le distanze cui lo obbliga la divisa della Marina. Deve obbedire agli ordini e ovviamente non può esporsi per lei, ma non è caratterialmente capace di nuocere – lo accennavo nelle sue apparizioni precedenti quando tendeva spesso a sviare le questioni piuttosto che allarmarsi – e non riesce a voltare le spalle sapendo che Aya è all’oscuro di tutto.
- Marina: Suppongo, anzi no, mi auguro di aver mantenuto bene il segreto riguardo il vero nemico contro cui Aya avrà di che darsi da fare, se non l’ho fatto e avete capito tutto già tempo addietro, beh saltate pure la nota. Dunque, per chi non avesse prestato molta attenzione o semplicemente non ci sia arrivato sappiate che parecchi capitoli fa Shizaru ha avuto una spiacevole conversazione con i Cinque Astri in cui suo malgrado ha dovuto ammettere di essersi fatto sfuggire Aya e di averla lasciata nelle mani di Law. Alla fine dello scambio di battute, uno dei vecchietti ha dato ordine che qualcun altro si occupasse della questione evitando che “risorgessero presunti draghi dal nulla”. Ebbene era uno spoiler orrido e mal riuscito, ma è ciò a cui fa riferimento in questo capitolo il maggiore dei fratelli Saru.



  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: Belarus