-Hey!
Aspetta!- la ragazza smise
di camminare -cosa vuoi?- chiese senza girarsi. -ho bisogno di
parlarti-
rispose il ragazzo, ansante per la corsa, senza avere però
il coraggio di
toccarla. -io ho chiuso con te, non voglio parlare. Voglio che tu
scompaia dalla
mia vita.- Ancora, pensò
lei
trattenendo le lacrime, ho bisogno che tu
scompaia ancora.
Guardandoli
da lontano sembravano
soltanto una coppia come un’altra nel bel mezzo di un
litigio.
Elizabeth
si voltò verso James,
gli occhi lucidi di lacrime non versate e la voce tremante dalla
rabbia: -non
ho intenzione di passare la mia esistenza così, lo capisci?
Senza sapere dove
cercarti, in ansia continua per te. Chiudiamola subito,
perché io sono stanca.-
Il ragazzo bloccò tutto il fiume di parole che lo avevano
precedentemente
assalito, quando lei era uscita dal suo appartamento chiudendo
delicatamente la
porta.
Perché
Liz, la sua Liz, era fatta
così: anche nei momenti peggiori non si faceva veramente
sentire.
James
ci pensò bene, in quei
pochi secondi che avrebbero deciso tutto di loro. Pensò a
quando l’aveva vista
per la prima volta mentre tirava un destro a suo fratello, o quando la
vide in
cucina arrossita ed indaffarata. James rivisse tutti i momenti passati
con la
ragazza che stava dinnanzi a lui, con una maglietta stropicciata ed i
jeans
strappati, che non piangeva solo per puro orgoglio.
-ne
sei sicura? Sei davvero
sicura di quello che stai dicendo, Liz?- chiese lui, con voce roca.
-Abbiamo
vissuto anni delle nostre vite a rincorrerci, a cercarci, a pensarci
l’un
l’altra. Vuoi buttare tutto via così?-
improvvisamente cominciò a piovere, ma
James quasi non sentiva la pioggia. La sua vita dipendeva da quel
momento. -Jem..
non è questo il punto! È che non posso sopportare
di andare avanti così, lo
capisci? Smettila di essere egoista per un istante e guardarmi,
guardami
davvero! Ti sei mai accorto di come tutto ciò mi
distruggesse? Le notti che non
ho dormito, le volte che non ti sono venuta a cercare nei posti
peggiori di
quei luridi bassifondi? Ti sei mai
realmente chiesto come stessi io? Non era difficile solo per
te.- Elizabeth
non voleva tornare sempre allo stesso discorso. Alle urla
nell’appartamento,
perché secondo il romantico Jem il problema stava nel tempo
che ormai era
passato. Elizabeth poteva guardare solo in avanti. Guardare ai
progressi che
voleva fare, al lavoro che avrebbe sempre voluto, alla vita che voleva
fare.
James
non glielo permetteva. La
tratteneva, incastrata tra quello che voleva e ciò di cui
aveva bisogno.
E
lei aveva bisogno di James per
vivere. Aveva bisogno di svegliarsi con lui, di abbracciarlo, di
baciare le sue
morbide labbra. Di guardare i suoi infiniti occhi azzurri.
Si
detestava per questa sua
necessità immatura, ma era perfettamente conscia di non
poter reggere un mondo
dove non ci fosse James. Perché senza di lui e la sua
positività, per lei non
valeva la pena vivere.
Per
Elizabeth, non esisteva un
tempo prima di James.
Nonostante
il freddo stesse
cominciando ad impossessarsi di lei, la ragazza non fece una piega e
rimase immobile
con i capelli che si facevano sempre più pesanti. Il
fidanzato era combattuto.
Abbracciarla
per riscaldarla e
darle conforto? Passarle la propria felpa già fradicia?
James non sapeva mai
come comportarsi con lei, era sempre impacciato.
C’era
stato un periodo, in cui
non era altro che sfacciato, rabbioso. Osceno.
Improvvisamente
gli si offuscò la
vista e sbattè le ciglia impregnate di gocce di pioggia.
-rientriamo, Liz,
vuoi? Parliamone dentro.-
Elizabeth
Carter rise piano,
guardando per terra. -certo, facciamolo. Rientriamo dentro quelle
quattro mura,
facciamo l’amore. Svegliamoci come se non fosse accaduto
nulla, di nuovo. No, James, io non
ci sto più.
Siamo cresciuti, non abbiamo più sei, dieci, diciassette
anni. Non possiamo far
finta di niente. Non posso far finta che i problemi non ci siano solo
perché
sorridi. Non potrai sorridere per sempre.-
In
quel momento James spalancò
gli occhi e la guardò. Vide quello di cui non si era accorto
in sedici anni:
era cresciuta. Era diventata alta, bella, accigliata, scorbutica,
sarcastica.
Responsabile, adulta. Qualcosa che lui non sarebbe mai diventato.
All’improvviso
si rese conto di
averla frenata per tutta la vita. Di non averla mai lasciata volare, di
averle
solo tarpato le ali, credendo di aiutarla a spiccare il volo.
Divenne
tutto chiaro. Sulle notti
in cui lui era ubriaco, sul divano, e sentiva la chiave nella toppa. Le
occhiaie di lei il giorno dopo aver lavorato tutta la notte. Il sorriso
stanco
che gli rivolgeva, in cerca di un aiuto che lui non aveva il coraggio
di dare.
Perché
questo avrebbe significato
ammettere qualcosa che lui faceva finta di non vedere.
Erano
in bancarotta, lo sapeva
bene, ed Elizabeth aveva sempre lavorato per entrambi, ma non bastava.
Cadendo
in ginocchio davanti alla
donna che amava, si rese conto di quanto fosse stato egoista. Di averla
trascinata nel suo lurido mondo. Una ragazza che poteva essere salvata,
proprio
lei che era in grado di fare qualsiasi cosa.
Per
lui.
E,
ancora una volta, alzando lo
sguardo… lei era lì, a tendergli una mano.
James
pensò che non se lo
meritava, non ancora. Non dopo la droga, l’alcool, non dopo
averle fatto
passare il peggiore degli inferni.
-
perché?- chiese debolmente,
guardandola attraverso la nebbia delle lacrime –
perché ti amo, ecco perché.-
sospirò Elizabeth, inginocchiandosi e baciandolo dolcemente.
– perché sarò
sempre al tuo fianco, qualsiasi cosa accada. Anche se ne
risentirò, anche se
piangerò da sola, anche se mi farai morire. Per te
andrò sempre in capo al
mondo, James, sei tu a non aver ancora capito cosa comporti. -