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Autore: Nausika    26/10/2014    13 recensioni
*Aggiornamento 1/10/2021, storia ripresa dopo anni.
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Rin è cresciuta, Sesshomaru l'ha aspettata ed è sempre andato a trovarla. Come procederà la loro vita? Come procederanno i loro viaggi? Quanto ancora si evolverà Sesshomaru?
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Dal cap. 1
Aveva odiato il padre per essersi innamorato di un’umana, perdendo addirittura la vita per lei, privandolo del piacere di scontrarsi con lui. Tuttavia quell’orgoglio, quell’odio che da sempre lo attanagliava in una morsa, col passare degli anni perse la propria importanza.
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Dopo quest'accenno, vi lascio al mio personale seguito. Le mescolanze fantasy del periodo storico Medievale saranno inevitabili. Spezzerò la routine delle ridondanze Nipponiche, quindi preparatevi.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jaken, Nuovo personaggio, Rin, Sesshoumaru | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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XI

I piani dei demoni


 




Il sole sorgeva e tramontava portando con sé un’altra delusione.
In tutto quel tempo le sue ispezioni l’avevano sempre condotto a un inesorabile e misero fallimento.
Nessun indizio, nessun odore che rivelasse quella presenza, niente di niente.  
Un incubo?
Sì lo era
, si disse Sesshomaru in quel momento. Non poteva essere vero che fossero passati trentaquattro giorni, da quando Rin era sparita, non poteva essere vero che una maledetta demone di basso rango si stesse divertendo tanto alle sue spalle. Strinse i pugni e sentì nell’aria il diffondersi di quella fragranza conosciuta: l’odore del suo sangue.
Si guardò intorno e lasciò che le sue iridi abbracciassero lo spazio che lo circondava.
Non si sarebbe arreso, l’avrebbe cercata ancora e ancora, poiché senza di lei il mondo attorno a lui perdeva il suo colore.

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Da diverse ore in quel palazzo serpeggiava un cupo silenzio. Ora che era riuscita finalmente a portare a termine la sua placida e fastidiosa attività di scavo, Rin attenta a non produrre troppo rumore, aveva spinto con le mani l’inferriata dondolante, facendo leva con le gambe e, dopo tutta quella fatica purtroppo, non era successo un bel niente. Quella stanga si muoveva poco, non ne voleva sapere di spostarsi di più. Lo spazio che si era creato risultava essere ancora troppo piccolo per attraversarlo.
E’ inutile cercare vie di mezzo, si disse abbattuta, sfiorando la sua fronte con le dita.
Quell’inferriata si sarebbe mossa quanto le serviva solo se l’avesse scalciata con forza.
Proprio ora dovevano calmarsi quelle bestie?
Per più di un mese aveva udito solo baccano ed ora invece, l’unico suono che riuscisse a percepire era il gorgoglio del fiume che si trovava fuori. Quei demoni erano lì, ma in strana quiete, quindi se ora avesse osato compiere quell’azione, di certo avrebbe vanificato tutti i suoi sforzi, poiché quei mostri sarebbero accorsi subito nel sentire quel frastuono.

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All’imbrunire  Meyhes si recò con uno dei suoi servitori nelle segrete del palazzo.
- Vedo che questi umani hanno ripreso colorito, sembrano in buona forma fisica. Hai fatto un buon lavoro, Ruh - disse la demone al suo servitore, mentre guardava i suoi prigionieri appoggiati alle mura con sguardo perso nel vuoto. - Hai fatto un buon lavoro.-
- Vi ringrazio mia signora - ripose Ruh. - Li ho liberati dalle catene, non appena hanno smesso di opporre resistenza.-
- E' una vera fortuna, che tu non nutra interesse per gli esseri umani di sesso maschile - proferì Meyhes. 
- Ora che sono tornati in salute vuol sottoporli ad un allenamento? - le chiese Ruh, facendo finta di non aver sentito la frecciatina della sua signora.
- Non ve n’è alcun bisogno, loro sono già valenti guerrieri. - rispose lei.  – A me non resta altro che incrementare la loro forza. - continuò. - Va a preparare le bestie demoniache e avvisa Eor. Quando avrò finito dovrò recarmi da Beart - disse, artigliando il suo ciondolo smeraldo. – Tu aspetterai il mio ritorno qui.-
Ruh annuì all'ordine, risalendo le scale delle segrete.
Meyhes scostò la bruna chioma dal viso e si piegò sulle ginocchia. Con un leggero movimento d’artigli incise le fronti dei suoi prigionieri, e loro completamente soggiogati al suo volere non opposero alcun cenno di resistenza, nessun lamento uscì dalle quelle labbra. Le rune demoniache sanguinanti cominciarono a brillare in quella fioca luce.
Quando ebbe terminato risalì le scale raggiungendo il suo vassallo, poiché ora doveva recarsi da colei che le era alleata da secoli.

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Il chiarore pallido della falce lunare che filtrava nella camera, sfiorava i contorni del suo viso, screziandone i delicati lineamenti. Rin stringeva le gelide sbarre della sua prigione lanciando uno sguardo affranto e malinconico al di là di esse. Non sapeva cosa fare, non riusciva a trovare una soluzione ai suoi dilemmi. Nell’attesa di una svolta voltò le spalle al cielo notturno e raggiunse la porta della sua camera sotto la quale si trovava la sua scodella di cibo.
Erano ore che quel demone l’aveva lasciata lì e, stranamente non era nemmeno tornato a riprendersela. Si piegò sulle ginocchia e protese le braccia in avanti così da poterla afferrare. A quel punto sollevò il coperchio e vide della carne avvolta in uno strato spesso di salsa. L’odore del suo pasto le risultò gradevole, magari se fosse riuscita ad andarsene sarebbe stata ancora più felice, ma per il momento bisognava accontentarsi. Appoggiò la spalla al muro e consumò la sua razione, per ora non poteva fare altro.

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Ormai a cavallo della sua bestia demoniaca, la demone assieme al suo vassallo si diresse nelle terre occupate da Beart. Dopo alcune ore di volo giunsero nel suo rifugio. La stanza che li accolse era ricolma di oggetti di vario genere: armature, ossa, statue. Al centro di essa c'era un lungo tavolo su cui erano stati accuratamente stipati libri e contenitori di ogni dimensione. 
- Mia signora siete qui - le disse la demone dalla chioma ramata, quando entrò nella camera. - Avete incontrato difficoltà a raggiungermi? - le chiese in attesa.
- L’amuleto che mi hai donato il mese scorso ha occultato bene la mia venuta - rispose Meyhes pacatamente. – Ecco ciò che mi avevi chiesto - disse, porgendole un sacchetto tra le mani.
- Molto bene - rispose Beart, prendendo un piccolo barattolo dal tavolo. – Questa polvere viene dalle nostre terre, l’ ho estratta dai monti di Erdenae - continuò. - Come vi accennavo un giorno fa, quando mi avete contattata per mezzo del vostro potere telepatico, la forza di quest’incantesimo consiste nell’animare i corpi esanimi.-
- Procedi - le ordinò Meyhes, accomodandosi davanti a quel banco.
Beart versò la materia polverosa del suo barattolo in un contenitore, che era solita usare per le misture, aggiunse la terra che la sua signora le aveva portato; un liquido rossastro faceva da collante. La demone unì altri composti e sollevò gli occhi in aria, le sue pupille da nere divennero bianche. I versi antichi che cominciò a pronunciare la portarono ad assumere uno stato di semi coscienza.
Meyhes ed Eor assistettero a quella pratica senza proferir parola, così da non distrarla da quello stato in cui era approdata.
Quando le sue pupille assunsero di nuovo un colorito scuro, Beart sollevò le palpebre e volse a guardare Meyhes.
- Mia signora la mistura è pronta. Ora non dovete far altro che spargerne piccole dosi su ognuno dei vostri demoni. L’effetto di quest’antica forza inizierà alla loro dipartita- finì di dire Beart con un sogghigno.
- Ebbene? Qual’è l’inconveniente di quest’incantesimo? - le chiese Meyhes, fissando quelle iridi violacee.
- Questa mistura è legata alle terre che voi stessa avete contaminato con il vostro potere. Ragion per cui – fece intendere.
Se loro dovessero allontanarsi da esse cadrebbero al suolo inermi in un istante, pensò Meyhes.
- Vedrò di fare il possibile per evitare che ciò accada - disse in tono grave.
- Mia signora - riprese Beart. – Vado a prendere ciò che ho preparato per i vostri prigionieri umani. Attendete qui, tornerò a breve. - concluse congedandosi da lei.

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L’inerzia di silenzi che da ore era insita in tutto il palazzo all’improvviso venne bruscamente interrotta da un rumore aspro, come se qualcosa fosse appena stato rotto.
Che succede ora? Si domandò Rin.
Quel baccano fragoroso sembrava provenire dai piani inferiori. In poco tempo si distese sul pavimento, facendo aderire l’orecchio alle assi. Sgranò gli occhi nell’udire le grida d’aiuto di una voce, che sembrava appartenere ad una giovane donna. Il sangue le raggelò e si strinse nelle spalle. In quel momento realizzò cosa stesse accadendo, poiché anche se non riusciva a vederlo con i propri occhi, non v’era alcun dubbio che il servitore di quella demone stesse usando violenza carnale contro quella poverina. Le parole strazianti che le udì urlare nuovamente diedero ulteriore conferma ai suoi pensieri. Sollevò il capo e accostò le dita affusolate delle mani, sussurrando una preghiera per l’anima di quella ragazza. Si morse le labbra, percependo come non mai l’amarezza di quella situazione, sentendosi in colpa con se stessa, non poteva porle aiuto e forse anche lei presto o tardi avrebbe fatto una fine simile. Quando udì altre grida unite ad oggetti ridotti in frantumi calciò l’asse, e finalmente riuscì a spostarla il tanto che bastava per sgattaiolare fuori.
Scese pesante contro il muro e seguì il lastricato, strisciando le dita dietro la schiena. Proseguiva lentamente, il desiderio di andare via era forte, ma la paura di cadere ora l'accompagnava.
Il suo respiro cominciò a farsi irregolare, quando vide a che altezza si trovasse e le gambe iniziarono a tremarle.
Posò il piede goffamente e scivolò, era avvenuto quello che temeva.
Ruzzolò per alcuni metri e con gli occhi cercò un appiglio, ma inutilmente.
Cadde e in quell’istante diede forza a tutto il suo controllo per non urlare. La profondità di quel fiume la salvò da morte certa.
Sott’acqua i suoi lunghi capelli le ondeggiarono impalpabili davanti agli occhi, che aveva di nuovo aperto. I raggi lunari filtravano quelle acque, rivelando alla sua vista i contorni degli antichi massi che albergavano il greto di quel corso.
Riemerse in superficie e si sentì rigenerata dal tocco di quel liquido, poiché dopo giorni di miserevole prigionia finalmente si era ripulita per bene, anche se quello che aveva appena fatto, non risultava certo essere un bagno di piacere.

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Quaranta minuti dopo la demone fattucchiera ancora non era tornata.
Eor durante quell’attesa si avvicinò alla sua signora e disse: - Padrona Meyhes, siete sicura di potervi fidare ancora di Beart? - le chiese con aria perplessa.
- Il giorno in cui le diedi quell’opportunità di salvezza dalla sua misera vita umana suggellai con lei un patto, legando la sua anima alla mia essenza demoniaca. – rispose. - Per cui se lei dovesse morire, per un attimo il mio corpo sarebbe attraversato da spasmi e finirebbe lì, ma in caso contrario la mia stessa morte risulterebbe essere la sua. - sentenziò risoluta.
- Di conseguenza ogni volta che a voi accade qualcosa lei viene trafitta da dolori lancinanti – continuò Eor, portando una mano sotto il volto. - Questo spiega il motivo di tutti i doni che vi ha consegnato in questi due secoli ed anche il fatto che ci segua negli spostamenti. – proferì sollevando le palpebre.
- Eccomi - disse Beart, rientrando nella stanza con cinque spade foderate e una cintura di cuoio tra gli artigli.
- Queste lame rappresentano il lavoro che hai svolto in questo tempo? - le chiese Meyhes, afferrandone una.  
- E' così - rispose affermativa. - La loro forza è celata dal fodero.-
- Sei stata impeccabile come sempre, Beart. -
- La ringrazio mia signora - rispose inchinandosi. - Sono felice di essere riuscita a soddisfare le vostre richieste.-

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Quando terminò di divorare quel pasto umano che tanto aveva ambito, Ruh si diresse davanti alla stanza che ospitava Rin. Si era completamente dimenticato di porgerle la seconda razione di cibo. Come di rito bussò a quella porta in attesa di sentire quella voce morbida che lo ringraziava e, nessuna risposta udirono le sue orecchie. In principio, pensò che lei stesse dormendo, ma poi bussò di nuovo e con più forza.
- Ehi umana - la chiamò Ruh a voce alta. - Che stai facendo? -
La risposta si fece attendere nuovamente.
- Umana hai sentito? - chiese di nuovo.
Silenzio. A quel punto Ruh sferrò un colpo d’artigli sulla porta facendola a pezzi. Quando ebbe oltrepassato la soglia notò l’assenza della ragazza e vide la trave spostata. Si sporse fuori e guardò il panorama circostante. Era chiaro il mezzo che avesse usato e, data la sua natura umana, lei ci avrebbe messo del tempo a raggiungere il confine della barriera. A velocità demoniaca seguì il fiume, convinto di trovarla ancora nei paraggi. 

+   +       +

La corrente era debole, il dorso di Rin scivolava sulla superficie liquida che lei stessa contribuiva a increspare. Nuotava nascondendosi dietro ad ogni sterpaglia, facendo attenzione a non farsi vedere dai demoni che sorvolavano la zona. L’irregolarità del decorso di quel fiume la impressionò, difatti quelle acque si diramavano in bracci contorti che andavano a stagnarsi in ampi meandri di laguna. A quel punto avrebbe dovuto sentirsi spossata e invece no, in quel momento rivalutò quel pasto straniero che in tutto quel tempo aveva sempre visto come pesante e indigesto, poiché ora le aveva fornito un’energia, che non pensava nemmeno di poter avere. Quando avvertì l’affievolirsi di aure demoniache nei dintorni decise di aggrapparsi ad una roccia, in modo da raggiungere la sponda.
Risalì l’argine e si rimise in piedi, ma non riuscì a fare il passo successivo, che quasi era inciampata. Le gocce che colavano dalla sua veste avevano appesantito i suoi movimenti. Consapevole della difficoltà, che le avrebbe dato quella scoperta arrestò il suo passo e si piegò in avanti afferrando ampie porzioni di kimono, così da strizzarne via più acqua possibile. Per ultimare il tutto scrollo il capo, infilò le dita nella sua lunga chioma assicurandola ad una coda, che spremette con forza. Le sfere d’acqua che ne uscirono si sparsero di qua e di la sul terreno.  
Davanti a lei si stagliava un arduo sentiero fangoso, a passo sostenuto cominciò a percorrerlo. Schiere di alberi spogli e rovi appassiti lo fiancheggiavano. Un tetro silenzio si snodava nei corridoi di quell’ombrosa foresta. Rin si mise in ascolto, ma non sentì nient’altro che il rumore che lei stessa produceva. E più i suoi occhi constavano la moria di quella terra, più la sua andatura accelerava. 
Via di qui, si disse, scrutando la distanza che la separava dalla sua salvezza.
Giunse al confine di quelle lugubri terre e osservò il panorama all'esterno di quell’oscura barriera. Il mondo al di fuori le sembrò un luogo accogliente e luminoso, completamente diverso da quell’inferno che stava lasciando. Tirò un respiro di sollievo, ma proprio, quando stava per varcare il limite di quella rete protettiva, un brivido le percorse tutto il corpo, sentì i battiti del suo cuore martellare. Un’aura maligna si stava avvicinando. Svelta cercò qualcosa per difendersi. Ghermì una pietra con punta affilata, quel mostro era arrivato, ne era sicura. Si voltò di scatto e sferrò un tentativo di difesa che risultò subito vano, poiché in meno di un batter di ciglia colui che le era dietro aveva fermato il suo movimento.
- Lasciami! - urlò lei, quando si sentì serrare il braccio.
- Mi spiace, ma il tuo viaggio finisce qui - le disse Ruh, sorridendo malevolo.
Rin riconobbe istantaneamente quella voce acuta, era più d’un mese ormai che la sentiva. In un atto di coraggio sollevò il capo e osservò quel demone, che in tutti quei giorni non aveva mai visto in faccia. I suoi lineamenti erano duri, marcati, gli occhi grandi color della cenere. Il viso rubicondo, il naso acquilino, i capelli di un castano molto chiaro. Tornò a guardare il suo profilo, scendendo giù dov'erano le labbra dove sporgevano le sue zanne. Impallidì e sentì lo stomaco contorcersi, quando notò che aveva le labbra impregnate di sangue, perché non ci mise molto a capire da dove provenisse. Un’ondata di nausea e orrore l’aveva avvolta. Il demone la osservava con perfidia e lei di risposta ricambiò quello sguardo con una nota intensa di disprezzo.
- Toglimi le mani di dosso! - esclamò Rin, facendo leva col suo braccio libero.
- Così mi spezzi il cuore - le disse Ruh in tono beffardo. - E’ questo il trattamento che riservi a chi per tutto questo tempo ti ha dato da mangiare? - le chiese cingendole la vita e portandola sulle spalle.
- No mettimi giù! - gridò la fanciulla dimenandosi.
- Se non fosse per la mia padrona a quest’ora, ti avrei fatto fare la stessa fine che ho riservato a quella sciocca umana - disse rudemente, cominciando a camminare. - Tu devi avere un sapore ancora più gradevole. - 
- Sei un mostro! - esclamò Rin calciando e strattonando, cercando di sfuggire a quella morsa.
-Così mi fai arrossire - bofonchiò il demone, sogghinando. - Non sono abituato a tutti questi complimenti. Farò un piccolo strappo alla regola. - Non posso ucciderti, ma almeno posso farti stare zitta, si disse, colpendola sul capo con forza controllata.
La vista di Rin a quell'urto cominciò ad annebbiarsi e una lacrima le solcò il viso, quando nella sua mente comparve il volto di colui che amava. Lei ci aveva provato e non era riuscita a superare quel limite che le dava una speranza.  
Ce l'avevo quasi fatta. Perdonami Sessho, pensò prima che il mondo intorno a lei si facesse sfuocato, accogliendola nel buio e poi in nulla più.

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Sesshomaru sollevò il capo e osservò la volta celeste: il lucore mattutino andava incrementando. Il vento in quel momento era spirato tra i suoi vestiti con forza inaspettata facendolo sussultare, dandogli una sensazione che definì come un’improvvisa stilettata al petto. Si guardò intorno cercando qualcosa che potesse giustificare il turbamento avuto pochi istanti prima e non vi trovò niente, nessuna discrepanza. Ma come ad aver involontariamente colto la sua frustrazione lacerante, una voce emerse nell’aria e lo richiamò al presente.
- Non credo che manchi molto alla resa dei conti - gli disse Amirdauzer, quando lo raggiunse in groppa al suo uccello.
- Cosa te lo fa pensare? - gli chiese Sesshomaru senza voltarsi.
- Conosco quella demone, il tempo darà ragione alle mie parole.-

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Quando Ruh tornò a palazzo trovò la sua signora ad attenderlo.
- Padrona Me...Meyhes - tartagliò Ruh, quando incontrò il suo sguardo tagliente. - Siete tornata prima del previsto.-
- Eor prendi quell’umana dalle braccia di questo buono a nulla - ordinò la demone rivolgendosi al vassallo che le era al fianco.
Eor lanciò uno sguardo di biasimo al suo compagno e dopodiché cinse il corpo inerme di Rin tra le sue mani artigliate avvicinandosi alla sua signora che ora fissava Ruh con aria truce.
- Dunque è così che vanno le cose in mia assenza? - gli chiese lei con tono acido.
- Mia signora, quell’umana è riuscita a spostare un asse scavandoci attorno con qualcosa - rispose Ruh avvicinandosi al suo compagno e prendendo la mano livida della ragazza, così da dimostrarle la veridicità della sua ipotesi.
- Deve aver prodotto parecchio baccano per spostarla in modo definitivo - dedusse Meyhes argutamente. - E tu...- disse aggrottando la fronte diafana. - In quel momento avevi il tuo da fare, vero? - gli chiese colorando i suoi occhi di un rosso porpora. - Ti avevo detto di non perdere tempo con le tue inclinazioni perverse almeno, quando siamo in queste situazioni, idiota! - urlò furiosa.
- Perdonatemi padrona - riprese Ruh inginocchiandosi al suo cospetto.
- Hai rischiato di far saltare i miei piani - disse, sferrando un calcio sul capo del suo servitore. -Lo sai quanto mi ci vuole a ucciderti?-
- Vi prego mia signora datemi un’altra possibilità - riprese il demone in tono disperato.
- Se ora non mi fossi utile ti avrei ridotto in brandelli - disse frusciando nervosamente le dita artigliate sulla stoffa vellutata del suo mantello. - L’hai anche ferita al capo - continuò, osservando dei rivoli di sangue scivolare dalla fronte di Rin.
- Padrona Meyhes non sapevo cosa fare, si dimenava, ma non le ho inferto una ferita grave - si giustificò Ruh, cercando di giustificare il suo atto.
- Sparisci...- soffiò Meyhes.
Ruh restò inebetito, limitandosi a sollevare il capo.
- Non hai sentito? - la demone assottigliò lo sguardo, massaggiandosi la fronte. - Togliti di mezzo prima che cambi idea. -
Ruh non si fece ripetere quelle parole e scomparve a velocità demoniaca da quella stanza.
Meyhes si avvicinò a Eor che aveva Rin svenuta tra le braccia e  artigliò la coda laterale dei suoi capelli che a quel contatto cominciò a striarsi di pallide strisce, fino a che non divenne completamente del colore dell’avorio.
- Mia signora - disse Eor. - Immagino che ora non vi sia più bisogno di rinchiudere quest’umana in quella stanza - concluse guardando quella coda argentea che era il simbolo di un vetusto maleficio.
Meyhes annuì dicendogli di stenderla per terra.
Sei giorni dopo quell’infausto evento, la nube nera che fino ad allora era arginata da quella forza protettiva cominciò ad espandersi tutt’intorno ai territori confinanti col palazzo della demone, causando la moria di qualsiasi essere avesse avuto la sfortuna di incrociare il suo passaggio.
E fu così che in quell’oscura notte, Meyhes aveva infranto la sua barriera...
 

                                                         
                                           


Angolo della scrittrice Nausika.

Salve mie care/i lettrici e lettori affezionate/i, a modi spettro ricompaio tra voi.. Immagino che questo sarà stato un capitolo sofferto per chi si aspettava di veder il grande demone in azione, ma andava fatto. Per come la vedo io non è realistico arrivare subito allo scontro senza prima preparare il terreno.. Spero che avrete apprezzato le mie invenzioni fantasy. Per mettere in difficoltà un demone maggiore ce ne vuole..
Il disegno di Rin che avete avuto modo di visionare a inizio pagina  è una personale rappresentazione della sottoscritta, un misto di colori a pastello su carta. Ebbene sì, questa volta non me la son potuta prendere comoda e, dato cosa mi sono inventata, la probabilità di trovare una Rin con coda avorio sul web era pressappoco pari a zero. E lo si sa: io non pubblico niente senza un’immagine introduttiva a capitolo, proprio non ce la faccio. ;)
P.S. Lo sguardo vuoto che ha Rin nel disegno, non è un caso.
   
 
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