Il Cuore Della Pietra
Non
aveva, la Pietra, il diritto di rimanere tale?
Non
aveva il diritto di scegliere, rinnegando per sempre il Cuore?
Oh
no, per quanto la Pietra potesse credere di essere decisa, ferma nelle sue
posizioni, sola, ma lontana dal dolore che deriva dalla perdita di una gioia
troppo grande e conosciuta troppo poco, un giorno arrivò un Parassita che, pian
piano, la trasformò.
Il
parassita si impose nell’esistenza della
Pietra, ma questa se ne rese conto solo quando ormai era tropo tardi, quando
ormai sentiva di nuovo quel Cuore che aveva provato a scacciare, pulsare di
nuovo nel suo petto.
Il
parassita crebbe ignaro, nutrendosi dei sentimenti che la Pietra scoprì di
provare, e non si rese conto di tutto il dolore che il suo ingenuo egoismo
avrebbe fatto riemergere: il Parassita non comprese che la Pietra aveva solo
nascosto le sue ferite, ancora dolorose, ancora sanguinanti.
E il
Parassita non capì nulla, non
all’inizio, fino a che non fu preda solo di nuove emozioni, estranee alla sua
natura, sentimenti che non fu in grado di gestire.
La
Pietra, però, comprese subito la fragilità del suo Parassita, e
proteggerlo divenne la sua ragione d’essere¸ in fondo, anche una Pietra ha
bisogno di una motivazione per trascinarsi attraverso anni di dolore, no?
E la
Pietra fu felice quando poté adempiere al suo scopo, anche se la consapevolezza
del suo Cuore diventava sempre più concreta: batteva forte, in modo furioso, e
solo in funzione di quel Parassita che ormai vi abitava.
La
Pietra conosceva la natura labile della gioia, ed attendeva con orrore il
giorno in cui questa splendida Dea avrebbe preteso l’adeguato pagamento da suo
Cuore.
Infine,
la Dea colpì.
Minacciò
di strappargli per sempre quel Parassita che gli era così caro, e lo fece
ghignando crudelmente, mostrando la sua doppia faccia di amante traditrice.
Lei
pretendeva un pagamento, ed il parassita era solo il più semplice ed alto da ottenere. Ma
la Pietra scelse diversamente, sacrificando se stessa, stupendo la Dea e
facendo inorridire il Parassita, morendo, alla fine, come un Essere Umano.
Anche
se il Parassita avrebbe desiderato solo morire, per raggiungere la Pietra e
perdersi ancora una volta nei suoi occhi scarlatti, non poteva, sapeva di non
poterlo fare, perché proprio la Pietra glielo impediva.
Il Parassita
fu così costretto a strisciare attraverso i giorni che rimanevano della sua
vita, con la certezza schiacciante di averla uccisa proprio lui, la Pietra.
Non
tornò a nutrirsi di altri sentimenti, non scelse un’altra dimora; il Cuore
della Pietra era l’unica alla quale sentisse di appartenere, il Cuore di quella
Pietra alla quale aveva ridato vita e poi ucciso.
E
poi, la Dea ebbe pietà di lui, e chiuse per sempre i suoi occhi stanchi, ormai
velati, nei quali brillava solo un pallido riflesso della luce che aveva
ricevuto dalla Pietra, permettendogli, alla fine di tutto, di raggiungere
l’unica cosa che nella sua vita avesse avuto un qualche valore.
Va bene, sclero concluso. È un esperimento, non so se rende bene l’idea… la mia mente malata l’ha concepito in autobus, mentre andavo a scuola e, in teoria, studiavo chimica, quindi, visto il quadro generale, ditemi bene che cosa ho scritto.