Giochi di Ruolo > Dolce Flirt
Segui la storia  |       
Autore: BlueButterfly93    26/10/2014    2 recensioni
(REVISIONE STORIA COMPLETATA)
MIKI: ragazza che, come il passato le ha insegnato, indossa ogni giorno la maschera della perfezione; minigonna e tacchi a spillo. È irraggiungibile, contro gli uomini e l'amore. Pensa di non essere in grado di provare sentimenti, perché infondo non sa neanche cosa siano. Ma sarà il trasferimento in un altro Stato a mettere tutta la sua vita in discussione. Già da quando salirà sull'aereo per Parigi, l'incontro con il ragazzo dai capelli rossi le stravolgerà l'esistenza e non le farà più dormire sogni tranquilli.
CASTIEL: ragazzo apatico, arrogante, sfacciato, menefreghista ma infondo solamente deluso e ferito da un'infanzia trascorsa in solitudine, e da una storia che ha segnato profondamente gli anni della sua adolescenza. Sarà l'incontro con la ragazza dai capelli ramati a far sorgere in lui il dubbio di possedere ancora un cuore capace di battere per qualcuno, e non solo..
-
Lo scontro di due mondi apparentemente opposti, ma in fondo incredibilmente simili. Le facce di una medaglia, l'odio e l'amore, che sotto sotto finiranno per completarsi a vicenda.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Ubriaca d'amore, ti odio!'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 12

Rivelazioni a Natale





 

Isaac Black. Forse l'unico uomo sulla faccia della terra capace di ferire Castiel, il ragazzo dal cuore duro. Era proprio lì, davanti ai miei occhi, in tutta la sua bruttezza. Sì proprio così, brutto dentro e fuori. Aveva un'aria innocente, oserei dire quasi strafottente, come se nulla al mondo potesse lederlo. Era alto, forse qualche centimetro più di Castiel, capelli neri corti -ma non troppo- e tinti. Il naso abbastanza pronunciato ed una bocca sottile.

"La Befana vien di notte con le scarpe tutte rotte... Col cappello alla romana; viva, viva la Befana!" la mia coscienza intervenì in un momento del tutto inopportuno paragonando Isaac alla tipica figura della befana e canticchiando, nella mia testa, quella filastrocca che mi avevano insegnato alla scuola materna. Sorrisi per un attimo e poi tornai seria continuando a studiare la figura dell'uomo davanti a me. 

E fu quando incontrai i suoi occhi che il mio cuore perse un battito nel ritrovare quel colore famigliare. Perché lui aveva quegli occhi; lo stesso colore del ragazzo che da qualche mese era entrato nella mia vita e nella mia testa senza avere alcuna intenzione di uscirne. 

Gli occhi di Isaac erano grigi, maledizione! 

Eppure in un certo senso mi rasserenai nel vedere che di Castiel avevano solo il colore. Perché gli occhi di quel ragazzo mi parlavano, esprimevano sempre tanti sentimenti contrastanti, mentre quelli di quell'uomo erano sconosciuti, privi di ogni emozione, vuoti. 

Non mi piaceva lui, non mi piacevano i suoi occhi. Non sembrava avere delle qualità all'apparenza.

E in realtà non sapevo neanche se ci potesse essere un briciolo di bontà nella sua figura così esile. Non avevo alcuna intenzione d'incontrarlo, di conoscerlo o di avere alcuna forma di dialogo prima di quella sera, bastavano e avanzavano i fatti di cui ero venuta a conoscenza nelle settimane precedenti. Eppure il destino aveva deciso al posto mio -come sempre accadeva nella mia vita, d'altronde- di avere un contatto ravvicinato con lui ed il suo fondoschiena. 

Per una volta, però, avrei affrontato il destino a testa alta. Se dapprima avevo deciso di starne fuori, era giunta l'ora di prender parte in quella storia insulsa. Avevano oltrepassato il limite.

«Cos'è? Il gatto ti ha mangiato la lingua, ragazzina?» 

Ma certo, dovevo immaginarlo! Tale padre, tale figlio. Anche Isaac utilizzava lo stesso nomignolo che il figlio utilizzava spesso per chiamarmi. Perché chiamare la gente per nome era troppo, vero? C'era un'unica differenza. La voce d'Isaac risultò fastidiosa alle mie orecchie, mentre quando Castiel pronunciava quel nomignolo mi faceva quasi piacere. Solo lui poteva usarlo. Mi ero quasi affezionata a quel suo modo di chiamarmi e infatti storsi il naso davanti all'affermazione dell'uomo e continuai a guardarlo di sbieco. 

«E invece a te la passera ha mangiato il cervello?!» gli risposi con lo stesso tono tagliente. Nella mia domanda non domanda avevo utilizzato volutamente un doppio senso, sperai fosse arrivato a destinazione. 

Quando un sorriso furbo spuntò sulle sue labbra capii che la frecciatina aveva fatto centro. 

Senza aggiungere altro gli feci segno di seguirmi e mi recai nella sala da pranzo, dove poco prima era stato consumato un rapporto sessuale. Zia Kate per fortuna si era rivestita e seduta sul divano che fino a quel giorno tanto amavo. Dal mio arrivo a Parigi avevo passato la maggior parte del mio tempo libero su quel divano morbido, dorato ed elegante a guardare la tv. Mentre da quella sera in poi sarebbe stata la stanza da me più odiata. Grazie mille, zia Kate!

Con un'espressione schifata in volto aprii la grande finestra che si trovava in quella stanza per far cambiare aria. Era Dicembre, faceva freddo, ma poco m'importò. Non avevo alcuna intenzione di respirare quell'aria pesante. Forse era una semplice mia fissazione, eppure appena varcata la porta avevo percepito odore di sesso. "Bleah!"

«Miki cosa stai facendo? È notte fonda, è inverno e fa freddo!» cercò di ragionare zia Kate per farmi chiudere la finestra, ma io non l'ascoltai, mi limitai a guardarla di sbieco, la raggiunsi e mi posizionai davanti a lei tenendo le braccia incrociate e restando alzata. In un attimo mi sembrò di star inscenando il ruolo di una mamma che aveva appena scoperto la figlia fare sesso. I ruoli si erano invertiti, ma non ci potevo fare niente se in quel caso i due innamorati avevano deciso di restare fermi col cervello all'adolescenza. 

Guardai meglio zia Kate, ora circondata dalle braccia di Isaac. Appena entrati dentro il salotto, l'uomo mi aveva seguita con fare scocciato e menefreghista, poi con parecchia disinvoltura si era accomodato sul divano poggiando le sue braccia sulle spalle di mia zia. Quegli atteggiamenti non mi erano nuovi, erano parecchio simili a quelli di Castiel. Zia Kate aveva un'espressione preoccupata, dispiaciuta e colpevole sul volto, mentre non si poteva dire lo stesso di Isaac rilassato ma nello stesso tempo nervoso nei miei confronti per aver interrotto il suo piacere. Patetico!

«Domani non voglio più vedere questo tappeto in questa stanza. Fallo sparire. Che schifo!» guardai prima zia Kate e poi il tappeto mentre le immagini dei due lì sopra si fecero nuovamente spazio nella mia mente. Un forte senso di nausea s'impossessò del mio stomaco. Avrei tanto voluto vomitare su Isaac.

«Ma non ha senso! Se tu fossi arrivata dieci minuti dopo, non avresti saputo niente e di conseguenza avresti continuato a starci di sopra nei giorni a seguire, senza alcun problema» Isaac si concedeva persino il lusso di scaricare la colpa su di me. Lui sì che era un vero uomo.

«Perché invece tu non potevi tenere a bada il tuo pisello, giusto? Sono le due di notte, avreste dovuto immaginare che sarei tornata!» se avesse potuto il mio sguardo lo avrebbe ucciso. Odiavo già quell'uomo.

«Micaela! Non ti permetto di rivolgerti con questi toni ad Isaac. Chiedi scusa!» la zia aveva abbandonato l'espressione da cane bastonato sul suo volto per assumerne una decisa e quasi indispettita. 

«Ma scherzi? E voi quando mi chiederete scusa per aver scopato in un luogo dove c'erano il novanta percento di possibilità che vi avrei scoperti? Eravate così infuocati lì sotto, da non riuscire ad arrivare nella tua stanza o ancora meglio in un hotel? Sai bene che non approvo la tua relazione malata con questo coglione, per mio rispetto non avresti proprio dovuto portarlo qui!» agitai le mani per il nervosismo e parlai velocemente. 

«Perché chi sei, mia mamma? Io sto con chi mi pare e piace, di certo non devo dare ascolto ad una ragazzina di sedici anni. E poi Isaac è un bravissimo uomo, noi ci amiamo che ti piaccia o no.»

«Certo, un bravissimo uomo senza palle» risi per nervosismo.

Sembrava quasi che Isaac non fosse presente a quel litigio tra me e la zia. Alternava lo sguardo da me a lei come se niente potesse ferirlo. L'avevo insultato, eppure il suo volto non aveva cambiato espressione neanche una volta. Era impassibile. Evidentemente era a conoscenza di essere un coglione e non sentiva il bisogno di ribattere. 

«È la prima volta che l'incontri. Non ti permetto di giudicarlo ancor prima di conoscerlo. Vedrai che con il tempo cambierai idea» insisté nuovamente zia Kate nel prendere le parti di quell'uomo. Come se lui non fosse in grado di difendersi da solo. 

Dopo le parole di zia Kate un lampo di genio colpì la mia mente. Avrei potuto sfruttare la situazione a mio favore. Finalmente avrei posto fine a quel tira e molla. 

«Perché allora non cerchi di farmi cambiare idea già da domani?» mi rivolsi direttamente ad Isaac, guardandolo con un sorriso soddisfatto. Avevo avuto un'idea geniale!

«Cioè?» disse semplicemente corrugando la fronte. Abbandonò improvvisamente la sua espressione menefreghista. Era quasi preoccupato, mi considerava pericolosa evidentemente.

«Domani passeremo insieme il Natale. Faremo un pranzo con la madre di Castiel, il suo nuovo compagno, Castiel e poi ovviamente ci sarete voi due. E tu, Isaac, t'impegnerai a dire tutta la verità a tuo figlio. Hai creato questo casino ed ora spetta a te risolverlo. Castiel ha il diritto di sapere. Avete nascosto questa storia già per troppo tempo. Ci stai?» guardai l'uomo con aria di sfida convinta che non avrebbe acconsentito.

Avrebbe tirato fuori l'ennesima scusa, in quel caso si sarebbe nascosto dietro al fatto che fosse Natale e che non sarebbe stato opportuno risolvere quelle questioni importanti proprio in un giorno di festa. Avrei potuto anche dargli ragione, da un lato, ma sapevo che sia Isaac che la madre di Castiel non fossero sempre in città e per evitare di tirare ancora a lungo la corda avevo pensato di proporre quel pranzo. 

«Va bene. Accetto!» sgranai gli occhi davanti al suo improvviso coraggio. 

«Cosa? N-no Isaac, non sei costret-» zia Kate fu interrotta da Isaac «No, va bene così. Ha ragione Miki, questa situazione deve essere risolta una volta per tutte!» mi sorprese positivamente sebbene cercai di non illudermi troppo, la giornata di domani sarebbe stata lunga e non potevo sapere se l'uomo avrebbe mantenuto la parola o se da codardo avrebbe lasciato qualcun altro parlare al posto suo.

«Bene. Ad avvertire Castiel e per il cibo ci penso io. Voi impegnatevi solamente ad avvertire la mamma di Castiel. Il pranzo sarà alle 13 in punto. Siate puntuali. Notte!» salutai e mi voltai con l'intenzione di abbandonare la sala da pranzo.

Ma proprio quando raggiunsi la porta Isaac parlò lasciandomi di stucco. 

«Che peperino! Ora capisco perché Castiel ha una fissa per te» 

Mi bloccai mentre il mio cuore perse un battito. Bastò quella frase per mandarmi nuovamente in confusione. Castiel aveva parlato con suo padre di me? In bene o in male?

Per il momento decisi di lasciar perdere e senza rispondere mi diressi nella mia camera. Una volta che fui sola nel mio spazio e mondo personale, una volta chiusa la porta, sospirai. Mi complimentai con me stessa per la decisione dimostrata durante tutta la conversazione. Avevo sostenuto più volte di non voler prender parte a quella storia, vero, eppure quando si trattava di Castiel mi veniva spontaneo cercare di risolvere i problemi. Sapevo di aver detto che non meritava il mio aiuto dopo la sua reazione all'articolo del dolce journal, ma era più forte di me il bisogno di sostenerlo e aiutarlo nei casi in cui non riusciva o non poteva farlo da solo. Era mio amico, dopotutto, e gli amici si perdonano, litigano e si aiutano in continuazione. Ed io avevo già perdonato quel suo modo di fare di mesi prima, sebbene volessi ancora inscenare il ruolo della dura. 

Mi spogliai finalmente di quel vestito ampio ed elegante e dopo essermi lavata, indossai il pigiama e mi gettai poco garbatamente nel mio letto. Quando il mio sguardo cadde nuovamente su quel bellissimo vestito ripensai a tutta la serata. Senza esserne consapevole, soltanto in una sera, avevo abbassato il mio scudo. Avevo iniziato a togliere parte dell'armatura. Era accaduto così, all'improvviso, sotto la magica notte della vigilia di Natale, avevo permesso a più persone di starmi accanto. Alexy, Rosalya, Nathaniel e per finire anche Castiel. Sebbene ancora avessi paura di uscirne ferita da qualsiasi tipo di rapporto, fui contenta di aver iniziato a socializzare più naturalmente, senza impormi alcun tipo di regole. 




CASTIEL

Quella notte non c'era modo di riuscire a prendere sonno. Mi girai e rigirai nel letto alla ricerca di una posizione comoda, ma non la trovai. Continuavo ad avere davanti agli occhi immagini di quella ragazza nel suo vestito blu scintillante. Vedere la sua schiena scoperta aveva fatto rinascere istinti incontenibili dentro di me. Dio, se era bella! Ma avrei dovuto aspettare per averla. Quando lei e Nathaniel si sarebbero messi insieme, io avrei colpito, non potevo farlo prima. Dovevo vendicarmi, non potevo rovinare tutto solo per la voglia incontenibile di avere una scopata con quella ragazza bellissima. Mi sarei dovuto accontentare di avere altre, nel frattempo, come avevo fatto quella sera. La desideravo talmente tanto da arrivare a pronunciare persino il suo nome durante gli atti sessuali di quel periodo. Era accaduto con Ambra, proprio quella sera nei bagni di quel posto, ma non era la prima volta che mi accadeva. Maledizione! Sembrava quasi di non aver visto mai ragazze. Miki non aveva niente di particolare, niente più delle altre, dovevo smetterla di perdere il controllo. Dovevo aspettare. Essere paziente.

All'improvviso fui distratto dalla vibrazione del mio cellulare, lo presi e leggendo il nome di Miki sullo schermo sorrisi spontaneamente. Mi stava chiamando, sembrò farmi piacere. Somigliavo ad un bamboccio, dovevo smetterla. 

Risposi ma la sua voce stava già parlando senza darmi il tempo di aprire bocca. 

«Cosa mi stai facendo, rosso rubacuori?» corrugai la fronte davanti a quella strana domanda e quello strano nomignolo. Doveva essere ubriaca. 

«In realtà ci sarebbero tante cose che potrei farti... Prenderti e sbatter-» m'interruppe e sul mio volto nacque un sorriso furbo.

«Smettila Castiel, non stavo parlando con te» si giustificò, non la credetti ovviamente, ma non insistetti. Dovevo aspettare che lei si mettesse con Nathaniel prima, ripetei quella specie di mantra nella mia testa per convincermi. 

«Ti sembra ora di disturbare la gente, questa?!» tornai ad essere infastidito, come sempre. Dovevo farlo, dovevo mantenere le distanze, mi ripetei. 

«Oh sì, giusto. Scusa, ma dovevo avvertirti di una cosa importante. Sarò veloce, scusa ancora» sembrò essere dispiaciuta e per nulla ubriaca. Non le risposi, aspettai che continuasse.

«Ehm... Allora... Per domani hai impegni?» chiese impacciata. Mi fece quasi tenerezza. 

«No»

«Grande! Cioè, bene. Ehm... Quindi ti andrebbe di pranzare a casa mia?» era così diversa rispetto alle altre volte. Da sempre l'aveva distinta l'essere decisa, ma in quel momento sembrò quasi in difficoltà. Mi stava mostrando un altro suo lato.

«E per quale motivo dovrei pranzare a casa tua il giorno di Natale?» 

«Verranno anche i tuoi genitori» sgranai gli occhi dopo le sue parole. 

Non si erano neanche mai conosciuti, per quale motivo i miei genitori avrebbero dovuto pranzare a casa sua?

Sospirò «ascolta, so che ti sembra una cosa assurda... Ma per favore, non fare domande e fidati di me. Capirai tutto domani.» 

Feci come mi chiese. Acconsentii per quel pranzo, il giorno dopo non avevo niente di meglio da fare.





MIKI

Quando chiusi la chiamata con il rosso, mi diedi della stupida. Avevo balbettato per tutto il tempo e in più ad inizio conversazione avevo detto una frase imbarazzante. Lo avevo chiamato "rosso rubacuori", sul serio? Mi ero comportata come farebbe una tipica persona con il ragazzo per il quale ha una cotta.

"Ed io non ho proprio nessuna cotta per lui!" quasi mi sgridai mentalmente. "Oh sì certo, allora io sono Taylor Swift" intervenì la mia coscienza, mi erano mancate le sue battute. "Non sono battute, è la realtà. Quando aprirai gli occhi è sempre ora!" alzai gli occhi al cielo e non le risposi. Non volevo discutere anche con lei. 

Eppure Castiel era peggio dell'alcol per me. Era capitato raramente di ubriacarmi, ma era capitato, e potevo assicurare che il rosso fosse molto peggio. In sua presenza il cuore mi sussultava, cambiavo umore continuamente, un giorno lo odiavo e il giorno dopo no, mi provocava dipendenza. Più volte avevo provato a star lontana da lui ma poi finivo per ritrovarmi a pensarlo o peggio ad averci a che fare direttamente. E non sapevo quanto quelle sensazioni potessero essere paragonate ad un'amicizia. 

E poi c'era Nathaniel. Provavo una sorta di simpatia nei suoi confronti, ma non mi ero comportata nel migliore dei modi. Avrei dovuto chiarire con lui dopo ciò che era accaduto durante il ballo. Dopo Natale l'avrei cercato.

-

La sveglia suonò alle nove in punto. Mi alzai, feci una doccia veloce e mi vestii in fretta. Dovevo trovare un ristorante che praticasse il servizio d'asporto e non era facile il giorno di Natale. Aprii il computer ed iniziai la mia ricerca. Uno era chiuso, uno non praticava il servizio d'asporto per un numero elevato di portate. Dopo circa trenta minuti tra chiamate e ricerche andate male, trovai un ristorante che poteva andare bene. Si chiamava "Restaurant à la musique". Salvai il numero sul cellulare e provai a chiamare incrociando le dita.

Rispose una ragazza giovane, le spiegai di cosa avevo bisogno e lei mi rispose che avrebbero potuto soddisfarmi, ma che per via del menu completo richiesto avrei dovuto recarmi al locale di persona e anticipare i soldi almeno per coprire il prezzo di metà pranzo. All'ora che gli avrei indicato, poi, mi avrebbero consegnato il pranzo direttamente loro a casa. Era un metodo un po' strano il loro, ma avendo già chiamato la maggior parte dei ristoranti della città e non avendo più pazienza di cercare altri posti, acconsentii a quel compromesso. 

Quando chiusi la chiamata, però, mi resi conto di un'ulteriore problema. Non sapevo come raggiungere quel ristorante, non sapevo neanche dove si trovasse. Avrei potuto recarmi con un taxi o con un qualunque mezzo pubblico, ma ci avrei impiegato decisamente troppo tempo e quel giorno non avevo abbastanza pazienza. Declinai l'idea di chiamare un qualsiasi mio compagno di classe proprio in un giorno di festa o di chiedere a zia Kate, meno avevo a che fare con lei, meglio era. Ero ancora nervosa con lei per aver scelto un uomo come Isaac da amare. Così decisi di chiedere di accompagnarmi all'unica persona che non mi avrebbe potuto negare il suo aiuto. Doveva pranzare con me, quel giorno, se avesse rifiutato saremmo rimasti senza cibo e sarebbe stato anche a suo sfavore. 

Lo chiamai mentre mi si formò una strana ansia al centro dello stomaco. Rispose dopo otto squilli. 

«Possibile che non riesci a stare senza di me neanche mezza giornata?» la sua voce era più rauca del solito, a testimonianza del fatto che la mia chiamata lo aveva svegliato. 

«Buongiorno anche a te Castiel» gli risposi con sarcasmo per marcare il fatto che non mi avesse salutata.

«Giorno, ragazzina» la sua voce era bellissima da appena sveglio. Era la prima volta che mi capitava di sentirla. Chissà come doveva essere bello svegliarsi al suo fianco. Scossi la testa e cercai di restare concentrata sul mio obiettivo.

«Sì, senti... Dovresti farmi un favore. Siccome devo ordinare e pagare il cibo per il pranzo e per farlo mi hanno detto di dover andare direttamente al ristorante di persona... non è che potresti accompagnarmi? Sono a piedi!» mi sentii strana nel chiedergli quel favore, quasi mi vergognai. 

Sin dal giorno precedente, dal ballo, i miei atteggiamenti nei confronti del rosso erano mutati improvvisamente, mi veniva spontaneo comportarmi in modo strano, non riuscivo a controllare quella strana ansia provata verso di lui. Erano sensazioni nuove per me. 

«Ma una zia con una macchina non ce l'hai?» doveva essere sempre il solito scorbutico. 

«Castiel, insomma vieni o no?» quasi mi pentii di avergli chiamato. Avrei dovuto viaggiare in autobus, sarebbe stato meglio invece di sentire un suo rifiuto.

«Cosa ci guadagnerei se ti accompagnassi?»

«Il pranzo di oggi?!?» 

«Se mi darai qualcosa in cambio, oltre al cibo di oggi, ti accompagnerò!»

Acconsentii per farlo smettere di parlare. Non sapevo cosa volesse in cambio del passaggio, disse che mi avrebbe spiegato meglio quando sarebbe passato a prendermi da casa mia, ma non poteva essere qualcosa di così terribile, giusto?





NATHANIEL

Mentre pensieroso ammiravo la vista dalla finestra della mia camera, un clacson ed un rombo di motore famigliare attirarono la mia attenzione. Castiel fermò la sua moto proprio davanti al cancello di casa Rossi e quando scese dal mezzo, levandosi il casco e citofonando a casa sua ebbi la conferma che stesse aspettando proprio lei. Digrignai i denti e strinsi entrambe le mani a pugno. Quei due mi stavano nascondendo qualcosa. Più volte avevo chiesto a Miki di dirmi la verità e più volte eravamo stati interrotti da qualcuno. Lei poi non era mai apparsa così desiderosa di raccontarmi la verità. Sembrava quasi non fosse destino per me, scoprire di più su quella storia. Ma quella mattina sarei andato contro al destino, colto da un improvviso coraggio decisi di affrontare entrambi, insieme. Nessuno ci avrebbe potuto interrompere e saremmo stati lontani da occhi indiscreti. Era quello il giorno ideale.

Micaela mi piaceva realmente, ero legittimato a conoscere le sue verità prima di farmi male per davvero. Scesi le scale della mia villa di fretta e sotto lo sguardo indagatore di mia mamma, per una volta non le diedi retta, uscii di casa dirigendomi a passo svelto di fronte casa di Miki. 

«Cosa ci fai qui?» la mia domanda fece sussultare Castiel. Non mi aveva visto arrivare, era di spalle. 

Si voltò verso di me e poi guardandomi dalla testa ai piedi con un'espressione schifata rispose. «Non sono affari tuoi» incrociò le braccia. 

«Oh sì che lo sono, invece. Non so se qualcuno te lo ha riferito, ma io e Miki ci stiamo frequentando.» 

In realtà Miki non aveva ancora risposto affermativamente alla mia domanda della sera prima, ma questo Castiel non doveva saperlo. 

«Auguri e figli maschi meno coglioni di te, si spera» ghignò fingendosi menefreghista. 

Prima del nostro litigio avevo sempre apprezzato le sue battute taglienti, erano simpatiche. Ma da quando la maggior parte erano rivolte direttamente a me non mi apparvero più così tanto divertenti. 

«Ti conosco abbastanza bene da sapere che c'è qualcosa di sotto ai tuoi comportamenti nei suoi confronti. Lei non è il tuo tipo di ragazza ideale e non sei di certo interessato ad avere un'amica per la pelle. Quindi che intenzioni hai con lei?»

«È arrivato lo psicologo dei miei coglioni.» sbuffò alzando gli occhi al cielo. 

«A che gioco stai giocando, Castiel?»

«Fossi in te farei qualche domanda di queste alla tua ragazza invece di rompere le palle al sottoscritto. E poi ciò che faccio o non faccio con lei, non devo di certo dirlo a te!»

«Cosa c'è stato finora tra voi due?» sapevo non fosse corretto chiedere a lui, avrei dovuto chiarire con Miki prima di tutto, ma l'attesa, l'ignoranza sui fatti accaduti era diventata sin troppo straziante per me.

«Ahh! Quindi è questo il tuo problema. Temi che me la sia portata a letto prima di te, verginello. Oh, potevi dirlo prima, ci saremmo risparmiati questa patetica conversazione.»

Aprii la bocca per ribattere, ma la voce di Miki m'interruppe «Eccomi!» affermò mentre usciva dal cancello. 

«Cos-» la bloccai prendendo la parola «Miki, per favore ho bisogno di sapere la verità una volta per tutte, cosa c'è stato tra te e Castiel?» apparii quasi come un elemosinante, ma non ne potevo più.

Davanti alla mia domanda Miki puntò istintivamente il suo sguardo su Castiel e arrossì. Avevo capito tutto, purtroppo.

«Non potremmo riparlarne quando saremo soli? Non mi pare il caso, ora.»

Evidentemente era accaduto qualcosa e lei provava vergogna parlarne davanti a Castiel in persona. Restai deluso.

«No, mi dispiace. Non posso più, ho già aspettato abbastanza. Miki, tu e Castiel siete stati a letto insieme? Rispondi!» risultai antipatico e autoritario dal mio tono, forse, ma non ne potevo più di vivere nel dubbio. 

«Come ho fatto a non capirlo prima?!? Ma certo... è questo il tuo problema. La mia verginità. Temi che sia stata con tutti i ragazzi della scuola, con il tuo nemico, temi che io sia contro i tuoi valori? Una ragazza dovrebbe piacerti a prescindere da questo» s'innervosì. 

«Rispondendo così però non fai altro che confermare la mia ipotesi» non dovevo rispondere solamente con quella frase, eppure le parole mi sembrarono bloccate, non riuscivo a spiegarmi, maledizione!

«Ma pensa un po' ciò che vuoi... Non stiamo insieme ed anche se fosse non sarei tenuta a giustificarmi con te su niente. Hai detto di volermi frequentare, ma non capisco su cosa lo basi se sembra quasi che tu abbia paura di starmi vicino, temi il contatto fisico, temi che io non sia vergine. Abbiamo dei modi di pensare totalmente diversi e per concludere litighiamo appena dialoghiamo su qualcosa di personale. Sulla base di cosa dovrei accettare di frequentarti?»
 





MIKI

Ero nervosa, tanto, troppo nervosa. Sapevo di dover chiarire, di aver sbagliato il giorno prima nei suoi confronti. Ma odiavo che Nathaniel non si fidasse di me, dava importanza ad aspetti che invece dovevano essere secondari. Sembrava quasi scegliesse una ragazza non perché le piacesse realmente ma perché fosse vergine. Era un ragionamento assurdo, il suo. 

Dopo la mia sfuriata non rispose, mi guardò negli occhi e senza che riuscissi ad accorgermene lo ritrovai a pochi millimetri dal mio volto. Cosa voleva fare? 

I suoi occhi dorati si addolcirono mentre mi guardavano da quella distanza minima, erano così belli. Non eravamo mai stati così vicini. Le sue mani si posarono dietro la mia testa e quando chiuse gli occhi capii cosa sarebbe successo da lì a poco. 

Voleva dimostrare il contrario delle mie supposizioni di poco prima. Dimostrare che non fosse fondamentale la mia verginità o qualsiasi cosa accaduta con Castiel. Apprezzai quel suo comportamento.

Poggiò le sue labbra sulle mie senza preavviso, come un lampo a ciel sereno. Eppure a parte sorpresa non riuscii a provare nulla. Sentivo la presenza di Castiel alle mie spalle, non riuscii ad isolarmi, ad avere le famose farfalle nello stomaco. Fu il mio primo bacio con Nathaniel e mi aspettavo qualcosa di più. Perché non riuscivo a provare le stesse emozioni che invece avevo sentito con Castiel? Quella domanda ronzava nella mia testa come una zanzara fastidiosa finché non fu lo stesso Castiel ad interrompere i miei pensieri.

«Se non ti dai una mossa, torno a casa mia» percepii un lieve fastidio nella voce del rosso. 

Così senza destare maggior nervosismo in lui, salutai Nathaniel -con un bacio alla guancia- promettendo che gli avrei spiegato ogni cosa il giorno dopo. Non potevo più tirare la corda, era giunto il momento di chiarire con lui.

Quando il biondo rientrò a casa sua, Castiel mi porse un casco, lo afferrai e lo indossai senza fare domande. Salii sulla moto e mi aggrappai a lui. 

«Dove si trova questo ristorante?» mi domandò prima di accendere i motori.

«So solo che si chiama "restaurant à la musique". Non so dove si trova di preciso. Posso mettere il navigatore se v-» m'interruppe prendendo la parola.

«Con tanti locali in città, proprio quello dovevi scegliere?! Cazzo!» il suo corpo s'irrigidì sotto le mie mani. Ero ancora aggrappata a lui in attesa di partire. 

«Perché, lo conosci? Cos'ha che non va? Non si mangia bene?» lo riempii di domande non capendo il suo improvviso nervosismo nei confronti di quel posto. 

E ovviamente decise di non rispondere neanche ad una domanda. Partì con sicurezza e quindi capii che conosceva quel locale. Tutto il viaggio passò in silenzio, guidò senza rispettare i limiti di velocità ma quella volta non sembrava farlo di proposito per farmi urlare, quel giorno sembrava quasi trovarsi in un altro mondo. Nessuna battuta, nessun gesto, niente di niente. 

Quando arrivammo, capii che il locale si trovasse in centro città.

«Ah, ma non avevi detto di volere qualcosa in cambio del passaggio offertomi?» gli chiesi curiosa, scendendo dalla moto. 

«Non voglio niente. Non ha più importanza!» rispose infastidito togliendosi il casco, ma restando seduto sulla sua moto.

Sperai di migliorare il suo umore, facendolo pensare ad altro, ma non ci riuscii.

«Ora sbrigati ad ordinare. Non voglio restare qui a lungo» corrugai la fronte davanti alla sua frase. Non capivo. 

«Perché, tu non entri con me? Possiamo trovare un altro posto per ordinare, n-»

«No, ti aspetto qui. Ti ho detto di sbrigarti, cazzo! Sei fastidiosa» si passò una mano tra i capelli e mi guardò male. Non sopportavo quando mi trattava in quel modo.

«Innanzitutto ti calmi. Poi non so cosa mangi, quindi di-»

«Mangio tutto. Ora va'» mi slacciò il casco, lo tolse e lo poggiò sulla moto, poi posò le mani sulle mie spalle, mi voltò e mi diede una leggera spinta per incitarmi ad entrare in quel locale. 

Alzai il dito medio verso di lui senza voltarmi, ed entrai nel locale. Avrei tanto voluto sapere il motivo per il quale stava avendo quei comportamenti odiosi. Era un posto bellissimo e parecchio grande, ma ancora vuoto vista l'ora. I primi clienti sicuramente si sarebbero presentati tra qualche ora.

Era molto illuminato. Il soffitto era fatto di vetro, così da poter ammirare il cielo. Oltre i lampadari fatti a mo' di grappolo, vi erano due lampioni per ogni tavolo. Erano quei lampioni solitamente situati nei parchi. Era un posto molto suggestivo e interamente di legno. Come centro tavola erano sistemate delle chitarre e violini in miniatura per richiamare il nome del locale. Poi poco lontano dai tavoli c'era un palco vuoto con tutti gli strumenti. Sicuramente suonavano musica dal vivo. Mi s'illuminarono gli occhi nell'ammirare quel ristorante. Era davvero molto bello. Avrei tanto voluto fare i complimenti al proprietario.

«Ti ha accompagnata quel ragazzo sulla moto che c'è fuori?» mi chiese la stessa voce che aveva risposto al telefono poche ore prima. Aveva una voce particolare, mi era rimasta impressa per quel motivo. 

Mi voltai in direzione della voce e mi si presentò una ragazza davvero, davvero bella. Era alta quasi quanto me, dei lunghissimi capelli castani e lisci le contornavano il volto. Ma la vera particolarità di quella ragazza erano i suoi occhi. Aveva dei grandissimi occhi celesti, parecchio chiari. Ammaliavano, ma non sembravano limpidi e buoni all'apparenza. Guardai la sua figura per intero e notai fosse molto magra ma con delle forme parecchio definite. Doveva avere quasi la mia stessa età ed un modo di vestire appariscente. In quel momento indossava dei pantaloni stretti di pelle nera, degli stivali alti ed un top parecchio scollato. Le sue braccia erano contornate da tatuaggi a dir poco volgari, a mio parere.

«Hai finito di farmi la radiografia?» si riferì al fatto che la stessi osservando più del dovuto. In effetti aveva ragione, eppure non mi sentii in dovere di chiederle scusa, la guardai di sbieco senza aprire bocca. Mi sentivo quasi minacciata da lei, non riuscivo a capirne il motivo.

«Allora, sei con lui o no?» mi rinfrescò la mente sulla prima domanda.

Conosceva Castiel?

«Sì, lui è con me. Perché?» corrugai la fronte in attesa della sua risposta.

«State insieme, insieme?» si dipinse un'espressione di fastidio sul suo volto e oserei dire gelosia. 

«Ma questo è un ristorante o un programma di Maria De Filippi?» risposi sarcasticamente e nello stesso tempo innervosita. Mi stava stufando quella ragazza.

«Oh sei italiana! Bene, bene» sorrise diabolicamente. Ma era pazza o cosa?

«Continuo a non capire per quale motivo dovrebbe interessarti» alzai le sopracciglia, infastidita da lei e dal suo continuo ficcanasare.

«Sono l'ex ragazza di Castiel, ma lui mi appartiene ancora. Tornerà da me!»

"Oh beh... una delle tante, figuriamoci. Eppure perché continuo ad avere l'impressione che lei non fosse stata la sua ragazza solo per una notte?" Castiel era diventato nervoso appena avevo comunicato il nome del locale, non era voluto entrare. Stavo ricollegando tutto. Lei doveva essere la proprietaria del posto o qualcosa di simile. 

«E a me dovrebbe interessare perché..?» le risposi, eppure m'interessava eccome, ma non volevo dare troppe soddisfazioni a quella strana ragazza. Sapevo mi stesse testando. 

«Tanto lo so che sei gelosa da morire» mi provocò con aria di superiorità.

«Senti cara, vuoi darmi gentilmente un menu così posso finalmente andarmene e non rivederti mai più?»

Stavo realmente perdendo le staffe. Era bella, ma continuava a sentirsi la regina del mondo, come se tutto il mondo fosse ai suoi piedi, compreso Castiel. Non poteva sapere se lui provasse ancora qualcosa per lei, eppure lei era convinta che sarebbero ritornati insieme. 

«Si vede lontano un miglio che ti piace» mi derise «peccato però, tu non sei proprio il suo tipo» si finse dispiaciuta. 

«Dovresti dire peccato per te, invece. Io e Castiel stiamo insieme. Quindi evapora gentilmente, grazie!» 

Sapevo di aver detto una bugia, ma non la sopportavo più. Dovevo farla scendere dal piedistallo in qualche modo e quello di dirle del mio fidanzamento con il rosso mi sembrò l'unica possibilità.

«Oh bene. Proprio ciò che mi serviva sapere. Allora, scrivi questo nome nella tua testa: Debrah Duval. Sarò il tuo terrore!»

Debrah Duval. Era lei, quindi, la famosa Debrah. Il nome che più volte avevo sentito nei corridoi a scuola, la storia che nessuno osava raccontarmi. In quel momento ebbi la conferma che lei non era stata solamente la ragazza di una notte per Castiel. Tutti affiancavano il nome del rosso al suo, doveva esserci un motivo. 

«Debrah perché urli contro una nostra cliente?» una voce maschile interruppe i miei pensieri e la mia possibilità di rispondere a quella ragazza. Ma fui sollevata.

«Salve, senta può darmi gentilmente un menu, in modo da ordinare?» mi voltai verso la voce e mi si presentò davanti un uomo sulla cinquantina, dai capelli neri e di corporatura normale.

Con un sorriso sul volto mi consegnò il menu e sotto i suoi consigli decisi cosa ordinare. 

Moules à la creme (cozze con panna); Crostini di mare (spada e tonno affumicato, crema al tonno, crema al salmone); Omelette (accompagnata da insalata mista e patate al forno); Entrèe di mare: Tonno affumicato, pesce spada affumicato, salmone affumicato, ostrica gratin, spiedino di gamberi e zucchine, involtino di alici con pistacchi; Carpaccio del pescatore, pesce spada affumicato su letto di lattuga con frutta e noci; dolce: panettone con ciliegie a pezzi. 

Avevo ordinato tanto forse troppo cibo, ma la zia prima di uscire mi aveva raccomandato di abbondare, quindi ascoltai i suoi suggerimenti. 

Pagai la metà del pranzo e dettai il mio indirizzo di casa. Debrah sembrava essersi volatilizzata nel nulla; meglio così. Avrei tanto voluto non dover avere più a che fare con lei, ma il sesto senso mi suggerì che avrei sentito parlare di lei ancora per molto, purtroppo. Ringraziai il signore che mi aveva gentilmente salvata da quella situazione e uscii da quel posto tirando un sospiro di sollievo.

I miei occhi cercarono Castiel e lo trovarono poggiato alla sua moto mentre fumava una sigaretta. Istintivamente e senza connettere il cervello ai muscoli volontari del mio corpo, mi precipitai su di lui e lo strinsi tra le mie braccia. Volevo essere rassicurata da lui, percepire che non sarebbe mai andato da nessuna parte. Dal gesto inaspettato gli cadde la sigaretta dalle mani e continuò a bruciare sul marciapiede. Non si scostò dal mio abbraccio, anzi dopo qualche secondo ricambiò poggiando le sue mani grandi sulla mia schiena. Per un momento mi sentii al sicuro. 

Poi sciolse l'abbraccio e mi guardò dritto negli occhi.

"Non guardarmi così Castiel, no. Non resisto".

Le famose farfalle nello stomaco iniziarono a svolazzare nel mio stomaco, quelle che aspettavo di avere con Nathaniel arrivarono con Castiel, solamente con la sua vicinanza. Persino il mio corpo era contro di me. Il rosso non poteva farmi quell'effetto, non doveva.

«Che ti prende?» mi sussurrò piano accarezzando per qualche istante i miei capelli.

«Ho appena avuto a che fare con la tua ex. Sembrava abbastanza pazza, a dir la verità e-»

Non mi diede il tempo di finire il discorso, non ebbe neanche bisogno di sentire il suo nome che subito ricollegò.
«È tornata...» pronunciò spostando lo sguardo verso il locale. Notai una strana luce nei suoi occhi.

Quindi avevo ragione. Debrah era stata importante per lui e probabilmente lo era ancora. 

Sciolse definitivamente l'abbraccio e si allontanò da me. Tenne lo sguardo puntato in un punto dentro il locale, sembrava imbambolato. Quando mi voltai capii tutto. 

Attraverso il vetro della grande porta del ristorante s'intravedeva la figura di Debrah, immobile intenta a squadrare Castiel. Lui guardava lei, quasi ammaliato e lei guardava lui, vittoriosa. Mi sentii il terzo incomodo, mi sentii sprofondare. Non avrei mai voluto assistere ad una scena simile. 

«Cos'è lei per te oggi, Castiel?» mi venne spontaneo chiedergli. Lui si voltò nuovamente verso di me con un'espressione confusa sul viso. 

Ma prima di fare quel genere di domanda a lui, avrei dovuto chiedere a me stessa: "Cos'è Castiel per te, Miki?" Perché improvvisamente non lo sapevo più. Quelle sensazioni nuove, quei fastidi provati nel saperlo interessato ad un'altra non erano normali. Non mi stavo comportando da amica. 

«Perché dovrei dirlo a te?» rispose con un'altra domanda e senza aspettare risposta salì nuovamente sulla moto. 

Un senso di angoscia mi pervase il corpo. Con quella sua risposta mi fece capire di non esser legittimata a sapere la verità. Ma anche se non stavamo insieme, anche se tra di noi c'era stato solamente un bacio, lui non poteva andarsene via da me. Il suo posto era accanto a me. Lui era il mio vicino di banco; e qualsiasi altra cosa di strano ci fosse stata tra di noi, a me andava bene. Avrei soltanto voluto tenerlo accanto a me, nonostante il suo pessimo carattere. Non volevo finisse nelle grinfie di quella Debrah, non la conoscevo eppure non sembrava essere una brava ragazza.

Non fiatai, in quel momento non riuscivo più ad aprire bocca. Salii anch'io sulla moto e dopo essermi infilata il casco, tornammo a casa in totale silenzio con solo il rumore assordante dei motori e della città a fare da contorno. 

Erano ormai quasi le dodici quando giungemmo a casa mia. Mancava solamente un'ora all'arrivo degli altri. Volutamente qualche ora prima avevo spinto zia Kate ad uscire per poter restare da sola con Castiel, non per strane intenzioni, ma solamente per iniziare a prepararlo mentalmente su cosa sarebbe accaduto durante il pranzo. Avevo organizzato il tutto nel giorno sbagliato, ma non potevo aspettare. Il costante peso delle bugie mi torturava giorno per giorno da ormai qualche mese anche se io e Castiel non ci rivolgevamo più la parola. Sulla mia pelle avevo sentito cosa si provasse a mentire per troppo tempo, cosa avrebbe potuto generare, e non avevo più alcuna intenzione di trovarmi in situazioni analoghe.

Quando entrammo in casa ci dirigemmo nel salotto. Notai con piacere che zia Kate aveva provveduto a levare il famoso tappeto per sostituirlo con un altro più piccolo che evidentemente doveva avere di riserva. Sorrisi, almeno ero stata ascoltata. 

«Siamo soli?» finalmente parlò Castiel, dopo essersi accomodato sul divano dorato. Io restai alzata, di fronte a lui.

«Sì, gli altri arriveranno tra un'ora, più o meno»

«Ok, e non c'è alcuna possibilità che tu mi dica il motivo di questo pranzo, vero?» 

Perspicace, il ragazzo.

«No, non posso. Non spetta a me informarti di questi fatti. Mi prometti solo una cosa?» lo guardai quasi pregandolo.

«Dimmi»

«Mi prometti che quando saprai tutto non partirai in quinta prendendotela con me? Anch'io sono stata informata dei fatti in ritardo, ma l'ho saputo perché ci sono alcuni avvenimenti legati a mia zia Kate» cercai di restare il più vaga possibile e nello stesso tempo di fargli capire della mia innocenza. 

«Dì la verità... Sono così attraente che non riusciresti a vivere senza di me, vero?!? Per questa volta ti prometto di non prendermela con te, va bene» mi stupii della sua reazione calma e quasi giocosa. 

Era bipolare, tanto, troppo. Neanche mezz'ora prima era nervoso mentre in quel momento sembrò essere il ragazzo più spensierato del pianeta. Ne approfittai del suo buonumore per sapere qualcosa in più sulla sua ex. Non potevo farci nulla, la sua immagine e le sue parole continuavano a rimbombarmi nella mente. 

«E invece di Debrah non vuoi dirmi nulla?» avevo posto la domanda in maniera davvero schifosa, ma quella situazione mi metteva ansia tanto da farmi sudare le mani. 

Alzò gli occhi al cielo e si poggiò allo schienale del divano «E va bene... Tanto se non ti dico nulla, continuerai a chiedermi di lei all'infinito» mi fece segno di accomodarmi accanto a lui e così feci.

Poggiò i gomiti sulle sue gambe e guardando un punto inesistente davanti a lui iniziò a raccontare immergendosi nel passato:

«Lei... Beh, Debrah è stata la mia prima volta. Siamo stati insieme più di un anno, è stata la mia prima ed unica vera ragazza. È stata la prima a cui ho fatto un regalo. La prima in tutto. Ho sempre avuto delle mancanze da parte di mia mamma, lei le ha colmate. Visto che per la maggior parte del tempo vivevo da solo, quando stavamo insieme, quasi tutti i fine settimana si trasferiva da me e vivevamo insieme per tre giorni. Facevamo tutto insieme, ogni cosa. Ed io da buon cretino, con il passare del tempo ho finito per innamorarmi di lei sul serio. Ero talmente tanto folgorato del mio amore per lei da non accorgermi che lei, invece, non provava gli stessi sentimenti per me. Lei mi ha usato, mi ha manipolato e dopo che si è presa tutto quello che potevo darle mi ha abbandonato. Mi ha lasciato senza cuore dopo averlo pugnalato per bene. Mi ha lasciato come un povero senza vestiti. E da quando se n'è andata, da quel giorno, la mia vita è cambiata. Io, sono cambiato. Questa storia, però, la porterò per sempre con me, mi servirà per il futuro, è stata una lezione. Non m'innamorerò mai più di nessun'altra donna, è la regola fondamentale che mi sono imposto dopo il casino in cui quella ragazza mi ha lasciato. Ed è la stessa cosa che posso consigliare anche a te: non innamorarti. Mai. L'amore fa male, Miki...» lasciò la frase in sospeso e si voltò verso di me per guardarmi negli occhi. Dal suo sguardo trapelava tanta tristezza e sembrò quasi di volermi impormi quel consiglio, come regola assoluta da osservare. 

Quelle ultime parole rivolte a me, mi avevano trafitto il cuore. Mi avevano distrutta senza capirne il reale motivo. Per ogni sillaba pronunciata dalla sua voce, avevo avuto una fitta al cuore. Ma perché? Dopotutto anch'io avevo sempre pensato le stesse cose di Castiel. Anch'io sapevo che l'amore facesse male, anch'io non avevo alcuna intenzione d'innamorarmi di nessuno. Mai.

Poi, senza darmi il tempo di rispondere si voltò e iniziò a guardare di nuovo lo stesso punto vuoto di prima. Continuò a raccontare: «Sai, avevamo una band insieme. Lei era la cantante, io suonavo la chitarra elettrica e a volte cantavo, Nathaniel alla batteria e Lysandre scriveva le canzoni e nello stesso tempo suonava la chitarra acustica. Eravamo molto bravi. Suonavamo nel ristorante di Debrah il Sabato sera, lì dove siamo stati oggi. Per questo non volevo entrare, ho troppi ricordi in quel posto. Venivano a vederci tante persone, eravamo famosi più o meno. Quello è stato l'anno più bello della mia vita.» si passò le mani davanti al volto come a voler eliminare la tristezza e i ricordi, poi si poggiò con la schiena al divano e si voltò per osservarmi. 

Arrossii instintivamente e lui se ne accorse. Alzò un angolo della bocca e sorrise per dimostrarmi di aver visto la mia reazione. 

«M-mi dis-dispiace per quello che ti è accaduto» abbassai lo sguardo posandolo sui leggings che indossavo, improvvisamente li trovai interessanti. 

Non sapevo il motivo per il quale stavo avendo quei comportamenti, forse per le parole precedenti rivolte a me, forse perché avevo scoperto un nuovo lato di Castiel. Finalmente dopo mesi aveva dimostrato di possedere un cuore e di essere romantico, a modo suo. Sebbene mi avesse raccontato momenti dolorosi, aveva utilizzato delle belle parole, Debrah avrebbe dovuto esserne lusingata per l'amore che era riuscita a ricevere da lui. 

Castiel era una continua sorpresa e chissà quanto ancora avrei potuto scoprire di lui se solo me lo avesse consentito. Il giorno prima avevo scoperto delle sue doti da ballerino, e ora invece, quanto amore avesse da dare. 

«Perché stai arrossendo?» mi chiese improvvisamente, cambiando argomento. 

Bene. Aveva appena confermato di avermi notata. Perfetto. Mi sentii avvampare maggiormente e  avrei tanto voluto sprofondare per la vergogna.

Il divano accanto a me si mosse, segno che si stesse avvicinando a me. 

"Cosa sta facendo?" "Se alzassi quella faccia da pesciolina lessa che ti ritrovi, forse te ne accorgeresti" intervenì la mia coscienza. "Ma ti pare il momento di disturbare, questo?" "Invece di parlare con me perché non occupi il tuo tempo a fissare quel bel pezzo di manzo che ha poggiato le sue mani sul tuo mento e che forse vuole baciarti?!?" "Lui non ha alzato il mio men... Ehi un attimo! O mio Dio! Castiel è così vicino, Castiel mi sta guardando negli occhi, Castiel..."

«C-Castiel?!?» pronunciai ad alta voce. 

Maledetta coscienza, mi aveva distratta. 

«P-posso f-farti un'ultima domanda?» gli chiesi balbettando mentre lui continuava ad alternare lo sguardo tra i miei occhi e le mie labbra. Mi avrebbe uccisa lentamente quel suo modo di fare, ne ero sicura. 

Annuì e sparai senza pensare la prima cosa che mi venne in mente: «quindi tu e Nathaniel avete litigato per Debrah?» sapevo di aver sbagliato momento, ma non sapevo come smaltire il mio nervosismo e avevo ben pensato di fare domande poco opportune. 

Davanti a quella mia domanda Castiel si allontanò da me alzandosi dal divano. Il suo volto diventò di nuovo serio e la sua espressione scocciata. "Brava Miki, complimenti! Tu sì che sai come rovinare i pochi momenti carini che la vita ti concede"

«Non mi va di parlarne ora» rispose solamente.

«Oh sì, certo, scusami. Sono stata indiscreta nel chiederti una cosa talmente personale..» lasciai la frase in sospeso senza concluderla. 

Si creò parecchia tensione nell'aria, così gli passai il telecomando della TV e gli proposi di guardarla mentre io sarei salita in camera mia per cambiarmi. 

In realtà prima di quel momento non avevo alcuna intenzione di cambiare i miei vestiti, ma avevo dovuto trovare una scusa plausibile per evadere da quella situazione imbarazzante e quella di cambiare i vestiti fu l'unica che mi venne in mente. Approfittai della situazione per indossare degli abiti che pensai potessero piacere a Castiel. Non sapevo bene perché lo stessi facendo, ma l'entrata in scena della sua ex aveva suscitato in me una sorta di competizione ed io volevo colpire e attirare il rosso a tutti i costi. Indossai una gonna viola corta, un top abbastanza scollato e dei tacchi coordinati all'outfit. Quegli abiti coprivano poco, ma approfittai dell'aria calda emessa dai riscaldamenti per poterli indossare ugualmente in inverno. 

Mi affrettai a scendere le scale dopo aver concluso il mio look con un po' di trucco. Sperai in una sua reazione positiva nel vedermi, ma quando varcai la porta del salotto fui io a restare sorpresa e ad avere una reazione positiva per ciò che trovai. La tavola era già stata apparecchiata da Castiel. Sembrava quasi anche solo impossibile da pronunciare in una sola frase di senso compiuto. 

La tovaglia era rossa con delle renne disegnate in oro. Al centro del tavolo si trovava una stella di Natale bianca. Ai lati di questa c'erano due alberelli da soprammobile dorati e delle candele. Le posate, i bicchieri e i piatti erano tutti dorati. Su ogni piatto vi erano i tovaglioli di stoffa legati da un fiore rosso. Restai piacevolmente stupida dal suo gusto di apparecchiare la tavola, sembrava quasi esser stata agghindata da un cameriere. Più ore passavano e più il rosso mi stupiva, era forse la magia del Natale a far risaltare i suoi mille pregi. 

«Wow! Dove hai imparato?» gli chiesi curiosa. Sembrava davvero impossibile che uno come lui potesse apparecchiare la tavola nei minimi particolari come in realtà aveva fatto.

Non rispose. Alzò l'angolo sinistro della bocca mostrandomi un sorriso furbo. Sapevo avesse altro da nascondere.

L'unico aspetto mancante in quella tavola era un posto in meno. Ma giustamente Castiel non poteva sapere, forse non sapeva neanche dell'esistenza del compagno della mamma. Così prendendo tutto l'occorrente dalla vetrina di quella stanza aggiunsi io stessa il posto.

«Non dirmi che hai invitato anche il biondo...» la sua espressione disgustata aveva vinto tutto. 

Negai con la testa e mentre tirava un sospiro di sollievo iniziò a squadrarmi dalla testa ai piedi. 

«Pensavo avessi molto meno da offrire sul davanti. E invece...» si riferì al mio abbigliamento e soprattutto allo scollo sul davanti. Alzai gli occhi al cielo e non risposi.

-

Poco prima dell'ora di pranzo, mentre io e Castiel continuavamo a punzecchiarci a vicenda, sentimmo la porta d'ingresso aprirsi e dopo qualche istante sbucare nel salotto Isaac e zia Kate l'uno accanto all'altra, mano nella mano. Non potevo credere ai miei occhi, quei due non avevano avuto neanche la decenza di contenersi per comunicare quella notizia con un minimo di sensibilità. 

Mi voltai allarmata verso Castiel. Aveva capito tutto, non era stupido. I suoi occhi erano fissi sulle mani intrecciate dei due beoti che nel frattempo non si erano scomodati ad allontanarsi o a parlare. Avevo davanti due adolescenti, non due persone adulte. Povero mondo!

Non ebbi neanche il coraggio di avvicinarmi a Castiel, in quel momento niente e nessuno avrebbe potuto consolarlo. Era venuto a conoscenza della realtà in un modo troppo avventato ed io avrei tanto voluto schiaffeggiare quei due cretini che avevano permesso tutto quel casino. 

«Ciao rosso, come butta? Sono Kate, batti cinque» zia si avvicinò a Castiel e gli porse il pugno in segno di saluto.

"Ditemi che sto sognando, vi prego!" 

Castiel di tutta risposta la guardò di sbieco, incrociò le braccia e poi abbassando il volto verso il pugno di zia Kate fece una smorfia. Era il minimo dopo quella pessima presentazione. Ma cosa le era passato per la testa?

Quel pranzo sarebbe stato un vero e proprio disastro. Avevo avuto una pessima idea nell'organizzarlo. Quello era un segno. Eppure pensavo di aver a che fare con adulti, quando decisi sul da farsi, non con bambini. 

«Quando arriveranno gli altri dovrei comunicarti delle cose» intervenne, poi, Isaac ancora rimasto sulla porta del salotto. 

Usò un tono distaccato; non sembrava neanche stesse parlando con suo figlio. Mi sforzai di capire quell'uomo, ma non ci riuscii. Non avrei mai potuto cambiare idea sul suo conto, a quel punto ne fui quasi sicura. 

Dopo qualche minuto arrivò il furgone con il pranzo che suonò al citofono. Mi scusai con i presenti in casa ed uscii fuori per prendere le varie portate. Sospirai. All'interno di quell'abitazione si respirava un'aria parecchio pesante vista la tensione.

Proprio dopo aver finito di pagare il fattorino, davanti al mio cancello arrivò un auto nera ed elegante dalla quale scesero un uomo ed una donna. Capii subito che si trattasse della mamma di Castiel. La donna non era molto alta, di corporatura normale, lunghi capelli rossi ed occhi marroni tendenti al rosso. I lineamenti del viso erano identici a quelli del figlio. Era una donna molto affascinante a differenza del marito. In quel caso, in quella coppia pensai fosse stato lui a perdere con la separazione, non lei. Sapevo di non poter giudicare ancor prima di conoscerla, ma a primo acchito mi fece molta simpatia. Il suo volto era dolce e buono, davanti ai miei occhi apparì una donna energica e per nulla sofisticata. Insomma aveva tutte le caratteristiche positive che potevano essere possedute da una donna. 

«Ehi Miki aspetta, ti diamo una mano» sembrava già conoscermi.

 Si precipitò verso il furgone del cibo e prese le buste porgendone alcune all'uomo accanto a lei. 

Dopo aver guardato attentamente il suo compagno potei affermare che la rossa avesse cambiato per il meglio. Era biondo, occhi celesti e molto alto. Sembrava un ex modello. Ma nonostante ciò non era vitale come invece lo era la sua compagna. Mi strinse appena la mano presentandosi sotto il nome di Bruno. 

Dopo aver salutato e ringraziato il fattorino ci affrettammo ad entrare dentro casa, l'aria era gelida, sembrava stesse per nevicare. Posammo tutte le buste ed i vassoi del cibo in cucina, quando la donna si liberò di ogni peso e ingombro mi tese la mano per presentarsi.

«Finalmente ho l'onore di conoscerti.. Piacere, Adelaide»

Cosa voleva dire? Aveva sentito parlare di me spesso? Evidentemente per la storia del divorzio più volte aveva discusso con il suo quasi ex marito, e si era fatto riferimento a me che avrei dovuto raccontare al figlio la verità.

Ma poi avvicinandosi al mio orecchio mi rivelò un'altra verità del tutto inaspettata.

«Sai? A Castiel capita spesso di sognarti. I pochi giorni che passo a casa con lui succede di sentirlo chiamarti nel sonno» si allontanò dal mio orecchio, poi facendomi l'occhiolino e sorridendo, si allontanò dalla cucina per raggiungere il salotto e salutare il figlio. 

Io restai interdetta. Non era possibile. Castiel pronunciava il mio nome durante i suoi atti sessuali, mentre dormiva, in più il padre sosteneva ci tenesse a me. Avrei dovuto ricollegare ogni fattore scoperto in quei due giorni o avrei dovuto lasciar perdere per non illudermi? Lui stesso aveva detto di essere ormai contro ogni tipo di sentimento e io stessa lo sostenevo da una vita. Quelle erano state soltanto delle stupide coincidenze, e poi... chiunque poteva chiamarsi Miki. Magari non stava neanche facendo riferimento alla sottoscritta quando pronunciava il mio stesso nome.

«Cos'è questa pagliacciata? Qualcuno vuole scomodarsi a dirmelo?» alzò la voce innervosendosi, giustamente Castiel. 

Raggiunsi il salotto e lo trovai con i pugni stretti lungo il busto, tutti gli altri presenti lo fissavano quasi impauriti, come se temessero una sua reazione esagerata da un momento all'altro. 

«Sì tesoro, accomodatevi tutti a tavola, così tra una portata e l'altra ne discutiamo!» lo aveva appena chiamato "tesoro". Zia Kate non sapeva per niente cavarsela con i ragazzi della mia età. 

«Tesoro un corno» borbottò Castiel guardandola con sguardo omicida.

Kate si recò in cucina per sistemare le portate nei piatti e per servirle, mi aveva esplicitamente detto di accomodarmi e così feci. 

Zia Kate si sistemò a capotavola, di lato a destra Isaac, di fronte a lui e quindi a lato di zia Kate: Castiel. Io accanto a Castiel, di fronte a me Adelaide e accanto a lei Bruno. 

Iniziammo a pranzare in silenzio mentre la tensione poteva essere tagliata con un coltello. Castiel, tra un boccone e l'altro, guardava con astio ed odio Isaac che invece ogniqualvolta incrociava lo sguardo del figlio, lo spostava. Adelaide guardava con apprensione Castiel che invece non la degnava neanche di uno sguardo. Quando il rosso non era impegnato a trucidare con lo sguardo il padre passava la sua attenzione su Bruno, cercava d'incutergli terrore ma l'uomo sembrava non accorgersene. Zia Kate, invece cercò di fare da paciere della situazione, riuscendoci malamente. La tensione le faceva dire delle frasi abbastanza senza senso. E poi c'ero io. Io passavo il mio tempo a mangiare apprezzando il cibo di quel ristorante e a studiare i movimenti ed emozioni di Castiel, ero preoccupata per lui.

Sebbene la situazione ancora a metà pranzo non era stata spiegata, era intuibile. Castiel aveva capito cosa stesse accadendo nella sua famiglia, ma attendeva che qualcuno lo comunicasse apertamente. Quel qualcuno doveva essere Isaac ma aveva ben pensato di stare in silenzio, di abbuffarsi e quasi ubriacarsi per quanto vino stava bevendo. Era un codardo ed un ingordo. Più ore passavano e più difetti trovavo in lui, ma neanche un pregio riuscii ad intravedere in quella figura così brutta ed esile. Quasi mi dispiacque. Zia Kate stava insieme ad un uomo pessimo. 

Quasi a fine pranzo «Ma quindi, tu e Castiel state insieme? No, perché ora sarebbe un problema. Stiamo per diventare una fattispecie particolare di famiglia ricomposta e non vorrei strane tensioni amorose tra di voi» sgranai gli occhi davanti all'ultima uscita di zia Kate. Castiel saltò dalla sedia e sbatté i gomiti sul tavolo facendo sussultare tutti i presenti.

Zia Kate aveva esagerato. Aveva detto quelle parole con una tale nonchalance da farla sembrare una cosa normale. Ora il vero problema eravamo diventati io e Castiel? 

«Ma dico io, ti sei totalmente rimbecillita? Da quando sei diventata così stupida?» non riuscii a trattenermi nel chiamarla in quel modo. Sapevo fosse sbagliato rivolgermi a lei con quei termini e toni, ma non ne potevo più di quegli adulti che fingevano di essere adolescenti solamente per evitare di assumersi le proprie responsabilità. 

E poi... Conosceva bene i retroscena accaduti tra me e Castiel, sapeva bene che non stessimo insieme nonostante i baci, eppure aveva deciso di tirare in ballo noi per aprire il discorso. 

«Micaela, non ti permetto di rivolgerti a me con questo tono. Abbi un po' di ris-» 

Zia Kate venne interrotta da Castiel mentre cercava di rimproverarmi «Rispetto? Sul serio? Proprio tu stai parlando di rispetto? Tu invece il rispetto lo hai avuto quando ti sei scopata mio padre pur sapendo che aveva una famiglia?» strinse i pugni e li portò ai lati del suo busto mentre iniziò a trucidare con lo sguardo zia Kate. 

Come volevasi dimostrare Castiel era stato abbastanza furbo da intuire la situazione senza che nessuno gliela dicesse espressamente. 

Isaac si schiarì la voce e finalmente prese parola guardando dritto negli occhi il figlio: «Castiel gentilmente siediti e modera i toni. È giunto il momento che tu sappia tutto.» 

Era giunto il momento di essere un uomo, per lui. Sperai lo facesse fino in fondo. 

Castiel, sorprendentemente, si accomodò senza mai abbandonare l'espressione d'astio sul viso. Iniziò a torturare i suoi jeans strappati sulle gambe per sfogare parte del suo nervosismo, così senza pensarci due volte portai la mia mano sulla sua e gliela strinsi. Volevo fargli sentire il mio sostegno in qualche modo. Per un attimo pensai che mi avrebbe allontanata, ma invece si voltò verso di me, sorrise tristemente e poi strinse ancora più forte la presa della mia mano. Il cuore aumentò i suoi battiti per l'emozione del contatto. Sebbene fossi parecchio ansiosa, dentro di me, si creò un briciolo di tranquillità e felicità grazie alla mia vicinanza con il rosso. Non mi sembrò essere solamente una vicinanza fisica. Neanche Nathaniel era mai riuscito a trasmettermi tutte quelle sensazioni solamente con una stretta di mano. 

«Io e Kate ci conoscemmo sul volo Madrid-Parigi due anni e mezzo fa. Lei era stata in Spagna per risolvere un caso, io ero il pilota di quel volo. Appena la vidi salire su quell'aereo scattò qualcosa in me, non mi era mai capitato di avere quelle sensazioni dopo Adelaide. Io e lei stavamo attraversando una crisi di coppia in quel periodo; una crisi più mia che sua, forse. Fatto sta' che quel giorno non riuscii a trattenermi ed essendo secondo pilota passai tutto il mio tempo con lei. Vi risparmio i particolari. Dopo quegli attimi di passione, ci scambiammo i numeri di telefono ed iniziammo a conoscerci. Ci raccontammo tutta la nostra vita, scoprimmo di avere molte cose in comune, poi una cosa tira l'altra e iniziammo una vera e propria relazione clandestina. Adelaide non si accorse di niente per cinque mesi, poi un giorno ci vide e mi chiese la separazione. Quindi eccoci qui...» Isaac raccontò quella verità senza alcuno scrupolo o rimpianto, come se stesse raccontando la storia di una terza persona. 

Guardai Adelaide e sul suo viso vidi troppo dolore per essere una storia d'acqua passata. Era sofferente, chiunque se ne sarebbe accorto, ma Bruno non si preoccupò di consolarla, rimase impassibile sia davanti al racconto e sia davanti alle lacrime trattenute dalla sua compagna. Castiel guardò dispiaciuto sua madre sebbene non nascondesse quel briciolo di fastidio anche nei suoi confronti per aver tenuto nascosto quel fatto così importante per così tanto tempo. Poi spostò lo sguardo nuovamente verso il padre e riverso tutto l'odio su di lui con le parole.

«Complimenti! Ti sei dimostrato l'uomo di merda che sei sempre stato. E la prossima volta... vi raccomando, informatemi ancora più tardi di ora. Tanto sono solo vostro figlio, giusto? Non sono tenuto a sapere se state insieme o meno. Da piccolo ero un pacco postale, ora non esisto proprio, certo..» si alzò nuovamente dalla sedia che questa volta cadde sul pavimento creando abbastanza rumore. 

Isaac fissò il figlio impassibilmente, non si sorprese minimamente di quella sua reazione e né cercò di calmarlo. Non sembrava neanche preoccupato, al contrario di Adelaide che per poco non scoppiò a piangere. Zia Kate invece, si portò le mani sulla bocca in segno di stupore mentre prima per tutto il tempo aveva guardato ammaliata l'uomo che amava mentre raccontava la loro storiella d'amore patetica. 

«Tesoro, io avrei tanto voluto raccontarti tutto, ma spettava a tuo padre farlo. Ritenevo fosse giusto avvertirti all'istante, ma lui stesso mi ha bloccata più volte sostenendo che avrebbe risolto tutto al più presto. Io... mi dispiace» Adelaide si alzò dalla sedia e raggiunse il figlio abbracciandolo di spalle. La piccola figura della donna scompariva quasi accanto a Castiel, ma fu una scena bellissima quella tra i due. Il rosso non ricambiò l'abbraccio, si limitò ad abbassare il volto e a chiudere gli occhi cercando di calmarsi.

Tra Adelaide e zia Kate non doveva correre buon sangue visto che neanche si erano degnate di uno sguardo. Eppure apprezzai la madre di Castiel per aver messo da parte ogni tipo di astio pur di poter passare del tempo con suo figlio, pur di raccontargli la verità.

«E poi... C'è un'ultima cosa che dovete sapere» prese la parola zia Kate lasciando in sospeso il discorso.

"Fa' che non sia incinta, fa' che non sia incinta" pregai qualsiasi divinità esistente nel cielo. 

«Cosa?» ingoiai un grosso groppo formatosi in gola. Temevo il peggio, a quel punto.

«Io e Isaac...»

"Parla cazzo, zia. Parla!" la guardai con sguardo truce. 

«Avevamo pensato che potremmo vivere tutti insieme, qui a casa mia. In questo modo Castiel potrebbe vedere quando vuole entrambi i genitori.» per poco non caddi dalla sedia. 

Erano seri? 

«Da anni vivo da solo. Da anni vedo i miei genitori due volte l'anno. Da anni mi mantengo da solo. Da anni sto bene così come sto. Continua a fare l'avvocato per i tuoi clienti e lascia in pace me» Castiel rispose a zia Kate, poi lanciò un pugno sul tavolo facendo cadere una bottiglia d'acqua che si rovesciò bagnando la maggior parte delle cose presenti sulla tovaglia. 

«E poi... Che cazzo d'idee vi vengono in mente?!? Vivere insieme, tutti? Sul serio? Ma vaffanculo!» e con quell'ultima parola Castiel abbandonò velocemente quella stanza e -a giudicare dal rumore udito- anche la casa. 

Pensai di seguirlo, ma prima di farlo guardai zia Kate ed Isaac con uno sguardo che se avesse potuto avrebbe ucciso. 

Quando uscii fuori nel giardino, trovai Castiel intento a lanciare pugni e calci alla villa. Quando mi avvicinai a lui notai la vena del suo collo gonfia, non avevo mai avuto l'opportunità di vederlo in quello stato. Indossava solamente una maglia leggera a maniche corte, avrebbe potuto prendere l'influenza. Sapevo stesse sfogando la sua rabbia, ma lo stava facendo in modo sbagliato. In quel modo si sarebbe solo provocato del male e non andava bene. 

«Ehi... Fermati» sussurrai abbracciandolo per fermare la sua lotta contro il muro. 

Poggiai la testa sulla sua schiena e potei sentire, anche da lì, il battito accelerato del suo cuore. Con il mio contatto i muscoli dapprima tesi si rilassarono. 

Non si mosse da quella posizione, ma iniziò a sfogarsi parlando con me mentre le ferite sulle sue mani, provocate dal muro ruvido della casa, sanguinavano. 

«A loro non è mai fottuto di me, e quest'ultima storia ne è stata la conferma. Hanno ritenuto opportuno avvertirmi solamente dopo aver divorziato. Che schifo! Ed io nel frattempo ero ancora convinto che loro si amassero davvero... Patetico! In più ora arriva quell'altra e propone di vivere tutti insieme come se fossimo in un fottuto telefilm. Che vita di merda!» dopo le sue riflessioni si staccò da me e tirò un calcio ad un albero, accanto a noi, presente nel giardino. 

«Hai ragione su tutto, Castiel. È normale che ora tu sia così tanto amareggiato, ciò che posso dirti è di non incolpare tua madre. Sembrava davvero dispiaciuta di non averti potuto avvertire prima...» cercai di avvicinarmi a lui poggiando una mano sul suo braccio, ma si scansò colpendo il povero albero con un pugno. Aveva spostato la sua attenzione dalla casa all'albero e stava versando tutta la sua frustrazione su quei soggetti.

Si sarebbe rotto la mano se avesse continuato. 

«Castiel, smettila!» m'imposi quasi urlando e finalmente si bloccò. Mi dava le spalle. 

«Hai bisogno di disinfettare le ferite, se non hai voglia di rientrare vado a prendere l'occorrente e lo porto qui..» non sapevo come comportarmi, quella situazione era nuova per me. Non avevo mai avuto a che fare con la furia potente di quel ragazzo.

«Aspetto qui» disse in un sussurro a malapena udibile. 

Corsi dentro casa alla ricerca dell'occorrente che alla fine trovai nel bagno e feci in fretta per uscire nuovamente fuori. Avevo prelevato dell'alcool etilico e delle garze che avrei usato per coprire dopo aver disinfettato la sua mano. Poi passai in cucina e presi del ghiaccio dal freezer. Dovevano bastare quelle cose. 

Ma appena fuori dalla porta notai una novità spiacevole. 

Castiel non c'era più. 

Varcai il cancello, magari aveva deciso di fare una passeggiata per smaltire la rabbia. 

Ma così come lui, neanche la sua moto c'era più.

Aveva preferito restare solo, ma non aveva avuto il coraggio di dirmelo. Dopotutto tale padre, tale figlio. Anche Castiel era codardo, incapace di dire la verità. Se solo mi avesse avvertita prima, ci sarei rimasta meno male. 

Mi bloccai nel bel mezzo del giardino, mi sentivo vuota. Avrei tanto voluto calmare la sua rabbia, colmare le sue mancanze, sanare le sue ferite. 

Ma lui evidentemente aveva altri programmi, evidentemente non aveva così tanto fiducia nelle mie capacità o peggio non ero così tanto importante per lui da permettermi di vederlo nelle sue debolezze. Mi ero illusa.

E mentre m'illudevo ancora ad occhi aperti di ciò che avrei potuto fare per lui ma che ormai non era più possibile fare, sentii il cellulare vibrare nella tasca della gonna. Mi era appena arrivato un messaggio da parte di Castiel. Percepii una fitta al centro dello stomaco accompagnata da un'improvvisa ansia e sudorazione delle mani. 

Lessi il contenuto, ma forse sarebbe stato meglio non farlo. 

"Ho bisogno di parlare con Debrah. Non cercarmi e non preoccuparti, con lei sarò al sicuro. Ciao!"

Mi si annebbiò la vista. Ed inevitabilmente tutta l'ansia trattenuta durante quelle ore fuoriuscì in un pianto disperato. M'inginocchiai sul prato lasciando cadere l'alcool e le garze. Solo il ghiaccio e il cellulare mi restarono tra le mani. Il ghiaccio nella mano sinistra; il cellulare nella mano destra. Li strinsi entrambi e chiusi gli occhi. 

Mi sentivo ferita, delusa, illusa. A differenza di quanto sostenevano i suoi genitori, non ero mai stata niente per Castiel, né un'amica, né qualcosa di più. Ero solo una delle tante da portare a letto. Non mi pensava, non mi chiamava nel sonno, non mi voleva. Ed era bastato un solo evento per sbattermi in faccia la realtà. Quella verità che avevo tanto voluto nascondere ai miei occhi, ma che sentivo nel mio cuore sin dal principio. Castiel non era mai stato un amico per me, neanche quando continuavo a definirlo tale, neanche quando fingevo di odiarlo. Castiel era... era... non sapevo cosa fosse per me, ma qualunque cosa fosse dovevo reprimerla all'istante prima di distruggermi. 

Davanti a quella nuova consapevolezza sui miei sentimenti il ghiaccio che avevo tra le mani iniziò a sciogliersi insieme al mio cuore. Era molto freddo, ma a quel contatto restai inerme... Non riuscivo neanche a percepire l'erba gelida sotto le mie ginocchia nude. Ero corsa fuori con dei vestiti leggeri, eppure non captavo più neanche il freddo. In quel momento nessuna persona o cosa mi avrebbe potuto far provare dolore e nello stesso tempo salvare. Solo lui.

Già lui... il ragazzo della valigia scambiata, il ragazzo dai capelli lunghi e rossi che tanto dicevo di odiare, il ragazzo arrogante e che più di una volta mi aveva fatto del male. Lui mi aveva rubato il cuore in silenzio. Era duro da ammettere, non era stato Nathaniel, non era Ciak, era solo Castiel. Lui e soltanto lui, era stato capace di stravolgere le mie regole di una vita senza neanche accorgersene. E non andava bene. Probabilmente era il ragazzo che mi avrebbe fatto soffrire più di tutti. Eppure restava lui. Nel mio cuore e nella mia testa c'era soltanto lui. Mi aveva persino detto esplicitamente, poche ore prima, che non si sarebbe mai più innamorato di nessun'altra donna, che le avrebbe semplicemente usate per i suoi scopi personali. 

Perché nel suo cuore, nella sua testa ci sarebbe stato per sempre posto soltanto per una ragazza. Debrah

Quindi avrei soltanto dovuto mantenere le distanze da lui, quelle distanze che aveva già iniziato a prendere lui con il correre da lei e con lo scaricarmi con un semplice messaggio. 

Quando il ghiaccio si sciolse definitivamente e con quello anche ogni speranza di rivedere Castiel, il cellulare -ancora tra le mie mani- vibrò segnalandomi l'arrivo di un nuovo messaggio.

Per un attimo m'illusi si trattasse di Castiel. Ero mille volte stupida.

Invece era Ciak. Il mio ex migliore amico. Cosa voleva anche lui, ora?Lessi il testo pensando di trovare un semplice augurio di Natale mandato di proposito, con brutte parole, per farmi sentire ancor di più in colpa.

Ma spalancai gli occhi davanti al reale contenuto. Non poteva accadere tutto a me. Cosa avevo fatto di male?


"Se ogni tipo di rapporto tra noi è destinato a finire, voglio finisca nel migliore dei modi. Voglio che ti ricorda per sempre di me. Voglio essere la tua prima volta, Miki. Aspettami!"

 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Giochi di Ruolo > Dolce Flirt / Vai alla pagina dell'autore: BlueButterfly93